I doni dello spirito

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bgaluppi
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Re: I doni dello spirito

Messaggio da bgaluppi »

Vediamo ora chi erano gli apostoli secondo la Scrittura. Naturalmente, come abbiamo visto, i Dodici che vissero con lui, ai quali più tardi si aggiunse Mattia, necessario sostituto di Giuda Iscariota perché il numero dodici, profondamente simbolico, fosse completo. In At 1:21-26, davanti a centoventi credenti riuniti (At 1:15), Pietro afferma:

“«Bisogna dunque che tra gli uomini che sono stati in nostra compagnia tutto il tempo che il Signore Gesú visse con noi, a cominciare dal battesimo di Giovanni fino al giorno che egli, tolto da noi, è stato elevato in cielo, uno diventi testimone con noi della sua risurrezione». Essi ne presentarono due: Giuseppe, detto Barsabba, che era soprannominato Giusto, e Mattia. Poi in preghiera dissero: «Tu, Signore, che conosci i cuori di tutti, indicaci quale di questi due hai scelto [ἐξελέξω, exelèxo] per prendere in questo ministero apostolico il posto che Giuda ha abbandonato per andarsene al suo luogo». Tirarono quindi a sorte, e la sorte cadde su Mattia, che fu incluso tra gli undici apostoli.”

Il testo indica che Mattia fu testimone diretto di Yeshùa e della sua risurrezione (e anche Giuseppe, ma non entrò a far parte dei Dodici). Per far sì che la scelta tra i due fosse espletata non per decisione umana, ma per volontà di Dio, il nome venne tratto a sorte in seguito ad una preghiera; l'indicativo aoristo di ἐκλέγομαι (eclègomai) al v. 24, indica un'azione già avvenuta e conclusasi (“hai scelto”) e fa capire come Mattia fosse già preordinato ad essere apostolo prima che il suo nome fosse tratto a sorte dai presenti. Da tutto questo passaggio risulta chiaro che il numero dei Dodici era fisso, per il valore simbolico che contiene, e che il ruolo di apostolo di Cristo veniva conferito per volere di Cristo e di Dio stesso (cfr. Gv 17:6), non per decisione umana, e solo ed esclusivamente a coloro che furono testimoni diretti di Cristo e della sua risurrezione. Questo è un requisito fondamentale per possedere il titolo di apostolo di Cristo, che spetta prima di tutti ai Dodici scelti, ed il motivo per cui non può esistere nessuna “successione apostolica”; infatti, chi è testimone non può essere sostituito da chi non lo è, e non può neppure “passare” il ruolo di testimone ad altri non testimoni, poiché chi non vide non può testimoniare ciò che non ha visto.

Tuttavia, Paolo si definisce apostolo di Cristo, ed esistono altri che svolgono ruolo di apostolo. Nel prossimo commento parlerò del ruolo del testimone e cercherò di mettere in evidenza la differenza che intercorre tra i Dodici apostoli e tra gli altri che vengono definiti apostoli o svolgono un ruolo di apostolo.
tom anad
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Re: I doni dello spirito

Messaggio da tom anad »

:-) :-)
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bgaluppi
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Re: I doni dello spirito

Messaggio da bgaluppi »

