Romani 7:6

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bgaluppi
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Romani 7:6

Messaggio da bgaluppi »

Janira ha scritto:Salve a tutti! Mi aiutate a tradurre e a comprendere il versetto di romani 7:6? È giusta questa interpretazione? noi siamo "liberati" dalla legge, essendo morti a ciò che ci teneva legati ( il peccato? Come nel battesimo in cui moriamo nel peccato e rinasciamo a nuova vita?) e quindi ora siamo schiavi in spirito della legge scritta nei nostri cuori e non schiavi della legge scritta sulla carta?
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bgaluppi
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Re: Romani 7:6

Messaggio da bgaluppi »

Ciao Janira, è una traduzione complicata. Comunque, ciò che non mi torna è la frase centrale, che i traduttori traducono così:

essendo morti a quella che ci teneva soggetti (NR)
essendo morti a ciò che ci teneva soggetti (ND)
essendo morti a ciò che ci teneva prigionieri (CEI)
perché siamo morti a ciò da cui eravamo detenuti (TNM)

Il testo greco ha: νυνὶ δὲ κατηργήθημεν ἀπὸ τοῦ νόμου, ἀποθανόντες ἐν ᾧ κατειχόμεθα, ὥστε δουλεύειν ἡμᾶς ἐν καινότητι πνεύματος καὶ οὐ παλαιότητι γράμματος.

Qui abbiamo la formula ἐν ᾧ, che può essere una congiunzione temporale (“mentre”, Mr 2:19; Gv 5:7) o causale, corrispondente a ἐν τούτῳ ὅτι (“a motivo di questo, che”, “dal momento che”, “in quanto”, “poiché”, come il latino quatenus, “nella misura in cui”, “al punto in cui”, “fino a quando”, “in quanto”, Rm 8:3; Eb 2:18; 6:17). In ogni caso, la traduzione che danno le principali versioni mi pare scorretta. Infatti, NR ND e CEI traducono il verbo alla terza persona singolare (“ciò che ci teneva soggetti/prigionieri”), ma il verbo è alla terza plurale (“eravamo tenuti prigionieri”). La TNM aggiunge “da cui” per giustificare il plurale del verbo, ma il testo non ha “da cui”.

Oltretutto, quando Paolo intende che i credenti sono liberi dal peccato, non usa questa formula, ma il semplice dativo: ἀπεθάνομεν τῇ ἁμαρτίᾳ, siamo morti al peccato (in relazione al peccato, riguardo al peccato, Rm 6:2); εἶναι νεκροὺς μὲν τῇ ἁμαρτίᾳ, essere morti al peccato (Rm 6:11). Dunque, qui non intende questo. In Rm 7:4 dice ὑμεῖς ἐθανατώθητε τῷ νόμῳ, voi siete stati messi a morte in relazione alla legge, con semplice dativo. Siccome in 7:6 usa la formula ἐν ᾧ, essa deve essere tradotta per quello che è, una congiunzione temporale o causale (cfr. Buttman, 331).

Ho bisogno di più tempo per analizzare bene la cosa, comunque a me pare dica così:

ora noi siamo stati liberati dalla legge, essendo morti mentre/a motivo del fatto che eravamo prigionieri, affinché servissimo in novità di spirito e non in vecchiezza di scritto

tradotto parola per parola, per chiarezza:

νυνὶ δὲ [ma ora] κατηργήθημεν [siamo stati liberati] ἀπὸ τοῦ νόμου [dalla legge], ἀποθανόντες [essendo morti] ἐν ᾧ [mentre/a motivo del fatto che] κατειχόμεθα [eravamo prigionieri], ὥστε [per] δουλεύειν [servire] ἡμᾶς [noi] ἐν καινότητι [in novità] πνεύματος [di spirito] καὶ οὐ [e non] παλαιότητι [in vecchiezza] γράμματος [di scritto].

Ciò non significa che la legge è annullata, ma che ora i credenti sono tenuti ad obbedire alla legge in spirito e non in base alla mera osservanza meccanica. Ma sempre di obbedienza alla legge si tratta, perché per obbedire deve esserci qualcosa a cui obbedire (la legge), e in spirito non vuol dire “come ci pare”, ma secondo lo spirito (e non secondo la letteralità di ciò che è scritto ma senza le giuste intenzioni). Cambia il modo dell'obbedienza, non il quanto.

γράμμα (“lettera”, “scritto”) è la legge mosaica scritta, come in Rm 2:27, 29, Gv 5:47.
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bgaluppi
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Re: Romani 7:6

Messaggio da bgaluppi »

Certo, perché al v. 1 dice: “Ignorate, fratelli (perché parlo a persone che hanno conoscenza della legge), che la legge ha potere sull'uomo per tutto il tempo che egli vive?”. E al v. 7 dice: “Che diremo dunque? Che la legge è peccato? Così non sia; anzi io non avrei conosciuto il peccato, se non mediante la legge; infatti io non avrei conosciuta la concupiscenza, se la legge non avesse detto: «Non concupire»”. Sempre della stessa legge si tratta, ossia a Torah.

