1Gv 4:2-3

Rispondi
Avatar utente
bgaluppi
Messaggi: 9943
Iscritto il: domenica 28 dicembre 2014, 7:13
Località: Torino

1Gv 4:2-3

Messaggio da bgaluppi »

1Gv 4:2-3

I trinitari utilizzano questo versetto per sostenere la dottrina secondo la quale Yeshua, terza parte di Dio, sarebbe venuto nella carne, ossia avrebbe assunto forma umana, arrivando da forma divina e venendo nel mondo nella carne, ossia in un corpo umano. Vediamo innanzitutto come interpretano le principali traduzioni.
ogni spirito, il quale riconosce pubblicamente che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio; e ogni spirito che non riconosce pubblicamente Gesù, non è da Dio (NR)

ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio (CEI)

ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio. E ogni spirito che non riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, non è da Dio (ND)

ogni spirito, che confessa Gesù Cristo venuto in carne, è da Dio. Ed ogni spirito, che non confessa Gesù Cristo venuto in carne, non è da Dio (Diodati)

ogni spirito che confessa Gesù Cristo venuto in carne, è da Dio; e ogni spirito che non confessa Gesù, non è da Dio (Riveduta)
πᾶν πνεῦμα ὃ ὁμολογεῖ Ἰησοῦν Χριστὸν ἐν σαρκὶ ἐληλυθότα ἐκ τοῦ θεοῦ ἐστιν καὶ πᾶν πνεῦμα ὃ μὴ ὁμολογεῖ ⸀τὸν ⸀Ἰησοῦν ἐκ τοῦ θεοῦ οὐκ ἔστιν

Esaminiamo innanzitutto la frase "venuto nella carne". Nuova Riveduta, CEI e Nuova Diodati traducono la parola ἐν σαρκὶ (en sarki') con "nella carne", mentre Diodati e riveduta traducono "in carne". Il concetto non sembra cambiare molto. Vediamo allora quali sono i significati di σάρξ (sarx).

Lo Strong (4561) traduce σάρξ, σαρκός come "carne, corpo (opposto allo spirito), natura umana (con le sue fragilita' e passioni), essere umano carnale, materialita'." Lo Helps rende "propriamente carne (carnale), niente piu' che di origine umana. Usato in relazione al corpo umano senza peccato di Cristo."

Alla luce di queste autorevoli fonti, vediamo una traduzione alternativa: 

ogni spitito che riconosce (dichiara, ammette, confessa, da ὁμολογέω, omologheo) che Gesu' Cristo e' venuto come uomo (o "come essere umano", o "in natura umana") e' da Dio

Il significato del versetto cambia radicalmente, anzi direi diametralmente. In questo senso, non e' piu' possibile estrapolare dalle parole un senso trinitario, semmai il contrario: questa traduzione indica che "chi riconosce che Gesu' Cristo era uomo, e' da Dio", quindi respinge totalmente l'ipotesi trinitaria. Certo, i voli pindarici sono sempre possibili, ma in questo caso molto meno applicabili.

Andiamo oltre ed analizziamo un'altra possibile traduzione. I testi originali in greco non contengono punteggiatura, poiche' all'epoca gli autori cercavano di risparmiare carta in quanto bene prezioso. In tutte le traduzioni vediamo come Gesu' e Cristo vengano attaccate insieme a formare un solo nome, largamente usato anche oggi: Gesu' Cristo. Ma Cristo non e' un nome: significa "unto di Dio, Messia, cioe' consacrato. Consacrato non da Dio, ossia da lui sacrificato per l'uomo, ma da se' stesso a Dio e per l'uomo. Cristo accetta di sacrificare se stesso al posto di tutti gli uomini consacrandosi a Dio. Per questo Gesu' (o Yeshua) e' il Messia, l'Unto, cioe' il consacrato.

Alla luce di cio', possiamo benissimo tradurre nel seguente modo:
ogni spirito che riconosce Gesu' come il Cristo (il consacrato, l'unto, il Messia) venuto in natura umana (come uomo), e' da Dio
Non Gesu' Cristo venuto nella carne, ma Gesu' il consacrato venuto per tutti come uomo, in natura umana, ossia l'uomo che si e' consacrato a Dio per tutti noi.

