Riflessioni sulla profezia di Yeshua e su Apocalisse.

speculator2
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Re: Riflessioni sulla profezia di Yeshua e su Apocalisse.

Messaggio da speculator2 »

Pietro disse in Atti degli apostoli 3:6 e 7 "...... Nel nome di Gesù Cristo cammina......".
Questo è un esempio di che cosa vuol dire "nel nome di Gesù Cristo".
chelaveritàtrionfi
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Re: Riflessioni sulla profezia di Yeshua e su Apocalisse.

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noiman ha scritto: martedì 23 agosto 2022, 21:19

Questo si può dedurre anche dalle stranezze testuali presenti nei Vangeli che trovano spiegazione nel modo di esprimersi in ebraico, sicuramente nella fase successiva quando il giudaismo si staccò definitivamente dal novello cristianesimo gli agiografi di ultima generazione pensavano in greco , lo stesso Luca che potrebbe essere mai stato in Giudea ammette che non tutti i vangeli sono la parola del Signore, e commenta:”Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin dal principio e divennero ministri della parola, cosi ho deciso anch’io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato”(Luca).
Se poi uno la pensa diversamente può farlo, ma deve documentare per sostenere che tutto quello che è stato scritto come Nuovo Testamento non ha nulla a che fare con il giudaismo contemporaneo a Gesù.
Noiman

Come dice anche Maimonide, la verità è una e ci sono vie parallele per arrivare alla stessa (nascosta in parte alla massa). Il pensare diversamente è una cosa. Certamente l'indagine letterale mette in luce delle divergenze testuali. Che ci sia stata la separazione tra giudaismo (dovremmo forse dire "giudaismi") e cristianesimo (era la religione di stato imposta da Roma) nei primi secoli è ovvio ma non per i testi scritti quanto per ciò che è accaduto a livello ideologico. Potere politico + Religione = controllo delle masse. Oggi la religione è obsoleta, superata per questo scopo.

Luca può anche non essere stato in Giudea ma Paolo, (suo collaboratore) si. In Colossesi 14 è scritto: “Vi salutano Luca, l’amato medico, e Dema”. Nella lettera a Filemone “con Marco, Aristarco, Dema e Luca, miei collaboratori - v.24”. In 2 timoteo 11: “Solo Luca è con me. Prendi Marco e portalo con te, perché mi sarà utile per il ministero”. E’ chiaro che le persone menzionate sono della stessa linea di pensiero (scuola) di Paolo. Come riportato dall’altra parte, Paolo (Saulo) era allievo di Gamaliele:

Ed egli continuò: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma cresciuto in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nelle più rigide norme della legge paterna, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi” (Atti 22:3) e Gamaliele era della scuola di Hillel, in contrapposizione con la scuola di Shammai.

"Io domando dunque: Dio avrebbe forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Anch'io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino". (Romani 11,1)

"circonciso l'ottavo giorno, della stirpe d'Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da Ebrei, fariseo quanto alla legge" (Filippesi 3,5)

Luca 1:3 " ho deciso anch’io, avendo fatto accurate ricerche su ogni cosa a partire dalle origini, di metterteli per iscritto in ordine logico, illustre Teòfilo".

Atti 1:1 Nel primo racconto, o Teòfilo, ho narrato tutte le cose che Gesù fece e insegnò dagli inizi..

Luca era un "medico", un uomo di cultura, esperto nella sua scuola (ramo del giudaismo).

Per i credenti in Yeshùa le sue parole sono parola di D-o.

Ebrei 1:1 In molte occasioni passate e in molti modi diversi, Dio ha parlato ai nostri padri tramite i profeti. 2 Ma in questi ultimi giorni ci ha parlato per mezzo di suo Figlio, al quale ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha creato i secoli. b- BSB..

quindi coloro che scrivono questi testi, riportando le sue storie ed i suoi insegnamenti, sono ispirati da D-o.

2 Timoteo 3:16 "Tutta la Scrittura è ispirata da Dioa ed è utile per insegnare,b per riprendere, per correggere e per disciplinare nella giustizia". Ovvio che qui ancora i vangeli non esistevano ( la 1 lettera a Timoteo è datata al 62 ) ma esistevano altri documenti (scritture). Ma ciò non vuol dire che essi non sono ispirati. Non sono ispirati i traduttori ed i manipolatori dei versetti, sia direttamente che indirettamente.
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
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Gianni
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Re: Riflessioni sulla profezia di Yeshua e su Apocalisse.

