Gesù è morto il 14 o 15 nisan?

Liberty
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Re: Gesù è morto il 14 o 15 nisan?

Messaggio da Liberty »

Dovete avere pazienza con chi è nuovo e chiede sempre le stesse cose...ho trovato il link di Gianni che risponde alla mia domanda, non l'ho ancora letto ma non vedo l'ora

Ciao buon proseguimento
ארמאנדו אלבנו
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Re: Gesù è morto il 14 o 15 nisan?

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

ma se un gruppo di gentili ciristiani (senza ebrei cristiani) festeggiasse il rito della pasqua ebraica anche al di fuori della terra d'Israele devono circoncidersi prima di effettuare il rito religioso?
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bgaluppi
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Re: Gesù è morto il 14 o 15 nisan?

Messaggio da bgaluppi »

“Quando uno straniero soggiornerà con te e vorrà fare la Pasqua in onore del Signore, siano prima circoncisi tutti i maschi della sua famiglia. Poi venga pure a fare la Pasqua, e sia come un nativo del paese; ma nessun incirconciso ne mangi” - Es 12:48

Non è specificato il luogo, dunque per mangiare la pasqua sacrificata secondo il rituale ebraico bisogna essere circoncisi, ossia appartenere a Israele. C'è un problema ulteriore: il luogo stabilito è Gerusalemme, dove risiedeva il tempio (dimora di Dio): “Celebrerai la Pasqua al Signore tuo Dio, sacrificando vittime delle tue greggi e dei tuoi armenti, nel luogo che il Signore avrà scelto come dimora del suo nome. [...] Non potrai sacrificare l'agnello pasquale in una qualsiasi delle città che il Signore, il tuo Dio, ti dà.” — Dt 16:2,5

Pur esistendo ancora Gerusalemme, luogo prestabilito, il tempio non esiste più e neppure i sacerdoti discendenti diretti di Aronne (kohanim, Es 28:1). Dunque, oggi non è più possibile neppure per gli ebrei sacrificare la Pasqua secondo il rituale stabilito dalla Torah. Gli ortodossi ritengono che non sia possibile ripristinare i riti sacerdotali fino all'avvento del messia e finché il tempio sia ricostruito.
ארמאנדו אלבנו
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Re: Gesù è morto il 14 o 15 nisan?

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

Però il passo in questione parla di stranieri che celebrano la pasqua insieme agli ebrei.

Io invece dicevo esclusivamente stranieri senza mischiarsi con gli ebrei durante la celebrazione. Es: un gruppo di 10 gentili simpatizzanti per gli ebrei decidono di fare il rito della pasqua ebraica per simpatia verso gli ebrei e il Dio ebraico. Questi devono prima circoncidersi prima di fare il rito?
trizzi74
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Re: Gesù è morto il 14 o 15 nisan?

Messaggio da trizzi74 »

Caro Gianni, è possibile risolvere la discordanza dell'ora in cui Gesù fu messo a morte? Per Marco era la terza ora, per Giovanni era la sesta ora.Quale soluzioni proponi?
"Le religioni sono sistemi di guarigioni per i mali della psiche, dal che deriva il naturale corollario che chi è spiritualmente sano non ha bisogno di religioni."
Carl Gustav Jung
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bgaluppi
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Re: Gesù è morto il 14 o 15 nisan?

Messaggio da bgaluppi »

Trizzi, sempre interessanti i tuoi interventi, e acuti. In attesa di Gianni, provo a risponderti io.