Questa traduzione ribalta completamente il significato del versetto. Per questo motivo, una singola traduzione che sembra esprimere un concetto non in concordanza con tutte le altre occasioni in cui si e' espresso lo stesso concetto in modo diverso, deve essere esaminata molto attentamente. Ancora una volta, la trinita' ha fatto cilecca.
Ultima modifica di bgaluppi il sabato 28 febbraio 2015, 20:41, modificato 1 volta in totale.
chelaveritàtrionfi
Messaggi: 4130
Iscritto il: venerdì 11 aprile 2014, 23:31
Località: Italia

Re: 1Gv 4:2-3

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Caro Antonio anche lasciando il versetto tradotto in quel modo, basta considerare che Cristo non è il cognome di Gesù o il secondo nome. Gesù Cristo suona come doppio nome in italiano.. Se invece lo intendiamo il consacrato, il Messia, la frase cambia senso. E poi che significato dovrebbe avere ogni spirito che nn riconosce Gesù Cristo venuto in carne nn è da Dio? Sarebbe una frase contenente un enigma da risolvere (povero enigma sei sempre tirato in ballo :-) ) . Secondo i trinitari il VT è un mistero che poi viene svelato nel NT ancora una volta avremmo un mistero.
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
Avatar utente
bgaluppi
Messaggi: 9943
Iscritto il: domenica 28 dicembre 2014, 7:13
Località: Torino

Re: 1Gv 4:2-3

Messaggio da bgaluppi »

E' vero quello che dici, Naza. Ma immagina per un momento di essere un novizio nella fede e di imbatterti in questo passo per la prima volta; considera queste due traduzioni:

riconoscere che Gesu' Cristo e' venuto nella carne

riconoscere che Gesu' e' il Cristo venuto come uomo

L' effetto immediato, in termini i comprensione, e' molto diverso. Venuto nella carne potrebbe essere interpretato come "Dio fatto carne", incarnatosi. Ed e' questo che sostengono i trinitari. Gesu' e' il Cristo venuto come uomo, in natura umana, significa semplicemente che il Cristo era un uomo, non Dio.
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10129
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: 1Gv 4:2-3

Messaggio da Gianni »

Trovo davvero strano che dei trinitari possano avvalersi di 1Gv 4:2,3.
Come riferimento prendo la versione della Nuova Diodati:
“2 Da questo potete conoscere lo Spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio. 3 E ogni spirito che non riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, non è da Dio; e questo è lo spirito dell'anticristo che, come avete udito, deve venire; e ora è già nel mondo”.
Analizzando il testo greco originale, troviamo alcune differenze:
Al v. 2 l’espressione originale è en sarkì, “in carne”, mentre la ND traduce “nella carne”, aggiungendo l’articolo. Non è un errore. Il greco, sempre molto preciso, non può usare qui l’articolo perché l’articolo starebbe ad indicare una carne particolare, mentre l’apostolo intende dire che Yeshùa era in carne e ossa come tutti. Traducendo in italiano l’articolo è però richiesto dalla nostra lingua.
Al v. 3 ND inserisce “è venuto nella carne”, frase assente nel testo greco, che dice semplicemente: “E ogni spirito che non confessa lo Yeshùa, dal Dio non è”. È chiaro che “venuto nella carne” è sottinteso, per cui ND traduce bene, anche se per correttezza avrebbe fatto meglio a mettere tra quadre. Il resto del versetto non è tradotto proprio letteralmente, ma va bene.
Possiamo quindi accogliere la traduzione di ND senza problemi.

