Giovanni 21

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Gianni
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Re: Giovanni 21

Messaggio da Gianni »

Prima di tirare conclusioni non sarebbe meglio analizzare per bene il testo? Magari scoprendo anche, tra l'altro, la differenza tra i verbi "amare" usati nel brano.

Posso suggerire un metodo? Anzichè leggere e dare frettolose risposte, è sempre il caso di interrogare il testo e di porsi domande; ad esempio: chi, cosa, perchè?
speculator2
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Re: Giovanni 21

Messaggio da speculator2 »

Aga'pe vuol dire amore, specie amore divino.
Dio è Aga'pe (non è a'gape).

Fileja vuol dire voler bene. Filos vuol dire amico.

Prima di analizzare bene il testo bisogna vederlo nel complesso dell'opera.

In Giovanni l'episodio inizia con la pesca miracolosa cioè da 21:1e anche noi dobbiamo iniziare li', penso.

Chiederci chi, che cosa e perché andrà bene per ogni singolo versetto del capitolo 21.
speculator2
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Re: Giovanni 21

Messaggio da speculator2 »

Il capitolo 21 inizia con: "dopo queste cose". La stessa espressione si trova al capitolo 5: 1 "dopo queste cose". Mi pare un modo generico per collegare pezzi diversi.

"Gesù sì manifestò di nuovo ai discepoli".
"Si manifestò" vuol dire si fece vedere; Non sono i discepoli che vedono, ma Gesù che gli fa comprendere e si fa vedere.

Più avanti al versetto 14 dice: "questa era già la terza volta che Gesù era apparso ai discepoli dopo essere stato destato dai morti ".

Mi sembra che ci sia una contraddizione col racconto dei discepoli di Emmaus che mi fa dire che quella del lago era la quarta volta: senza Tommaso, con Tommaso, ai discepoli di Emmaus del capitolo 24 di Luca, e sul Lago di Tiberiade.

Tale difficoltà si supera facilmente pensando che Giovanni non fosse al corrente dell'episodio narrato da Luca, o non è tenuto presente perché due testimoni discepoli non li ha ritenuti paragonabili alla presenza di diversi apostoli degli altri tre episodi che racconta.
speculator2
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Re: Giovanni 21

Messaggio da speculator2 »

Infatti i presenti in totale erano 7 che è un numero che significa totalità per cose celesti.
Al versetto 2 segue il nome dei presenti. Non ci vedo niente di particolare.

Al versetto 3 Pietro disse loro: "vado a pescare ".
Ne deduco che ben 7 seguaci di Gesù si trovavano in quel momento insieme, forse per lavoro. Avevano in comune anche la fede in Gesù.

Sono usciti, probabilmente dall'edificio in cui si trovavano o da luogo in cui si trovavano, e sono saliti sulla barca, probabilmente di Pietro, oppure quella della società di pesca che avevano Pietro con Giacomo e Giovanni.

Hanno pescato tutta notte ma non hanno catturato niente.

Finora pare solo il racconto di una pesca andata molto male; ma non dobbiamo dimenticare che erano esperti pescatori; era una situazione particolare.

21:4 "...i discepoli non sapevano naturalmente che era Gesù". Come con Maria di Magdala e con i discepoli di Emmaus Gesù si è fatto vedere ma con un corpo diverso e con voce diversa.

La domanda di Gesù, che pendo si presenta come una persona anziana sulla riva mentre loro sono sulla barca, e' : "figlioletti non avete qualcosa da mangiare?.

Immagino che, quando tornavano dalla pesca, qualcuno che aveva fame, pensando che avessero pescato qualcosa, usava chiedere ai pescatori se avevano qualcosa da mangiare per lui che era anziano sulla spiaggia e aveva fame.

Ma il significato della domanda può essere anche far loro constatare che non avevano niente da dare, come risulta dalla risposta: " no ". Erano generosi, esperti pescatori, discepoli di Gesù eppure da un punto di vista materiale e spirituale non avevano niente da dare.
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Gianni
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Re: Giovanni 21

Messaggio da Gianni »

Speculator2, la tua non è un’esegesi ma un insieme di pensieri – tra l’altro alquanto frettolosi – che hai formulato leggendo il testo biblico senza approfondirlo.

