Io e il Padre siamo una cosa sola»" (Gv 10,30)

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Michele
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Io e il Padre siamo una cosa sola»" (Gv 10,30)

Messaggio da Michele »

Giovanni 10,30-38
I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo.
«Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio - e la Scrittura non può essere annullata -, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: "Tu bestemmi", perché ho detto: "Sono Figlio di Dio"? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani. Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.
Un passo molto difficile da tradurre
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bgaluppi
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Re: Io e il Padre siamo una cosa sola»" (Gv 10,30)

Messaggio da bgaluppi »

Ci provo, Michele. Ma non è difficile, perché il greco è molto preciso. Basta tradurre rispettando la grammatica e la sintassi. ;)
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Tony
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Re: Io e il Padre siamo una cosa sola»" (Gv 10,30)

Messaggio da Tony »

Scusate so che forse non centra nulla ma mi piacerebbe condividere quello che ho espresso in una parabola e cioè che Gesù non è Dio e che a volte ci si può confondere nel vedere in lui Dio oppure che violasse le norme semplicemente perchè lo dicevano i farisei ?

-Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio

-17 Gesù rispose loro: «Il Padre mio opera fino ad ora, e anch'io opero». 18 Per questo i Giudei più che mai cercavano d'ucciderlo; perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.

Questi a mio avviso non sono altro che i punti di vista dei farisei , ho pensato che questa parabola possa aiutare a capire questa cosa .

Un uomo aveva due figli , uno con un carattere nervoso e l'altro con un carattere mite.
Quest'uomo aveva un orto e i due figli aiutavano il padre a gestire l'orto .
Ogni volta che rientravano in casa il padre si toglieva gli scarponi davanti alla porta.
Avevano anche un tavolino davanti alla porta ed ogni volta , prima di rientrare in casa
il padre dei due figli si toglieva i guanti e li appoggiava sul tavolino e si squoteva i pantaloni
per togliersi la polvere dai pantaloni . Ogni volta faceva cosi .
Un giorno mentre il padre e gli altri due figli rientravano in casa, il figlio con carattere nervoso notò che
il padre dopo essersi tolto gli scarponi si toglieva anche i guanti e li appoggiava nel tavolino e si squoteva i pantaloni,
allora il figlio penso dentro di se :"Farò anche io cosi , mi toglierò gli scarponi e mi toglierò i guanti e mi squoterò i pantaloni , poichè mio padre ha fatto cosi". Un giorno il padre disse "Dovrò fare un viaggio e ritornerò a breve, fate in modo
che quando tornate dal campo di non sporcare casa di fango e di togliervi gli scarponi" . Allora il padre parti e i due figli continuarono a curare l'orto.
Quando rientravano in casa facevano come il padre disse loro di fare : di togliersi gli scarponi per non sporcare la casa di fango. Un giorno i due rientrano in casa , uno si tolse gli scarponi ed entrò in casa e l'altro si tolse gli scarponi e i guanti e si squotè i pantaloni. Un altro giorno mentre i due rientravano in casa il figlio nervoso notò che il fratello mite prima di entrare non si toglieva i guanti e non si squoteva i pantaloni .Allora disse dentro di se "costui è un cialtrone perchè dopo essersi tolto gli scarponi non si toglie i guanti e non si squote i pantaloni".Disse fra di se anche :" Quando tornerà nostro padre dirò che non ha fatto quello che ha detto di fare ".
Un giorno il padre torno a casa e il figlio nervoso disse al padre :" Mio fratello non ha fatto ciò che tu avevi detto di fare"

Domanda al lettore : Chi dei due fratelli pensa di aver rispettato maggiormente la regola del padre il figlio nervoso o il figlio mite?

Il padre rivolgendosi al figlio nervoso disse : " Io vi avevo chiesto solo di togliervi gli scarponi per non sporcare casa" .
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bgaluppi
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Re: Io e il Padre siamo una cosa sola»" (Gv 10,30)

Messaggio da bgaluppi »

Per la traduzione userò il testo critico di WH e aggiungerò alcuni commenti.

30 ἐγὼ καὶ ὁ πατὴρ ἕν ἐσμεν.
“Io e il Padre siamo uno”. Qui Yeshùa non si sta innalzando al livello del Padre, ma sta esprimendo il concetto di unità spirituale ed intima che esprime anche nei confronti degli apostoli e dei credenti: “Padre santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dati, affinché siano uno, come noi” (Gv 17:11); “Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato” (ibidem 20,21). Di certo, Yeshùa non sta chiedendo che i discepoli diventino Dio.