Messaggio da Gianni »

Dice bene Noiman: le stranezze testuali presenti nei Vangeli trovano spiegazione nel modo di esprimersi in ebraico.

Potremmo citare tanti passi a dimostrazione, ma è sufficiente un semplice ragionamento: Yeshùa era giudeo e suoi erano giudei. Aggiungo: giudei palestinesi, della madre patria. E va ricordato che Yeshùa vietò, durante la sua vita, la predicazione ai non giudei. La prima comunità dei suoi discepoli era esclusivamente giudaica. Se non ci fosse stata la diffusione che poi ci fu, oggi si parlerebbe di loro come di una delle diverse correnti giudaiche (farisei, sadducei, esseni), anche se minoritaria. E come avrebbero dovuto pensare, se non in ebraico?
Abbiamo un importante precedente storico: la Settanta greca. Si tratta del Tanàch tradotto in greco a beneficio degli ebrei che vivevano in Egitto e non parlavano più la lingua materna. Il Tanàch, scritto in ebraico, rifletteva ovviamente il pensiero ebraico, che fu tradotto in greco. Gli ebrei d’Egitto leggevano e capivano. Chissà cosa capivano invece i greci …

Oggi siamo in una situazione strana: leggiamo le Scritture Greche tradotte in italiano, e lì ci fermiamo. Non possiamo fare diversamente, ma almeno nell’esegesi dovremmo aggiungere una traduzione in più: dal pensiero orientale ebraico a quello nostro occidentale.
Yeshùa insegnò a pregare così: “Sia santificato il tuo nome”. Chi non sa che nel pensiero ebraico il nome indica l’essenza della persona, si ferma al nome. C’è perfino chi va oltre e legge all’americana, come la Watchtower che pensa al nome anagrafico!

I giudei, che stavano attenti perfino a pronunciare la parola “Dio”, sostituivano il sacro tetragramma Yhvh con dei nomi sostitutivi. I più usati erano: hashamàym (“il Cielo”, “i Cieli”); hamaqòm (“il Luogo”); “il Trono”; “il Nome”; “il Santo”; “Signore”; “Re”; “Gran Re”; “Padre che sei nei cieli”; “Colui che”; “la Potenza”; “Alto”. Le espressioni usate erano molte di più. Yeshùa si attenne scrupolosamente a questo sistema usato dai giudei. Si pensi solo al fatto che Yeshùa fa dire al figlio prodigo: “Ho peccato contro il cielo” (Lc 15:18,21) anziché ‘ho peccato contro Dio’. Altri passi: “Il battesimo di Giovanni di dov’era? Dal cielo o dagli uomini?” (Mt 21:25); “Ti lodo pubblicamente, Padre, Signore del cielo e della terra” (Mt 11:25); “Chi giura per il cielo giura per il trono di Dio e per colui che vi siede sopra” (Mt 23:22); “A meno che uno non nasca di nuovo” (Gv 3:3; testo greco: “generato dall’Alto”); “Voi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della potenza” (Mr 14:62); “Non giurate . . . per Gerusalemme, perché è la città del gran Re” (Mt 5:34,35); “Il regno dei cieli si è avvicinato”. – Mt 4:17.
Il tetragramma divino era poi talvolta sostituito da un participio o da una perifrasi verbale. Così Yeshùa dice: “Chiunque riceve me riceve [anche] colui che mi ha mandato” (Lc 9:48). Adattandosi all’uso giudaico del tempo, Yeshùa si riferisce a Dio come a “Colui che” fa qualcosa. “Temete piuttosto colui che può distruggere sia l’anima che il corpo nella Geenna” (Mt 10:28). “Chi giura per il tempio giura per esso e per colui che vi abita, e chi giura per il cielo giura per il trono di Dio e per colui che vi siede sopra”. - Mt 23:21,22.
C’erano altre due forme verbali sostitutive del tetragramma. Nel primo caso, invece di mettere il tetragramma divino, gli evangelisti omettono il soggetto della frase e mettono il verbo al plurale. Questa procedura risulta del tutto sconosciuta a chi non conosce bene la Bibbia. Il motivo è che il verbo al plurale che si trova nei testi originali suona male al nostro orecchio. Nelle traduzioni correnti si preferisce quindi evitarlo, sostituendolo con il passivo impersonale. Qualche esempio chiarirà il punto. In Lc 6:38 Yeshùa dice (stando alla traduzione): “Vi sarà versata in grembo una misura eccellente, pigiata, scossa e traboccante”. Si noti il passivo impersonale: “Vi sarà versata”. In realtà Yeshùa si espresse diversamente. Ecco il testo originale: δώσουσιν (dòsusin), “daranno”. In Lc 12:20 viene mantenuto il verbo al plurale, perché anche nella traduzione italiana suona bene; qui Yeshùa dice: “Irragionevole, questa notte ti chiederanno la tua anima”. Chi richiede la vita dello stolto è indubbiamente Dio. Yeshùa, secondo l’uso dei giudei, evita la menzione di Dio e usa il verbo al plurale: “Ti chiederanno”.
Un altro modo usato dai giudei per evitare la menzione di Dio è quello che i biblisti chiamano “passivo divino”. Dato il grandissimo rispetto che gli ebrei avevano per Dio, evitavano perfino di nominarlo. I giudei del tempo di Yeshùa usavano la parola “Dio”, e Yeshùa stesso la usò, sebbene mai il tetragramma, ma ogni volta che potevano, lo evitavano. Le nostre traduzioni delle Scritture Greche di solito conservano il “passivo divino”. Si veda Mt 5:4: “Felici quelli che fanno cordoglio, poiché saranno confortati”. Qui il passivo “saranno consolati” significa “Dio li consolerà”.
Questo tipo di passivo, in sostituzione della menzione di Dio, nei soli quattro vangeli ricorre un centinaio di volte. Il lettore occidentale che ha scarsa o nessuna conoscenza biblica, non se ne accorge neppure. “Felici i misericordiosi, poiché sarà loro mostrata misericordia” (Mt 5:7): Dio sarà misericordioso con loro. “Col giudizio col quale giudicate, sarete giudicati” (Mt 7:2): Dio vi giudicherà. “Continuate a chiedere, e vi sarà dato” (Mt 7:7): Dio vi darà.
Questo era il normale modo di esprimersi di Yeshùa, che era poi quello di tutti i giudei del suo tempo.