Gli eventi narrati in Gv 21 non sono riportati dai sinottici, per cui è sul solo testo giovanneo che dobbiamo basarci. Gv 21 può essere suddiviso così: 1-14, Yeshùa appare ai discepoli; 15-19, Pietro conferma il suo profondo affetto per Yeshùa; 17, “Nutri le mie pecore”; 20-23, che ne sarà del discepolo a cui Yeshùa è particolarmente legato?; 24,25, Conclusione del Vangelo giovanneo.

Su una riva del lago di Galilea si trovano Pietro, Tommaso il Gemello, Natanaele, i due zebedei (Giacomo e Giovanni), e altri due discepoli non nominati. Tutti facenti parte dei Dodici.
È sera. Pietro decide di andare a pescare e gli altri sei lo seguono. Rientrano al mattino successivo con le reti vuote e trovano uno sconosciuto che, con una domanda retorica, chiede se non hanno nulla da mangiare. Li chiama παιδία (paidìa), ben tradotto da Bibbia della gioia: “Ragazzi, non avete niente da mangiare?”. Παιδία (paidìa), che letteralmente significa “bambini/ragazzini”, è qui un termine affettuoso. È quindi un’ingenuità dedurre da questo appellativo che lo sconosciuto fosse anziano, perché significherebbe prendere alla lettera il termine paidìa.
Neppure possiamo prendere il numero 7 degli apostoli presenti come simbolico, perché più avanti si parlerà di 153 pesci, che di simbolico non ha proprio nulla.

I sette confermano che non hanno alcunché. Al che Yeshùa, sotto le mentite spoglie di uno sconosciuto, dice loro di gettare la rete dal lato destro della barca, assicurando che avrebbero trovato del pesce. Questo suo modo di fare così sicuro e fiducioso al punto di trasmettere certezza rammenta una scena simile avvenuta presso lo stesso lago, quando Yeshùa aveva chiesto a Pietro di calare le reti al largo, dove è profondo. Pietro aveva risposto di aver già faticato per tutta la notte senza prendere nulla, ma aveva aggiunto: “Al tuo cenno calerò le reti”. Psicologicamente potremmo tradurlo così: Tu, maestro, sei formidabile nell’insegnamento, ma di pesca non sai nulla; io, che sono un ignorante, di pesca però ne so; ma basta che tu lo dica e farò come dici! La pesca si rivela alla fine più che abbondantemente fruttuosa. – Lc 5:4-7.

La pesca abbondante che ne seguì confermò a Giovanni quello che già doveva essere un sospetto: quello sconosciuto era Yeshùa! Giovanni lo dice a Pietro che, con la sua solita impetuosità, si getta nel lago per raggiungere a nuoto Yeshùa, seguito dagli altri in barca. Giunti a terra trovano della brace accesa con su del pesce e del pane, evidentemente allestiti dallo sconosciuto/Yeshùa. Giacché egli chiede loro di portare del pesce, prendendolo dal pescato, quello già posto col pane sulla brace deve avere un valore dimostrativo che si trattava davvero del loro maestro.
All’invito di Yeshùa di fare colazione, Giovanni annota che nessuno dei discepoli aveva il coraggio di domandargli chi fosse, ma precisa anche che sapevano che era il Signore. Yeshùa prende del pane e del pesce e li dà loro, il che rammenta i suoi gesti all’ultima cena.

Giovanni segnala nel suo Vangelo che quella era la terza volta che Yeshùa risorto appariva ai suoi. Le precedenti due volte Giovanni le aveva riportate in 20:19 e in 20:26. L’apparizione ai discepoli di Emmaus, narrata in Lc 24:34, fa evidentemente parte dell’apparizione citata in Gv 20:19, perché avvenne nello stesso giorno.

