Il soggetto di 1 Pt 3:19-20

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Gianni
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Re: Il soggetto di 1 Pt 3:19-20

Messaggio da Gianni »

Caro Marco, alla tua ultima domanda ha già risposto Antonio, e nulla potrei aggiungere.
Vorrei qui però fare un’osservazione di carattere generale.

Ci sono alcune dottrine bibliche che si svilupparono in modo progressivo. Ora, se non si conosce bene tutta la Scrittura, si rischia di arrivare a conclusioni affrettate perché parziali a seconda del periodo storico in cui fu scritto il brano biblico che leggiamo.
Una di queste dottrine progressive è proprio quella della risurrezione, che è strettamente legata al concetto di retribuzione.

Dopo che in Israele aveva dominato il concetto della retribuzione collettiva, riuscì a imporsi il concetto del premio o della punizione individuale:

Retribuzione collettiva
“Che significa per voi che esprimete questo detto proverbiale sul suolo d’Israele, dicendo: ‘I padri mangiano l’uva immatura, ma ai figli si allegano i denti’?”. – Ez 18:2.
Retribuzione individuale
“In quei giorni non si dirà più: ‘I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati’, ma ognuno morirà per la propria iniquità; chiunque mangerà l’uva acerba avrà i denti allegati”. – Ger 31:29,30.

Ma questa retribuzione era pur sempre concepita nel quadro dell’esistenza terrestre e perciò in continuo confronto con le contraddizioni della vita (cfr. la diatriba di Giobbe). Bisognava pervenire al concetto delle sanzioni eterne, che in quel tempo costituiva un terreno del tutto inesplorato. Ai tempi di Ec l’aldilà si riduceva solo all’ingresso nello sheòl, zona d’ombra, d’inattività, di silenzio e di morte.

Giobbe dice: “Se l'uomo muore, può egli tornare in vita?” (Gb 14:14). La forma verbale הֲיִחְיֶה (haykhyèh) significa letteralmente “forse vivrà?”. Il tono della domanda la indica come retorica. La Bibbia Concordata traduce: “Ma se l’uomo muore, può forse rivivere?”. La Bibbia TILC: “Può un morto tornare a vivere?”. Questa domanda di Giobbe segue al desiderio che ha espresso poco prima, al v. 13: “Oh, volessi tu nascondermi nel soggiorno dei morti”. Qui Giobbe non esprime il desiderio di morire, come ad esempio farebbe chi chiede l’eutanasia per le atroci sofferenza che sta patendo. Egli esprime invece il fantasioso desiderio di essere nascosto nel mondo dei morti, dove sa che non c’è né coscienza né pena; lui dice: “Rinchiudimi là, finché dura la tua collera, e dopo ricordati di me” (v. 13, TILC). È un po’ come dire: fammi dormire finché tutto sia passato. Poi, però, al v. 14 domanda: “Ma se l’uomo muore, può forse rivivere?” (Con). La domanda è retorica. Se Dio lo nascondesse nella tomba, non potrebbe poi rivivere. Per cui alla fine dice, al v. 14: “Io invece aspetterò tempi migliori, aspetterò che questi tempi tristi finiscano” (TILC) o, più letteralmente: “Tutti giorni [della] schiera di me aspetterò fino ad arrivare [il] cambio di me” (traduzione diretta dall’ebraico). Giobbe intende quindi vivere ed aspettare un cambio della sua situazione. In pratica, se ci fosse la speranza di tornare in vita dopo essere stati nello Sheòl, Giobbe vorrebbe andare lì, ma mette subito da parte tale desiderio perché si domanda retoricamente: “Ma se l’uomo muore, può forse rivivere?”. Ciò è in piena armonia con quanto Giobbe afferma al v. 12: “L'uomo giace, e non risorge più”. Al suo tempo, l’idea era quella.

A operare questo sganciamento dai premi terreni si dedicò proprio l’Ecclesiaste. Pur accordando il suo favore ai piaceri terreni, egli ne afferra la vanità e si orienta di più verso una nuova visione centrata sull’eternità. Tuttavia, l’attività dell’Ecclesiaste è stata solo negativa. La parte positiva non poteva venire da lui, e nemmeno poteva venire dalle Scritture Ebraiche. I tempi intanto maturavano, il proposito di Dio si attuava man mano, e “quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge”. - Gal 4:4,5.

Yeshùa parla di resurrezione dei giusti e degli ingiusti. Nei tempi antichi non si pensava neppure alla risurrezione dei giusti.
Spero che ora il quadro biblico generale ti sia più chiaro.

