Non per abrogare, ma per adempiere. Mt 5:17 ss.

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bgaluppi
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Non per abrogare, ma per adempiere. Mt 5:17 ss.

Messaggio da bgaluppi »

Μὴ νομίσητε ὅτι ἦλθον καταλῦσαι τὸν νόμον ἢ τοὺς προφήτας· οὐκ ἦλθον καταλῦσαι ἀλλὰ πληρῶσαι·
Non pensate che sono venuto per abrogare la legge o i profeti; non sono venuto per abrogare ma per adempiere.

Saltano subito all’occhio le parole iniziali: “Non pensate che io sia venuto ad abrogare la legge (la Torah) e i Profeti”. Perché Yeshùa fa questa puntualizzazione? Evidentemente, i suoi insegnamenti e la sua condotta potevano indurre i giudei e soprattutto i suoi discepoli a dubitare della genuinità del comportamento di Yeshùa per quanto concerneva l’obbedienza ai comandamenti della legge e agli insegnamenti dei profeti. O forse Yeshùa sottintende che la sua venuta non implica la cessazione della validità della parola di Dio. Riprenderò questo punto più avanti.

Il verbo πληρόω (pleròo) significa propriamente “adempiere” nel senso latino del termine, ossia adimplēre, composto da ad (“fino a”) e implēre (“riempire”), dunque “riempire pienamente”, “colmare”, e anche “eseguire pienamente”, “compiere perfettamente”. Il secondo significato si adatta meglio al contesto, poiché se Yeshùa dicesse di essere venuto a “colmare” la Torah e i Profeti, significherebbe che la parola di Dio era mancante di qualcosa e necessitava di essere completata. Dunque, Yeshùa sta dicendo di essere venuto a “eseguire pienamente” la parola di Dio, a “compierla” e metterla in pratica in modo “pieno” e perfetto in ogni punto.

Un terzo significato, secondo alcuni, potrebbe anche riguardare l’adempimento delle profezie, ossia la loro realizzazione, e ciò si adatta apparentemente alle parole che seguono, in cui Yeshùa dichiara che “Finché il cielo e la terra non passeranno, neppure un iota o un solo apice della legge passerà, prima che tutto sia adempiuto” (v. 18), come dire che tutto ciò che è scritto deve realizzarsi, “venire ad essere”; il termine qui tradotto con “adempiere” è il verbo γίνομαι, ghìnomai, “venire ad essere”, “avvenire”, “fare”, “realizzare”, tuttavia il versetto non sembra parlare di adempimento di profezie, ma piuttosto di ogni cosa che la legge insegna e comanda e che deve “essere realizzata”. In parole povere, la Torah è valida fino alla fine dei tempi. E subito dopo, dice: “Chi dunque [οὖν, un, “conseguentemente” a ciò che è detto prima] avrà trasgredito uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma colui che li metterà in pratica e li insegnerà, sarà chiamato grande nel regno dei cieli. Perciò [γάρ, gar, “perché”, causale e rafforzativa rispetto a ciò che precede] io vi dico: Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, voi non entrerete affatto nel regno dei cieli.” (vv. 19,20). Le congiunzioni οὖν e γάρ spiegano e rafforzano ciò che precede e quindi il versetto 18 fa riferimento alla necessità di obbedire alla legge, poiché essa è valida in eterno, e in un modo che sia “più giusto” di quanto già non facessero scribi e farisei. Il discorso di Yeshùa fa riferimento alla modalità di applicazione della legge, alla piena e verace realizzazione dei comandamenti, in modo da superare la giustizia dei farisei e degli scribi, che già osservavano la legge con zelo, ma evidentemente non nel giusto modo. Il punto quindi non è solo osservare, ma osservare in modo pieno, perfetto, conforme alla volontà di Dio.

