Il Vero: Dio e vita eterna, 1Gv 5:20
Inviato: mercoledì 23 maggio 2018, 17:30
Il versetto 5:20 di 1Gv è uno dei cavalli di battaglia dei trinitari a sostegno della divinità di Yeshùa. Ecco come lo rendono i principali traduttori italiani:
“Sappiamo anche che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio e nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna.” (C.E.I.)
“Sappiamo pure che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza per conoscere colui che è il Vero; e noi siamo in colui che è il Vero, cioè, nel suo Figlio Gesù Cristo. Egli è il vero Dio e la vita eterna.” (NR)
“Ma noi sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intendimento, affinché conosciamo colui che è il Vero; e noi siamo nel Vero, nel suo Figlio Gesù Cristo; questo è il vero Dio e la vita eterna.” (ND)
“Sappiamo comunque che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato le capacità intellettive necessarie per conoscere colui che è vero. E noi siamo uniti a colui che è vero per mezzo di suo Figlio Gesù Cristo. Questo è il vero Dio e la vita eterna.” (TNM)
Un gran pasticcio!
Vediamo innanzitutto il testo greco (ed. critica Nestlè Aland NA28) e traduciamo letteralmente senza punteggiatura, visto che sul testo originale non compare:
οἴδαμεν δὲ ὅτι ὁ υἱὸς τοῦ θεοῦ ἥκει καὶ δέδωκεν ἡμῖν διάνοιαν, ἵνα γινώσκωμεν τὸν ἀληθινόν, καὶ ἐσμὲν ἐν τῷ ἀληθινῷ, ἐν τῷ υἱῷ αὐτοῦ Ἰησοῦ Χριστῷ. οὗτός ἐστιν ὁ ἀληθινὸς θεὸς καὶ ζωὴ αἰώνιος.
sappiamo che il figlio del Dio è giunto e ha dato a noi intendimento affinché possiamo conoscere il vero e siamo nel vero nel figlio di lui Gesù Cristo questo è il vero Dio e vita eterna
Inseriamo ora la punteggiatura, e per farlo è necessario esaminare innanzitutto una variante:
B2 Ψ 1739 Biz ς hanno γινώσκωμεν (congiuntivo presente di γινώσκω, “conosco”), sposato da Nestle Aland NA27/28 (ma non da Westcott & Hort e Nestle 1904); il B2 è una trascrizione del Codice Vaticano.
א A B hanno γινώσκομεν (presente indicativo di γινώσκω), sposato da Nestle 1904 e Westcott & Hort.
La versione Nestle Aland 27/28 è da preferirsi, in quanto la proposizione finale ἵνα regge il congiuntivo o l'ottativo, e non il presente indicativo. Ciò esclude che essa sia riferita anche al verbo ἐσμὲν (“siamo”), che è il presente indicativo (3 pers. plur.) di εἰμί (verbo “essere”), dunque è necessario inserire un punto e virgola o un punto dopo τὸν ἀληθινόν (“il vero”):
sappiamo che il figlio del Dio è giunto e ha dato a noi intendimento affinché possiamo conoscere [congiuntivo] il vero; e siamo [presente indicativo] nel vero nel figlio di lui Gesù Cristo
Ma ancora c'è qualcosa che non torna.
La prima parte del versetto spiega che il figlio di Dio, cioè il messia (“unto”, in greco christòs), ha consentito ai credenti di conoscere “il vero” (τὸν ἀληθινόν, aggettivo sostantivato); non ci sono dubbi che qui “il vero” sia riferito a Dio, poiché Gv 1:18 afferma che “Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito figlio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere”.
La seconda parte del versetto dice che i credenti sono nel vero, ossia in Dio, poi aggiunge “nel figlio di lui Gesù Cristo”; il pronome personale αὐτοῦ (“di lui”) è al maschile e si riferisce Dio (il figlio “di Dio”), poiché il figlio “di lui” non può essere che il figlio di Dio. Ma che senso ha dire poi “e siamo nel vero nel figlio di lui”? Sarebbe come dire “siamo in Dio nel figlio di Dio”. Ciò non regge, sintatticamente e neppure logicamente. La CEI e la NR, per far tornare il discorso in italiano, aggiungono rispettivamente un “e” e un “cioè”, che non esistono sul testo greco.
