Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

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bgaluppi
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da bgaluppi »

Grazie della risposta, che però vorrei controbattere. Metto in quote le tue parole così riesco a procedere con ordine.
In 1Cor 7:10 Paolo specifica: τοῖς ἀγάμοις, “agli sposati”. È dunque degli sposati che l’apostolo parla.
Volevi dire τοῖς δὲ γεγαμηκόσιν (tòis de ghegamekòsin). :-)
Poi aggiunge che non lui ma il Signore ordina che la moglie non si separi e, al v. 11, che il marito non mandi via la moglie.
Come avrebbe scritto, se avesse voluto far riferimento al divorzio e non alla separazione? Io credo esattamente come ha scritto, usando il verbo ἀφίημι (afìemi), che ha lo stesso significato di ἀπολύω (apolùo) usato dagli evangelisti (ma mai da Paolo): “Chiunque ripudia [ἀπολύσῃ] sua moglie...” (Mt 5:31); oppure usando il verbo che usa qui, χωρίζω (korìzo), come in Mt 19:6 e Mr 10:9, in cui si parla di divorzio e non di separazione: “quello dunque che Dio ha unito, l'uomo non lo separi [μὴ χωριζέτω]”. Dunque, in questo caso è la traduzione a dare il giusto senso alla frase: si può parlare di separazione, ma anche di divorzio.
In questo chiaro contesto Paolo prevede però anche la possibilità della separazione da parte della moglie credente, accogliendo così la norma del diritto romano e greco che permetteva non solo all’uomo ma anche alla donna di separarsi.
Mi chiedo perché mai Paolo avrebbe dovuto ordinare ai credenti di conformarsi al diritto romano e greco. Oltretutto, ciò che Paolo ordina sarebbe un ordine di Dio, non suo: “Ai coniugi poi ordino, non io ma il Signore” (v. 10). Sembra strano che Dio ordini di conformarsi al diritto romano e greco invece che alla Torah o all'insegnamento di Yeshùa, che prevede il ripudio della donna nei confronti dell'uomo (in caso di fornicazione).
Se Paolo parlasse di divorzio e non di separazione, avremmo una grave incongruenza consentendo alla moglie separata di riconciliarsi col marito (v. 11). Ciò sarebbe infatti una violazione di Dt 24:1-4 che non ammetteva la riconciliazione dopo il divorzio.
Ma Dt 24:1-4 non ammette riconciliazione col primo marito nel caso in cui la parte ripudiata si sposi con altra persona: “Se lei, uscita dalla casa di quell'uomo, diviene moglie di un altro...” (Dt 24:2); in questo caso solamente, la coppia originaria non potrebbe ricostituirsi (Dt 24:4). Se la parte ripudiata resta sola e non si contamina con altra persona, e lo stesso fa il ripudiante, perché mai i due non potrebbero tornare insieme? Infatti, Paolo dice: “la moglie non si separi dal marito (e se si separasse, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito)”. Il caso che tratta Paolo non prevede un nuovo matrimonio (“rimanga senza sposarsi” [di nuovo]), dunque la riconciliazione della coppia originaria sarebbe possibile, anzi auspicabile (“si riconcili con il marito” [l'unico marito]). Paolo, in vece del Signore, ordina alla moglie di non separarsi (ossia non divorziare), e, nel caso si separasse (tramite divorzio), non si sposi con altro uomo (per non contaminarsi) o si riunisca al marito. Non vedo perché si debba parlare di separazione, che non mi risulta sia contemplata né dalla Torah né da Yeshùa. E come si può dire ad una separata: “resta senza matrimonio”; se non è divorziata, significa che è ancora sposata. È più logico pensare che Paolo dicesse ad una divorziata di non sposarsi di nuovo (dunque restare senza matrimonio).
In più, la norma deuteronomica consentiva alla donna divorziata di risposarsi, per cui Paolo non potrebbe dire alla donna di rimanere ἄγαμος, “non sposata”.
La norma deuteronomica consentiva alla donna di risposarsi ma non la obbligava a farlo: “Se lei, uscita dalla casa di quell'uomo, diviene moglie di un altro...”, nel caso in cui... È interessante il commento di Rashi, che cita Sifrei 24:135, da cui si evince che il testo consiglia (ma non impone) alla parte ripudiata di non risposarsi e di non sposare una ripudiata, proprio come dice Paolo: “se quest'altro marito la prende in odio, scrive per lei un atto di divorzio, glielo mette in mano e la manda via di casa sua, o se quest'altro marito, che l'aveva presa in moglie, muore” (Dt 24:3). Rashi spiega: “La Scrittura lo informa [il secondo marito] che eventualmente arriverà a detestare la moglie [perché ripudiata], e se ciò non accade, lei lo sotterrerà [cioè il secondo marito morirà prima della moglie ripudiata che ha sposato], poiché è detto "o se l'ultimo marito... muore"”. Tuttavia, la norma deuteronomica non obbliga la ripudiata a non risposarsi, né a risposarsi; la obbliga a non ricongiungersi col primo marito solo nel caso incui ella — dopo esser stata ripudiata dal primo marito — abbia sposato un altro uomo.
E qui veniamo alla tua osservazione che una donna, per restare "non-sposata", deve essere logicamente libera dal legame coniugale. Il vocabolo ἄγαμος significa letteralmente “senza γάμος” ovvero “senza matrimonio”. Detto diversamente, “rimanga senza sposarsi”. Se fosse divorziata, come tu supponi, Paolo non potrebbe chiederle di rimanere “senza matrimonio”, perché ciò violerebbe Dt 24:2b.
Di nuovo, non vedo come una ripudiata che non si risposasse violerebbe Dt 24:2, poiché la norma non le vieta di restare sola, ma di tornare col primo marito nel caso in cui avesse sposato altro uomo (il quale, poi, l'ha a sua volta ripudiata o è morto, rendendola libera di nuovo). L'insegnamento di Paolo non contraddice Dt 24:1-4: “resti senza sposarsi [di nuovo] o si riconcili col marito [non essendosi risposata]”. Per questo, a mio avviso, Paolo sta dicendo che una donna che abbia divorziato dal marito deve restare senza matrimonio oppure riconciliarsi col marito, “per evitare le fornicazioni” (v. 2); Paolo, per conto di Dio, sta ordinando alla divorziata di non sposarsi di nuovo, dunque rende più restrittiva la norma deuteronomica che non vieta un secondo matrimonio (ma lo sconsiglia, come spiegato dai maestri) né obbliga la parte ripudiata a restare sola.

