Gv 14:13,14

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bgaluppi
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Re: Gv 14:13,14

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Ciao Mattia, Gv 14:14 ha delle varianti. “Mi chiederete” è senz'altro estraneo al testo genuino.

http://www.biblistica.eu/viewtopic.php?f=6&t=527" onclick="window.open(this.href);return false;

Che il Tanach non presenti la preghiera a Dio in nome del messia non deve stupire. Infatti, doveva prima venire il messia, perché si potesse pregare Dio in suo nome. ;) Del resto, anche prima che venisse Mosè il popolo ebraico - che già esisteva - non era a conoscenza di tante cose che risultarono "nuove" nel momento in cui furono rivelate tramite Mosè. Nessuno avrebbe celebrato Pesach finché non fu istituito con l'uscita dall'Egitto. Stessa cosa per la cena del Signore: nessuno la celebrò mai prima che Yeshùa la istituisse.
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bgaluppi
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Re: Gv 14:13,14

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Certo che vengono ascoltati. La preghiera nel nome di Yeshùa riguarda i credenti, non gli ebrei, ma Dio ascolta tutti. Dio ascolta anche quando non preghiamo consapevolmente. L'esaudimento della preghiera, poi, è vincolato alla volontà di Dio. Nessuna preghiera viene esaudita se ciò che si chiede non è conforme alla volontà di Dio.

Pregare in nome di Yeshùa è come chiedere l'intercessione del re, o del profeta. Mosè intercedette per il popolo (Es 32:11-13), Abraamo intercedette per i giusti di Sodoma e Gomorra, e anche i profeti lo facevano. Dio dice a Geremia: “Tu non intercedere per questo popolo, non innalzare per essi suppliche o preghiere, non insistere presso di me, perché non ti esaudirò.” (7:16). Yeshùa è intercessore di tutti coloro che credono in lui, perché ha già sofferto ciò che soffriamo noi e, in virtù della sua obbedienza, è stato esaudito; ora intercede perché anche noi, come lui, veniamo esauditi:

“Nei giorni della sua carne, con alte grida e con lacrime egli offrì preghiere e suppliche a colui che poteva salvarlo dalla morte ed è stato esaudito per la sua pietà. Benché fosse Figlio, imparò l'ubbidienza dalle cose che soffrì; e, reso perfetto, divenne per tutti quelli che gli ubbidiscono, autore di salvezza eterna, essendo da Dio proclamato sommo sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec.” - Eb 5:7-10

Per cui, “egli può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio, dal momento che vive sempre per intercedere per loro.” (Ibidem, 7:25).
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Giusto, Jon. Cornelio “era un uomo pio e timorato di Dio” (At 10:2), pur essendo un romano, dunque straniero (non ebreo). Era εὐσεβής (eusebès), "devoto". E Abraamo non era forse un arameo errante? Non certamente ebreo (dopo, viene chiamato ebreo); eppure Dio lo sceglie. Dio non ha preferenze di etnia, classe, razza. Dio vede chi è giusto ai Suoi occhi e chi non lo è. E quanti non credenti passeranno avanti a molti credenti, e quanti non ebrei passeranno avanti a molti ebrei. Yeshùa è venuto per insegnare ad essere giusti, nel modo in cui Dio vuole che lo siamo, in modo semplice e puro. Se un uomo obbedisce a tutte le mitzvot ma non ha amore, sarà superato da chi non obbedisce a tutte le mitzvot ma conosce il significato della mitzvà “ama il tuo prossimo come te stesso” e la mette in pratica.
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Prendiamo il Sl 72. Questo salmo è di Salomone, come indicato dal làmed auctoris iniziale, che designa sempre l'autore del salmo: “di Salomone” (לִשְׁלֹמֹה, lishlomò, come לְאָסָף, leasàf "di Asaf", o לְמֹשֶׁה, lemoshè "di Mosè"). Senza perderci in tecnicismi, il Salmo è regale e messianico. Infatti, al v.16 leggiamo:

“Vi sarà abbondanza di grano nel paese, sulle cime dei monti.
Ondeggeranno le spighe come fanno gli alberi del Libano
e gli abitanti delle città fioriranno come l'erba della terra.”