Questo commento è un filo lungo e richiede un minimo di attenzione. Per quanto riguarda il ruolo di testimone, cito innanzitutto le parole di Gianni, aggiungendo il grassetto:
La parola greca μάρτυς (màrtϋs, da cui “martire”), “testimone”, che ricorre nelle Scritture Greche 168 volte nelle sue diverse forme, indica originariamente colui che in un processo può testimoniare ciò che ha visto.
Nelle Scritture Greche questa parola assume talvolta il suo valore prettamente legale: “Voi dunque testimoniate [greco μάρτυρές ἐστε (màrtϋrès este, “siete testimoni”)] delle opere dei vostri padri e le approvate; perché essi li uccisero e voi costruite loro dei sepolcri” (Lc 11:48). Le parole di Yeshùa al suo processo davanti a Caifa suppliscono alla mancanza di “testimoni” giuridici: “Che bisogno abbiamo ancora di testimoni [greco μαρτύρων (martΰron, “di testimoni”)]?” – Mr 14:63.
In generale, però, i testimoni di Yeshùa devono annunciare la sua vita e il suo messaggio non solo a parole ma con la stessa vita e morte. Da qui il senso di “martire” per colui che muore testimoniando Yeshùa. “Voi mi renderete testimonianza [greco μαρτυρεῖτε (martürèite, “testimonierete”], perché siete stati con me fin dal principio” (Gv 15:27); “Voi siete testimoni [greco μάρτυρες (màrtüres, “testimoni”)] di queste cose” (Lc 24:48). “Ci ha comandato di annunziare al popolo e di testimoniare che egli è colui che è stato da Dio costituito” (At 10:42): così dirà Pietro.
Ma cosa dovevano testimoniare? Gli apostoli (che significa “inviati”), e specialmente i Dodici, dovevano parlare della vita terrena di Yeshùa. Per questo Mattia fu scelto per sostituire il traditore Giuda: “Bisogna dunque che tra gli uomini che sono stati in nostra compagnia tutto il tempo che il Signore Gesù visse con noi, a cominciare dal battesimo di Giovanni fino al giorno che egli, tolto da noi, è stato elevato in cielo, uno diventi testimone con noi della sua risurrezione” (At 1:21,22). È proprio in questo senso che Pietro testimonia: “Voi sapete quello che è avvenuto in tutta la Giudea [...] vale a dire, la storia di Gesù di Nazaret. [...] E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nel paese dei Giudei e in Gerusalemme” (At 10:37-39). Giovanni vide personalmente la lancia che fu conficcata del petto di Yeshùa: “Uno dei soldati gli forò il costato con una lancia, e subito ne uscì sangue e acqua. Colui che lo ha visto, ne ha reso testimonianza, e la sua testimonianza è vera” (Gv 19:34,35). Questa era una caratteristica dei Dodici.
Ma in modo particolare gli apostoli (che erano ben più di dodici) dovevano testimoniare la resurrezione di Yeshùa. Giovanni narra di avere avuto contatto con il risorto, per cui può testimoniare: “Quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato [...] ne rendiamo testimonianza” (1Gv 1:1,2). Anche per Paolo testimoniare significa rendere testimonianza al risorto che ha visto: “Apparve anche a me [...]. Sia dunque io o siano loro, così noi predichiamo, e così voi avete creduto. [...] si predica che Cristo è stato risuscitato dai morti” (1Cor 15:8-12, passim). “Egli apparve a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, i quali ora sono suoi testimoni davanti al popolo”. – At 13:31.
Dunque, i Dodici e pochi altri erano quelli che avevano visto e potevano rendere testimonianza vera, come dice Giovanni; ne consegue che chi non fu testimone non poteva rendere testimonianza vera e non può farlo oggi.

Abbiamo visto come i Dodici vissero a contatto con Yeshùa dal battesimo fino alla sua morte e lo videro risorto; ma a chi altri apparve? Ci aiuta Paolo, che fa un resoconto cronologico:

Yeshùa “apparve a Cefa [Lc 24:34], poi [εἶτα, èita] ai dodici [Gv 20:26]” (1Cor 15:5); dopo ciò (ἔπειτα, èpeita) “apparve a più di cinquecento fratelli in una volta” (1Cor 15:6) e in seguito (ἔπειτα, èpeita) “a Giacomo, poi [èita] a tutti gli apostoli” (1Cor 15:7) e, infine, apparve anche a lui (1Cor 15:8).

Verrebbe da pensare che tutte le persone qui nominate, per il fatto di aver visto Yeshùa risorto, dovrebbero essere apostoli. Ma è davvero così? Dal testo si capisce che il semplice fatto di apparire a qualcuno dopo la risurrezione non costituisca necessariamente prova di elezione ad apostolato, altrimenti Paolo non avrebbe distinto tra l'apparire “a tutti gli apostoli” e “a più di cinquecento fratelli”. Nel resoconto di Paolo, gli apostoli a cui Yeshùa appare erano già apostoli. Se per essere considerato apostolo di Cristo fosse bastato aver visto Yeshùa dopo la risurrezione, quei cinquecento avrebbero dovuto essere tutti apostoli, ma il testo li distingue chiaramente come “fratelli” dai Dodici e da “tutti gli apostoli”, a cui Yeshùa apparve successivamente. Inoltre, Paolo afferma che Yeshùa si manifestò “ai dodici” (in realtà al momento erano undici, Mattia è incluso per prolessi) e poi (εἶτα, èita, “poi”, “successivamente”) a tutti gli apostoli; quindi, con “tutti gli apostoli”, Paolo non si riferisce solamente ai Dodici, a cui Yeshùa era già apparso, ma anche ad altri (qui inclusi per prolessi), altrimenti sarebbe un'inutile ripetizione di quanto già specificato al v. 5 e non avrebbe senso l'uso di èita (ad indicare uno spazio temporale successivo).