”Poi, da Caiafa, condussero Gesú nel pretorio. Era mattina [πρωΐ, mattina presto], ed essi non entrarono nel pretorio per non contaminarsi e poter cosí mangiare la Pasqua.” — Gv‬ ‭18:28‬

“Era la preparazione della Pasqua, ed era l'ora sesta. Egli disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!»” — ‭‭Gv 19:14‬

“Era l'ora terza quando lo crocifissero.” — Mr‬ ‭15:25‬

“Venuta l'ora sesta, si fecero tenebre su tutto il paese, fino all'ora nona. All'ora nona, Gesú gridò a gran voce: « Eloí, Eloí lamà sabactàni?» che, tradotto, vuol dire: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»” — ‭‭Mr 15:33-34‬

“Era circa l'ora sesta, e si fecero tenebre su tutto il paese fino all'ora nona.” — Lc‬ ‭23:44‬

Il termine πρωΐ (pròi) significa "di buon mattino" e indica l'ultimo quarto della notte, tra le tre e le sei. Se Pilato lo avesse presentato ai giudei all'ora sesta secondo il conteggio ebraico, sarebbero state le dodici (mezzogiorno). È impossibile, dunque, che Yeshùa entri nel pretorio verso l'alba e che passino più di sei ore prima che Pilato lo presenti al popolo. Un'ipotesi (poco convincente) è che Giovanni conti le ore al modo romano in questo caso. Ciò corrisponderebbe con gli altri resoconti. Questa è la spiegazione spesso accolta, ma non è convincente. Ho cercato di verificarla cercando di stabilire se Giovanni nel suo vangelo calcoli sempre le ore al modo romano, ma non ci sono riuscito. Gv 11:9, al contrario, mostra come il calcolo sia computato al modo ebraico: “Gesù rispose: «Non vi sono dodici ore nel giorno»?”. Qui intende il giorno di luce, dall'alba al tramonto, perché subito dopo dice: “Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo”. Dunque, sembra strano che Giovanni utilizzi il calcolo romano in un caso e quello ebraico in altri casi all'interno dello stesso vangelo.

Un'altra spiegazione, più plausibile, può essere data da una modifica effettuata durante la ricopiatura del testo. Per verificare questa tesi, bisogna verificare se ci sono varianti nei codici.

La lezione ἕκτη (sesta) compare sui seguenti codici:

p66 ‭א* B E H I K M S U W Y Γ Θ Λ Π f1 f13 Biz it vg sirp sirh sirpal copsa copbo arm et geo pers ς WH.

La lezione τρίτη (terza) compare su:

אc Dsupp L Xtesto Δ Ψ 053 72 88 123*mg 151 Eusebio Nonno.

Dunque, esistono due varianti, e lo stesso vale per Mr 15:25:

τρίτη Biz ς WH
ἕκτη Θ 478** pc sirh(mg) et

Attendiamo maggiori info da Gianni.
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Gianni
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Re: Gesù è morto il 14 o 15 nisan?

Messaggio da Gianni »

Ciao, Trizzi. Davvero sempre interessanti e acuti i tuoi interventi, come giustamente osserva Antonio.

Antonio ha già dato delle ottime spiegazioni ricorrendo alla critica testuale. È chiaro che alcuni codici hanno cercato di assimilare le due cifre (che per di più erano assai simili).

Alcuni avanzano una spiegazione diversa, vedendo nelle differenze create dai copisti un loro tentativo di eliminare presunte contraddizioni. Vedendo la questione da un diverso punto di vista, costoro fanno notare che ci sono due modi di considerare la “sesta ora”: la sesta ora della notte (circa le nostre ore 24, mezzanotte) e la sesta ora del dì (circa le nostre ore 12, mezzogiorno). Tenuto conto che i tre sinottici collocano Yeshùa sulla croce a mezzogiorno, è evidente – concludono costoro - che Giovanni fa riferimento alla sesta ora notturna ovvero a mezzanotte. Alle sesta ora notturna Yeshùa sarebbe stato da Pilato e alla sesta ora diurna sarebbe stato sulla croce.
Ipotesi interessante, ma verificando la cronologia giovannea si trova un intoppo in Gv 18:28: “Da Caiafa, condussero Gesù nel pretorio. Era mattina [πρωί (proì) - “Di buon ora, molto per tempo, presto” (Rocci)], ed essi non entrarono nel pretorio per non contaminarsi e poter così mangiare la Pasqua”. Yeshùa fu condotto da Pilato di mattina presto, non a mezzanotte.
Allego lo schema di questa ricostruzione.