Detto ciò, ribadisco che mi sembra di capire che secondo la Torah la separazione non esiste: o si è sposati o si è non-sposati. Sarebbe assurdo, dunque, che Paolo ordinasse per conto di Dio una condizione di separazione non contemplata dalla Torah ma praticata dai pagani secondo il diritto greco-romano. Se ci pensi, anche oggi che senso ha la separazione? O si è sposati o non lo si è.
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Gianni
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da Gianni »

Caro Antonio, hai ragione, volevo dire τοῖς δὲ γεγαμηκόσιν. Mi scuso.

Se Paolo avesse voluto far riferimento al divorzio e non alla separazione avrebbe usato gli stessi verbi. Noi usiamo termini più specifici che hanno finanche risvolti legali diversi, ma anticamente non si differenziava. Basti pensare al termine “moglie”: in greco si dice “donna” ed è solo il contesto che ci permette di tradurre “moglie”.

Paolo non ordina affatto ai credenti di conformarsi al diritto romano e greco. L’ordine riguarda il non sciogliere il matrimonio. Che la moglie possa separarsi (rimanendo legalmente sposata) è una concessione, non un comando.

Il caso che tratta Paolo non prevede un nuovo matrimonio, dici bene. Ma il passo deuteronomico sì. Ecco perché non si tratta di divorzio.

Dici che secondo la Torah la separazione (come da noi intesa oggi) non esiste. Forse volevi dire che la Toràh non prevede né quindi regola la separazione. Che esista è un fatto. Ci sono diversi casi nella Bibbia che parlano di coppie separate per scelta o per circostanze. C’è anche il caso di una concubina (moglie secondaria) di un levita, la quale tornò a casa di suo padre perché non voleva stare con quell’energumeno del marito (“padrone”, nel Tanàch).
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bgaluppi
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da bgaluppi »

Esatto, Gianni, volevo dire che non la regolamenta. Ma non capisco perché dici che Paolo non parla di divorzio perché il passo deuteronomico prevede un nuovo matrimonio. Dt 24:1-4 prevede l'eventualità di un nuovo matrimonio, ma non la necessità o l'obbligo. Paolo ordina ai credenti di non separarsi per evitare le fornicazioni, perché loro le praticavano (cap. 5), ma non entra in contraddizione con Dt 24 facendo ciò, perché Dt 24:1-4 non comanda alla divorziata di sposarsi di nuovo.

C'è un'altra cosa che non comprendo. Al v. 10 parla agli sposati, e al v. 12 agli “altri”. Quale sarebbe la differenza tra gli sposati e gli altri, visto che in entrambi i casi si tratta di separazione?
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Gianni
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da Gianni »

Gli altri sono il rovescio della medaglia: nel caso ci siano condizioni che giustifichino la separazione (coniuge non credente), non è obbligatorio separarsi. Si ha insomma che una donna credente che non stima più il marito, si può separare e una donna credente che ama il marito non credente può continuare ad amarlo.
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da bgaluppi »

Riguardo al termine ἄγαμος, lo Strong scrive: “non sposato, di una persona che non è in uno stato di matrimonio, sia che sia stata precedentemente sposata o meno”. E il Rocci riporta: “celibe, senza connubio, non unito in matrimonio”. Dunque, come potrebbe mai una persona sposata e separata “restare celibe”, o “restare senza connubio”, o “non sposata”? Questa cosa davvero non è superabile.
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Gianni
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da Gianni »

Evidentemente è riferito ad un possibile (ma vietato) eventuale futuro marito. In pratica, se si separa, non può risposarsi.
Anche qui, se fosse divorziata per giusta causa potrebbe risposarsi, e in questo caso Paolo spiegherebbe l'eccezione. Invece non pone eccezioni: se si separa (non se divorzia), non può risposarsi.
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da bgaluppi »

Si, infatti immagino che, viste le fornicazioni che avvenivano, potesse accadere che una persona separata andasse a vivere con un altro. E allora Paolo puntualizza che una persona separata non può risposarsi. Ma in questo caso, perché dire "resti non sposata", usando un termine che significa propriamente "celibe" e "non vincolata"? Non avrebbe dovuto dire semplicemente "non si sposi di nuovo", o "non sposi un altro"? Se fosse divorziata, non sarebbe stata vincolata, e allora l'uso del termine è appropriato.
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da Gianni »

Occorrerebbe vedere in che senso il termine era usato nel greco popolano, ma nella Bibbia lo usa solo Paolo e solo nella 1Cor. Comunque, in Paolo assume anche il senso di "senza moglie" (7:32), che messo al femminile diventa "senza marito".
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da bgaluppi »

Dunque "senza moglie" o "senza marito" nel senso "resti da sola / solo".
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

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Penso proprio di sì.
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