In questo caso, la spiegazione è semplice e non è necessario aggiungere nulla neppure in italiano: la preposizione ἐν seguita da dativo (τῷ υἱῷ, “il figlio”) è da intendersi in senso strumentale: “tramite”, “per mezzo di”, come accade in molti altri casi nelle Scritture Greche. Avremo dunque la seguente traduzione:
“sappiamo che il figlio del Dio è giunto e ha dato a noi intendimento affinché possiamo conoscere il vero; e siamo nel vero mediante il figlio di lui, Gesù Cristo”
Ciò significa che i credenti sono in Dio (ossia conoscono Dio) grazie al messia, il figlio di Dio, tramite il figlio di Dio; ciò spiega quanto detto prima, che il figlio ha consentito ai credenti di conoscere “il vero”, ossia Dio, come abbiamo dimostrato. Il figlio è il mezzo attraverso il quale i credenti hanno conosciuto Dio e sono in Dio.
La parte finale del versetto dice letteralmente “questo è il vero Dio e vita eterna”. I traduttori NR e C.E.I. rendono tendenziosamente con “egli” ciò che non è un pronome personale, ma un dimostrativo. οὗτος non è “egli”, ma “questo” (traducono meglio ND e TNM). Il pronome dimostrativo può riferirsi a ciò che precede o a ciò che segue. Se si riferisse a ciò che precede, si riferirebbe al figlio, dunque avremmo:
Questo [il Cristo] è il vero Dio [ὁ ἀληθινὸς Θεὸς] e vita eterna [καὶ ζωὴ αἰώνιος].
Ma sorgono dei problemi con questa lettura. “il vero Dio” ha l'articolo, mentre “vita eterna” non lo ha, per cui avremmo un soggetto (questo, riferito al figlio) senza articolo e due predicati nominali (il vero Dio, vita eterna), uno con articolo e uno senza. E ciò è alquanto strano. Per avvalorare questa lettura, manoscritti posteriori aggiungono l'articolo mancante e riportano:
ἡ ζωὴ αἰώνιος (ς)
ἡ ζωὴ ἡ αἰώνιος K L P (049) 69 81 614 630 945 1505 (1881) Bizpt
In tal modo, il testo potrebbe essere correttamente tradotto “questo (il figlio) è IL vero Dio e LA vita eterna”, anche se resterebbe il problema che il soggetto (“questo”) sarebbe senza articolo e i predicati nominali avrebbero l'articolo, e ciò è grammaticalmente inusuale. Oltretutto, la traduzione sarebbe:
“sappiamo che il figlio del Dio è giunto e ha dato a noi intendimento affinché possiamo conoscere il vero; e siamo nel vero mediante il figlio di lui, Gesù Cristo; questo è il vero Dio e vita eterna”
Ammesso e non concesso che Giovanni si sia dimenticato di aggiungere un articolo a “vita eterna”, che senso ha dire che i credenti sono in Dio per mezzo di Cristo, per poi dire che Cristo è Dio e vita eterna? Dunque i credenti sarebbero in Dio non per mezzo di Cristo (grazie a Cristo), ma sarebbero in Dio per mezzo di Dio e della vita eterna... Ma queste sono tutte considerazioni inutili, poiché il testo più antico, come accettato unanimemente dalle edizioni critiche NA e WH, ha ζωὴ senza articolo:
οὗτός ἐστιν ὁ ἀληθινὸς θεὸς καὶ ζωὴ αἰώνιος
La corretta lettura grammaticale rivela il giusto senso del testo:
“Questo è il vero: Dio e vita eterna” (trad. letterale).
In questo caso, abbiamo il soggetto ὁ ἀληθινὸς (il vero) e il predicato nominale anticipato da οὗτός con valore prolettico (riferentesi a ciò che segue, θεὸς καὶ ζωὴ αἰώνιος predicato nominale entrambi senza articolo). Soggetto con articolo e predicati nominali senza articolo. E ciò è corretto, oltre ad esprimere senso compiuto in armonia con ciò che è detto prima.