Entrando nel merito, va notato subito che colui che è venuto “in carne” non è Dio ma Yeshùa. Giovanni sta trattando delle espressioni ispirate e afferma che quelle che non riconoscono Yeshùa in carne e ossa non sono da parte di Dio. L’apostolo sta mostrando la necessità di provare le espressioni ispirate prima di porvi fede, e come pietra di paragone prende il rapporto tra le espressioni ispirate e il Cristo (cfr. 1Gv 2:22). Infatti, in 1G 4:1 l’apostolo dice: “Carissimi, non credete ad ogni spirito, ma provate gli spiriti per sapere se sono da Dio, perché molti falsi profeti sono usciti fuori nel mondo”. Poi passa ad esporre il modo in cui provare se l’espressione ispirata viene davvero da Dio. È lo stesso concetto che Paolo esprime in 2Ts 2:2.
Intendere “in carne” nel senso di “uomo” è del tutto corretto. La prima espressione è quella biblica antica, la seconda è più adatta alla nostra lingua di oggi. Infatti, l’interconfessionale TILC traduce così al v. 2: “Se riconosce pubblicamente che Gesù è il Cristo fatto uomo, ha lo Spirito di Dio”. Va nuovamente sottolineato che chi è “fatto uomo” o “in carne” è il Messia, non Dio. Non solo il testo biblico non permettere di fraintendere, ma va anche detto che il solo pensarlo sarebbe stato considerato da un ebreo (quale era Giovanni) una gravissima bestemmia. “Dio non è un uomo” (Nm 23:19). “La Gloria d'Israele ... non è un uomo” (1Sam 15:29). “Egli infatti non è un uomo” (Gb 9:32). – ND.

Vedere nel passo giovanneo un accenno trinitario sarebbe un assurdo. Lì si parla di espressioni ispirate (“spiriti”) e vedervi in ciò la presunta terza persona trinitaria sarebbe da folli. Si noti il v. 2: “Ogni spirito che”; ci sono quindi molti spiriti (= espressioni ispirate), quelle che vengono da Dio riconoscono Yeshùa venuto come uomo e quelle che non lo riconoscono vengono dall’anticristo. Si noti anche che ND mette giustamente la minuscola a “spirito”, anche se poi tradisce la sua vena trinitaria mettendo la maiuscola quando di tratta dello spirito di Dio menzionato all’inizio del v. 2: “Da questo potete conoscere lo Spirito di Dio”. Siamo qui di fronte a una vera e propria incongruenza della ND: lo “Spirito di Dio” iniziale (con la maiuscola) alluderebbe alla terza persona trinitaria, mentre subito dopo “ogni spirito”, che pure “è da Dio”! (v. 2) non sarebbe più una persona.
Nel passo giovanneo abbiamo Dio da cui provengono le espressioni ispirate o “spiriti”, abbiamo poi Yeshùa venuto come uomo e abbiamo perfino altri spiriti che provengono dall’anticristo. Vedere in tutto ciò la trinità è da folli.
Avatar utente
bgaluppi
Messaggi: 9943
Iscritto il: domenica 28 dicembre 2014, 7:13
Località: Torino

Re: 1Gv 4:2-3

Messaggio da bgaluppi »

Grazie Gianni per questa bella trattazione. Ma non credo che i trinitari si appoggino a spirito per sostenere qui la trinita'. Asseriscono che se si specifica che Gesu' e' venuto nella carne, significa che prima era altrove... Cioe' e' divenuto mortale. In questo senso ho visto usare questo passo in difesa della dottrina trinitaria.
Avatar utente
bgaluppi
Messaggi: 9943
Iscritto il: domenica 28 dicembre 2014, 7:13
Località: Torino

Re: 1Gv 4:2-3

Messaggio da bgaluppi »

