L'Apocalittica, articolo di cristiani senza chiesa

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Sandro_48
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L'Apocalittica, articolo di cristiani senza chiesa

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Antonio Gioia


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L’apocalittica nella Bibbia, articolo concesso solo per un uso interno al Forum
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L’APOCALITTICA NELLA BIBBIA
“Vengono chiamate apocalittiche quelle descrizioni del futuro che costituiscono pure speculazioni, unicamente in funzione del soddisfacimento della curiosità umana, prive di un autentico interesse soteriologico” O. Cullmann
“L’apocalittica è la madre di qualsiasi teologia cristiana in quanto la predicazione di Gesù non si può propriamente chiamare una teologia” E. Kasemann
“Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle che sono e quelle che stanno per accadere dopo queste” Ap. 1,19
1. Introduzione.
In genere si tende a collocare l’apocalittica dopo il periodo profetico. In realtà la successione temporale non è così netta e chiara in quanto elementi apocalittici sono ravvisabili in alcuni scritti profetici collocabili in epoca più antica rispetto alla genesi del genere letterario in questione. Inoltre, elementi sapienziali, oltre naturalmente a quelli profetici, concorrono nel genere apocalittico, il quale si mostra, nonostante tratti caratteristici che lo differenziano e lo distinguono, un genere dai molteplici aspetti. Gli studiosi, infatti, dissertano sull’origine di questo genere: sapienziale o profetico. Si è concordi, comunque, nel ritenere la comparsa dello stile apocalittico al venir meno del genere profetico. Scomparsa la monarchia e il culto centralizzato con i quali i profeti polemizzavano, viene a mancare anche quella antitesi che aveva caratterizzato l’epoca precedente. Questo favorisce uno sviluppo della religiosità piuttosto libero e quando Israele cade preda di nuovi oppressori, la religiosità popolare produce un nuovo genere che, memore del passato, guarda ad un novo futuro che il mondo attuale non può preparare ma solo un mondo che si sostituisca a quello presente.
L’apocalittica tende ad applicare alla storia concreta la visione religiosa dell’AT. Per far questo, la letteratura apocalittica si serve sia della sapienza che della profezia: Daniele è un profeta che fa predizioni sul futuro giudizio di Dio sull’umanità che gli si oppone, ma è detto “sapiente” (Dn 2,48). Ora il sapiente è colui che sa interpretare la storia presente alla luce del giudizio divino e indica il futuro intervento di Dio a favore della giustizia. I fatti storici vengono interpretati profeticamente e narrati con tratti sapienziali. Per far questo, l’apocalittica ricorre al linguaggio simbolico. Questo perché tale linguaggio permette di veicolare il messaggio teologico in modo che esso possa adattarsi ad ogni epoca, mantenendo sempre un linguaggio attuale che, altrimenti esposto, risulterebbe datato e circoscritto.
2. Tratti caratteristici.
I tratti del genere apocalittico sono:
– il sogno, visto come una rivelazione divina (Gn 37,5.10; Gb 4,12-21; Dn 7,1; Gl 3,1), che ha bisogno, però, di una interpretazione (Gn 41,8.38; Dn 4,5.15; 5,11.14);
– la visione: è la forma usuale, che ricorre anche ad un angelo interprete;
– la cifra simbolica: esprime il contenuto della visione. Forse di origine persiana, attribuisce ai numeri un valore qualitativo più che quantitativo (7 e multipli indicano la totalità; metà di 7 indica parzialità; 1000 è il numero di Dio…);
– cataclismi: il mondo presente è talmente corrotto che occorre sostituirlo con uno nuovo;
– esseri mostruosi: le azioni predette afferiscono ad una realtà posta ad un livello superiore a quello umano;
– pseudonimia: l’autore si esprime in prima persona ma non dice il proprio nome, presentandosi come un personaggio noto del passato (Abramo, Enoch, Mosè, Elia, Isaia, Baruc, Esdra…).