Fin qui, vediamo come uno dei requisiti per l’apostolato fu essere testimone diretto; i Dodici, assieme ad altri, furono testimoni dal battesimo fino all’ascensione, altri furono testimoni solo della risurrezione. È difficile capire con certezza chi fossero “tutti gli apostoli” a cui Yeshùa apparve, perché la scrittura non lo dice, ma lo si può ipotizzare analizzandola e per adesso è importante osservare come gli apostoli siano ben differenziati dai fratelli, perché per essere apostolo di Cristo era necessario un altro requisito: aver ricevuto mandato da Cristo, essere da lui scelto come “inviato” per andare ad annunciare il Vangelo. Non solo i Dodici ricevettero il mandato, come vedremo nella prossima parte, e tra gli apostoli sussistevano differenze fondamentali.

Mi scuso se la tiro per le lunghe ma è importante capire le cose un passo alla volta.
L'agnostico
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Re: I doni dello spirito

Messaggio da L'agnostico »

perché per essere apostolo di Cristo era necessario un altro requisito: aver ricevuto mandato da Cristo, essere da lui scelto come “inviato” per andare ad annunciare il Vangelo. Non solo i Dodici ricevettero il mandato, come vedremo nella prossima parte, e tra gli apostoli sussistevano differenze fondamentali.
Bgaluppi aspetto la prossima parte per poi porre alcune domande..
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bgaluppi
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Re: I doni dello spirito

Messaggio da bgaluppi »

OK. Scusa, sono stato impegnato in altre discussioni... La inserisco a breve.
tom anad
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Re: I doni dello spirito

Messaggio da tom anad »

si sta spiegando chi sono gli apostoli.

Lo dice la Bibbia, dodici.
Oltre a coloro che furono chiamati apostoli ma non fanno parte delle fondamenta della nuova Gerusalemme.

Oggi ci sono i discepoli e i credenti, oltre a tanti, tantissimi miscredenti (purtroppo)
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bgaluppi
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Re: I doni dello spirito

Messaggio da bgaluppi »

Ciao agnostico, cercherò ora di chiarire quali fossero le differenze che intercorrevano tra coloro che la Scrittura presenta come apostoli.

In Lc 10 leggiamo che “il Signore scelse altri settantadue discepoli” (v. 1) e che Yeshùa li invia [ἀποστέλλω, apostèllo] “nei villaggi o nelle borgate che egli stava per visitare”. Quei settantadue sono, dunque, apostoli di Yeshùa a tutti gli effetti, ossia suoi inviati; ciò è confermato dal v. 16, in cui Yeshùa, parlando ai settantadue, afferma: “Chi ascolta voi ascolta me. Chi disprezza voi disprezza me, ma chi disprezza me disprezza il Padre che mi ha mandato”. I settantadue discepoli furono inviati a rappresentare Yeshùa (e Dio stesso) e dovevano essere accolti al pari di Yeshùa. Al v. 20 si legge una cosa importante: “Non rallegratevi però perché gli spiriti maligni si sottomettono a voi, ma piuttosto rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti in cielo”; i nomi di quei discepoli sono già scritti in cielo, poiché Yeshùa li ha scelti.

Nonostante ciò, la differenza tra i Dodici e i settantadue è marcata in Lc 6:13, già citato: tra i numerosi discepoli, Yeshùa ne scelse dodici ai quali dette anche l'epiteto di apostoli, poiché erano quelli che avrebbe inviato a rendergli ufficiale testimonianza dopo la sua ascensione. I settantadue furono suoi apostoli, cioè inviati, quando lui era ancora nel mondo, ma è necessario mettere in evidenza che Yeshùa, prima di salire al cielo, radunò gli undici discepoli, i prescelti, non tutti i discepoli. Prima di scomparire dà istruzioni solo agli undici, i suoi compagni e fratelli inseparabili. In Lc 24:50,51 leggiamo: “Poi Gesù condusse i suoi discepoli verso il villaggio di Betania. Alzò le mani sopra di loro e li benedisse. Mentre li benediceva si separò da loro e fu portato verso il cielo”; chi fossero questi discepoli è chiarito da Mt 28:16: “Gli undici discepoli andarono in Galilea, su quella collina che Gesù aveva indicato”. Ciò è confermato dalle stesse parole di Yeshùa, che appena dopo l'ultima cena disse agli undici “dopo che sarò resuscitato vi precederò in Galilea” (Mt 26:32; Mr 14:28). Ci furono dunque numerosi apostoli, ma solo i Dodici rappresentano le fondamenta della chiesa e della Nuova Gerusalemme; tutto ha inizio con loro.