Dal Meyer's commentary leggo:
by ἐν σαρκί the flesh, i.e. the earthly human nature, is stated as the form of being in which Christ appeared. The form of the object is explained by the polemic against Docetism; it is to be translated either: “Jesus Christ as come in the flesh” (Lücke, de Wette, Düsterdieck, Ebrard, etc.); or: “Jesus, as Christ come in the flesh;” the last interpretation has this advantage, that it not only brings out more clearly the reference to the Cerinthian Docetism,[254] but it makes it more easy to explain how the apostle in 1 John 4:3 can designate the object simply by ΤῸΝ ἸΗΣΟῦΝ. It might, however, be still more suitable to take ἸΗΣΟῦΝ … ἘΛΗΛΥΘΌΤΑ as one object = “the Jesus Christ who came in the flesh,” so that in this expression the individual elements on which John here relied in opposition to Docetism have been gathered into one
traduzione: Con ἐν σαρκί (en sarchi') la carne, la natura umana terrena, e' indicata come la forma d'essere in cui Cristo e' apparso. La forma dell'oggetto e' spiegata dalla polemica contro il Docetismo; dobbiamo tradurre in due modi: "Gesu' Cristo come venuto nella carne" (Lücke, de Wette, Düsterdieck, Ebrard, etc.) oppure "Gesu' come Cristo venuto nella carne"; l'ultima interpretazione ha questo vantaggio, che non solo mostra piu' chiaramente il riferimento al Docetismo di Cerinto, ma rende piu' facile spiegare come l'apostolo in 1Giov 4:3 possa designare l'oggetto semplicemente con ΤῸΝ ἸΗΣΟῦΝ (ton Iesun). Sarebbe comunque piu' appropriato considerare ἸΗΣΟῦΝ … ἘΛΗΛΥΘΌΤΑ come un oggetto = "il Cristo Gesu' che e' venuto nella carne", cosicche' in una sola espressione sono contenuti gli elementi individuali su cui Giovanni qui basa la sua opposizione al Docetismo.
Gianni, ecco come i trinitari interpretano questo passo. Qui si afferma addirittura che Giovanni sta opponendosi al Docetismo. Un attimo arriva la traduzione per i non english speakers :-)
Ultima modifica di bgaluppi il domenica 1 marzo 2015, 10:51, modificato 2 volte in totale.
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10129
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: 1Gv 4:2-3

Messaggio da Gianni »

In tal caso, Antonio, occorre esaminare il verbo ἐληλυθότα (elelythòta) del v. 2, tradotto da ND “è venuto”.
Si tratta del participio perfetto indicativo del verbo greco ἔρχομαι (èrchomai), che tradotto letteralmente significa “essente venuto”. Il verbo greco èrchomai significa “venire” è può avere questi sensi:
1) provenire da un luogo ad un altro; usato sia di persone che arrivano che di quelli che ritornano;
2) apparire, fare un'apparenza, venire davanti al pubblico;
3) metaforicamente, venire all'esistenza, sorgere, venire avanti, farsi vedere, divenire noto.
Secondo quanto dici, i trinitari vedrebbero nel verbo elelythòta un passaggio dal cielo alla terra. Avremmo però, in questa lettura, uno stravolgimento del pensiero di Giovanni, perché verrebbe a significare qualcosa del genere: ‘Ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto dal cielo alla terra nella carne, è da Dio’. Quando sarebbe stato “in carne”? In cielo, durante il presunto tragitto o nel venire al mondo? In cielo è impossibile, perché la natura fisica è incompatibile con la sfera spirituale; inoltre avremmo una presunta seconda persona trinitaria celeste inizialmente fisica, che è un assurdo anche per i trinitari. Nel tragitto non ha senso e nulla nel testo lo suggerisce. Non rimane che il momento della nascita. Il che ci richiama Eb 10:5: “Entrando nel mondo, egli dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, ma mi hai preparato un corpo»”, che è una citazione da Sl 40:6, però nella versione greca della LXX, perché nel testo ebraico non compare. Che vuol dire “entrando nel mondo”? Vendendo da una sfera spirituale? TNM è più sfacciata a traduce “quando egli viene nel mondo”. Leggere qui un’entrata nel mondo (da una sfera celeste) è facile, ma il testo greco dice εἰς τὸν κόσμον (eis tòn kòsmon). Per capire, si paragonino questi due passi:
“La donna quando partorisce sente dolore, perché è giunta la sua ora; ma appena ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'angoscia per la gioia che è venuto al mondo un essere umano ... 28 Io sono proceduto dal Padre e sono venuto nel mondo”. – ND.
Sembrerebbe chiaro: nel primo caso si tratta di un qualsiasi bambino che viene al mondo, nel secondo si tratterebbe di Yeshùa che viene nel mondo. Non è forse così? No. No, che non lo è. Questa infatti è una traduzione. La differenza tra le due espressioni è solo una differenza che crea il traduttore. Nel testo originale greco di Gv questa differenza non compare affatto. Nel primo caso (il bambino che nasce) Gv usa l’espressione εἰς τὸν κόσμον (èis ton kòsmon). E nel secondo caso (parlando di Yeshùa) usa la stessa identica espressione: εἰς τὸν κόσμον (èis ton kòsmon). La domanda allora è: perché? Non sarà forse che la traduzione sia influenzata dal pensiero trinitario del traduttore? Al di là delle intenzioni del traduttore, una cosa è e rimane certa: sta di fatto che il testo originale greco è esattamente lo stesso nelle due espressioni. Coerentemente si dovrebbe allora tradurre, per assurdo: “A motivo della gioia che un uomo è venuto nel mondo”. Ma questo, in italiano, suonerebbe molto strano. Non suona invece strano esprimere in italiano quello che davvero il testo greco dice: “Sono uscito dal Padre e sono venuto al mondo”. Giovanni, in effetti, dice proprio così. “Venuto nel mondo” è quindi solo una traduzione scorretta e tendenziosa: la traduzione corretta è, come visto sul testo greco, “venuto al mondo”.
La stessa cosa vale per Eb 10:5 tradotto correttamente.

