Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittura”?

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bgaluppi
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Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur

Messaggio da bgaluppi »

In Dt 18:22 viene stabilito il princìpio secondo cui riconoscere la genuinità dell'ispirazione profetica in un uomo:

"Quando il profeta parlerà in nome del Signore e la cosa non succede e non si avvera, quella sarà una parola che il Signore non ha detta; il profeta l'ha detta per presunzione; tu non lo temere".

Un testo non è considerato ispirato di per sé, ma se ispirato è l'uomo che lo ha scritto. I profeti la cui parola non si avverava, erano considerati falsi profeti e di conseguenza anche gli scritti da questi prodotti o a loro attribuiti non sono da considerarsi ispirati.

Il profeta, se riconosciuto come verace e ispirato, era anche il garante della genuinità degli scritti ritenuti ispirati. Scomparsi i profeti dal tempo dei Maccabei, il canone dei libri ispirati fu praticamente chiuso.
L'agnostico
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Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur

Messaggio da L'agnostico »

Il profeta, se riconosciuto come verace e ispirato, era anche il garante della genuinità degli scritti ritenuti ispirati. Scomparsi i profeti dal tempo dei Maccabei, il canone dei libri ispirati fu praticamente chiuso.
Nel caso delle scritture greche mi sembra di capire quindi che sia stato adottato un canone diverso?
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bgaluppi
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Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur

Messaggio da bgaluppi »

Nel caso delle Scritture Greche, gli apostoli erano i garanti della genuinità degli scritti che circolavano nella comunità. Diciamo che, finché gli apostoli erano in vita, la comunitá poteva utilizzare scritti di cui gli apostoli garantivano la genuinità. Morti loro, questa garanzia venne meno per gli scritti che sorsero in seguito. Ma quegli scritti che già circolavano erano già stati garantiti come genuini. Per questo, uno dei requisiti per determinare la canonicità di uno scritto è l'uso che ne veniva fatto nella prima comunità, quella del I secolo. Una lettera paolina falsa non poteva essere spacciata come genuina quando Paolo era ancora in vita. Uno scritto evangelico falso non poteva essere spacciato per vero se gli apostoli erano ancora in vita. E viceversa.

Per quanto riguarda il canone delle Scritture Greche, confidiamo che i padri della chiesa, cioè i capi che guidavano le comunità dopo la morte degli apostoli, abbiano semplicemente confermato la genuinità degli scritti la cui autenticità fu già garantita dagli apostoli. Ma viste le lotte intestine e le diatribe che accompagnarono la formazione del canone nei secoli successivi, non so se sia possibile confidare ciecamente nelle loro decisioni. Per questo ritengo che sia di fondamentale importanza valutare bene le argomentazioni degli studiosi moderni, che analizzano nel dettaglio non solo i manoscritti e i frammenti reperiti, ma anche il contenuto dei testi alla luce della tradizione biblica ebraica (gli apostoli e Yeshùa erano ebrei, non avrebbero potuto promulgare dottrine gnostiche o ellenistiche), della storia e delle testimonianze patristiche. Ciò che dovrebbe essere di maggiore importanza per un credente è sapere con certezza che gli insegnamenti a cui si affida sono genuini e provenienti da Cristo e dagli apostoli e non da uomini che si spacciavano per apostoli. Alcuni degli scritti inclusi nel canone attuale, a opinione di molti, non sono attribuibili all'autore che afferma di averli scritti. Ciò che mi interessa è esaminare con attenzione le argomentazioni di chi sostiene ciò, per vedere più da vicino se hanno basi di sostegno solide.
Dalila
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Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur

Messaggio da Dalila »

La datazione intorno al 60 è resa improbabile, a mio avviso, dallo stesso testo della lettera, che presenta una situazione nella comunità storicamente posteriore rispetto alla 1Cor e 1Tes, databili tra il 53 e il 55, in cui esiste ancora una forte attesa messianica:

“Il Signore stesso, con un ordine, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore” - 1Ts 4:16,17

“Ecco, io vi dico un mistero: non tutti morremo, ma tutti saremo trasformati, in un momento, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba. Perché la tromba squillerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo trasformati.” - 1Cor 15:51,52

“Ma questo dichiaro, fratelli: che il tempo è ormai abbreviato” - 1Cor 7:29

“Il Signore non ritarda l'adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni; ma è paziente verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento” - 2Pt 3:9
Viceversa vedo più credibile che sia l´anno 64-67, per i motivi già detti in precedenza cioè, Pietro disse di essere stato testimone oculari di Gesù, di aver udito la voce che veniva dal cielo durante la trasfigurazione, che stava andando in contro alla morte per come gli aveva detto Gesù ( 2.Pt 1:14,18). Inoltre dice che “questa è già la seconda lettera che vi scrivo” 2P 3:1. E in questo arco di tempo muore anche Paolo, tanto è vero che nella secondo lettera a Timoteo, che fu scritta intorno al 65, lui dice: “Quanto a me, io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia partenza è giunto”.