Questo è un chiaro riferimento all'era messianica (il che conferma che il salmo non è per Salomone, ma di Salomone). Rashì commenta il versetto indicando l'interpretazione dei saggi, che lo riferisce all'era messianica, come l'intero salmo (Keth. 111b, Shab. 30b). Dunque, questo salmo parla del re messia.

I vv. 15 e 17 recitano: “Egli vivrà; e a lui sarà dato oro di Seba [sarà il re dei re]”, “Il suo nome durerà in eterno, il suo nome si conserverà quanto il sole; gli uomini si benediranno a vicenda in lui, tutte le nazioni lo proclameranno beato.”

Adesso pensiamo a cosa accadrà durante l'era messianica, all'arrivo del re messia. Egli sarà il rappresentante di Dio sulla terra, “Dio in mezzo agli uomini”, dunque avrà autorità divina. Questo significa fare o dire qualcosa “nel nome” di qualcuno: agire in base all'autorità di qualcuno. Se io mando qualcuno “a mio nome” a svolgere un compito, quell'inviato svolge il compito in mia vece, ossia al mio posto e in base alla mia volontà. È ovvio che durante l'era messianica non sarà Dio “in persona” a scendere sulla terra, poiché Dio non è una persona ed è trascendente; sarà il re messia a rappresentare il Suo nome, la Sua presenza e la Sua potenza, dunque ad avere l'autorità divina e ad intercedere come mediatore tra Dio e l'uomo, visto che Dio non può essere raggiunto direttamente. Mosè fu scelto da Dio come mediatore tra Lui e il Suo popolo ed intercedette per il popolo presso Dio, poiché aveva l'autorità di farlo e Dio lo ascoltava.

Pregare “in nome” di Yeshùa, dunque, significa pregare forti dell'intercessione di colui che Dio intronizza come re eterno e gli concede potere di giudizio ed autorità sul mondo intero. È il messia a giudicare, forte dell'autorità divina; dunque è Dio che giudica, ma lo fa tramite colui che Lo rappresenta. Pregare in nome del messia, per un credente oggi, significa pregare Dio sapendo di godere già dell'intercessione di colui che ha autorità ed è già stato intronizzato e a cui è stato dato ogni potere, anche quello di giudizio. Come Israel aveva Mosè che intercedeva presso Dio, i credenti hanno il messia. Per questo Eb 7:25 dice “egli può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio, dal momento che vive sempre per intercedere per loro.”.

“egli giudicherà il tuo popolo con giustizia” (Sl 72:2), “Egli giudicherà tra nazione e nazione e sarà l'arbitro fra molti popoli” (Is 2:4), “giudicherà i poveri con giustizia” (Is 11:4), “Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra” (Mt 28:18).
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Re: Gv 14:13,14

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Dio ha sempre perdonato direttamente agli uomini
In che senso Dio ha perdonato? Qual è la colpa che deve essere perdonata? È la trasgressione. Ma l'uomo continua a trasgredire, dunque è un continuo sbagliare ed essere perdonati, un circolo vizioso. Il che non ha senso, perché se l'uomo trasgredisce è in virtù del fatto che non può obbedire, perché è fatto di carne e la carne obbedisce alle leggi della materia. Allora che senso ha essere perdonati sapendo che trasgrediremo di nuovo? Non se ne esce, oppure faremo come i cattolici, che vanno a confessarsi ogni volta per poi cominciare a peccare di nuovo e andare a confessarsi di nuovo. Dunque in cosa consiste veramente il perdono?
Altrimenti prima del messia come avrebbero potuto farlo? Non pregavano in nome del re di turno.
Infatti prima del messia non era possibile espiare le proprie colpe. Il fatto che l'espiazione doveva essere ripetuta lo dimostra. Tu puoi espiare una colpa attraverso un sacrificio, ma se poi pecchi di nuovo, la tua condizione è quella di partenza, dunque a cosa è servita l'espiazione? Lo spiega Eb 9:7: il sommo sacerdote entrava una volta l'anno per offrire doni e sacrifici continui volti all'espiazione delle sue colpe e di quelle del popolo. L'espiazione doveva essere ripetuta ogni anno proprio perché l'uomo continuava a trasgredire, non essendo in grado di obbedire in modo perfetto. Ora, l'espiazione è possibile in virtù del sacrificio del messia, che consiste in un estremo atto di amore per il prossimo; egli non ha offerto sangue animale, ma il suo:

“Infatti, se il sangue di capri, di tori e la cenere di una giovenca sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano, in modo da procurare la purezza della carne, quanto più il sangue di Cristo, che mediante lo Spirito eterno offrì se stesso puro di ogni colpa a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente!” - Eb 9:13,14

Il sacrificio di Yeshùa ha il potere di svincolarci dal peccato, ci rende capaci di obbedire allo spirito pur avendo un corpo di carne. Quel potere è reale, come era reale quello del sacrificio espiatorio, altrimenti dovremmo pensare che Dio comandò di fare qualcosa di inutile. Il nuovo patto consiste nella riconciliazione tra Dio e l'uomo; quel sacrificio unico ha il potere di svincolarci dalla maledizione della morte e di renderci vivi: Dio non ci vede più come morti, ma come vivi, grazie all'atto di estremo amore di Yeshùa. Essendo già vivi in virtù di Yeshùa, significa che non peccheremo, perché il peccato produce la morte.

Per amore per Dio, Abraamo legò suo figlio sull'altare; per amore per gli uomini, Yeshùa fu disposto a offrire il suo sangue. Egli morì perché gli altri non morissero. Non avrebbe ottenuto nulla offrendo capri e tori, dunque disse: “prendi me come offerta, e libera gli altri”. E Dio lo prese, ma non lo fece morire, come non fece morire Isacco. E non farà morire tutti quelli che credono nel nome del messia. “Nessuno ha amore più grande di quello di dare la sua vita per i suoi amici” (Gv 15:13); e l'amore estremo, dimostrato attraverso il sacrificio di se stesso, rende l'uomo giusto davanti a Dio. Amare il prossimo come se stessi significa saper mettere il prossimo prima di noi stessi, se necessario; solo chi sa amare se stesso può far questo. Per essere a immagine e somiglianza di Dio, dobbiamo amare in modo incondizionato. Per questo il credente deve vivere “in lui” e pregare “in suo nome”; vivere in Cristo significa seguire il suo esempio, amare come lui amò, senza se e senza ma; pregare in suo nome significa essere certi che Dio ci ha già perdonati, poiché il messia ha espiato le nostre colpe una volta e per sempre ed è stato reso vivente.

Non significa che la preghiera passa attraverso Yeshùa, che la ode e la riporta a Dio, come molti credono; significa che la preghiera, che va a Dio, è fatta sulla base della fede in Yeshùa, garante del nuovo patto. Se si rifiuta Yeshùa, si rifiuta il patto, dunque si rifiuta la vita che Dio ci offre in virtù di quel patto. E se rifiutiamo quel patto, possiamo benissimo evitare di pregare in nome di Yeshùa, ma allora dovremo ricostruire il tabernacolo e ricominciare ad offrire capri e tori, continuare a peccare e chiedere di essere perdonati, in circolo. Se non offriremo capri e tori, come potremo sapere se Dio ci ha perdonati? La risurrezione di Yeshùa dimostra l'avvenuto perdono permanente di Dio.

Chi crede in quella risurrezione, crede che seguire l'esempio di Yeshùa è garanzia di vita, dunque di perdono (salvezza dalla nostra condizione di morte). Allora prega Dio in virtù di ciò che Yeshùa rappresenta: il nuovo patto, la redenzione definitiva. Prima di Yeshùa non si pregava in nome di niente e nessuno perché non ce n'era motivo. Adesso, chi crede che Yeshùa sia il mezzo per la redenzione eterna, prega in suo nome, sulla base del patto che ha sancito, che è garanzia di perdono. Prima di Mosè non esisteva il tabernacolo e non esisteva il Giorno delle Espiazioni; venuto lui, fu costruito il tabernacolo ed istituito il sacrificio. Prima di Yeshùa non esisteva retribuzione ultraterrena; venuto lui, l'uomo sa che Dio non ci ha creati a Sua immagine e somiglianza e resi viventi per poi morire. In questo consiste la salvezza: il passaggio ad una nuova e più meravigliosa condizione di completezza, a cui eravamo destinati sin da prima della creazione del mondo.

