Gv 5; Ap 12; Ap 20 - La resurrezione dei morti

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bgaluppi
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Re: Gv 5; Ap 12; Ap 20 - La resurrezione dei morti

Messaggio da bgaluppi »

Jon, Mattia, vi avevo risposto ma mi è morto il tablet e ho perso tutto lo scritto. Mi ci vorrà un po' per rispondervi di nuovo...
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Alen.chorbah
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Re: Gv 5; Ap 12; Ap 20 - La resurrezione dei morti

Messaggio da Alen.chorbah »

Io opterei per regalargli un computer ad antonio che ultimamente il suo tablet ci fa perdere tenpo :))
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bgaluppi
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Re: Gv 5; Ap 12; Ap 20 - La resurrezione dei morti

Messaggio da bgaluppi »

:-)
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Elia
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Re: Gv 5; Ap 12; Ap 20 - La resurrezione dei morti

Messaggio da Elia »

Caro bgaluppi grazie per la tua risposta sul link che ti ho inviato. Anche io non la vedevo come l'autore del testo. Mi sembrava un opinione al di fuori dell'amore di Dio. Ad ogni modo è interessante quello che si diceva sulle parole di Yeshua "tutti" e i "molti" di Daniele 12. Sarebbe buono avere una spiegazione al riguardo. Grazie a tutti voi.
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bgaluppi
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Re: Gv 5; Ap 12; Ap 20 - La resurrezione dei morti

Messaggio da bgaluppi »

Provo a rispondere a Jon e Mattia insieme. Da qui dovremmo essere in grado di capire chi sono i “tutti” di cui parla Yeshùa.

Per quanto riguarda Rm 6:7, è necessario capire cosa sta dicendo Paolo (che non è mai chiarissimo...). Rm 6:23 non dice che è il peccato a pagare il salario, ma che la paga (salario) del peccato è morte: “Il salario del peccato è [la] morte”, ossia la morte è la retribuzione per la disobbedienza (peccato). Almeno mi pare, ma approfondirò ulteriormente. Il peccato costituisce “violazione della legge” (1Gv 3:4); e “il peccato, quando è compiuto, produce la morte”. Dunque, è la violazione della legge (disobbedienza, peccato) a produrre la morte. La morte è la conseguenza (il prezzo) che paghiamo per il peccato. “Il dardo della morte è il peccato” (1Cor 15:56), ossia la morte ci colpisce con il peccato, che è la sua arma.

Ciò che dice Paolo in Rm 6:7 è legato al contesto: con il battesimo noi moriamo al peccato, insieme al Cristo; e dunque, se siamo morti al peccato, non possiamo più peccare, perché chi è morto ["essente già morto", non "morente"] non pecca (è libero dal peccato). Non dice che chi muore è assolto dalle sue colpe, altrimenti non ci sarebbe bisogno di essere giudicati né di obbedire alla legge di Dio e potremmo aspettare la risurrezione e godere comunque di una seconda possibilità. Ciò non ha senso, perché Dio ci comanda di obbedire ora, non dopo. Chi è assolto e non va in giudizio è chi crede, non chi muore. In parole povere, il battesimo simboleggia la distruzione del nostro vecchio io peccatore; Paolo fa un ragionamento logico: se il nostro io peccatore è morto, non c'è più, e dunque non pecchiamo più; infatti (dice il testo introducendo una dimostrazione) un morto non pecca più perché i morti non peccano, sono morti e basta. Se in Cristo siamo morti al peccato, siamo esenti dal peccato, in quanto i morti non peccano.

Se la morte fisica cancellasse le colpe, che bisogno ci sarebbe del sacrificio di Yeshùa, o della legge di Dio? Risorgeremmo tutti puri in ogni caso, esenti da colpa; invece, solo i giusti risorgono esenti da colpa, mentre gli ingiusti risorgono per essere giudicati (Gv 5:29). Non è la morte fisica che libera dal peccato, è la fede. Chi crede in Yeshùa, pur morendo, non muore (Gv 11:25); chi non crede, muore, perché è già giudicato:

“Chi crede in lui non è giudicato; chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.” — Gv 3:18

Come vediamo, è la fede che libera dal giudizio; se espiassimo con la morte le colpe commesse in vita, non avremmo bisogno di essere giudicati. Invece, Yeshùa dice che chi crede risorge per la vita e non va in giudizio (Gv 5:24: 3:18), chi non crede è già giudicato (Gv 3:18); e chi è già giudicato, sarebbe assurdo che fosse giudicato di nuovo, dunque non risorge per il giudizio ma resta morto (perché è già giudicato). Chi risorge e va in giudizio è colui che ha operato male (Gv 5:29), non chi non crede (il quale è già giudicato).

Dunque, in base a queste scritture, abbiamo:

- giusti, coloro che hanno ascoltato e operato bene; essi risorgono ma non vanno in giudizio (Gv 3:18; 5:24,29; 11:25)
- ingiusti, coloro che hanno ascoltato ma operato male; essi risorgono ma vanno in giudizio (Gv 5:29)
- coloro che non hanno creduto (e dunque hanno ascoltato, perché per credere a Cristo è necessario aver ascoltato il suo insegnamento); essi sono già giudicati (Gv 3:18), dunque non risorgono. Tra questi non sono certamente inclusi coloro nati prima di Yeshùa, e tutti quelli che non hanno avuto neppure l'opportunità di ascoltare il vangelo, perché per credere bisogna prima ascoltare.