Altri particolari molto interessanti li trovi qui:
http://www.biblistica.org/wordpress/wp- ... -libro.pdf" onclick="window.open(this.href);return false;
a iniziare dal paragrafo che inizia con le parole: La risposta di Giobbe.
marco
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Re: Il soggetto di 1 Pt 3:19-20

Messaggio da marco »

bgaluppi ha scritto:Lascia che i morti seppelliscano i loro morti. Marco, qui ci sono due diverse tipologie di "morti". Sai definirle?
Certo che lo so. La morte carnale e quella spirituale. Chi lavora per il Regno di Dio anche se dovrà sperimentare la morte fisica, non dovrà temere il Giudizio, perché passerà dalla morte alla vita eterna. Questa è la prima risurrezione, beati e santi coloro che prendono parte a questa risurrezione.
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bgaluppi
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Re: Il soggetto di 1 Pt 3:19-20

Messaggio da bgaluppi »

Marco, certo, ma la morte sprituale non avviene con la morte terrena, ma con la seconda morte. La morte fisica e' la prima, con cui si sconta la condanna, quella spirituale e' la seconda, e la seconda avviene dopo il millennio, nel giorno del gran giudizio.
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Re: Il soggetto di 1 Pt 3:19-20

Messaggio da marco »

bgaluppi ha scritto:
Dn 12:2: "Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno; gli uni per la vita eterna, gli altri per la vergogna e per una eterna infamia"
Infatti nessun richiamo alla seconda possibilità: al risveglio una categoria andrà alla vita eterna un'altra all'infamia eterna.
Quindi molti gia' morti risorgeranno e poi, subito dopo, moriranno di nuovo. :-?
Caro Antonio pensi per caso che Daniele si mise a tavolo con Dio a discutere le varie fasi del futuro processo?
Daniele si espresse come poteva. Ciò che deve passare è il fatto che una parte dell'umanità andrà alla vita eterna, un'altra all'infamia eterna. Questo è ciò che voleva far sapere Daniele.
Ci concentriamo troppo a lungo sulle parole tralasciando il pensiero.
Il tuo problema è il risorgere per poi morire di nuovo? Ma è un modo di dire!! Serve per far capire che il Giudizio di Dio sarà per tutti gli uomini, buoni e cattivi. Poi sarà Dio a decidere se risvegliarli in spirito, in corpo, oppure in nessuno di questi modi.
marco
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Re: Il soggetto di 1 Pt 3:19-20

Messaggio da marco »

Caro Gianni sono d'accordo sul "modo progressivo", vero. Ma vorrei farti notare che a scrivere questa frase in 1Tm 5 non fu Noè ma Paolo.
Se Paolo condannò con la sua frase la vedova doveva avere in testa qualcosa di diverso dall'idea della seconda possibilità. Vero, o no!! Avrebbe dovuto dire: questa povera vedova avrà un'altra possibilità durante il Millennio, non preoccupatevi.
Anzi Paolo si mette già al posto di Dio condannandola. Perché azzarda e osa tanto? Perché la sua vicinanza con Cristo gli permette di capire i peccati che con molta probabilità, senza un chiaro pentimento in vita, e nell'unica vita disponibile, difficilmente saranno perdonati da Dio.
marco
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Re: Il soggetto di 1 Pt 3:19-20

Messaggio da marco »

Caro Antonio se tutta Ap è simbolica e scritta in stile apocalittico perché prendere alla lettera solamente il Millennio?
La donna di Ap è nutrita per un tempo due tempi e la metà di un tempo. Si comprende che non c'è qui un tempo cronologico (Kronos) ma un tempo di Dio (Kairos).
Lo stesso a mio avviso è il periodo dei mille anni.
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Gianni
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Re: Il soggetto di 1 Pt 3:19-20

Messaggio da Gianni »

Caro Marco, Paolo afferma in 1Tm 5:5,6: “La vedova che è veramente tale e sola al mondo, ha posto la sua speranza in Dio, e persevera in suppliche e preghiere notte e giorno; ma quella che si abbandona ai piaceri, benché viva, è morta”.
Sinceramente non comprendo come puoi collegare questo passo alla risurrezione. Tu sembri voler fare uno strano e contorto giro, domandando perché Paolo direbbe così se sapesse che lei, spiritualmente morta al presente, potrebbe rifarsi nella risurrezione.