Infine, una curiosità delle traduzioni. Il linguaggio popolare al tempo di Yeshùa era l’aramaico, e non l’ebraico. Di Paolo, in At 22:2 è detto – stando alle traduzioni – che “parlava loro in lingua ebraica” (NR; cfr. ND, TNM 1987 e 2017). Qui neppure i traduttori riescono a capire e a tradurre a dovere. Il testo greco legge τῇ ἐβραΐδι διαλέκτῳ (tè ebràidi dialèkto), “in dialetto ebraico”, ovvero in aramaico. La stessa cosa vale per At 26:14 in cui Paolo ricorda che Yeshùa gli parlò tè ebràidi dialèkto, “in dialetto ebraico”, ovvero in aramaico; e non “in lingua ebraica” come tradotto. In greco “lingua” non si dice diàlektos (che è sì, “lingua”, ma intesa come dialetto), ma si dice γλῶσσα (glòssa). Infatti, in At 2:4, dove viene detto che “tutti furono riempiti di spirito santo e cominciarono a parlare in altre lingue”, il testo greco ha per “lingue” γλώσσαις (glòssais). Queste lingue potevano includere anche i dialetti, tanto che le persone stupite dicono: “Come mai li udiamo parlare ciascuno nella nostra propria lingua natìa?” (2:8), che sarebbe più corretto tradurre: “Nel nostro dialetto natìo”, dato che qui il greco usa διαλέκτῳ (dialèkto). Le traduzioni, non distinguendo tra diàlektos e glòssa inducono in errore.
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Re: Riflessioni sulla profezia di Yeshua e su Apocalisse.