Per quanto riguarda il cosiddetto “peccato imperdonabile”: il testo non mi pare faccia riferimento solo a coloro che osservavano i miracoli e attribuivano gli esorcismi al potere demoniaco invece che al potere di Dio; Yeshùa, non parla in modo specifico a uomini precisi, ma in generale a “chi parla contro lo spirito santo”. Dice:

“ogni peccato e parola ingiuriosa (blasfemìa) sarà perdonata agli uomini [in generale]; ma la parola ingiuriosa contro lo Spirito non sarà perdonata” (Mt 12:31); “chi [chiunque, in generale] parli contro lo spirito santo non sarà perdonato, né in questa era né in quella che deve venire” (v. 32). Significa che chiunque parla contro lo spirito in questa era non sarà perdonato, e dunque non risorgerà (poiché gli è già negato il perdono, e se gli è negato è inutile che risorga); stessa cosa accadrà a chi (vivente o risorto) parlerà contro lo spirito nell'era futura, e dunque subirà la seconda morte (poiché il perdono gli sarà negato).
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bgaluppi
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Re: Gv 5; Ap 12; Ap 20 - La resurrezione dei morti

Messaggio da bgaluppi »

Il peccato ha come pena la morte. Ma la morte non rende automatica la risurrezione.
Infatti, Jon. Perché allora, se tutti risorgessero in ogni caso e vedessero l'era messianica, che senso avrebbe credere e obbedire ora? Potremmo fare quello che ci pare, anche non credere in Dio, tanto potremmo farlo dopo. Invece, dalla Scrittura mi sembra di capire che c'è una differenza non solo tra quelli che credono e non credono, ma anche tra quelli che credono e operano e quelli che credono e non operano. E poi ci sono quelli che non hanno potuto conoscere né la Torah né il Vangelo, divisi a loro vota in moralmente giusti e moralmente ingiusti. Dio lascia scegliere e retribuisce in base alle nostre scelte e in base alle opere: chi crede e applica i Suoi insegnamenti è un giusto, e risorge e non va in giudizio; chi crede ma non applica bene i Suoi insegnamenti (per motivi vari) è un ingiusto, e risorge nell'era messianica ma andrà in giudizio alla fine, dunque ha una seconda opportunità durante quel periodo; chi non crede dopo aver conosciuto l'insegnamento rifiuta Dio, dunque ha già scelto ed è già giudicato, e quindi non avrebbe senso che risorgesse; questa è la categoria di persone di cui parla 2Pt 2:20-22. Poi ci sono tutti quelli che non hanno mai avuto modo di “udire” la parola, e sarebbe assurdo che fossero giudicati senza avere l'opportunità di scegliere; questi sono da inserire tra gli ingiusti, che “udranno la voce del Figlio di Dio” (Gv 5:25). Ciò avverrà nell'era messianica, dopo la risurrezione.

Per concludere, mi pare di capire che ogni uomo sarà giudicato in base alle sue opere, tranne i giusti (già eletti) e coloro che hanno rifiutato Dio volontariamente, i quali cesseranno di esistere con la morte fisica poiché il loro rifiuto non richiede giudizio.
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Re: Gv 5; Ap 12; Ap 20 - La resurrezione dei morti

Messaggio da trizzi74 »

Secondo voi quel "tutti" che troviamo in Gv.5:28 va inteso in senso assoluto?
"Le religioni sono sistemi di guarigioni per i mali della psiche, dal che deriva il naturale corollario che chi è spiritualmente sano non ha bisogno di religioni."
Carl Gustav Jung
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bgaluppi
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Re: Gv 5; Ap 12; Ap 20 - La resurrezione dei morti

Messaggio da bgaluppi »

Mattia, concordo con Jon. Molti rifiutano la Bibbia e Dio per colpa dei dogmi creati dalla religione; ma poi, magari, si comportano comunque in modo moralmente giusto. Il mio ragionamento voleva solo cercare di differenziare biblicamente le varie categorie di persone. Esistono, comunque, delle persone che, pur conoscendo la Bibbia, adorano consapevolmente e volontariamente falsi dèi perché detestano Dio. Non chiedermi perché lo fanno...

Trizzi, in base al mio ragionamento e al buon senso credo che Yeshùa intenda “tutti quelli che devono risorgere”. Ma il testo dice solamente “tutti quelli che sono nelle tombe”, il che farebbe pensare ad ogni essere umano deceduto. Però Gv 3:18 afferma che “chi non crede è già giudicato”, e dunque è impossibile che risorga per il giudizio.
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bgaluppi
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Re: Gv 5; Ap 12; Ap 20 - La resurrezione dei morti

Messaggio da bgaluppi »

Ma Dio non si fa sfuggire nessuno di quelli che Gli appartengono. Tutte le pecore perdute saranno radunate e “tutto Israele sarà salvato” (Rm 11:26). Dio mantiene le promesse. ;)

Credo che un credente non deve preoccuparsi di essere salvato, o di essere perfetto, ma solo di vivere secondo gli insegnamenti di Dio quanto possibile. Al resto ci pensa Lui.
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bgaluppi
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Re: Gv 5; Ap 12; Ap 20 - La resurrezione dei morti

Messaggio da bgaluppi »

Avete notato che Gv 5:28/29 presentano una differenza nelle traduzioni? Vediamo se la notate? Poi ci facciamo uno studio a parte.
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