Yeshùa criticava gli scribi e i farisei in modo specifico a motivo delle riforme (takanot) da loro attuate, che caricavano il comandamento di regole e comportamenti aggiuntivi e — a giudizio di Yeshùa — inutili e anzi dannosi, finendo per annullare il comandamento stesso (cfr. Mr 7:1-13). Ecco probabilmente perché Yeshùa puntualizza inizialmente che la sua intenzione non era certo quella di abrogare la legge e i Profeti (osservazione che evidentemente gli veniva mossa spesso), ma di osservare in modo puntuale e veritiero i comandamenti di Dio, senza caricarli di opere non richieste e inutilmente macchinose. Questo suo modo di pensare e di agire doveva risultare molto fastidioso per i farisei, i quali potevano sentirsi depredati della loro autorità, al punto che Yeshùa stesso precisa e insegna: “Gli scribi e i farisei siedono sulla cattedra di Mosè. Osservate dunque e fate tutte le cose che vi dicono di osservare”; ma poi precisa: “non fate come essi fanno, poiché dicono ma non fanno.” (Mt 23:2,3). Evidentemente, secondo Yeshùa gli scribi e i farisei, pur essendo i depositari della Torah e zelanti nell'obbedienza, non mettevano in pratica i comandamenti come insegnavano a fare. Le loro takanot aggiuntive erano divenute più importanti del comandamento puro alla base, dunque allontanavano dalla genuina osservanza.

A conferma di tutto ciò valgono le sue parole, pronunciate a difesa dei suoi discepoli che venivano accusati di violare il sabato (o piuttosto le takanot farisiache sul sabato): “Ora, se voi sapeste che cosa significa: "Io voglio misericordia e non sacrificio", non avreste condannato gl'innocenti” (Mt 12:7, cfr. Mt 9:13). Yeshùa risponde facendo riferimento a Is 1:11-17, in cui il profeta critica Israele per l’inadeguatezza spirituale dell’obbedienza, zelante per quanto riguardava l’applicazione pratica ma vuota quanto a giustizia.

Per cui: Yeshùa non viene per abrogare la Torah e i profeti, che restano validi fino alla fine dei tempi, ma per adempiere la legge in modo perfetto, come evidentemente mai era stato fatto prima. Il suo ruolo è quello di realizzare in modo pieno e verace ciò che Dio comanda, punto per punto. La Torah è valida in eterno, e in virtù di ciò ogni minimo comandamento deve essere messo in pratica ed è necessario insegnare a fare altrettanto. Perché se non si obbedisce in modo giusto, non è possibile entrare nel regno dei cieli.
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Gianni
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Re: Non per abrogare, ma per adempiere. Mt 5:17 ss.

Messaggio da Gianni »

È molto interessante analizzare questo passo mattaico.

Mi trovo per lo più d’accordo con Antonio, ma personalmente ritengo che qui il significato di πληρόω (pleròo) sia proprio “riempire fino all’orlo”.

Espongo il mio modesto parere …

Il “riempire fino all’orlo” (pleròo) non comporta affatto che la Toràh fosse mancante di qualcosa e necessitasse di essere completata. Il verbo non ha qui infatti il senso di “completare”, ma di “fare abbondare”. – Cfr. Vocabolario del Nuovo Testamento.
Yeshùa sta dicendo che non è venuto ad abrogare la Toràh ma a farla abbondare.
Matteo usa questo verbo (pleròo) due volte in tutto e la seconda volta è in Mt 23:32, in cui dice agli scribi e hai farisei: “Voi pleròsate la misura dei vostri padri”, i quali assassinarono i profeti (v. 31). Ora, non è che quei loro padri avessero compiuto un’opera incompleta che era da completare; piuttosto, gli scribi e i farisei ne colmavano la misura, la ‘facevano abbondare’.

Quando al v. 18b di Mt 5, abbiamo il parallelo in Lc 16:17: “È più facile che passino cielo e terra, anziché cada un solo apice della legge”, che TNM manipola e traduce: “In realtà, è più facile che il cielo e la terra scompaiano piuttosto che un singolo tratto di una lettera della Legge rimanga inadempiuto”, avallando così la veduta tradizionale di πληρόω (pleròo) come “adempiere”.
Ma come spiegare il ghènetai che Matteo aggiunge in Mt 5:18b? Lui scrive: èos [= finché] àn [indica possibilità] ghènetai. L’èos àn Matteo lo usa due volte nel v. 18. La prima (18a): “Finché qualora [àn] passi il cielo e la terra”, e qui vuol dire che se anche passasse l’universo, un minimo singolo tratto di una lettera della Toràh non passerà affatto. La seconda volta (18b), quindi ha lo stesso valore: ““Finché qualora [àn] siano fatte [ghènetai] tutte le cose”.
In partica Yeshùa sta dicendo che se anche passasse l’universo, non passerebbe un solo piccolo tratto di una lettera della Toràh, e ciò se anche venissero fatte tutte le cose. In tal caso, sarebbero tutte da rifare (ubbidendo) ogni volta e sempre. Per dirla con il profeta Isaia: “L'erba si secca, il fiore appassisce, ma la parola del nostro Dio dura per sempre”. – Is 40:8.
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Israel75
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Re: Non per abrogare, ma per adempiere. Mt 5:17 ss.