L’apocalittica si propone, così, di spiegare la realtà passata e presente: essa è costituita da eventi che sono legati insieme in un progetto che ha Dio come autore. La storia si sviluppa linearmente verso una conclusione, ma il suo sviluppo è di tipo dialettico: si realizza per mezzo di uno scontro tra bene e male. A questo scontro partecipano figure angeliche che rivestono ruoli di protagonisti e agiscono per mezzo di uomini. Lo scontro può trascinarsi con alterne vicende ma alla fine le forze del bene trionferanno e le forze del male scompariranno del tutto, annientate dall’intervento divino (descritto con immagini catastrofiche). Anche i giusti scomparsi dal mondo parteciperanno alla vittoria finale. La figura che condurrà alla vittoria è il Messia, raccogliendo tutte le tracce presenti nella letteratura veterotestamentaria. La vittoria del Messia è talmente reale che spesso essa coincide con un regno che avrà esistenza concreta, ma limitata, prima del giudizio finale.
Collegata al Messia è la figura enigmatica del “Figlio dell’uomo”. All’inizio tale figura è identificata con la personalità corporativa e quasi identificato con il popolo, in seguito diventa una figura personale.
3. Definizione.
L’apocalittica sfugge ad una soddisfacente definizione (G. von Rad); è la madre di ogni teologia cristiana (E. Kasemann); è pura soddisfazione della curiosità umana, priva di un autentico interesse soteriologico (O. Culmann); è al primo posto della ricerca biblica, se non addirittura dell’attualità teologica (L. Monloubou); ha per padre il profetismo (D.S. Russell); deriva dalla Sapienza (G. von Rad); è presente in pochissimi testi (S. Cormignac); coincide con gli apocrifi (D.S. Russell). Queste sono solo alcuni tentativi di definire l’apocalittica. Eppure, lo stile apocalittico serve per comprendere alcuni passi del NT altrimenti incomprensibili (il discorso escatologico di Gesù in Mc 13; Mt 24; Lc 21) e alcuni testi paolini e, soprattutto, l’Apocalisse.
La letteratura apocalittica, evidenziando il carattere trascendente di Dio e affermando che Egli conduce la storia, ha creato l’attesa di un regno universale, ha fornito una chiave di lettura di accadimenti storici, ha preparato gli animi all’annuncio ella gratuità della salvezza, ha permesso di scoprire una retribuzione ultraterrena, ha forgiato la speranza in una vita dopo la morte, ha risposto alle questioni irrisolte suscitate dai libri di Giobbe e di Qoelet, ha fondato una morale altissima. Ha influito sulla predicazione di Giovanni Battista e di Gesù e sulla primitiva tradizione cristiana (es. la figura del Figlio dell’uomo).
L’apocalittica favorisce una visione dinamica dell’esistenza cristiana contro ogni tentazione immanentistica e, proclamando la fine dell’oppressione dell’uomo sull’uomo, alimenta un’utopia politica spingendo verso un cambiamento della società e un superamento del male e dell’ingiustizia in favore della speranza e della giustizia. Non a caso i vari movimenti rivoluzionari sorti in ambito cristiano si sono sempre riferiti a questo tipo di letteratura.
4. Ambiente storico-sociale.
L’apocalittica nasce tra il V e il IV sec. a.C. come contestazione al pensiero dominante riflesso nell’opera cronachistica all’interno della comunità creata da Esdra e Neemia. Nel II sec. a.C. con il libro di Daniele l’apocalittica acquista una dimensione più marcatamente politica, portata avanti dai gruppi definiti Asidei (Pii).
L’opera del Cronista presentava la comunità tornata dall’esilio come il compimento della storia di Israele. Il ritorno era stato descritto come “nuovo esodo” e il popolo come se avesse riacquistato la Terra Promessa. Il culto si riorganizzava intorno al secondo Tempio e ci si preoccupava di mantenere la purezza della razza. Al profeta si sostituisce il sacerdote (cfr. 2Cr 17,7-9; 20,14; i libri di Esdra e Neemia).
