Rm 5 - "tutti" o "molti"?

ilvigilante
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Rm 5 - "tutti" o "molti"?

Messaggio da ilvigilante »

Buonasera,

Vorrei un aiutino da chi conosce il greco su un brano di Romani di cui, la traduzione della TNM, non mi convince molto:

Rm 5 dal 12 in poi...
"...la morte si è estesa a tutti gli uomini perché tutti hanno peccato"
15 ...molti (due volte)
18 ...molti (due volte)
19 ...idem

La versione CEI riporta sempre "tutti"

La Parola alterna "tutti" a "molti"

Quali sono i termini greci in questione e come si traducono correttamente?
Tengo a sottolineare che leggendo la TNM, prima ancora di consultare altre versioni, per una mia logica e personale supposizione, pur non conoscendo il greco, dovrebbe essere tradotto "tutti" in ogni passo citato.

Grazie a chi mi illumina
ilvigilante
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Re: "tutti" o "molti"?

Messaggio da ilvigilante »

Aggiungo e correggo che nella TNM il vers. 18 sostituisce il "molti" con "uomini di ogni tipo"
ilvigilante
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Re: Rm 5 - "tutti" o "molti"?

Messaggio da ilvigilante »

Grazie mimy,

Molto interessante
ilvigilante
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Re: Rm 5 - "tutti" o "molti"?

Messaggio da ilvigilante »

Quindi mentre il 12 si allinea con il 18,
Il 15 si allinea con il 19.

Sto cercando di capirci qualcosa e comprenderne il nesso
ilvigilante
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Re: Rm 5 - "tutti" o "molti"?

Messaggio da ilvigilante »

Mi sembra un gioco di parole e non ne afferro ancora il significato.
Quel "molti" esclude certamente una parte del "tutti" ma non riesco a collocarlo per identificarne i soggetti cui si riferisce
ilvigilante
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Re: Rm 5 - "tutti" o "molti"?

Messaggio da ilvigilante »

Interessante il tuo ragionamento,
intanto, se la notte porta consiglio, spero di svegliarmi con le idee più chiare.
A domani
ilvigilante
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Re: Rm 5 - "tutti" o "molti"?

Messaggio da ilvigilante »

Trovo molto strano il ‘molti sono stati resi peccatori’ del vers. 19 rispetto al ‘tutti hanno peccato’ del vers. 12, condizione sempre derivante dal peccato di uno solo, Adamo, in entrambi i casi.

Trovo invece valido il ‘molti’ del vers. 15 , in quanto i ‘molti che sono morti’ sono i morti in precedenza allo scritto di Paolo, perché il resto dell’umanità contemporanea a Paolo era ancora in vita; per questo non tutti erano morti e non tutti avevano ricevuto il dono della grazia derivante da Cristo.

Tuttavia parlando di peccato non si può certo partire dal cap. 5 di Romani, in quanto Paolo fa un’interessante disamina di questo tema già dai primi capitoli.
Infatti dai primi capitoli parte dal sottinteso presupposto che tutti sono peccatori e sviscera le varie sfaccettature del peccato che pervade tutto il mondo, mettendo perfino a confronto ‘il giudeo’ e ‘il greco’ che corrispondono in realtà a chi è sotto la Legge e a chi non lo è, dimostrando che entrambi sono schiavi del peccato.

Nel cap. 5 vi è la sintesi e la dichiarazione che tutti hanno peccato, perfezionando ciò che aveva appena espresso in 3:23; qui il ‘tutti hanno peccato’ diviene un assioma su cui Paolo costruisce tutto il suo discorso.

Il ‘molti’ che beneficiano del dono di Dio, grazie al sacrificio di Cristo, è certamente riferito a coloro che sono descritti nel cap. 3 dal 27 in poi, quelli dichiarati giusti per fede, indipendentemente dalla condizione se sono o non sono sotto la Legge. Infatti da quei versetti si evince che ricevono il dono coloro che hanno fede e sono operatori della Legge e, sempre da quei versetti, si evince che ricevono il dono anche quelli che, pur non essendo sotto la Legge, quindi anche se non sono operatori obbligati dalla Legge, ricevono il dono semplicemente grazie alla fede.

Al vers. 31 Paolo previene chi volesse interpretare le sue parole come un’abolizione della Legge e ribadisce il concetto che la Legge non è abolita solo per il fatto che si è dichiarati giusti per fede, ma dice questo per coloro che sono sotto la Legge, non per coloro che non lo sono. Infatti, quando nella parte finale del vers. 31 dice:
“Al contrario, noi sosteniamo la Legge”, Paolo usa il ‘noi’ ponendosi fra coloro che sono sotto la Legge, come in effetti era.

Per quelli delle nazioni (i ‘molti’ che fanno parte delle nazioni) che non sono sotto la Legge, è sufficiente la fede con tutte le opere che ne conseguono, quale condizione necessaria per ricevere il dono, senza che, necessariamente, quelle opere debbano coincidere con quelle della Legge.

