1GIOVANNI 4:18

Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10130
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: 1GIOVANNI 4:18

Messaggio da Gianni »

Cara Lucia, non credo si tratti di contrapposizione tra ottimismo e pessimismo. Penso invece che non sia corretta la premessa da cui si parte, che io vedo riassunta in questo tuo pensiero: “Se umilmente cerca di attenersi alle regole di casa, perché dovrebbe essere tacciato di superbia o rimanere sul chi vive”.
Ora, per favore, rifletti su ciò che implica l’“attenersi alle regole di casa”. Chi si attiene alle regole di casa è un ospite oppure un figlio adottivo che non si è ancora inserito nella nuova famiglia. Per far calzare il tuo esempio alla condizione spirituale, dobbiamo immaginare una casa ben ordinata in cui vi vive serenamente e felici; il Genitore di questa casa ideale è Dio. Nella concretezza dell’esempio, case così, con genitori amorevoli e figli felici, ce ne sono, anche se non numerosissime. In una casa così, nessuno pensa di doversi attenere alle regole: vi si attiene e basta, spontaneamente. Non si sente neppure superbo per il fatto che sta bene e ha piena fiducia nella vita familiare. Né, tantomeno, rimane sul chi vive. È semplicemente felice, fiducioso e pienamente realizzato. Questa è la condizione spirituale dei credenti. Si sentono appagati, sono certi dell’amore di Dio e lo ricambiano con tutto il cuore. E le regole? Quelle non sono scritte su un foglio appeso alla parete della casa; sono nella mente, nel cuore, vengono spontanee.
Se vuoi un altro esempio, in una coppia innamorata in cui i due solo alla pari, non c’è un “masculo” pretenzioso che comanda e bastona la moglie, neppure c’è una donna impaurita che sta sul chi vive temendo di sbagliare. I credenti sono una sposa felice che ha per marito il più dolce e amorevole marito che possa esistere, Yeshùa. Ambedue abitano la Casa del Padre, dove tutto è amore. Non ci sono regole scritte, ma tutti le vivono spontaneamente. Ecco la pienezza del fatto che non c’è timore nell’amore.
E il futuro? Sarà più bello ancora, sempre più bello. Ecco la pienezza dell’essere fiduciosi che nasce dalla certezza dell’amore.
Chi sta attento a rispettare le regole di casa e sta sul chi vive, non ha ancora raggiunto quella pienezza. È un ospite di passaggio. Oppure è stato appena adottato e non ha neppure fiducia di essere stato accolto davvero come figlio. Ciò si chiama disagio, non felicità.
La felicità è la consapevolezza di essere importanti per qualcuno. La massima Felicità è la consapevolezza di essere importanti per l'Uno. :)
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10130
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: 1GIOVANNI 4:18

Messaggio da Gianni »

Cara Lucia, mi sembra che stiamo girando attorno ai concetti facendo delle speculazioni inutili. Se iniziano ad indagare tutti i risvolti di certe affermazioni, non si finisce più e si fa solo della filosofia della domenica. Che è del tutto inutile ed è costituita solo da chiacchiere.
Parto da questa tua garbata sfida: “Vai a dirglielo ad un bambino di non dire ‘presto torno a casa di mio Padre’ e vediamo cosa ti risponde”. Di rimando, io ti dico: “Vai a dirglielo ad un bambino che non esiste Babbo Natale, e vediamo cosa ti risponde”.
Ora consideriamo meglio questa frase di Yeshùa: “Chiunque non avrà ricevuto il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà affatto” (Mr 10:15; cfr. Mt 18:3; Lc 18:17). Yeshùa non sta dicendo affatto che occorre essere bambini per entrare nel Regno. Dice invece che occorre essere “come un bambino”. Sulla questione dell’essere bambini si potrebbe aprire una discussione. Ad esempio, Paolo si lamenta così con i corinti: “Fratelli, io non ho potuto parlarvi come a spirituali, ma ho dovuto parlarvi come a carnali, come a bambini in Cristo. Vi ho nutriti di latte, non di cibo solido, perché non eravate capaci di sopportarlo” (1Cor 3:1,2). Qui l’essere bambini è visto come una condizione immatura che va superata. Paolo esorta a non essere “più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini” (Ef 4:14). I bambini sono ingenui per natura e credono a tutto, ne è un esempio Babbo Natale. Mentre Paolo si lamenta di dover nutrire i corinti col latte, come i bambini, Pietro – all’opposto – incoraggia: “Come bambini appena nati, desiderate il puro latte spirituale, perché con esso cresciate per la salvezza” (1Pt 2:29). Come districarsi tra queste che sembrano essere contraddizioni? Semplicemente con il buon senso ragionando sui diversi contesti. Le affermazioni di cui sopra sono tutte esatte e vere, ciascuna vista però nel suo proprio contesto. In 1Cor 14:20 Paolo stesso parla di due contesti: “Fratelli, non siate bambini quanto al ragionare; siate pur bambini quanto a malizia, ma quanto al ragionare, siate uomini compiuti”. Mentre è chiaro che dobbiamo essere persone mature, adulte, capaci di ragionare, è altrettanto vero che dobbiamo essere come bambini “incontaminati dal male” (Rm 16:19). Le parola di Yeshùa di essere “come bambini” diventano allora chiare nel loro contesto. Alcuni credono che Yeshùa si riferisse al fatto che i bambini sarebbero innocenti e buoni; i bambini però non sono affatto innocenti e buoni, sanno invece essere cattivi e prepotenti. Hanno però una caratteristica: credono a ciò che si dice loro, hanno piena fiducia nei genitori. Se i genitori imbrogliano e dicono che esiste Babbo Natale, ci credono; se minacciano di chiamare la suora o il dottore o i carabinieri se non stanno buoni, cresceranno avendo paura senza motivo di suore, medici e carabinieri. È alla piena fiducia che nutrono i bambini che Yeshùa si riferiva. Il cedente non deve essere un bambino ma deve avere fiducia in Dio come un bambino. In Dio la fiducia è ben riposta. Dio non imbroglia.
Non è quindi il caso di stare a far le pulci alle affermazioni di fede. Ciascuna affermazione va valutata nel suo proprio contesto.
Avatar utente
Israel75
Messaggi: 1934
Iscritto il: mercoledì 26 marzo 2014, 16:27