La traduzione del v. 20 che propongo è questa:
“Sappiamo che il figlio di Dio è giunto e ci ha dato intendimento affinché possiamo conoscere il Vero; e siamo nel Vero mediante il figlio di Dio, Gesù Cristo. Il Vero è questo: Dio e vita eterna”
“Sappiamo anche che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio e nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna.” (C.E.I.)
“Sappiamo pure che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza per conoscere colui che è il Vero; e noi siamo in colui che è il Vero, cioè, nel suo Figlio Gesù Cristo. Egli è il vero Dio e la vita eterna.” (NR)
“Ma noi sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intendimento, affinché conosciamo colui che è il Vero; e noi siamo nel Vero, nel suo Figlio Gesù Cristo; questo è il vero Dio e la vita eterna.” (ND)
“Sappiamo comunque che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato le capacità intellettive necessarie per conoscere colui che è vero. E noi siamo uniti a colui che è vero per mezzo di suo Figlio Gesù Cristo. Questo è il vero Dio e la vita eterna.” (TNM)
Un gran pasticcio!
Vediamo innanzitutto il testo greco (ed. critica Nestlè Aland NA28) e traduciamo letteralmente senza punteggiatura, visto che sul testo originale non compare:
οἴδαμεν δὲ ὅτι ὁ υἱὸς τοῦ θεοῦ ἥκει καὶ δέδωκεν ἡμῖν διάνοιαν, ἵνα γινώσκωμεν τὸν ἀληθινόν, καὶ ἐσμὲν ἐν τῷ ἀληθινῷ, ἐν τῷ υἱῷ αὐτοῦ Ἰησοῦ Χριστῷ. οὗτός ἐστιν ὁ ἀληθινὸς θεὸς καὶ ζωὴ αἰώνιος.
sappiamo che il figlio del Dio è giunto e ha dato a noi intendimento affinché possiamo conoscere il vero e siamo nel vero nel figlio di lui Gesù Cristo questo è il vero Dio e vita eterna
Inseriamo ora la punteggiatura, e per farlo è necessario esaminare innanzitutto una variante:
B2 Ψ 1739 Biz ς hanno γινώσκωμεν (congiuntivo presente di γινώσκω, “conosco”), sposato da Nestle Aland NA27/28 (ma non da Westcott & Hort e Nestle 1904); il B2 è una trascrizione del Codice Vaticano.
א A B hanno γινώσκομεν (presente indicativo di γινώσκω), sposato da Nestle 1904 e Westcott & Hort.
La versione Nestle Aland 27/28 è da preferirsi, in quanto la proposizione finale ἵνα regge il congiuntivo o l'ottativo, e non il presente indicativo. Ciò esclude che essa sia riferita anche al verbo ἐσμὲν (“siamo”), che è il presente indicativo (3 pers. plur.) di εἰμί (verbo “essere”), dunque è necessario inserire un punto e virgola o un punto dopo τὸν ἀληθινόν (“il vero”):
sappiamo che il figlio del Dio è giunto e ha dato a noi intendimento affinché possiamo conoscere [congiuntivo] il vero; e siamo [presente indicativo] nel vero nel figlio di lui Gesù Cristo
Ma ancora c'è qualcosa che non torna.
La prima parte del versetto spiega che il figlio di Dio, cioè il messia (“unto”, in greco christòs), ha consentito ai credenti di conoscere “il vero” (τὸν ἀληθινόν, aggettivo sostantivato); non ci sono dubbi che qui “il vero” sia riferito a Dio, poiché Gv 1:18 afferma che “Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito figlio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere”.
La seconda parte del versetto dice che i credenti sono nel vero, ossia in Dio, poi aggiunge “nel figlio di lui Gesù Cristo”; il pronome personale αὐτοῦ (“di lui”) è al maschile e si riferisce Dio (il figlio “di Dio”), poiché il figlio “di lui” non può essere che il figlio di Dio. Ma che senso ha dire poi “e siamo nel vero nel figlio di lui”? Sarebbe come dire “siamo in Dio nel figlio di Dio”. Ciò non regge, sintatticamente e neppure logicamente. La CEI e la NR, per far tornare il discorso in italiano, aggiungono rispettivamente un “e” e un “cioè”, che non esistono sul testo greco.