Questo in sintesi è ciò che comprendo:
‘Tutti’ = peccatori
‘Molti’ = ricevono il dono della grazia a motivo della fede

Un caro saluto
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bgaluppi
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Re: Rm 5 - "tutti" o "molti"?

Messaggio da bgaluppi »

Al v. 12 abbiamo πάντας ἀνθρώπους (pàntas anthròpus), "tutti gli uomini", e πάντες ἥμαρτον (pàntes hèmarton), "tutti hanno peccato". Al v. 15 abbiamo οἱ πολλοὶ ἀπέθανον (oi pollòi apèthanon), in cui l'aggettivo è sostantivato e significa "i molti sono morti" (quindi non tutti); poi abbiamo τοὺς πολλοὺς (tus pollùs), anche in questo caso sostantivato, che significa sempre "i molti". Al v. 18 è due volte πάντας ἀνθρώπους (pàntas anthròpus), come al 12 ("tutti gli uomini"). Al v. 19 abbiamo di nuovo due volte οἱ πολλοί, "i molti".

L'aggettivo sostantivato (οἱ πολλοί) fa riferimento a "i molti", dunque non a tutti, che è πάντες ἄνθρωποι (pàntes ànthropoi). Credo che quando Paolo dice che "i molti sono stati costituiti peccatori" in virtù della trasgressione di Adamo (v. 19), implica che esistano uomini che sono stati costituiti giusti, nonostante quella prima trasgressione. Infatti, nella Bibbia sono molti quelli che vengono chiamati giusti, e se sono chiamati giusti non sono costituiti peccatori. Perché "in virtù della prima trasgressione"? Perché mediante quella trasgressione, “il peccato è entrato nel mondo” (quindi prima non c'era). Allo stesso modo, "i molti" (ma non tutti) sono morti, il che implica che ci siano alcuni che non sono morti; qui, ovviamente, si parla di morte spirituale, non fisica; infatti, “il peccato, quando è compiuto, produce la morte” (Gc 1:15), e “il dardo della morte è il peccato” (1Cor 15:56), ma è ovvio che il peccato produce morte spirituale, in quanto ogni uomo - giusto o ingiusto - deve morire fisicamente. Allora, "i molti" che sono morti sono coloro che hanno vissuto nel peccato, e dunque sono morti spiritualmente, mentre altri "molti" (ma non tutti) hanno ricevuto la grazia in virtù di Cristo.
ilvigilante
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Re: Rm 5 - "tutti" o "molti"?

Messaggio da ilvigilante »

Rispondo prima ad Antonio:
converrai che il peccato, in primo luogo, porta alla morte fisica,
la morte spirituale è una condizione di divina disapprovazione derivante dal peccato nel mentre si è in vita, non dopo la morte fisica, infatti Paolo in Rm 6:23 recita che ‘il salario che il peccato paga è la morte’
ricalcando ciò che aveva appena detto nel vers. 7: “chi è morto è stato assolto dal suo peccato” che non può essere applicato a chi è morto spiritualmente, perché chi è in vita ed è morto spiritualmente, non può essere assolto dal suo peccato; la morte fisica invece, quale pena del peccato, sconta la sua colpa, come chi sconta una pena in carcere e si libera da quella colpa.
Tant’è che Adamo è morto sì spiritualmente, ma l’esito del suo peccato è stato principalmente la sua morte fisica.


Mimymattia:

Non ho scritto che chi non è sotto la Legge debba essere disubbidiente a Dio, ma se segui il ragionamento di Paolo, fa comprendere che chi non è sotto la Legge, quindi le persone delle nazioni, sono ritenute giuste a motivo della fede e non della Legge. Quella stessa fede, pur non derivando dalla Legge mosaica, produce ugualmente opere degne per essere ritenuti giusti, che non per forza debbano coincidere con le opere della Legge mosaica, altrimenti si svuota l’alto valore attribuito alla fede in Cristo, ritornando a farla derivare non da Cristo ma dalla Legge, cosa che Paolo ribalta.
Per comprendere meglio questo concetto devi rileggere il capitolo 4 dove Paolo spiega molto bene il concetto di fede, di Abramo ritenuto giusto per fede quando non era ancora sotto la Legge nonché la proiezione della fede di Abramo, da uomo non sotto la Legge, relativamente a coloro che, da incirconcisi, avrebbero mostrato fede in base al sacrificio di Cristo.
ilvigilante
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Re: Rm 5 - "tutti" o "molti"?

Messaggio da ilvigilante »

La differenza?

La spiega Paolo in Rm 3:9

Non c'è alcuna differenza.
Chi è sotto la Legge o chi non lo è non ha valore ai fini della giustificazione perché siamo tutti peccatori, ne consegue che siamo dichiarati giusti per fede e con le opere che ne conseguono;
nello stesso tempo chi è sotto la Legge, a motivo della fede, deve dimostrare di adempiere ANCHE le opere della Legge, o sforzarsi di farlo
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