Che dire allora della presunta contraddizione? In verità, la Bibbia non contiene particolari sufficienti a spiegare la differenza fra le apparenti discordanze della narrazione marciana e quella giovannea.
Va notato tuttavia, esaminando i contesti di Mt 20:3,5 ed At 10:3,9,30, che le indicazione delle ore sono generiche, intendendo fornire così un’indicazione di massima. Viceversa, se si esamina Gv 4:52, appare chiaro che l’elemento cronologico era qui essenziale per la narrazione; fatto che ci induce a ritenere qui l’indicazione della “settima ora” come precisa.

Ora, tutti e quattro Vangeli concordano sulla cronologia degli avvenimenti che segnarono l’ultimo giorno di Yeshùa sulla terra: i sacerdoti e gli anziani si riunirono dopo il sorgere del sole e poi fecero condurre Yeshùa dal procuratore romano Ponzio Pilato (Mt 27:1; Mr 15:1; Lc 22:66; Gv 18:28). I tre sinottici Matteo, Marco e Luca riferiscono inoltre che la Palestina fu avvolta dall’oscurità dalla sesta ora (la “sesta ora” terminava intorno a mezzogiorno), quando Yeshùa era già inchiodato alla croce, fino alla nona ora (le nostre ore 15). – Cfr. Mt 27:45,46; Mr 15:33,34; Lc 23:44.

Ma che ora Yeshùa fu inchiodato alla croce? Alla terza ora (le nostre ore 9 del mattino), come riferisce Mr 15:25 oppure alla sesta ora (il nostro mezzogiorno) come riporta Giovanni?
Si noti che Giovanni scrisse almeno 50 anni dopo Marco, per cui sapeva benissimo cosa aveva scritto Marco. E si aggiunga il fatto che ambedue gli evangelisti erano ispirati, per cui non può esserci contraddizione.
Proviamo allora ad esaminare meglio il testo giovanneo:
“Era la preparazione della Pasqua, ed era l'ora sesta [nostro mezzogiorno]. Egli [Pilato] disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!» Allora essi gridarono: «Toglilo, toglilo di mezzo, crocifiggilo!». Pilato disse loro: «Crocifiggerò il vostro re?». I capi dei sacerdoti risposero: «Noi non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso. Presero dunque Gesù; ed egli, portando la sua croce, giunse al luogo detto del Teschio, che in ebraico si chiama Golgota, dove lo crocifissero, assieme ad altri due, uno di qua, l'altro di là, e Gesù nel mezzo”. - Gv 19:14-18.
Dal testo risulta evidente che a mezzogiorno Yeshùa non era ancora stato inchiodato alla croce.
A questo punto analizzato meglio Mr 15:25, che NR traduce così: “Era l'ora terza quando lo crocifissero”. Per la verità il testo greco dice diversamente: “Era [l’]ora terza e crocifissero [ἐσταύρωσαν (estàurosan), aoristo indicativo] lui”, senza “quando” inserito da NR. Marco non dice affatto ‘lo crocifissero alla terza ora’, ma dice che “era la terza ora e …”. Come tradurre l’aoristo? Può essere tradotto “iniziarono a crocifiggerlo”.
Che vuol dire? Occorre tenere ben presente la procedura di allora nell'esecuzione della pena capitale. Non si trattava semplicemente della crocifissione in sé. L’obiettivo dei romani era di mostrare molto chiaramente a quali atroci sofferenze prima della morte andavano incontro coloro che si ribellavano al loro potere. I condannati non erano semplicemente uccisi.
L’atroce procedura prevedeva prima una durissima fustigazione, che era talmente dura che il condannato poteva morire sotto i colpi. Nel caso di Yeshùa non fu evidentemente così, anche se egli ne risentì molto, tanto che qualcun altro dovette poi portare la croce sulle spalle al posto suo (Lc 23:26; Gv 19:17). In più i condannati non erano uccisi sulla croce ma vi erano lasciati morire per essere di esempio a chi si fosse fatto venire la folle idea di ribellarsi ai romani. Sulla croce soffrivano molto atrocemente. Per respirare dovevano far leva sulle mani e sui piedi inchiodati e alzarsi un po’ per prendere fiato. La già atroce sofferenza si acuiva moltissimo fino a che non ce la facevano più e spiravano. Ai più resistenti veniva dato alla fine il colpo di grazia, spezzando loro le gambe in modo che non potessero più sollevarsi per prendere una boccata d’ossigeno.
La flagellazione era quindi l’inizio della procedura con cui una persona veniva crocifissa. Passò perciò del tempo prima che Yeshùa fosse effettivamente inchiodato alla croce.
Evidentemente Marco parte dall’inizio di tutta la procedura: “Era la terza ora e iniziarono a crocifiggerlo [ἐσταύρωσαν (estàurosan), aoristo indicativo]”. Giovanni, invece, riporta l’ora della crocifissione (inchiodamento) in sé.
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bgaluppi
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Re: Gesù è morto il 14 o 15 nisan?