La domanda da porsi è: Yeshùa era preesistente in cielo prima della nascita? La risposta è sì, MA secondo la mentalità ebraica. Per gli ebrei anche la Toràh e il Tempio erano preesistenti in cielo. Anzi, erano quelle le vere realtà, e quelle terrene ne erano solo una copia. Detto chiaramente: la preesistenza è una categoria biblica tramite cui gli ebrei davano consistenza a qualcosa di importante mettendolo in relazione con Dio. Nel pensiero occidentale noi diremmo: Dio aveva in mente. Ma questa è un’astrazione, e per gli ebrei (molto concreti) le astrazioni non avevano senso. Per cui non dicevano che Dio aveva già pensato alla Toràh ma che essa era in cielo con Dio; non dicevano che Dio aveva in mente la struttura del Tempio, ma che esso preesisteva già in cielo presso Dio. A maggior ragione il Messia doveva essere preesistente in cielo presso Dio. Gli ebrei attendevano che il Messia comparisse sulla terra già adulto, ecco perché, quando i maghi ne annunciano la nascita, i gerosolimitani non si incuriosiscono neppure: non poteva nascere come bambino. Ancora oggi il Messia è atteso già adulto.

Occorre quindi capire per bene questo concetto di preesistenza applicato a Yeshùa, questo preesistere a tutto il creato.
Va notato che le Scritture Greche non affermano che lo Yeshùa preesistente assunse la natura umana. Occorre esaminare bene i testi scritturali. Questi parlano piuttosto di una “discesa”, di una “manifestazione”, di una sua “apparizione”.
In Gal 4:4 si legge: “Quando arrivò il pieno limite del tempo, Dio mandò il suo Figlio, che nacque da una donna e che nacque sotto la legge” (TNM). Qui non si dice che il Figlio (Yeshùa) fosse la Parola o Lògos: si dice invece che colui che nacque da donna, questi fu inviato da Dio (come se già esistesse prima della sua nascita).
Un linguaggio simile lo troviamo in Rm 10:6 in cui Paolo parla di “farne [dal cielo] scendere Cristo” (TNM). Paolo richiama in questo passo Dt 30:12-14 che si riferisce alla Legge divina che non è lontana (in cielo o al di là del mare), ma vive in mezzo agli uomini; così Yeshùa con la sua parola generatrice di fede vive in mezzo ai credenti. Non si riferisce affatto alla sua parusìa (o venuta) escatologica (che si riferisce agli ultimi tempi), giacché questo “scendere” dal cielo avviene prima del far risalire dal luogo dei morti; deve quindi riferirsi al suo essersi fatto carne.
Secondo Eb 10:5-7 quando Yeshùa “viene nel mondo dice: ‘Non hai voluto né sacrificio né offerta, ma mi hai preparato un corpo. Non hai approvato olocausti e [offerta] per il peccato’. Quindi ho detto: Ecco, io vengo (nel rotolo del libro è scritto di me) per fare, o Dio, la tua volontà’” (TNM). È questo il figlio che Dio introduce nel mondo. Ancora una volta si tratta dello Yeshùa di Nazareth in carne e ossa.
La sua vita terrena può essere paragonata ad una “apparizione” (greco ἐπιφάνεια), tradotto da TNM con “manifestazione del nostro Salvatore, Cristo Gesù” in 2Tm 1:10. “Fu reso manifesto nella carne”. - 1Tm 3:16, TNM.
Per la mente occidentale il concetto sembra chiaro ed è facile trarre conclusioni tanto frettolose quanto errate. Per il lettore con mentalità occidentale la Bibbia starebbe affermando che Yeshùa viveva in cielo e poi assunse forma umana. Occorre entrare però negli schemi biblici se si vuole comprendere il significato vero.
1) È lo Yeshùa in carne e ossa a preesistere al creato;
2) La sua vita terrena è definita una manifestazione o apparizione (greco, ἐπιφάνεια).