Dopo colazione si ha la scena del dialogo tra Yeshùa e Pietro, con la triplice domanda di Yeshùa e la triplice risposta di Pietro.
Ed è qui che vale la pena di esaminare i verbi greci per “amare”. Dei quattro della lingua greca, nel testo giovanneo ne troviamo due: ἀγαπάω (agapào) e φιλέω (filèo). L’amore agàpe è l’amore fraterno, l’affetto, la benevolenza; l’affezione, la simpatia e il calore possono esservi inclusi (cfr. Gv 3:35;5:20;14:21) oppure no (Gal 6:10), ma non è privo di sentimento. L’amore filìa indica invece l’avere un debole per una persona, provare per lei profondo affetto, esserle personalmente amico; si distingue dall’agàpe perché indica più strettamente il tenero affetto amicale. Un esempio lo troviamo nel rapporto tra Davide e Gionatan. Nel suo lamento funebre Davide dice di lui: “L'amore tuo per me era più meraviglioso dell'amore delle donne” (2Sam 1:26). Ecco come l’amore filìa è più vincolante dell’amore agàpe.
Alla prima domanda di Yeshùa a Pietro “mi ami (agapàs) più di questi [gli altri apostoli presenti]”, lui risponde: “Tu sai che filò [forma contratta di filèo] te”. Tradurre “mi ami?” e “ti voglio bene” svilisce il testo, perché fa sembrare il voler bene inferiore all’amare. Casomai, dovremmo tradurre “mi vuoi bene?” e “ti sono profondamente affezionato”. Difficile tradurre. Pietro, con la sua solita emotiva focosità che lo fa strafare, intende dire a Yeshùa che prova per lui ben più che un amore fraterno. La seconda volta che Yeshùa pone la stessa domanda vengono usati gli stessi identici verbi sia da Yeshùa che Pietro. Questa seconda domanda appare come una richiesta di conferma, e la conferma c’è. A questo punto, la terza volta la domanda ha un’impennata, diventa più penetrante: Yeshùa gli domanda: “Filèis me?”. Yeshùa si mette sintonia con Pietro e usa il suo stesso verbo. Yeshùa penetra nel suo animo, in profondità. Pietro lo ama davvero nel senso di filèo: non solo gli conferma ancora il suo profondo affetto filìa, ma aggiunge una prova: Yeshùa sa tutto e quindi sa che è vero.

Il resto l’avevo già commentato. Ma possiamo scavare anche di più. Si può farlo ponendo domande.
France
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Re: Giovanni 21

Messaggio da France »

Chiara ed esaustiva la risposta sull’amore e sul perché della ripetizione di tre volte.

Vogliamo ritornare sul ritorno di Yeshùa?
Cosa avevano capito gli altri discepoli per pensare che Giovanni non sarebbe morto?
Ricordiamo anche che per Paolo il ritorno di Yeshùa era imminente almeno dalla prima lettera ai tessalonicesi.
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Gianni
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Re: Giovanni 21

Messaggio da Gianni »

Come già spiegato, Yeshùa fa solo un’ipotesi: “Se voglio che rimanga finché io venga, che t'importa?” (Gv 21:22). Da Mt 16:27 sappiamo che il Figlio dell’uomo era destinato a venire nella gloria del Padre suo con i suoi angeli, e forse da ciò sei apostoli dei sette su quella spiaggia lacustre dedussero che l’evento era abbastanza lontano da richiedere che per vederlo bisogna vivere senza morire. Gli apostoli sapevano che “quanto a quel giorno e a quell'ora nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo” (Mt 24:36). Che poi la chiesa abbia frainteso le caratteristiche che avrebbero segnato il tempo della fine, è vero, ma Paolo corresse quella veduta. In ogni caso, Giovani precisa che “Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto”. - Gv 21:23.
Pur essendo quella di Yeshùa un’ipotesi (”se”, v. 22), in quella ipotesi Giovanni sarebbe rimasto vivo fino alla venuta di Yeshùa. E qui dobbiamo comprendere che secondo il linguaggio ebraico presente nel Tanàch ogni intervento punitivo svela la venuta del Signore. Giovanni era ancora vivo alla fine del primo secolo e quindi aveva visto la distruzione di Gerusalemme, cosa che fu intesa dalla prima chiesa come un primo atto della venuta trionfatrice di Yeshùa.
France
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Re: Giovanni 21

Messaggio da France »

E qui dobbiamo comprendere che secondo il linguaggio ebraico presente nel Tanàch ogni intervento punitivo svela la venuta del Signore.