Messaggio da bgaluppi »

Grazie Gianni. La tua spiegazione sull'indicazione temporale non precisa ma di massima è decisamente convincente. A tal proposito, vorrei aggiungere altre considerazioni. Noto che in tutto il passaggio la consecutio temporum è assai strana. Bisogna allora dare il giusto valore temporale ad ogni forma verbale, per capire bene il senso di tutto il discorso. Provo a produrre una traduzione più fedele al testo.

Mr 15:23: καὶ ἐδίδουν [indicativo imperfetto] αὐτῷ ἐσμυρνισμένον οἶνον· ὃς δὲ οὐκ ἔλαβεν [indcativo aoristo]

L'imperfetto indicativo esprime normalmente la durata di un'azione nel passato, tranne in casi in cui l'azione è evidentemente non continuativa. Nel caso specifico, la traduzione dovrebbe essere quindi resa con l'imperfetto, “davano a lui”, non con il passato remoto “dettero a lui”. In alcuni casi, l'imperfetto greco può avere valore conativo ("In linguistica, di forma verbale che esprime la volontà o lo sforzo, il tentativo di compiere un’azione", Treccani). Dunque, qui una migliore traduzione potrebbe essere “cercavano di dare a lui”.

L'azione passa poi all'aoristo indicativo, che esprime un'azione nella sua puntualità, da considerarsi nella sua momentaneità; può avere valore ingressivo (azione vista al suo iniziare) o egressivo (azione vista nel suo terminare). Generalmente, avendo valore temporale di azione collocata nel passato, si traduce con un passato remoto. Giusta, dunque, la traduzione della NR: “non ne prese”.

Mr 15:24: καὶ σταυροῦσιν [indicativo presente] αὐτὸν, καὶ διαμερίζονται [presente indicativo] τὰ ἱμάτια αὐτοῦ, βάλλοντες [participio presente] κλῆρον ἐπ’ αὐτὰ τίς τί ἄρῃ [congiuntivo aoristo]

In questo versetto, l'agiografo usa il presente indicativo. La traduzione letterale dovrebbe essere: “crocifiggono lui”, “dividono” le sue vesti, “gettanti” una sorte, “prendesse”.

Ricostruendo i due versetti della NR rispettando il valore temporale delle forme verbali (e togliendo il "poi", non presente sul testo del v.24), avremo:

Cercavano di dargli da bere del vino mescolato con mirra; ma non ne prese. E lo crocifiggono e dividono le sue vesti, tirandole a sorte (per sapere) chi prendesse cosa”.

Infine, Mr 15:25: ἦν [imperfetto indicativo] δὲ ὥρα τρίτη καὶ ἐσταύρωσαν [aoristo indicativo] αὐτόν.