La verità si rivela nella Bibbia in modo progressivo; gli ebrei si sono fermati a Mosè e ai profeti perché non hanno riconosciuto Yeshùa. Altri lo hanno riconosciuto e dunque hanno potuto vedere l'ulteriore rivelarsi del disegno di Dio. Se facciamo il discorso di voler pregare come pregavano "prima", allora bisognerebbe capire come pregava Adamo, che non aveva bisogno di tabernacolo né di alcun rito. Mosè, nel suo tempo, fece ciò che doveva essere fatto in quel tempo. Yeshùa, nel suo tempo, fece il suo. Poi il tempio fu distrutto e quell'evento ha dimostrato quanto fossero vere le sue parole: “Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori.” (Gv 4:23). Prima si andava a pregare al tempio; ora si prega in nome di Yeshùa, che è il nuovo tempio che può ospitare Dio, la Shekhinàh, e noi siamo in lui; noi siamo in lui, lui è in Dio, dunque Dio è in noi.

Sono concetti molto difficili, faccio fatica a formularli in poco tempo.
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Re: Gv 14:13,14

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Come è possibile? Quando Dio ha dato le disposizioni per lo Yom Kippur, non ha detto che era inutile farlo perchè tanto non espiava i peccati, anzi purificava l'intero popolo.
Al re Davide viene riferito dal profeta che Dio lo ha perdonato, anche senza un sacrificio animale, ma solo compiendo teshuvà. E Davide è molto prima del messia.
Si, ma Davide è perdonato per quella singola trasgressione. Non hai letto attentamente le mie parole. ;) Certo che Yom Kippur era utile, altrimenti Dio non lo avrebbe comandato. Ma era utile al fine di espiare le trasgressioni commesse dal singolo e dalla collettività, non certo per una redenzione permanente. Ogni anno l'espiazione doveva essere ripetuta, perché le trasgressioni si ripetevano; dunque, si trattava di un continuo trasgredire ed espiare, il che dimostra una cosa: che l'uomo non era in grado di obbedire in modo perfetto, e risultava sempre peccatore agli occhi di Dio e bisognoso di continua purificazione. Ciò è dovuto alla condizione umana, al fatto che un corpo di carne non può che obbedire alle leggi della carne, che sono opposte a quelle di Dio, che non è che spirito. Ora, anche se ci purifichiamo continuamente e Dio ci perdona le trasgressioni, ma poi moriamo o ci consumiamo comunque come ogni essere o cosa fisica, mi spieghi che senso avrebbe cercare di obbedire a Dio? Se io obbedisco, sono puro ma muoio; se io non obbedisco, sono impuro ma muoio allo stesso modo. E allora perché mai obbedire? La risposta sta nella risurrezione. E i morti risorgono, ma solo quelli che hanno creduto e seguito i suoi passi non vanno in giudzio, perché sono già ritenuti giusti in base alla fede e alle opere come conseguenza della fede (e viceversa). Approfondisco più avanti.