Messaggio da Israel75 »

Scusate riporto quello che ho scritto , i vostri ragionamenti rispettabili evadono il problema, il dotto di Ebrei affermando che cambia il sacerdozio afferma che la Torah cambia almeno per i gentili, e il verbo adempiere detto da Gesù riguarda la fine della sua vita e resurrezione, non la fine del mondo, rifletteteci.
<<Ah ecco ,-(Eb 7:11,12)- questo verso non lo conoscevo bene anche se probabilmente l'ho "sentito" da qualche parte probabilmente uno dei tuoi studi. Grasssssie Gianni. :-)

Scusate un'ultima cosa (forse sarebbe bello aprire un tema separato):

Ragionando devo dire in verità che è un punto molto controverso a mio avviso , anche perchè se il dotto di Ebrei dice che cambia il sacerdozio , afferma indirettamente che cambia la Torah. :-? :-? :-? Eppure Yeshua dichiarò come ben sappiamo che neppure una particella sarebbe stata annullata da Essa. Mt5: 18 Poiché in verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto.
A questo punto verrebbe sa chiedersi se quel "adempiuto" si riferisca non alla fine del mondo , ma alla morte e resurrezione.In quest'ultimo caso il discorso sarebbe molto chiaro.
E' un punto chiave davvero importante credo ( sarei curioso di sapere chi era l'autore di Ebrei :YMSMUG: :YMSMUG: :YMSMUG:) , infatti sostiene per come la vedo la tesi dei 2 regimi di osservanza tra ortodossi e gentili. I primi vogliono seguire i regolamenti levitici? Bene! sono quindi obbligati a osservare la Legge dalla prima all'ultima riga(come afferma Paolo). I secondi che hanno creduto in Yeshua invece osserveranno i fondamentali cioè Comandamenti in Dt cap.5 o Es cap.20 , più le disposizioni apostoliche in materia di fede , comportamento e decoro.

Ma forse stiamo dicendo la stessa cosa.....
>>
Shalom
(Giac 4:6) Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura (Is 10:33,Lc 18:14) dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili».
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Gianni
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Re: Non per abrogare, ma per adempiere. Mt 5:17 ss.

Messaggio da Gianni »

Caro Bruno, il testo originale di Eb 7:11,12 dice: “Al popolo infatti su di esso [il sacerdozio] è stata data una legge [una legge, non "la Legge"!] … mutato infatti il sacerdozio per necessità avviene anche un mutamento di legge”.

È della legge cerimoniale relativa al sacerdozio che si parla, non della Toràh.
Il “mutamento di legge [cerimoniale]” si spiega con il passaggio al sacerdozio spirituale. La Toràh non muta mai né mai muterà, è eterna.
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bgaluppi
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Re: Non per abrogare, ma per adempiere. Mt 5:17 ss.

Messaggio da bgaluppi »

Bruno, ho capito cosa vuoi dire ma non sono sicuro che questa tesi sia applicabile alle parole di Yeshùa, perché lui parlava a giudei, non a gentili. Comunque ci ragiono un po' su e poi ti rispondo più a fondo.

Devo rispondere anche a Gianni perché non ho capito alcune cose.
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Israel75
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Re: Non per abrogare, ma per adempiere. Mt 5:17 ss.