Difficile? Per un occidentale, molto, indubbiamente.
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10129
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: 1Gv 4:2-3

Messaggio da Gianni »

"Io vi dico che molti verranno da Oriente e da Occidente e si metteranno a tavola con Abraamo, Isacco e Giacobbe". - Mt 8:11.
Avatar utente
bgaluppi
Messaggi: 9943
Iscritto il: domenica 28 dicembre 2014, 7:13
Località: Torino

Re: 1Gv 4:2-3

Messaggio da bgaluppi »

Altro commentario, questa volta il Cambridge Bible for Schools and Colleges. Riporto una parte del testo on traduzione:

that Jesus Christ is come in the flesh] See on 2 John 1:7. This is the crucial test, and one which would at once expose ‘the spirits’ of Cerinthian and Docetic teachers. [...] confesseth Jesus Christ as comein the flesh; confesseth that Jesus is the Christ come in the flesh. Remark that S. John does not say ‘come into the flesh’, but ‘in the flesh’: Christ did not descend (as Cerinthus said) into an already existing man, but He came in human nature; He ‘became flesh’. Moreover he does not say that the confession is to be of a Christ who came (ἐλθόντα), but of a Christ who is come (ἐληλυθότα). This ‘coming’ is not an exhausted fact: He is come and abides in the flesh.

che Gesu' Cristo e' venuto nella carne] Vedi 2 Giov 1:7. Questo e' il test cruciale, che finalmente esporrebbe gli "spiriti" dei maestri del Docetismo di Cerinto. [...] dichiara Gesu' Cristo come venuto nella carne; dichiara che Gesu' e' il Cristo venuto nella carne. Da notare che Giovanni non dice "venuto dentro la carne" ma "nella carne": Cristo non e' disceso (come sostiene Cerinto) dentro il corpo gia' esistente di un uomo, ma divenne di natura umana; divenne carne. Inoltre, non dice che la confessione deve essere riguardo a un Cristo che venne (ἐλθόντα), ma che e' venuto (ἐληλυθότα). Questa venuta non e' un fatto compiuto ed esaurito nel tempo: Lui e' venuto e resta nella carne.
Questo commentario mostra sostenere la preesistenza di Yeshua in cielo ed il suo trasmutarsi in essere di carne. E potrei andare avanti con altri commentari trinitari. Con insegnamenti di questo tipo, per forza la maggioranza della gente crede alla trinita' e alla preesistenza fisica di Yeshua in cielo. Alle volte mi sento dire: "ma se quasi tutti i commentari e i grandi teologi e studiosi sostengono la trinita', significa che sbagliano tutti?" Come dire: se tra 10 persone 9 dicono rosso e una blu, la verita' sta con i 9.
 
Rispondi