Questo progetto politico è contestato dai circoli apocalittici. Il fatto che Israele, seppur tornato in possesso del territorio anche se con forti limitazioni e il continuo stato di tensione con i territori circostanti, viene letto come sintomo di un prossimo intervento divino. La nuova letteratura si caratterizza quasi subito come voce degli oppressi:
“Si tratta essenzialmente di una letteratura di oppressi, che non vedono speranza alcuna per il popolo nell’ambito politico, o sul piano della storia umana. la battaglia che si combatte è uno scontro spirituale, non politico, né economico, un combattimento di potenze spirituali nelle altezze. I giudei erano dunque costretti a spingere lo sguardo al di là della storia, per intravedere il drammatico e miracoloso intervento di Dio, che avrebbe punito le ingiustizie compiute contro il suo popolo, Israele, e proprio l’incalzare degli avvenimenti faceva sì che lo si ritenesse imminente” AA.VV. Corso di studi biblici Logos, Profeti e apocalittici, LDC Leumann, Torino, 1995, p. 202.
Sono state avanzate tre ipotesi riguardo la genesi dell’apocalittica
a) Derivazione profetica (RH. Charles, H.H. Rowley, D.S. Russell, O. Eissfeldt, P.D. Hanson)
La profezia era caduta in discredito nel post-esilio a causa della varietà dei suoi messaggi e del mancato adempimento delle promesse. Il potere politico è in mano a stranieri (Sal 74,9; Zc 13,3). Eppure il movimento profetico lascia delle intuizioni che l’apocalittica svilupperà: una nuova alleanza (Ger 31,31-34; Ez 37), la restaurazione del nuovo Israele (Ez 40-48), all’ira di Dio farà seguito la salvezza (Is 43,18-19; 46,10). Il mito delle origini viene escatologizzato e la profezia escatologica porterà all’apocalittica. Il libro di Gioele testimonia questo passaggio: scritto in stile profetico utilizzando, però, descrizioni apocalittiche. La differenza tra le due correnti è visibile sul terreno dell’escatologia:
“Quella profetica è l’annuncio alla nazione dei piani divini per Israele e per il mondo, che il profeta, con la sua penetrazione nel consiglio divino di Jahwé, ha testimoniato apertamente all’interno del rapporto di alleanza tra Israele e Jahwé, quei piani che il profeta continua a tradurre in termini di storia comune, di politica reale e di mezzi umani. La profezia interpreta cioè per il re e il suo popolo come i progetti del consiglio divino si realizzeranno all’interno del contesto della loro storia nazionale e della storia mondiale. L’apocalittica, invece, è la manifestazione all’eletto della visione profetica della sovranità di Jahwé (inclusi i futuri rapporti con il suo popolo, gli intimi segreti del cosmo), la quale visione i visionari hanno cessato di tradurre in termini di storia comune, di politica reale, di mezzi umani, a causa della visione pessimistica della realtà, che scaturisce dallesqualide condizioni postesiliche. Se l’elemento comune è la visione, la diversità è nella carenza di ‘effettualità’ presso gli apocalittici. I profeti, affermando il dominio storico come un contesto adatto per l’attività divina, compresero come loro compito il tradurre la visione dell’attività divina dal livello cosmico al livello del dominio storico-politico della vita di ogni giorno. I visionari, disillusi dal dominio storico, svelarono le loro visioni in una crescente indifferenza e indipendenza dalle contingenze del dominio storico-politico” AA.VV. Corso di studi biblici Logos, Profeti e apocalittici, LDC Leumann, Torino, 1995, p. 204.
Le divergenze riguardano il futuro. I profeti interpretano il presente, gli apocalittici sono proiettati verso la fine dei tempi. Il giudizio di Dio, per i profeti, può essere evitato con una sincera conversione; gli apocalittici considerano, invece, il presente irrimediabilmente corrotto e, dunque, va distrutto. I profeti spiegano il male nel cattivo uso della libertà, mentre gli apocalittici lo individuano nell’oppressione da parte di un potere tirannico. Gli apocalittici, inoltre, abbandoneranno il messianismo regale, tipico del profetismo.
b) Derivazione sapienziale (G. von Rad)
È indubitabile che la grande apocalittica presenta tratti sapienziali (Dn 2,48). Von Rad ritiene una derivazione sapienziale per i seguenti motivi:
– gli pseudonimi sono dei sapienti e portano nomi di antichi saggi quali Daniele, Enoc, Esdra (Dn 1,4; 2,48; Enoc 12,3-4; 15,1);
– passione per la conoscenza;
– messaggio frutto di una illuminazione divina.