Messaggio da Israel75 »

Certo pensateci bene che vorrei approfondire, ma a quale verso ti riferisci? Perchè se ti riferisci alla Torah allora devo dedurre che anche i Comandamenti valgono solo per gli Ebrei.
:-) :-) :-)
Shalom
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AKRAGAS
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Re: Non per abrogare, ma per adempiere. Mt 5:17 ss.

Messaggio da AKRAGAS »

Ciao, Bruno.
Leggendo Bereshìt si capisce che la Toràh veniva già rispettata dai Padri prima che fosse stato stipulato il Patto con il figli di Israel.
Avendo Avrahàm dato ascolto e avendo osservato la mia osservanza, i Miei precetti, i Miei statuti e i Miei insegnamenti. ( Gen 26:5)
Per quanto riguarda il sistema rituale del sacerdozio levitico, che fa parte del Patto levitico, si legge che fu dato successivamente la rottura delle prime tavole, come mezzo di risarcimento per le colpe commesse involontariamente.
Nel Patto la Toràh è “condensata” nelle tavole della Legge, mentre il Patto levitico è ciò che Moshè vide nella visione sul Sinay, secondo come il Signore gli disse :Vedi di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte (Es 25:40).
Distinguere questi due aspetti è un primo passo per capire cosa ha prodotto il messia Yeshùa dopo la sua glorificazione.
Nella lettera agli Ebrei, come ci hanno spiegato bene Antonio e Gianni, non sono i precetti, gli statuti ,gli insegnamenti il soggetto del discorso ma le leggi riguardanti i rituali levitici.
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Tony
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Re: Non per abrogare, ma per adempiere. Mt 5:17 ss.

Messaggio da Tony »

Ciao a tutti , non sono un esperto di bibbia ma sto cercando di capire , e porto un mio breve commento che spero possa contribuire in qualche modo non andando fuori tema .
Mi sono posto la stessa domanda cioè ,perchè Yeshua ci teneva a precisare che non era venuto ad abolire la legge e i profeti e mi trovo in linea con il pensiero di Antonio.
Effettivamente però Yeshua parla di un cambiamento (che ritengo essere sempre in linea con il pensiero biblico e quindi di Dio) , però non riesco a capire quando c'è stato questo cambiamento ma non vorrei esagerare con quello che scrivo sotto .
Parlo della sua famosa frase : " ...a motivo dei vostri cuori duri Mosè vi disse di mandar via le vostre mogli " ".... non avete letto che il Creatore da principio li creò maschi e femmina" Matteo 19:8 .Effettivamente Yeshua ricorda come stanno le cose fin da principio . Il fatto è che Mosè ha dovuto dare delle regole che servivano al popolo Israelita .
Vorrei capire di quali regole si tratta se la mia riflessione che ho fatto sopra ha una logica oppure ho esagerato e invece semplicemente Yeshua precisa quella cosa e quindi vale solo per quel particolare precetto di Deuteronomio 24:1 e nient'altro.
Spero di non aver fatto confusione
grazie
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Gianni
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Re: Non per abrogare, ma per adempiere. Mt 5:17 ss.

Messaggio da Gianni »

Grazie, Tony, per il tuo commento. Personalmente credo che la precisazione di Yeshùa valesse solo per quel particolare. Ma sentiamo anche gli altri ... :-)
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Tony
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Re: Non per abrogare, ma per adempiere. Mt 5:17 ss.

Messaggio da Tony »

Infatti altrimenti probabilmente avrebbe precisato altre cose che non andavano bene per il contesto storico in cui lui , Yeshua si trovava , con la sua meticolosità e precisione nell'osservanza della Torah che aveva c'è da aspettarsi che sia realmente cosi . Infatti tutte le volte che c'era qualcosa che non andava prima di tutto lui si comportava secondo la giusta visione delle scritture e soltanto dopo le persone gli chiedevano come mai facesse cosi , come per esempio il sabato ,eccetto alcuni casi credo come quando il sadduceo gli chiede se nella risurrezione quale moglie di quelle sette ci si potrà risposare.Cioè tutte le precisazioni che vengono riportate nei vangeli sembrano proprio dare importanza alla giusta osservanza della legge e i profeti , cosa che Yeshua faceva e diceva , se ci fosse stata qualche altra "regola" da precisare lo avrebbe detto , credo.
grazie
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