Paolo dopo aver parlato della sua imminente morte, parla del ritorno di Gesù non più come un qualcosa imminente, ma futuro per come fa anche Pietro. Ecco cosa dice Paolo: Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione” 2.Tm 4:6-8.

Perché quando è Pietro a posticipare il ritorno di Gesù si deve parlare di pseudoepigrafica, mentre quando lo fa Paolo non è?

La seconda di Pietro e la seconda di Timoteo sono state scritte a distanza di circa 10 anni dalle Lettere di Corinti e Tessalonicesi, e questo spiega il perchè in Corinti e Tessalonicesi il ritorno di Gesù è imminente, mentre in 2 Timoteo e 2 Pietro il ritorno è futuro. In questo cambiamento non è da escludere una rivelazione da parte dello spirito santo.

Riguarda alla Scrittura di 2Pt 3:9, che tu usi come prova di un pseudoepigrafica solo perché si parla di ritardo nella promessa del Signore. Bisogna tenere presente il contesto di queste parole. Pietro parlava di qualcosa che avverrà negli ultimi tempi. Ecco cosa dice nei versi 3 e 4: “Sappiate questo, prima di tutto: che negli ultimi giorni verranno schernitori beffardi, i quali si comporteranno secondo i propri desideri peccaminosi e diranno: «Dov'è la promessa della sua venuta? Perché dal giorno in cui i padri si sono addormentati, tutte le cose continuano come dal principio della creazione».

Parlando di questi ultimi, che non erano ancora arrivati, si ha una ulteriore prova delle rivelazione che avevano gli apostoli. Senza una rivelazione Pietro non avrebbe mai potuto sapere del sorgere di questi schernitori.
A tutto ciò si aggiunge il fatto che “Gli apologeti, Ireneo, Tertulliano, Cipriano, Clemente di Alessandria, e il Canone muratoriano sono completamente silenziosi su di essa” (Kummel, Introduction to the New Testament). “Il primo autore che la cita è Origene (185-253), il quale riporta, secondo quanto riportato da Eusebio di Cesarea, la problematica dell'autenticità, senza però condividere la posizione pseudoepigrafica: «Pietro... ha lasciato una lettera riconosciuta; forse anche una seconda, ma questa è dubbia». Eusebio stesso, elencandola tra gli antilegomena, dà ulteriori notizie su questa controversia.” (da Wikipedia).

Se tale lettera fosse così antica come propongono certi studiosi, e avesse circolato nella comunità già prima del 70, perché mai non viene nominata prima di Origène? E perché molti padri e il Frammento Muratoriano (170 E.V.) tacciono su di essa?
Ireneo visse prima di Origene (130-202) e nel suo 5° libro “Contro le eresie” al capitolo 28 verso 23 dice: “infatti se il giorno del Signore e come mille anni”. Ireneo citando 2 Pietro 3:8 (frase che compare solo in 2.Pietro), stava provando la canonicità della Lettera.

Che non sia menzionata da altri padri e nel Frammento Muratoriale, non significa che non esisteva.
La Lettera di Giacomo è datata 50-100, mentre quella agli Ebrei a prima del 70, ma nel Frammento Muratoriale, che è datato dal 170 in poi, tutte e due le Lettere, nonostante furono scritte circa cento anni prima, non compaiono. Non può essere la stessa cosa per la seconda Lettera di Pietro?

Se poi preferisci attendere che gli studiosi dei papiri di Qumran confermano che il un piccolo frammento (7Q10) è di 2Pt 1:15. Allora non ti resta che aspettare. :-)
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bgaluppi
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Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur

Messaggio da bgaluppi »