Tra gli altri apostoli, oltre a Paolo (Saulo di Tarso), è necessario distinguere quelli che la Scrittura chiama “apostoli delle chiese” (2Cor 8:23), ossia gli inviati delle congregazioni con lo scopo di rappresentarle. Per fare alcuni esempi, tra questi ci sono Barnaba e Sila, inviati della congregazione di Gerusalemme ai Gentili (At 15:27), e Giuda detto Barsabba (At 15:22); Timoteo ed Erasto, invece, erano i rappresentanti di Paolo inviati in Macedonia (At 19:22). Il termine ἀπόστολος (apòstolos) è usato anche in riferimento ad Epafrodito, inviato della congregazione di Filippi (Flp 2:25). Gli apostoli delle chiese non erano necessariamente apostoli di Cristo in senso stretto come lo furono i Dodici e Paolo; in 2Cor 1:1, Paolo si distingue nettamente da Timoteo: “Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Timoteo”. Paolo fu inviato di Cristo e dello spirito, Timoteo fu inviato di Paolo; ambedue furono apostoli, ossia inviati, ma con ruoli assai diversi. Anche Anania, già battezzato, ricopre ruolo di apostolo di Cristo nel battesimo di Paolo, ma non fu testimone diretto e membro dei Dodici (At 9:10-18). Per quanto riguarda Giuda detto Barsabba, egli doveva essere un discepolo molto stimato ed era un profeta (At 15:32), ma non fu apostolo di Cristo e non è da confondersi con il Giuseppe detto Barsabba che fu tra i due candidati per la sostituzione di Giuda Iscariota. Infatti, in At 15:22, Giuda e Sila sono “uomini autorevoli tra i fratelli”, quindi non erano considerati apostoli di Cristo, pur essendo apostoli delle chiese; il “Giuseppe detto Barsabba” di At 1:23, invece, fu un testimone diretto della vita e della risurrezione di Cristo, poiché fu “tra gli uomini che sono stati in nostra [dei Dodici] compagnia tutto il tempo che il Signore Gesù visse con noi, a cominciare dal battesimo di Giovanni fino al giorno che egli, tolto da noi, è stato elevato in cielo”. Ciò fa presupporre che fosse con i Dodici anche nel giorno della Pentecoste. Giuseppe possedeva un requisito fondamentale per l'apostolato: la testimonianza diretta della vita, della morte e della risurrezione di Yeshùa. Ciò nonostante, la Scrittura non riferisce che fosse un apostolo. Anche Andronico e Giunio vengono chiamati “apostoli assai stimati” (erano probabilmente tra i settantadue discepoli, Rm 16:7), e anche Giacomo è definito apostolo (Gal 1:19; 1Cor 15:7), il quale però non avrebbe potuto essere uno dei Dodici, poiché quando Yeshùa era ancora in vita non credette nella sua messianicità (Gv 7:5). Giacomo, di nuovo, doveva essere tra quelli che si riunivano regolarmente con gli undici, ed era probabilmente presente sia quando Yeshùa risorto apparve ai discepoli che nel giorno della Pentecoste, come spiegato precedentemente. Paolo, comunque, assicura che Yeshúa apparve a Giacomo (1Cor 15:7) e che Giacomo è riconosciuto come apostolo (Gal 1:19); inoltre, e a conferma di ciò, Giacomo era una delle colonne della chiesa assieme a Pietro e Giovanni (Gal 2:9) e la sua Lettera fa parte degli scritti canonici ispirati, assieme a quella di suo fratello Giuda (anche lui testimone diretto). La sua identità potrebbe essere scambiata con Giacomo figlio di Zebedeo, che era uno dei Dodici.