Re: 1GIOVANNI 4:18

Messaggio da Israel75 »

Il significato di essere come bambini è :"comportarsi come l'innocenza dei bambini" , cioè essere innocenti , senza malizia. :) Mi sembra chiaro , quale è il problema? :?:
Shalom
(Giac 4:6) Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura (Is 10:33,Lc 18:14) dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili».
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10130
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: 1GIOVANNI 4:18

Messaggio da Gianni »

Lucia, a volte trovo difficoltà a seguire i tuoi ragionamenti che vanno a indagare delle minuzie. Tu vuoi a tutti i costi sapere se è sbagliato dire una frase del tipo "quando un giorno sarò nel regno del Padre". Mi pare una questione inconsistente, per certi versi perfino sciocca. Ho cercato di risponderti facendoti notare che conta il contesto in cui la frase è detta, oltre a chi la dice.
Ti pongo quattro casi: 1. Un vero discepolo di Yeshùa afferma che un giorno sarà nel regno del Padre; 2. L’apostolo Paolo o un altro apostolo afferma la stessa cosa; 3. Quando morì un certo papa, ne fu annunciata la morte dicendo che era andato nel regno del Padre; 4. Una vecchietta cattolica devota a qualche madonnina è certa che sarà nel regno del Padre. La frase è la stessa identica in tutti i casi. Ora dimmi: è giusto o sbagliato dire una frase del genere?
Avatar utente
francesco.ragazzi
Messaggi: 1210
Iscritto il: martedì 1 aprile 2014, 18:17

Re: 1GIOVANNI 4:18

Messaggio da francesco.ragazzi »

Ci si chiede : "...è sbagliato dire una frase del tipo "quando un giorno sarò nel regno del Padre...". -
La frase in se stessa non ha niente di sbagliato, ma come giustamente dice Gianni conta il contesto in cui la frase è detta oltre a chi la dice.-
Ma secondo me il giudicare se il contesto sia propenso o se chi la dice abbia i presupposti per poterla dire non spetta a noi.-
"...La vecchietta cattolica devota a qualche madonnina..." potrebbe anche dirla, ma se ciò si avvererà non dipenderà da ciò che ne pensiamo noi, ma di come avrà vissuto quella vecchietta in relazione al suo prossimo (principalmente) , perchè (in relazione al proprio Dio) non sappiamo e non potremmo sapere se ha ricevuto le giuste informazioni scritturali per poter instaurare un rapporto (teologicamente corretto) col proprio Dio !.-
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10130
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: 1GIOVANNI 4:18

Messaggio da Gianni »

Infatti, Francesco. Forse la questione potrebbe essere risolta dicendo: “Io credo (oppure: ho fede) che un giorno sarò nel Regno del Padre”. Nessuno può contestare questa affermazione, chiunque la dica.
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10130
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: 1GIOVANNI 4:18

Messaggio da Gianni »