Viceversa vedo più credibile che sia l´anno 64-67, per i motivi già detti in precedenza cioè, Pietro disse di essere stato testimone oculari di Gesù, di aver udito la voce che veniva dal cielo durante la trasfigurazione, che stava andando in contro alla morte per come gli aveva detto Gesù ( 2.Pt 1:14,18). Inoltre dice che “questa è già la seconda lettera che vi scrivo” 2P 3:1. E in questo arco di tempo muore anche Paolo, tanto è vero che nella secondo lettera a Timoteo, che fu scritta intorno al 65, lui dice: “Quanto a me, io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia partenza è giunto”.
Dovresti approfondire i falsi del periodo riconosciuti come tali. Se tu avessi voluto far credere di essere Pietro, avresti scritto di non essere stato testimone oculare, di non aver assistito alla trasfigurazione e di non aver già scritto una lettera a nome di Pietro che già circolava? Per quanto riguarda la morte di Paolo, essa è data dalla tradizione cristiana tra il 64 e il 67, lo stesso giorno di Pietro, ma sulla base di supposizione e non di certezza storica documentata (non di certo evincibile dalle Scritture Greche); alcuni padri menzionano la presenza di Pietro a Roma, ma tale informazione potrebbe derivare anche da scritti apocrifi (Atti di Pietro) e dunque da leggende. La missione degli apostoli era indirizzata alle pecore perdute della Casa di Israele, che si trovavano in Assiria, non a Roma; è molto più plausibile che Pietro sia andato verso l’Assiria, non a Roma per diventare “papa” (infatti andò ad Antiochia). Il fatto che l’autore della 2Pt alluda alla sua imminente morte è un artificio che un falsario può usare per rendere lo scritto collocabile in un certo periodo. I falsi sono tali proprio perché sono resi credibili.
Paolo dopo aver parlato della sua imminente morte, parla del ritorno di Gesù non più come un qualcosa imminente, ma futuro per come fa anche Pietro. Ecco cosa dice Paolo: Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione” 2.Tm 4:6-8.

Perché quando è Pietro a posticipare il ritorno di Gesù si deve parlare di pseudoepigrafica, mentre quando lo fa Paolo non è?
Guardacaso, anche la 2Tm è considerata dalla maggioranza degli studiosi come pseudoepigrafa, assieme alle altre lettere cosiddette “pastorali”. La possiamo analizzare in una discussione dedicata.
Riguarda alla Scrittura di 2Pt 3:9, che tu usi come prova di un pseudoepigrafica solo perché si parla di ritardo nella promessa del Signore. Bisogna tenere presente il contesto di queste parole. Pietro parlava di qualcosa che avverrà negli ultimi tempi. Ecco cosa dice nei versi 3 e 4: “Sappiate questo, prima di tutto: che negli ultimi giorni verranno schernitori beffardi, i quali si comporteranno secondo i propri desideri peccaminosi e diranno: «Dov'è la promessa della sua venuta? Perché dal giorno in cui i padri si sono addormentati, tutte le cose continuano come dal principio della creazione».
Per far credere che la lettera fosse autentica e premonitrice di tali schernitori beffardi, non era forse necessario far sembrare che tali schernitori venissero in futuro? L’autore non avrebbe certo potuto fare altrimenti. Ma al tempo della 1Cor (55), non esisteva motivo di temere un ritardo nella venuta del Signore, perché Paolo la dava come imminente entro quella generazione, sulla base di Mt 24:34. Per Paolo, ai tempi della 1Cor, i credenti stavano già vivendo gli ultimi tempi (1Cor 7:29). Non avrebbe dunque senso che nello stesso periodo si parlasse di ultimi tempi in un futuro più o meno lontano.
Ireneo visse prima di Origene (130-202) e nel suo 5° libro “Contro le eresie” al capitolo 28 verso 23 dice: “infatti se il giorno del Signore e come mille anni”. Ireneo citando 2 Pietro 3:8 (frase che compare solo in 2.Pietro), stava provando la canonicità della Lettera.
Se Ireneo è nato nel 130 e cita Pietro, cosa ti fa pensare che la 2Pt non possa essere stata scritta alla fine del I sec. o anche dopo l’anno 100? Quando Ireneo cita quelle parole, non aveva certo 10 anni... La citazione non prova la canonicità, che era dibattuta, ma semmai che esisteva nella metà del II secolo; ma non significa che fosse autentica, infatti non era considerata come tale da tutti.
Che non sia menzionata da altri padri e nel Frammento Muratoriale, non significa che non esisteva.
La Lettera di Giacomo è datata 50-100, mentre quella agli Ebrei a prima del 70, ma nel Frammento Muratoriale, che è datato dal 170 in poi, tutte e due le Lettere, nonostante furono scritte circa cento anni prima, non compaiono. Non può essere la stessa cosa per la seconda Lettera di Pietro?
Il fatto che il Frammento Muratoriano non ne parli, non è certo una prova a favore dell’autenticità della 2Pt! Anche Ebrei e Giacomo, poi, sono dibattute. Ebrei non riporta la firma dell’autore, quindi non è un falso, ma non era accettata unanimemente dai padri della chiesa come canonica, infatti la attribuirono erroneamente a Paolo. Oggi sappiamo con certezza che non è di Paolo, dal greco in cui è scritta, per cui il fatto che i padri la attribuissero erroneamente a lui dimostra che non era un testo sicuro e comunemente accettato dalla prima comunità e certamente non scritto prima della morte di Paolo (se la prima comunità, con Paolo ancora vivente, l’avesse accettata come paolina, oggi sarebbe difficile non ritenerla composta da lui; ma non è così, e il greco di Ebrei non ha nulla a che fare col greco di Paolo). Giacomo è un’atro scritto che parte degli studiosi considera pseudoepigrafo; di essa, Eusebio (265-340!) scrive: “Queste sono le notizie relative a Giacomo, che si dice essere l'autore della prima delle cosiddette lettere cattoliche. Bisogna però sapere che la sua autenticità è dubbia: non sono molti gli autori antichi che la menzionano, e la stessa cosa vale per la lettera detta di Giuda, che fa parte, anch'essa, delle sette lettere cattoliche. Noi sappiamo, tuttavia, che queste lettere sono lette pubblicamente, insieme con le altre, in un gran numero di chiese” (Storia ecclesiastica 2,23-25). Nel III-IV secolo era ancora dibattuta! Fosse stato un testo risalente alla prima comunità e da essa accettato, non sarebbe stata dibattuta ancora nel III secolo. Poi, di quale Giacomo si tratta? Ce ne erano diversi.
Se poi preferisci attendere che gli studiosi dei papiri di Qumran confermano che il un piccolo frammento (7Q10) è di 2Pt 1:15
Secondo me, basta leggere con attenzione per capire che è pseudoepigrafa, come altri scritti esclusi dal canone. Alla fine, chi ha preso la decisione di inserirla e perché, come anche altri testi? Se un testo era accettato unanimemente da tutte le comunità, perché garantito dagli apostoli, non ci sarebbero stati dubbi sulla sua autenticità anche in seguito; il fatto che i padri della chiesa fossero completamente divisi su certi scritti e il fatto che alcuni non vengano neppure nominati per molto tempo, ci fa necessariamente dubitare che tali scritti siano antichi e garantiti dalla prima comunità e dagli apostoli.
trizzi74
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Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur

Messaggio da trizzi74 »

Ma siamo veramente sicuri che Pietro morì a Roma tra il 64 e il 67?
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"Le religioni sono sistemi di guarigioni per i mali della psiche, dal che deriva il naturale corollario che chi è spiritualmente sano non ha bisogno di religioni."
Carl Gustav Jung
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bgaluppi
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Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur

Messaggio da bgaluppi »

No, affatto, Tiziano. È molto più plausibile credere che Pietro si spostò in Assiria per predicare, dove oltretutto si parlava aramaico, la lingua di Pietro. E non a caso su Atti i discepoli vanno ad Antiochia, in Fenicia e a Cipro, solo dalle pecore perdute (At 11:19) e Gal 2:11 testimonia che Pietro si recò ad Antiochia. Interessante il link che citi.

Io credo che i dodici si recarono nelle nazioni straniere dove erano rimasti dispersi i giudei, e che annunciarono il vangelo oralmente, come era consuetudine fare e come fu ordinato loro da Yeshùa. Non credo che scrissero alcunché. Le comunità sorsero in seguito a predicazione orale, come si evince da Atti; le stesse lettere di Paolo sono solo una corrispondenza con le comunità che erano già sorte in seguito alla predicazione.

È solo un'ipotesi.
Dalila
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Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur

Messaggio da Dalila »

Non mi resta che quest´unica domanda.
Se si ha la completa certezza che questa Lettera è solo un falso, come é possibile che nel sapere tutto questo nessuno dei presenti al concilio tentò di opporsi, ma addirittura fu fortemente ammessa nel canone?
O questi erano tutti ciechi oppure la certezza che questa Lettera sia falsa sono solo congetture. :-??
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bgaluppi
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Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur

Messaggio da bgaluppi »

Dalila, molti si opposero per secoli alla canonizzazione di certi scritti. Se la lettera fu dibattuta fino al IV secolo dalla maggioranza, certamente significa che non fu considerata canonica dalla maggioranza per secoli. Più si va avanti nel tempo e ci si allontana dagli apostoli, più la dottrina viene corrotta dal pensiero gnostico ed ellenistico. Perché fu introdotta nel canone? Forse per imposizione. Molti che si opposero a certe dottrine, come quella trinitaria, furono perseguitati; ma la trinità divenne dogma inconfutabile. Non c'era più democrazia nella chiesa. Il Concilio di Ippona fu presieduto da Aurelio di Cartagine, di cui leggiamo nel Martirologio Romano:

"A Cartagine, nell'odierna Tunisia, sant'Aurelio, vescovo, che, salda colonna della Chiesa, protesse i suoi fedeli dalle usanze pagane e collocò il seggio episcopale sul luogo in cui prima si trovava la statua della dea del cielo.". Al posto della dèa ci mise un'altra immagine, quella del seggio che simboleggia il potere papale.. Ho detto tutto. ;)
speculator

Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur

Messaggio da speculator »

Le scritture nel primo secolo erano quelle ebraiche.
Travisavano le lettere di Paolo e anche le scritture ebraiche.
La congiunzione "e" lega il senso solo del travisamento.
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