Con Yeshùa, avviene una redenzione più grande, che è quella dalla morte, la quale è conseguenza di trasgressione. Attraverso la sua morte, lui vive. La sua risurrezione è la prova che Dio — in virtù della sua perfetta obbedienza e del suo atto dettato da amore puro — lo ha svincolato dalla condanna originante dalla prima trasgressione,: “dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai” (Gn 2:17). Qui non si tratta di perdono di una singola trasgressione, della purificazione per la mancata osservanza di una o più mitzvòt, ma di redenzione, ossia un mutamento di condizione. Yeshùa segna il prima e il dopo: prima, l'uomo era morto (pur vivendo), dopo, è reso vivente. Questa "novità" origina dal fatto che il sangue asperso per la purificazione non è quello di animali, ma il suo stesso sangue. Detto più chiaramente, il suo atto di amore incondizionato ha espletato il riscatto totale dell'uomo davanti a Dio, cioè ha annullato la condanna a morte e ha elevato l'uomo ad una condizione di perfezione agli occhi di Dio. Dio non ci vede più come creature schiave del desiderio, ma come Suoi figli a Sua immagine e somiglianza, ossia capaci di essere simili a Lui, di amare come Lui ama, in modo assoluto. Ma è solo attraverso l'esempio di Yeshùa che possiamo assurgere a questa condizione di perfezione (salvezza). Per questo dice che “nessuno va al Padre se non per mezzo di me”. È solo camminando sulle orme di Yeshùa, mettendo in pratica i suoi insegnamenti (dunque “credere” in lui) che si può raggiungere la redenzione. È il fare come lui (fede) che ci garantisce la redenzione. Chi crede in una cosa, la fa; chi non ci crede, non la fa. Chi crede che Dio lo ha resuscitato in virtù della sua obbedienza e fa come lui, risorgerà come lui a condizione perfetta. E credere in lui e fare come lui non è in contrasto con gli insegnamenti della Torah, anzi consente di metterli in pratica in modo veritiero e perfetto, tramite l'amore e la purezza di spirito.
La carne resta carne e di fatto è difficile obbedire allo Spirito, oggi come millenni fa.
Non si cambia in un battibaleno, il processo richiede tempo, applicazione, costanza, e molta preghiera. Sbaglieremo, ma ogni errore ci servirà per migliorare e non commetterlo più. È possibile dominare noi stessi, se guidati dallo spirito. Altrimenti, dovremmo pensare che lo spirito di Dio non ha il potere di santificare. Certo, dipende da noi; ma se vogliamo davvero camminare secondo lo spirito, è possibile; ma non senza mettere in pratica gli insegnamenti di Yeshùa, dunque credere in lui. Se crediamo che attraverso di lui possiamo diventare come lui, Dio ci guiderà con la potenza del Suo spirito e lo diventeremo: “Un discepolo non è più grande del maestro; ma ogni discepolo ben preparato sarà come il suo maestro.” (Lc 6:40, cfr. Ez 36:25-27 sotto). Pensa anche a questo: se in virtù della fede in Yeshùa siamo già vivi, adesso, ossia svincolati dalla morte, e se la morte è la conseguenza del peccato, come possiamo peccare? Vuol dire che se seguiamo Yeshùa e crediamo in lui, ossia facciamo come lui, Dio non guarda neppure alle nostre trasgressioni umane. Naturalmente, ciò non può essere un pretesto per peccare, perché se lo fosse, allora vorrebbe dire che non crediamo veramente in Yeshùa e dunque non siamo vivi. È un cane che si morde la coda. :-)
E i giudei durante la deportazione babilonese, non avendo il tempio, come avrebbero potuto chiedere perdono a Dio? In quel frangente se peccavano erano incastrati in un vicolo cieco e non potevano essere perdonati da Dio? Non credo, come nel caso di Davide il perdono viene direttamente da Dio anche senza passare per i sacrifici.
Come fanno gli ebrei oggi, dalla distruzione del tempio, a purificarsi? Attraverso la preghiera, che è una forma di sacrificio più elevato rispetto a quello animale. Si tratta di adorare Dio “in spirito e verità”, come spiegò Yeshùa. E Dio certamente perdona ogni trasgressione a chi si pente e chiede il perdono attraverso il pentimento e la preghiera. Ma la redenzione può avvenire solo se si inizia a camminare secondo lo spirito e non secondo la carne. Come si fa a camminare secondo lo spirito? Credendo in colui che è il mediatore tra Dio e l'uomo, abbandonando il vecchio io e rinascendo in un nuovo io in comunione con Yeshùa, che ci ha dato l'esempio attraverso la sua vita e i suoi insegnamenti e che ha offerto il suo sangue per espletare una perfetta e durevole espiazione. Basta dogmi, basta divisioni, basta odio, basta "noi siamo meglio e voi siete peggio". Ama il tuo prossimo come te stesso, ma nei fatti, non con le chiacchere. E non è facile, per chi non accetta Yeshùa come maestro e redentore; perché è attraverso di lui che possiamo ricevere la guida dello spirito e camminare secondo lo spirito.

“vi aspergerò d'acqua pura e sarete puri; io vi purificherò di tutte le vostre impurità e di tutti i vostri idoli. Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio Spirito e farò in modo che camminerete secondo le mie leggi, e osserverete e metterete in pratica le mie prescrizioni. ” — Ez 36:25-27

Come fa questo?
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