Da tutte queste cose si capisce come il termine apostolo di Cristo, oggi usato indiscriminatamente e illegittimamente, fosse riservato esclusivamente a quegli uomini che - direttamente o in seguito a una visione - furono inviati da Cristo per essere suoi testimoni e predicare il Vangelo o portare a termine un compito. Altri furono apostoli (“inviati”) delle comunità, o inviati da parte di qualcuno, dunque non erano inviati di Cristo e non potevano rappresentarlo.

Nella prossima parte parlerò dei doni dello spirito che accompagnarono i discepoli della primissima comunità, per dimostrare che oggi non esistono più, perché i doni dello spirito erano concessi esclusivamente tramite i Dodici apostoli e avevano lo scopo di rendere testimonianza della veridicità del loro messaggio affinché la fede in Yeshùa sbocciasse in tutto il mondo romano (e le pecore perdute della Casa di Israele fossero radunate). Non essendoci più i Dodici, e non essendoci più motivo di far sbocciare quella fede che già sbocciò duemila anni fa, non possono più esistere doni dello spirito. E dunque tutti coloro che, oggi, sostengono di averli, hanno capito ben poco.
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bgaluppi
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Re: I doni dello spirito

Messaggio da bgaluppi »

Breve excursus. Su questo forum ospitiamo a volte “apostoli” delle varie congregazioni religiose odierne, che però durano poco perché non vengono qui per discutere e imparare, ma per predicare e giudicare, senza averne autorità. ;)
Luigi
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Re: I doni dello spirito

Messaggio da Luigi »

Nella prossima parte parlerò dei doni dello spirito che accompagnarono i discepoli della primissima comunità, per dimostrare che oggi non esistono più, perché i doni dello spirito erano concessi esclusivamente tramite i Dodici apostoli e avevano lo scopo di rendere testimonianza della veridicità del loro messaggio affinché la fede in Yeshùa sbocciasse in tutto il mondo romano (e le pecore perdute della Casa di Israele fossero radunate). Non essendoci più i Dodici, e non essendoci più motivo di far sbocciare quella fede che già sbocciò duemila anni fa, non possono più esistere doni dello spirito. E dunque tutti coloro che, oggi, sostengono di averli, hanno capito ben poco.
Antonio, l'apostolo Paolo scelto dal Signore Gesù per essere Suo servo, non ha avuto bisogno di ricevere tra l'altro, i doni dello Spirito per mano degli apostoli, e anche oggi come in ogni tempo, nessuno poteva e può impedire al Signore di scegliersi ,altri come Paolo "specie in tempi così difficili come quelli odierni", per essere Suoi discepoli ed annunciare la salvezza nel Suo Nome, anche alle generazioni di ogni tempo, proprio perchè il grano e la zizzania sarebbero cresciute insieme fino alla venuta del Signore
Ora essendici il grano, c'è per forza di cose il granaio, e ancor più il grano "i figli di Dio", si riuniscono per offrire il culto al,loro Signore, e quindi ciò implica che il Signore continua a operare come allora, con segni miracoli ecc...
Quindi a mio "e non solo " avviso, il limite all'esistenza dei doni dello Spirito, lo dai tu e non certo il Signore...
ciao
ringo
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Iscritto il: venerdì 19 aprile 2019, 23:22

Re: I doni dello spirito

Messaggio da ringo »

Non essendoci più i Dodici, e non essendoci più motivo di far sbocciare quella fede che già sbocciò duemila anni fa, non possono più esistere doni dello spirito. E dunque tutti coloro che, oggi, sostengono di averli, hanno capito ben poco.
Be da evangelico i posso solo dire che oggi quelli "che hanno capito poco" sono solo 600.000.000 di evangelici e oltre 100.000.000 di carismatici.

I doni (carismi) li distribuisce lo Spirito come vuole, e quindi non in base alla mia o alla tua idea.
Breve excursus. Su questo forum ospitiamo a volte “apostoli” delle varie congregazioni religiose odierne, che però durano poco perché non vengono qui per discutere e imparare, ma per predicare e giudicare, senza averne autorità. ;
La bibbia dice che non bisogna giudicarsi saggi da soli, non innalzarsi.
Quindi perché pensate che chiunque entra nel forum deve imparare da voi?
Non avete mai pensato che voi potreste imparare da altri?
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