Di nuovo, il testo ritorna al passato. A seconda del valore che diamo a questo aoristo (ingressivo o egressivo), avremo:

“Era l'ora terza e lo crocifissero (iniziarono a crocifiggerlo)”, oppure “era l'ora terza e lo crocifissero (con valore puntuale e conclusivo)”. Vediamo i tre versetti insieme con i tempi verbali giusti come riportati dal testo:

“Cercavano di dargli da bere del vino mescolato con mirra, ma non ne prese; e lo crocifiggono e dividono le sue vesti, tirandole a sorte per sapere quello che ciascuno prendesse. Era l'ora terza e lo crocifissero.”

Basandoci su questa traduzione, forse possiamo approfondire l'analisi con ulteriori considerazioni sul valore ingressivo o egressivo di quell'aoristo e sul significato del presente indicativo.
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Gianni
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Messaggio da Gianni »

Caro Antonio, nella tua analisi hai mostrato le tue capacità analitiche del testo greco, capacità indubbiamente ben acquisite al Liceo Classico. Complimenti.

Da parte mia vorrei proporre altre osservazioni partendo da due dati di fatto:
1. Marco è l’unico a dare l’indicazione di tempo parlando di “terza ora” (Mr 15:25). Gli altri due sinottici la omettono;
2. Giovanni scrive molto tempo dopo Marco ed era indubbiamente a conoscenza dello scritto marciano.

Io credo quindi che la soluzione dell’apparente contraddizione vada ricercata nelle motivazioni di Marco. Faccio notare che Giovanni non trovò alcuna incongruenza. Questa appare a noi che leggiamo dopo duemila anni. La domanda corretta da porsi credo quindi che sia: Che cosa voleva insegnare Marco menzionando la “terza ora”?

Per rispondere a questa domanda occorre tenere presente che quello di Marco è il Vangelo del segreto. Il Vangelo di Marco, nonostante l’aspetto a prima vista storico, contiene una teologia molto profonda. Essa va scoperta. Va scoperta tra le righe.

Ora, si noti questo schema:
“Era l'ora terza … Venuta l'ora sesta … All'ora nona …”. - Mr 15:25,33,34.
C’è qui un ritmo che va di tre ore in tre ore. Questo conteggio ritmato inizia in Mr 14:17: “Quando fu sera …”, e prosegue in Mr 15:1: “La mattina presto …”.
È l’ultimo giorno di Yeshùa che, in modo tragicamente ritmato, raggiunge il suo apice. Sta per scoccare l’ora che cambierà il mondo intero e perfino l’universo. È come se a battere le ore, ticchettando, sia l’orologio universale. Dio ha già predeterminato tutto ancor prima della fondazione del mondo. Il momento è ora giunto. È iniziato il conto alla rovescia, cadenzato dalle ore al ritmo di tre a tre.

Questo è il modo in cui parla l’apocalittica con la sua concezione schematica della divisione del tempo. Abbiamo qui in Marco un magistrale elemento apocalittico. La morte sacrificale di Yeshùa è un evento apocalittico, che Marco espone segretamente nella perfezione teologico-apocalittica. Includendo la fustigazione che dà inizio alla procedura di crocifissione, egli raggiunge abilmente il suo segreto scopo di cadenzare il conto alla rovescia. Il momento cruciale che cambierà tutta la storia universale si avvicina. La fase finale inizia lì, all’ora terza. La tensione cresce fino allo spasimo. Alla terza ora inizia la terribile procedura, alla sesta ora le tenebre ricoprono la terra, alla nona ora scade il tempo del mondo e Yeshùa spira. È tutto un crescendo che si svolge in sei ore, così cadenzate: 3, 6, 9.
trizzi74
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Re: Gesù è morto il 14 o 15 nisan?

Messaggio da trizzi74 »

Caro Gianni, quindi ritieni che le ore menzionate da Marco hanno più un valore teologico che storico?
Se fosse così possiamo affermare con certezza che solo Giovanni indica l'ora esatta ( Gv.19:14) dal punto di vista storico.
"Le religioni sono sistemi di guarigioni per i mali della psiche, dal che deriva il naturale corollario che chi è spiritualmente sano non ha bisogno di religioni."
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