Il determinismo storico degli apocalittici, per il quale tutto deve svolgersi secondo regole prestabilite, è inconciliabile con l’idea del nuovo dei profeti, reso possibile dall’intervento divino e dalla conversione umana. Occorre tener presente che l’apocalittica non è una corrente letteraria omogenea ma al suo interno linguaggio e contenuti subiscono variazioni, basti pensare all’evoluzione del concetto di Gerusalemme: da città dell’ingiustizia (Is 5,7) a meta ambita dagli esuli (Is 40,2; 51,1), a sposa di Dio (Is 62,1-12), a Gerusalemme celeste. Questo sviluppo si comprende all’interno della contrapposizione fra i due eoni, dei quali uno sostituirà l’altro malvagio. Nucleo centrale consiste nel qualificare gli eventi vissuti dall’autore come segno di ciò che sta per accadere: i segni apparentemente sembrano disastrosi per il popolo eletto, in realtà sono prodromi dell’imminente intervento divino.
L’apocalittica è, dunque, l’espressione in simboli della viva attesa, suscitata nel tardo giudaismo, dalle rivelazioni attribuite a uomini del passato, di un’imminente irruzione del regno di Dio nella storia liberata dalle potenze del male.
c) Posizione intermedia (P. von der Osten-Sacken, U. Vanni).
Una terza posizione vede, senza negare un influsso anche straniero (astrologia, magia), che resta comunque minoritario, una prima e primaria derivazione profetica con apertura dell’apocalittica, nel massimo della sua espansione, ad elementi sapienziali:
“L’apocalittica è figlia legittima della profezia, anche se tardiva e particolare la quale, pur non senza istruzione nei suoi anni giovanili, si è aperta alla sapienza con il crescere dell’età” (P. VON DER OSTEN-SACKEN, L’apocalittica, Monaco, 1969).
“Il punto culminante che apre con chiarezza la sapienza all’apocalittica è l’esperienza tragica delle persecuzioni e il tempo discriminante dei martiri” (U. VANNI, Apocalittica come teologia).
In conclusione, l’apocalittica è l’espressione in simboli della viva attesa, suscitata nel tardo giudaismo, dalle rivelazioni attribuite a uomini del passato, di un’imminente irruzione del regno di Dio nella storia liberata dalle potenze del male. Un messaggio di speranza, dunque, sempre attuale in ogni epoca della storia umana.

Bibliografia
B. CORSANI, L’apocalittica fra AT e NT, Protestantesimo, 27, Roma 1972
E. CORSINI, Apocalisse prima e dopo, SEI, Torino 1980
O. CULMANN, Il mistero della redenzione nella storia, ed. Il Mulino, Bologna 1971
M. ERBETTA, Gli Apocrifi del NT, III: Lettere e Apocalissi, Torino, 1969
A. LANCELLOTTI, Apocalisse, EP, Roma 1973
G. RAVASI, Apocalittica, in Nuovo Dizionario di Teologia, ed. Paoline, Cinisello Balsamo 1985
H.H. RAWLEY, Rilevanza dell’Apocalittica. Uno studio sull’Apocalittica giudaica e cristiana da Daniele ad Apocalisse, Londra 1964
D.S.S. RUSSEL, Metodo e messaggio dell’Apocalittica giudaica, Londra 1964
P. SACCHI, Apocrifi dell’AT, UTET, Torino 1981
P. SACCHI, Storia del mondo giudaico, SEI, Torino 1976
P. SACCHI, Difficoltà dell’apocalittica, Paideia, Brescia 1972
W. SCHMITHALS, L’apocalittica, Queriniana, Brescia 1976
R. SCNACKENBURG, Presente e futuro, Borla, Torinom 1972
U. VANNI, Apocalisse. Una assemblea liturgica interpreta la storia, Queriniana, Brescia 1979
U. VANNI, La struttura letteraria dell’Apocalisse, ed. Morcelliana, Brescia1980
S. ZEDDA, L’escatologia biblica, 2 voll., Paideia, Brescia 1972
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Re: L'Apocalittica, articolo di cristiani senza chiesa

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Ottime osservazioni, Sandro_48. Grazie. :-)
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