31 Ἐβάστασαν πάλιν λίθους οἱ Ἰουδαῖοι ἵνα λιθάσωσιν αὐτόν.
“Raccolsero di nuovo pietre i giudei con l’intento di lapidare lui”. Il tentativo di lapidazione precedente era occorso in Gv 8:59

32 ἀπεκρίθη αὐτοῖς ὁ Ἰησοῦς Πολλὰ ἔργα ἔδειξα ὑμῖν καλὰ ἐκ τοῦ πατρός· διὰ ποῖον αὐτῶν ἔργον ἐμὲ λιθάζετε;
“Rispose loro Yeshùa: molte opere buone ho mostrato a voi da parte del Padre; a motivo di quale opera di esse mi lapidate?”. Interessante notare come Yeshùa non affermi di operare di suo conto ma per conto del Padre. La preposizione ἐκ (ek) regge il genitivo e indica la provenienza o l’origine di qualcosa o qualcuno fuori da qualcosa o qualcuno. Le opere di Yeshùa, dunque, originavano dal Padre e si manifestavano attraverso di lui.

33 ἀπεκρίθησαν αὐτῷ οἱ Ἰουδαῖοι Περὶ καλοῦ ἔργου οὐ λιθάζομέν σε ἀλλὰ περὶ βλασφημίας, καὶ ὅτι σὺ ἄνθρωπος ὢν ποιεῖς σεαυτὸν θεόν.
“Risposero a lui i giudei: riguardo ad una buona opera non ti lapidiamo, ma riguardo a una bestemmia, e perché tu essendo un essere umano fai di te stesso un dio”. I giudei non credevano affatto che Yeshùa affermasse di essere Dio, ma lo accusavano di elevarsi al rango di un dio, o di Dio. La traduzione “un dio” è da preferirsi perché θεόν (theòn) non ha l’articolo determinativo, che di solito (ma non sempre) è usato davanti a theòs per indicare il Dio, cioè haShem. Nel versetto successivo, come vedremo, accade la stessa cosa, a conferma che questa traduzione è corretta. Tuttavia, anche se scegliessimo di tradurre “Dio”, le parole di Yeshùa sono chiare per via della contrapposizione tra ànthropos (“essere umano”, senza articolo) e theòs (“Dio”, o “dio”, senza articolo), ossia tra la condizione umana e la condizione divina. Se Yeshùa si fosse dichiarato esplicitamente Dio, avrebbe dovuto dire “θεός ἐγὼ εἰμί” (theòs egò eimì), “Io sono Dio”, e i giudei avrebbero avuto un ottimo motivo per condannarlo alla lapidazione per bestemmia, perché nessun uomo può essere Dio. Dunque, cercarono di accusarlo di bestemmia sulla base delle parole “io e il Padre siamo uno”, il cui senso tuttavia compresero perfettamente, infatti non lo lapidarono. Yeshùa risponde loro citando il Tanach (Sl 82:6) in modo provocatorio, col fine di evidenziare la loro ipocrisia e cattiva fede.

34 ἀπεκρίθη αὐτοῖς [ὁ] Ἰησοῦς Οὐκ ἔστιν γεγραμμένον ἐν τῷ νόμῳ ὑμῶν ὅτι Ἐγὼ εἶπα Θεοί ἐστε;
“Rispose loro Yeshùa: Non è scritto nella vostra legge che "Io ho detto: voi siete dèi"? Yeshùa cita il Salmo, in cui è scritto א‍ני־אמרתי אלהים אתם (ani amarti elohim attem), in cui elohim è riferito agli uomini e corrisponde al greco theòi inteso come “dèi”, anche perché è al plurale. Dunque, Yeshùa sostanzialmente dice: “mi dite che mi lapidate perché essendo uomo mi elevo al rango di dio, quando la Scrittura stessa paragona gli uomini a degli dèi?”.

35 εἰ ἐκείνους εἶπεν θεοὺς πρὸς οὓς ὁ λόγος τοῦ θεοῦ ἐγένετο, καὶ οὐ δύναται λυθῆναι ἡ γραφή,
“Se loro ha chiamato dèi, da cui la parola di Dio è venuta, e non può essere annullata la Scrittura”. Nel Sl 82, al v.1, si legge che “Dio sta in piedi nella assemblea di Dio”, che fondamentalmente è Israele, da cui viene la parola di Dio. Quando Dio dice “voi siete dèi”, lo dice a coloro a cui fu consegnata la Torah. Yeshùa sta dicendo che siccome la Scrittura chiama “dèi” coloro che ricevettero e trasmisero la parola di Dio, dunque li eleva al rango di dio, non potete lapidarmi perché ritenete che io mi elevi al rango di dio.

36 ὃν ὁ πατὴρ ἡγίασεν καὶ ἀπέστειλεν εἰς τὸν κόσμον ὑμεῖς λέγετε ὅτι Βλασφημεῖς, ὅτι εἶπον Υἱὸς τοῦ θεοῦ εἰμί;
“Di colui che il Padre ha santificato e ha mandato nel mondo voi dite "tu bestemmi" perché ho detto "Sono figlio di Dio"?”. Sempre il Sl 82:6, dopo aver paragonato gli uomini a degli dèi, dice riguardo a loro “voi siete figli dell’Altissimo”. Ecco che tutto inizia ad essere chiaro. Yeshùa, dicendo di essere uno col Padre, ossia proclamando la sua unità spirituale intima con Dio, dichiara di essere figlio di Dio, come coloro da cui venne la Sua parola sono figli di Dio. Ed ecco cosa significa esattamente l’epiteto “figlio di Dio”: avere un rapporto intimo relazionale con Dio. Infatti, Davide era figlio di Dio, e i credenti sono figli di Dio (cfr. Gv 1:12), e Israele è figlio di Dio (“dall’Egitto chiamai mio figlio”, Os 11:1).