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Gianni ha scritto: mercoledì 24 agosto 2022, 4:15
Caro Gianni, anche senza esegesi e con una lettura più attenta, si può notare in molti passi tradotti che c'è qualcosa che non va. Già il solo fatto che si tratta di traduzioni dal greco antico a sua volta espressione di termini di altre lingue (ebraico ed aramaico) nonchè di una forma di pensiero, dovrebbe far riflettere. Anche per i nomi sostitutivi del tetragramma ci sono buoni indizi e piuttosto che fare i leoni da tastiera (mi riferisco a molti religiosi che scrivono sul web), alcuni potrebbero usare gli stessi tasti per digitare le parole giuste, ovvero quelle che permettono di fare ricerca almeno per verificare qualche termine dubbio, come è scritto in origine e cosa significhi. Anche se il solo vocabolario non basta, già è un primo passo. Il secondo può essere una consulenza (se non si conosce una data lingua). Quindi, che si tratti di participio, di passivo impersonale ecc. (linguaggio tecnico e conoscenze della grammatica) al lettore più attento certe cose vengono "all'occhio" (come si usa dire) e magari due domande se le fa. Il problema non è il lettore occidentale, perchè tra questi c'è anche chi vuole capire, ma il lettore occidentale che legge con il velo. Dall'altra parte ci sono anche coloro che non sono lettori occidentali, che le cose le sanno, eppure non riescono a capire determinati concetti (anche fondamentali) o a concordare tra di loro (tra questi eminenti studiosi, e mi domando come sia possibile ciò). Vero è che queste conoscenze aprono delle porte, ma non basta solo lo studio. Anche l'intento (ciò che ti porta a fare questo studio) è fondamentale. Ci sono poi altri limiti che risultano invalicabili o meglio vie poco percorribili (almeno fino ad oggi). Nessuno era presente in quelle epoche e la "vera" storia dei fatti non la conosciamo. Manca oltretutto una conoscenza di base che rimane nascosta al pubblico e ci sono testi che i "lor signori" non fanno circolare.

Comunque, tornando al discorso del testo e delle frasi, ci sono molti casi dove si possono notare "stranezze" anche dai modi come sono composte le stesse (traduzioni). Quante volte in alcuni passi di Paolo (o altrove) leggiamo un versetto e in un altro pare dire l'opposto? Mi riferisco, per esempio, a quello dove si parla di Dio e del Salvatore Yeshùa consacrato. Oppure in 1 Giovanni 5:20:

Sappiamo anche che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio e nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna”.

Leggendo questo versetto “pare” che il pronome personale “egli” sia riferito al figlio (da notare che il traduttore utilizza anche il maiuscolo). Ma poco prima c’è scritto che è il figlio di Dio che è venuto e ci ha dato “intelligenza” per conoscere il vero Dio. Queste parole si possono comprendere meglio leggendo il versetto successivo (21): Figlioli, guardatevi dai falsi dèi! (CEI). Conoscendo a chi è rivolta la lettera e per quale motivo, vengono fuori delle domande. Oltre a questo possiamo anche leggere altri passi come:

Sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele che questo è stato fatto nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, che voi avete crocifisso, e che Dio ha risuscitato dai morti; è per la sua virtù che quest’uomo compare guarito, in presenza vostra. Egli è ‘la pietra che è stata da voi costruttori rifiutata, ed è divenuta la pietra angolare’”. (Atti 4:10-11)

Se dovessi leggere questo passo con la stessa modalità in cui leggo 1 giovanni 5:20, la pietra angolare sarebbe l’uomo guarito.

Ma ancora meglio, questo passo:

“Poiché molti seduttori sono usciti per il mondo, i quali non riconoscono pubblicamente che Gesù Cristo è venuto in carne. Quello è il seduttore e l’anticristo”. (2 Gv 7 NR). La CEI dice: Ecco il seduttore e l'anticristo! Mentre la ND: questi è il seduttore e l'anticristo.

dal quale dovrei dedurre che il seduttore e l’anticristo sia lo stesso Yeshùa.

Ultima modifica di chelaveritàtrionfi il mercoledì 24 agosto 2022, 8:36, modificato 4 volte in totale.
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Gianni
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Re: Riflessioni sulla profezia di Yeshua e su Apocalisse.

Messaggio da Gianni »

Giuste considerazioni, Naza.
Una cosa è certa: non ci si può improvvisare biblisti usando solo il vocabolario. Questo ci può dare al massimo il significato di un termine, ma poi occorre capirne il senso nella Bibbia. E qui serve la conoscenza del pensiero ebraico.
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Re: Riflessioni sulla profezia di Yeshua e su Apocalisse.

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Certamente Gianni. Per diventare biblisti occorre fare un percorso di studio. Per comprendere il pensiero ebraico a fondo però occorre essere Ebreo. Con lo studio ci possiamo sicuramente avvicinare. Per comprendere come pensavano gli Ebrei nel I secolo, occorrerebbe vivere nel I secolo. Ma gli Ebrei di oggi, per cultura si possono avvicinare :-)
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Re: Riflessioni sulla profezia di Yeshua e su Apocalisse.

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A proposito di "lingua" e "dialetto" come mai i traduttori fanno l'errore di confondere un termine per un altro?
Ma che razza di traduttori sono?
Non mi pare entri in un gioco problemi teologici.
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Re: Riflessioni sulla profezia di Yeshua e su Apocalisse.