In questo caso, la spiegazione è semplice e non è necessario aggiungere nulla neppure in italiano: la preposizione ἐν seguita da dativo (τῷ υἱῷ, “il figlio”) è da intendersi in senso strumentale: “tramite”, “per mezzo di”, come accade in molti altri casi nelle Scritture Greche. Avremo dunque la seguente traduzione:
“sappiamo che il figlio del Dio è giunto e ha dato a noi intendimento affinché possiamo conoscere il vero; e siamo nel vero mediante il figlio di lui, Gesù Cristo”
Ciò significa che i credenti sono in Dio (ossia conoscono Dio) grazie al messia, il figlio di Dio, tramite il figlio di Dio; ciò spiega quanto detto prima, che il figlio ha consentito ai credenti di conoscere “il vero”, ossia Dio, come abbiamo dimostrato. Il figlio è il mezzo attraverso il quale i credenti hanno conosciuto Dio e sono in Dio.
La parte finale del versetto dice letteralmente “questo è il vero Dio e vita eterna”. I traduttori NR e C.E.I. rendono tendenziosamente con “egli” ciò che non è un pronome personale, ma un dimostrativo. οὗτος non è “egli”, ma “questo” (traducono meglio ND e TNM). Il pronome dimostrativo può riferirsi a ciò che precede o a ciò che segue. Se si riferisse a ciò che precede, si riferirebbe al figlio, dunque avremmo:
Questo [il Cristo] è il vero Dio [ὁ ἀληθινὸς Θεὸς] e vita eterna [καὶ ζωὴ αἰώνιος].
Ma sorgono dei problemi con questa lettura. “il vero Dio” ha l'articolo, mentre “vita eterna” non lo ha, per cui avremmo un soggetto (questo, riferito al figlio) senza articolo e due predicati nominali (il vero Dio, vita eterna), uno con articolo e uno senza. E ciò è alquanto strano. Per avvalorare questa lettura, manoscritti posteriori aggiungono l'articolo mancante e riportano:
ἡ ζωὴ αἰώνιος (ς)
ἡ ζωὴ ἡ αἰώνιος K L P (049) 69 81 614 630 945 1505 (1881) Bizpt
In tal modo, il testo potrebbe essere correttamente tradotto “questo (il figlio) è IL vero Dio e LA vita eterna”, anche se resterebbe il problema che il soggetto (“questo”) sarebbe senza articolo e i predicati nominali avrebbero l'articolo, e ciò è grammaticalmente inusuale. Oltretutto, la traduzione sarebbe:
“sappiamo che il figlio del Dio è giunto e ha dato a noi intendimento affinché possiamo conoscere il vero; e siamo nel vero mediante il figlio di lui, Gesù Cristo; questo è il vero Dio e vita eterna”
Ammesso e non concesso che Giovanni si sia dimenticato di aggiungere un articolo a “vita eterna”, che senso ha dire che i credenti sono in Dio per mezzo di Cristo, per poi dire che Cristo è Dio e vita eterna? Dunque i credenti sarebbero in Dio non per mezzo di Cristo (grazie a Cristo), ma sarebbero in Dio per mezzo di Dio e della vita eterna... Ma queste sono tutte considerazioni inutili, poiché il testo più antico, come accettato unanimemente dalle edizioni critiche NA e WH, ha ζωὴ senza articolo:
οὗτός ἐστιν ὁ ἀληθινὸς θεὸς καὶ ζωὴ αἰώνιος
La corretta lettura grammaticale rivela il giusto senso del testo:
“Questo è il vero: Dio e vita eterna” (trad. letterale).
In questo caso, abbiamo il soggetto ὁ ἀληθινὸς (il vero) e il predicato nominale anticipato da οὗτός con valore prolettico (riferentesi a ciò che segue, θεὸς καὶ ζωὴ αἰώνιος predicato nominale entrambi senza articolo). Soggetto con articolo e predicati nominali senza articolo. E ciò è corretto, oltre ad esprimere senso compiuto in armonia con ciò che è detto prima.
La traduzione del v. 20 che propongo è questa:
“Sappiamo che il figlio di Dio è giunto e ci ha dato intendimento affinché possiamo conoscere il Vero; e siamo nel Vero mediante il figlio di Dio, Gesù Cristo. Il Vero è questo: Dio e vita eterna”