37 εἰ οὐ ποιῶ τὰ ἔργα τοῦ πατρός μου, μὴ πιστεύετέ μοι·
“Se non faccio le opere del Padre mio, non mi credete”. I giudei, pur vedendo coi loro occhi le sue opere potenti, non gli credevano; eppure, per i giudei un uomo che facesse tali opere doveva necessariamente essere da Dio (cfr. Gv 9:18-34).

38 εἰ δὲ ποιῶ, κἂν ἐμοὶ μὴ πιστεύητε τοῖς ἔργοις πιστεύετε, ἵνα γνῶτε καὶ γινώσκητε ὅτι ἐν ἐμοὶ ὁ πατὴρ κἀγὼ ἐν τῷ πατρί.
“Se invece [le] faccio, anche se a me non credete, alle [mie] opere credete [esortativo], affinché sappiate e riconosciate che in me [è] il Padre e io sono nel Padre”. Yeshùa dice: se non credete a me sulla parola, credete almeno alle opere che faccio, affinché sia chiara la mia unità col Padre, ossia sia chiaro che opero in virtù dell’unità spirituale che ho col Padre. Sempre di unità spirituale si tratta, non di unità essenziale, come anche i credenti sono uno con Cristo e con Dio (cfr. Gv 17:11,20,21; Ef 3:19).
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Michele
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Re: Io e il Padre siamo una cosa sola»" (Gv 10,30)

Messaggio da Michele »

Grazie per la traduzione. In sostanza quale sarebbe stato il vero motivo per mettere a morte Yehoshu'a?
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bgaluppi
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Re: Io e il Padre siamo una cosa sola»" (Gv 10,30)

Messaggio da bgaluppi »

Nessuno. Sta scritto sul documento che veniva appeso al legno sopra la testa del condannato: “Pilato fece pure un'iscrizione e la pose sulla croce. V'era scritto: GESÙ IL NAZARENO, IL RE DEI GIUDEI. Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; e l'iscrizione era in ebraico, in latino e in greco. Perciò i capi dei sacerdoti dei Giudei dicevano a Pilato: «Non lasciare scritto: "Il re dei Giudei"; ma che egli ha detto: "Io sono il re dei Giudei"». Pilato rispose: «Quello che ho scritto, ho scritto».” (Gv 19:19-22).

I giudei lo ritengono un falso profeta (non tutti, per la verità). Ma se lo fosse stato, non avrebbero avuto bisogno di farlo condannare dai romani, potevano condannarlo loro secondo la loro legge. I falsi profeti venivano strangolati o buttati da una rupe.
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Michele
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Re: Io e il Padre siamo una cosa sola»" (Gv 10,30)

Messaggio da Michele »

Quindi in definitiva Yehoshu'a venne condannato senza un vero motivo! Il mistero si infittisce.
Ma un motivo ci deve pur essere stato, se non altro per orgoglio ferito
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bgaluppi
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Re: Io e il Padre siamo una cosa sola»" (Gv 10,30)

Messaggio da bgaluppi »

Gv 11:47-52
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bgaluppi
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Re: Io e il Padre siamo una cosa sola»" (Gv 10,30)

Messaggio da bgaluppi »

“47 I capi dei sacerdoti e i farisei, quindi, riunirono il sinedrio e dicevano: «Che facciamo? Perché quest'uomo fa molti segni miracolosi. 48 Se lo lasciamo fare, tutti crederanno in lui; e i Romani verranno e ci distruggeranno come città e come nazione».”.

I giudei avevano capito che se Yeshùa veniva riconosciuto come Messia, ci sarebbe stata una sollevazione che avrebbe causato una reazione da parte dei romani. I romani, pur infischiandosene generalmente della cultura ebraica, erano interessati a mantenere la regione sotto controllo e sapevano bene che i giudei aspettavano l'avvenuto di un re liberatore.

Dunque, Yeshùa fu consegnato ai romani essenzialmente per paura che questi avrebbero distrutto la nazione. In effetti, ciò accadde tempo dopo con Bar Kochba, "il figlio della stella", che si proclamò Messia e i giudei lo seguirono; ne seguì una rivolta, che riportò un piccolo successo contro la decima legione, ma alla fine scatenò la reazione romana, con la conseguente distruzione finale di Gerusalemme e la dispersione dei giudei.
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Michele
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Re: Io e il Padre siamo una cosa sola»" (Gv 10,30)

Messaggio da Michele »

Giusto. Ma allora non è anche possibile che fu tutta una prova del 9. Se Yeoshu'a fosse morto allora si sarebbe saputo che non era il messia, e da un certo punto di vista, così avvenne, Egli solo per pochi rese pubblica la sua risurrezione. Come a dire, IO non sono il messia che voi aspettate, non mi occupo di rivoluzioni ma delle cose di mio Padre!
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