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Non penso che "ti chiederanno il portafoglio e se non glielo darai ti chiederanno l'anima "voglia indubbiamente dire che Dio ti chiederà il portafoglio e se non lo darai Dio ti chiederà l'anima, ti farà morire.

Vista la domanda "chi avrà le cose per cui hai lavorato duramente?" Penso che ci fossero affari di famiglia e che quell'uomo non si fosse per niente interessato dei suoi figli.
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Re: Riflessioni sulla profezia di Yeshua e su Apocalisse.

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Non penso che "ti chiederanno il portafoglio e se non glielo darai ti chiederanno l'anima "voglia indubbiamente dire che Dio ti chiederà il portafoglio e se non lo darai Dio ti chiederà l'anima, ti farà morire.

Vista la domanda "chi avrà le cose per cui hai lavorato duramente?" Penso che ci fossero affari di famiglia e che quell'uomo non si fosse per niente interessato dei suoi figli.
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Re: Riflessioni sulla profezia di Yeshua e su Apocalisse.

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Beh...1 Giovanni è particolare. Occorrerebbe analizzarlo tutto. In questo esempio si è semplicemente voluto mettere in evidenza la costruzione grammaticale del versetto, appunto dalla traduzione. Leggendo 1 Gv 5:20, la domanda sarebbe: chi è il soggetto? E tanti rispondono : Gesù". Siamo sicuri?

Ancora un esempio: “Chi è il bugiardo se non colui che nega che Gesù è il Cristo? Egli è l’anticristo, che nega il Padre e il Figlio”. (1 Gv 2:22) Applicando la stessa modalità di lettura di 1 Gv 5:20 dovremmo dire che "Egli" sia riferito a Gesù, invece è ovvio che si tratti del "bugiardo". Stessa cosa in 1 Gv 5:20 il soggetto è Θεοῦ (Theoù) - Dio:

[Provo a riportare il testo greco e la traduzione (dovrebbe essere corretta, un copia incolla verificato) :-)]

ΙΩΑΝΝΟΥ Α΄ 5:20 Greek NT: Westcott and Hort 1881
οἴδαμεν δὲ ὅτι ὁ υἱὸς τοῦ θεοῦ ἥκει καὶ δέδωκεν ἡμῖν διάνοιαν ἵνα γινώσκομεν τὸν ἀληθινόν· καί ἐσμεν ἐν τῷ ἀληθινῷ, ἐν τῷ υἱῷ αὐτοῦ Ἰησοῦ Χριστῷ οὗτός ἐστιν ὁ ἀληθινὸς θεὸς καὶ ζωὴ αἰώνιος

òidamen dè òti o yiòs theù èkei kài dèdoken emìn diànoian ìna ghinòskomen tòn alethinòn kài esmen en tò alethinò en tò yiò autù Iesù Christò ùtòs estin o alethinòs theòs kài zoè aiònios

sappiamo poi che il figlio di Dio è venuto e ha dato a noi intelligenza affinché conosciamo il vero e siamo in il vero in il figlio di lui Yeshùa unto questo è il vero Dio e vita eterna.


"Sappiamo poi che il figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza [intelletto, comprensione, pensiero critico, intuizione, uso della mente..], affinchè conosciamo il vero e [noi] siamo nel vero, nel suo [di Dio] figlio Yeshùa unto; questo è il vero Dio e vita eterna".

Questo, il soggetto, è il vero ed il vero è Dio. Quindi "noi" siamo nel vero, nel suo figlio Yeshùa. In Yeshùa chi opera è il vero, cioè Dio. Questo [cioè colui che ci ha fatto conoscere Yeshùa, il padre] è il vero Dio e vita eterna.

E' specificato "il vero Dio" per distinguerlo dai falsi dèi; infatti il versetto successivo mette in guardia dagli idoli: "piccoli (cari) figli mettete in guardia voi stessi dagli idoli (falsi dèi)". (1 Gv 5:21). [Da ricordare che la lettera è indirizzata alla chiesa in quel tempo, ma dà un chiaro messaggio]

Considerando anche questi, si può arrivare alla soluzione:

"ma se le faccio, anche se non credete a me, credete alle opere, affinché sappiate e riconosciate che il Padre è in me e io sono nel Padre".Giovanni 10:38

"che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato". (Giovanni 17:21)

Sembra filosofia che va compresa "usando la mente (intelletto)".
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