Prova a fare il tuo strano ragionamento al contrario. Prova per un momento a partire dall’idea che Paolo sia consapevole che chi ha operato male abbia poi comunque un’altra opportunità alla risurrezione. In tal caso, cosa direbbe a quella vedova? Forse di darsi liberamente ai piaceri, che tanto poi avrà una seconda opportunità? Ti aspetti questo, ragionando come hai fatto?

La verità è che qui Paolo non prende neppure in considerazione la risurrezione, e non lo fa neppure per la vedova che pone la sua speranza in Dio. Il suo argomento è altro.
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francesco.ragazzi
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Re: Il soggetto di 1 Pt 3:19-20

Messaggio da francesco.ragazzi »

Caro Antonio,
Cosa significa che : La morte fisica e' la prima, con cui si sconta la condanna
Quale condanna ? Tutti muoriamo di morte fisica, condanna o assoluzione è la prerogativa del Giudizio di Dio fondata sul nostro operato.....
La morte fisica è semplicemente un decorso naturale della vita terrena .-
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Gianni
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Re: Il soggetto di 1 Pt 3:19-20

Messaggio da Gianni »

“La morte fisica è semplicemente un decorso naturale della vita terrena”, dice Francesco.
Io modificherei così: La morte naturale fisica sarebbe semplicemente un decorso naturale della vita terrena.
Occorre infatti distinguere tra morte naturale e morte di condanna.

Dall’esito finale del piano di Dio, che consiste nel riunire tutte le cose in Yeshùa, apprendiamo che il progetto di Dio è quello di trasformare gli esseri umani in esseri spirituali. Se Dio creò inizialmente l’uomo come essere fisico, ci sarà stata ovviamente una ragione che lui sa e che fa parte della sua infinita sapienza.
Ora, se Adamo ed Eva si fossero mantenuti fedeli, avrebbero raggiunto una relazione molto più intima con Dio nel mondo spirituale. La loro morte sarebbe stata del tutto naturale e sarebbero passati – è il caso di dirlo – a miglior vita 'vecchi e sazi di giorni', come Giobbe.
Però, “il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato” (Rm 5:12). Questa morte non è quella naturale consistente in un passaggio, ma è la pena di morte per il peccato.
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bgaluppi
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Re: Il soggetto di 1 Pt 3:19-20

Messaggio da bgaluppi »

Caro Antonio pensi per caso che Daniele si mise a tavolo con Dio a discutere le varie fasi del futuro processo? Daniele si espresse come poteva.
Marco, Daniele era perfettamente in grado di parlare e non "si espresse" ma ha espresso cio' che gli fu detto di esprimere. Anche Yeshua, secondo la tua teoria, "si e' espresso come poteva". Il problema e' che lui era la parola:

quelli che hanno operato bene, in risurrezione di vita; quelli che hanno operato male, in risurrezione di giudizio. Gv 5:29

si risveglieranno; gli uni per la vita eterna, gli altri per la vergogna e per una eterna infamia Dn 12:2

Come vedi, Daniele e Yeshua stanno dicendo esattamente la stessa cosa, perche' non sono loro a parlare, ma il Padre tramite loro.

Per quanto riguarda il linguaggio simbolico ed allegorico di Apocalisse, bisogna distinguere tra cio' che e' simbolico-allegorico e tra cio' che e' indicazione di evento o persona reali. Ad esempio, le due bestie sono delle allegorie, ma e' reale cio' che rappresentano; allo stesso modo, il regno dei mille anni non sara' forse di mille anni (il numero potrebbe essere simbolico) ma e' reale il fatto che esistera' un periodo in cui il Messia regnera' coi suoi eletti. Gli ebrei chiamano questo periodo "Era Messianica".

Francesco, a cio' che ha detto Gianni aggiungo la precisazione che lo Pseudo-Jonathan e i testi targumici fanno alla morte in cui incorre Adamo: lo Ps.-J. e il Targum la definiscono "condanna a morte", ossia una pena da scontare per aver commesso una violazione. Non morte naturale. La morte e' la conseguenza del peccato, e ne e' quindi il prezzo che paghiamo. Attraverso il Messia si rinasce in spirito, ma se il Messia non lo si accetta, non possiamo rinascere; e tutti coloro che non hanno neppure avuto la possibilita' di conoscerlo, come farebbero a salvarsi? Sarebbe alquanto assurdo pensare che Dio abbandoni tutti questi uomini nell'Ades, cioe' nella morte.

In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d'acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio. - Gv 3:5
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