ὁ νόμος (ho nòmos) è sempre la Torah, tranne in pochi casi in cui è chiaro dal contesto che si parla di qualcosa di diverso (cfr. Rm 3:27).
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bgaluppi
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Re: Romani 7:6

Messaggio da bgaluppi »

Paolo dice che parlava a persone “che hanno conoscenza della legge” (v. 1), dunque tra i destinatari c'erano certamente giudei, o comunque chi leggeva conosceva la legge. Comunque, ciò che conta è capire cosa sta dicendo Paolo. La congiunzione ἐν ᾧ non è tradotta nel modo giusto dai traduttori, che non la leggono come congiunzione, come spiega il Buttman, ma come pronome relativo preceduto dalla preposizione ἐν (in ciò che, o a ciò che) e riferiscono il tutto alla legge (NR) o a qualcosa di diverso e non ben specificato.

Se prendiamo per buona la lettura dei traduttori, avremo un senso; se leggiamo ἐν ᾧ come congiunzione, in linea con la grammatica del Buttman e con la concordanza, avremo un senso diverso (vedi mio primo commento, in cui ho citato altri esempi testuali).
Janira
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Re: Romani 7:6

Messaggio da Janira »

Anche io ho difficoltà a collegare logicamente la parte centrale con il resto.. Quando dice " essendo morti" si intende quindi la morte fisica? O ha un significato 'astratto'?
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bgaluppi
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Re: Romani 7:6

Messaggio da bgaluppi »

Partiamo dal v. 1. Paolo dice che la legge ha potere sull'uomo fino alla morte, la morte fisica. Ciò anticipa quanto dice dopo: “Ci fu un tempo in cui io vivevo senza la legge [la Torah], ma essendo venuto il comandamento, il peccato prese vita ed io morii, e trovai che proprio il comandamento, che è in funzione della vita, mi era motivo di morte.” (vv. 9b, 10). Ciò significa che nel momento in cui un uomo non conosce la Torah, non può essere giudicato in base a quella legge, poiché senza legge non c'è peccato (v. 9a). Ma essendo venuto poi il comandamento (per mezzo di Mosè), il peccato prese vita, nel senso che da quel momento si sapeva cosa è peccato; e l'uomo muore, poiché si accorge - grazie alla Torah - di commettere ciò che la Torah condanna come peccato (qui si parla di morte spirituale, quella che è prodotta dal peccato): “io non avrei conosciuta la concupiscenza, se la legge non avesse detto: «Non concupire»” (v. 7). La legge, dicendo ciò che è bene e ciò che è male, mette in evidenza il peccato che è in noi; noi prendiamo coscienza di quel peccato, che non siamo in grado di evitare in virtù della nostra natura carnale (vv. 15-20). Ciò è ribadito ai vv. 21-23: “Io scopro dunque questa legge: che volendo fare il bene, in me è presente il male (questa è una legge che è in noi, non la Torah). Infatti io mi diletto nella legge di Dio secondo l'uomo interiore, ma vedo un'altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e che mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra.”. E al v. 25 dice “Io stesso dunque con la mente servo la legge di Dio, ma con la carne la legge del peccato.”.

Il contesto di tutto il capitolo, dunque, è questo: chi conosce la legge (Torah), ne è prigioniero fino alla morte, ossia è prigioniero della coscienza di essere peccatore, coscienza che la legge mette in evidenza. Perché sappiamo che è male concupire dal momento in cui la legge (la Torah) dice “non concupire”, altrimenti in che modo saremmo sicuri che ciò è sbagliato? Ognuno farebbe ciò che vuole, seguendo il suo istinto. Riconoscendo che la legge (Torah) è santa (v. 12), poiché è la parola di Dio che ci indica il bene e il male, riconosciamo che non siamo in grado di mettere in atto quel santo comandamento, perché concupiamo. Dunque, la legge mette in evidenza il peccato che è in noi, finché moriremo. Ossia, il peccato ci perseguita fino alla morte. Chi ci libera da “questo corpo di morte”? Gesù Cristo (v. 25).

In questo contesto, deve essere inquadrato il v. 6.
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bgaluppi
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Re: Romani 7:6

Messaggio da bgaluppi »

Janira, ti rispondo meglio stasera. Mi rendo conto che spesso le parole di Paolo sono davvero difficili. Lui è molto psicologico e introspettivo e bisogna sforzarsi un po' per capire le sue parole, che non devono mai essere estrapolate dal loro contesto.
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bgaluppi
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Re: Romani 7:6

Messaggio da bgaluppi »

Si Mattia, stasera rispondo meglio anche inquadrando bene il v. 6. Non dobbiamo prendere le parole di Paolo in senso assoluto ma esaminarle relativamente a ciò di cui sta parlando. Qui si parla di peccato e di salvezza.
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bgaluppi
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Re: Romani 7:6

Messaggio da bgaluppi »

Mattia, se hai tempo, perché intanto non verifichi quante volte e come viene usato il termine nòmos nelle Scritture Greche? Se hai tempo, altrimenti lo faccio io dopo.

Per adesso dico solo che quando nòmos ha l'articolo si riferisce sempre alla Torah, a meno che non sia specificato altrimenti. Ho nòmos, "la legge". Quale legge? L'unica legge, ossia il Pentateuco. Quando non ha l'articolo può essere qualsiasi legge, a meno che il contesto non specifichi che si sta parlando della legge di Dio. In generale, se il testo parla de "la legge" senza specificare quale, si riferisce sempre alla Torah.

Intanto è utile leggere questo, come introduzione a ciò che andremo a discutere:

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Janira
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Re: Romani 7:6

Messaggio da Janira »

Grazie mille, è sempre un piacere leggere i vostri post :-)
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