La differenza, cara Lucia, sta nella dichiarazione: una è assoluta, l’altra è relativa. Se io dico, ad esempio, che nella città dove abito sono il cuoco più bravo, sto facendo una dichiarazione assoluta. Se dico invece che credo di esserlo, la mia dichiarazione è relativa: è secondo me. In quest’ultimo caso possono essere date queste possibilità:
• Ho ragione perché lo sono.
• Sono un presuntuoso perché credo di esserlo ma non lo sono.
Anche se dicessi una falsità perché sono un presuntuoso, nessuno potrebbe contestare che ci credo. Ma ciò non rende vera la mia dichiarazione.
Riportato alla dichiarazione di fede, è la stessa cosa. Io ti avevo posto quattro casi: 1. Un vero discepolo di Yeshùa afferma che un giorno sarà nel regno del Padre; 2. L’apostolo Paolo o un altro apostolo afferma la stessa cosa; 3. Quando morì un certo papa, ne fu annunciata la morte dicendo che era andato nel regno del Padre; 4. Una vecchietta cattolica devota a qualche madonnina è certa che sarà nel regno del Padre. La frase è la stessa identica in tutti i casi. Ora dimmi: è giusto o sbagliato dire una frase del genere? Non hai risposto. Se però ci pensi, probabilmente dirai che del papa hanno detto una menzogna, perché chi sta a capo di idolatri che professano culti pagani non può aspirare al Regno dei Cieli; della vecchietta dirai che è un’illusa; dell’apostolo dirai che dice il vero. E del discepolo di Yeshùa? Qui la questione è un po’ più complessa. È Dio che legge nei cuori e che sa come stanno davvero le cose. Non siamo in grado di giudicare né dovremmo permetterci di farlo.
Personalmente, di fronte a qualcuno che dicesse: “Io un giorno sarò nella casa del Padre”, rimarrei perplesso, pur senza far trasparire nulla. Sorgerebbero tante domande: Ci crede davvero? Non si rende conto che la sua vita non è del tutto conforme all’insegnamento di Dio? È un presuntuoso? Un illuso? È proprio così perché è altamente spirituale? Ammesso anche quest’ultimo caso, oggi è così, ma domani? Paolo, che pur aveva tutti i requisiti per poterlo affermare, precisò di non aver ancora corso la corsa fino alla fine, ma che continuava a correre in vista per premio.
Io personalmente non direi mai una frase simile, al massimo posso dire: “Io spero che un giorno sarò nella casa del Padre”.
Capisco però che un credente o una credente possa esprimere tale certezza in preghiera a Dio. Nell’intimità della preghiera personale fatta davanti a Dio, siamo completamente nudi davanti a Lui; Dio ci conosce meglio di noi stessi, ma noi stessi nella preghiera ci conosciamo, per cui possono esserci momenti sublimi in cui ci sentiamo pienamente approvati da Dio e sentiamo la certezza che saremo con Lui. Sono momenti veri, commoventi, privi di presunzione perché vissuti nell’intimità segreta che abbiamo con Dio.
È questa la differenza. La grande differenza.
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10130
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: 1GIOVANNI 4:18

Messaggio da Gianni »

Appunto, Lucia, possiamo solo fare delle osservazioni o delle domande, ma il percorso della vita e della fede di ognuno lo conosce davvero solamente Dio.
Però vedi tu stessa che l’affermazione che hai proposto suscita osservazioni e domande, per cui che senso ha stabilire se è corretto dirlo o no? Io continuo a pensare che discutere di ciò sia inconcludente, e mi dispiace che tu ti risenta di questa mia osservazione. Dato che non ho davvero intenzione di criticarti, facciamo diversamente. Rispondi a tu alla domanda se è giusto dire “io sarò nella casa del Padre”. Poi sarò io a porre obiezioni alla tua risposta, e chissà che tu non ne venga a capo. :)
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10130
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: 1GIOVANNI 4:18

Messaggio da Gianni »

Vedi, Lucia, che le varianti sono tante. Ti ringrazio per ciò che dici di me, ma tu stai valutando solo in base all’apparenza. Bello il tuo esempio del cosiddetto buon ladrone. Te ne propongo un altro opposto. Che diresti di Giuda Iscariota? A sentire quella frase da lui, oggi tu inorridiresti. Ma a sentirla mesi prima del tradimento, quando era un fedele apostolo? Del tutto degna e veritiera.
Io non so da dove sia nata questa curiosità di indagare quella frase né so dove ti ha portato tutta questa lunga considerazione che abbiamo fatto. Ma forse possiamo però essere d’accordo su una cosa: di fronte a qualcuno che facesse quella dichiarazione, non possiamo che rimanere in silenzio. Dio solo sa come stanno le cose. Giuda e il buon ladrone insegnano.
Personalmente spero tanto di essere un giorno nella casa del Padre, ma non farei mai una dichiarazione in tal senso. Non so tu. :) Ma anche se tu la facessi, rimarrei in silenzio, un silenzio che mai giudica.
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10130
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: 1GIOVANNI 4:18

Messaggio da Gianni »

Bene, Lucia, tutto chiaro. Almeno credo. ;)
Dei panzerotti al cioccolato voglio la ricetta! Tua madre li fa con la Nutella? Sii gentile, dacci la ricetta, magari pubblicamente: sono certo che farai felici molti nostri amici.
Un bacio allo sposa, anche se in ritardo e virtuale, ma pur sempre legittimo. :)
Rispondi