Allora non è che siamo noi che non capiamo il senso della venuta di Yeshùa?

La distruzione del tempio, la diaspora degli Ebrei per 2000 anni e poi la fondazione dello stato d’Israele ed il ritorno a Gerusalemme.
In seguito la costruzione del santuario, gli ebrei che portano il mondo alla conoscenza del vero Dio ecc ecc ecc tutti interventi che si potrà in seguito dire di essere negli anni del Messia.

Magari un susseguirsi di interventi porteranno, forse tra altri mille anni o più, ad una terra ed una umanità di pace e benessere.
speculator2
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Re: Giovanni 21

Messaggio da speculator2 »

"Tutti facevano parte dei 12" non lo vedo e non ho sentito questo da nessuna parte.

Mi pare un po' fuori luogo fare domanda retorica a 7 pescatori stanchi, che che non hanno pescato niente, che mangiano dopo, ma che in quel momento avevano fame, al mattino molto presto. Gesù ha chiesto loro se avevano ( pescato ) qualcosa da dargli (a lui) da mangiare: non avevano niente.

Il termine "ragazzini" può essere anche solo affettuoso ma stabilisce, o meglio propone, un legame affettuoso tra lo sconosciuto e i "ragazzini", e Pietro non era certo più un ragazzino.

Il numero 7 dei presenti non è simbolico ma suggerisce una totalità di cose spirituali.

Anche se accettassimo che l'apparizione ai due discepoli di Emmaus e la prima apparizione di Gesù agli 11 nella stanza chiusa per paura dei Giudei avvennero nello stesso giorno, cosa che non è certa, sono due apparizioni diverse per il numero dei presenti, per il posto, per il modo con cui avviene l'apparizione.

Se Dio è agape allora phileja è inferiore, e i due amori sono diversi.

Agape e' il massimo dell'amore.

Quando Paolo parla di doni spirituali il massimo, quello che rimane, è l'agape.

La seconda domanda di Gesù non continua ad usare fileo ma continua ad usare agapao: "ami "; tuttavia smette di aggiungere: "più di questi", perciò lascia più spazio (anche perché si erano allontanati dagli altri e il paragone era fuori luogo), ma Pietro continua a rispondere che "vuole bene "a Gesù. Alla terza domanda Gesù lascia perdere l'agape e chiede a Pietro se gli vuole bene, tenendo presente che Pietro gli ha appena detto, e ripetuto: ti voglio bene.

Andrebbe anche indagato perché Gesù si rivolge a Simone Pietro dicendogli per tre volte: Simon Johanou (di Giovanni)". Azzardo questa interpretazione che " di Giovanni " non vuol dire "figlio di Giovanni" ma sottolinea il legame che Pietro aveva con Giovanni.

Fuori azzardo sottolineo, e ripeto, che l'amore o l'affetto che Pietro aveva per Giovanni e viceversa e' la base di tutto questo racconto. Questo ci permette di capire che si ritroveranno.

FRANCE

Non si può tornare dove si vuole ma dove comincia il racconto al versetto 1.

Poi arriveremo anche a capire se Giovanni sarebbe morto o no.
speculator2
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Re: Giovanni 21

Messaggio da speculator2 »

Per quale ragione Pietro sarebbe stato triste perché Gesù gli avevo chiesto per tre volte: "mi sei profondamente affezionato? "?.

Secondo una traduzione sbagliata Gesù avrebbe chiesto a Pietro: "mi vuoi bene più di (quanto ne vuoi a) questi" ; poi avrebbe chiesto ancora: "mi vuoi bene?", e alla fine: "mi sei profondamente affezionato?".

Comunque è assodato che la tristezza di Pietro era poco motivata in quanto, in qualsiasi modo si traduca, riguarda parole che Gesù non aveva detto.
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