Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

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bgaluppi
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da bgaluppi »

Ciao Trizzi. L'autore dice che il verbo gamìzo significa "dare in matrimonio" “ma non si può escludere che possa significare anche "celebrare le nozze", "sposare"”. E sulla base di cosa? Mi sembra una asserzione molto superficiale, senza dimostrazioni che la possano avvalorare. Uno studioso può sostenere solo ciò che è avvalorato dal dizionario, dalla grammatica, dalla sintassi, dalla concordanza, e dal contesto. I dizionari, Rocci incluso (la cui autorità non può essere certo discussa), dicono che all'attivo, (questo caso) significa "do in matrimonio", mentre al medio, "prendo in matrimonio". La concordanza biblica lo dimostra in tutti i casi, come anche dimostra in tutti i casi che gamèo, invece, significa all'attivo “prendo in moglie”, “sposo q.no”; al medio, dei genitori, “do moglie/marito ai figli” (Rocci). Più di così... Ma non basta. Paolo, Mt, Mr e Lc usano tutti i due termini anche ravvicinati o nella stessa frase, proprio in virtù del fatto che hanno significati diversi (ho elencato tutti i casi biblici alcuni commenti indietro). Nonostante i dizionari e la concordanza, alcuni si prendono la libertà di affermare qualcosa di diverso... Allora, se non si può escludere ciò che i dizionari e la concordanza escludono, si può tradurre davvero come ci pare e piace... :-??
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bgaluppi
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da bgaluppi »

Quello che dico è che in realtà, ciò che si può escludere, è ciò che i dizionari e la concordanza escludono. L'unico versetto dove certamente si parla dei genitori e delle figlie è proprio il 38, in virtù di quel verbo. È il verbo usato che ci dà questa certezza. Non conosco i motivi per cui l'autore sostenga ciò che i dizionari e la concordanza escludono; probabilmente, in questo caso, le ragioni sono dottrinali.
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bgaluppi
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da bgaluppi »

Trizzi, ho letto Barrett ma non è convincente. Dice che la differenza tra gamìzo e gamèo stava scomparendo in epoca ellenistica e suggerisce di consultare, oltre ai dizionari (che riportano invece chiaramente la differenza), B.D. e M., che non so chi siano. Voler cambiare il significato di un termine usato dagli agiografi biblici sulla base di esempi di autori estranei alla Bibbia non è propriamente corretto. Paolo e gli evangelisti non erano B.D. e M., e usano i due termini in modo specifico; la concordanza biblica ci mostra inequivocabilmente come i due termini siano sempre usati dagli autori biblici in modo conforme al senso e alle regole indicate dai dizionari. Non si può voler cambiare a tutti i costi il significato di un termine contro ogni evidenza lessicale e testuale (la Bibbia) per avvalorare una tesi; si deve fare il contrario, accettare un significato sulla base dei termini che il testo utilizza, verificando i dizionari prima, e l'uso che gli autori biblici fanno di quei termini in tutte le altre occasioni che li usano. Inoltre, il fatto che gli autori biblici li usino entrambi anche nella stessa frase è proprio perché intendono comunicare i significati diversi che esprimono, altrimenti userebbero lo stesso verbo. Ciò dimostra esattamente l'opposto della tesi di Barrett: cioè che per gli autori biblici i due termini avevano diversi significati, che sono quelli che i dizionari indicano.

Osserva, ad esempio, Mt 22:30: “Perché alla risurrezione non si prende [γαμοῦσιν, pres. indicativo attivo di gamèo] né si dà moglie [γαμίζονται, pres. indicativo medio-passivo di gamìzo]” (NR). O Lc 17:27: “Si mangiava, si beveva, si prendeva moglie [ἐγάμουν, imp. ind. attivo di gamèo], si andava a marito [ἐγαμίζοντο, imp. ind. medio-passivo di gamìzo]” (NR). Due verbi affini ma con diversi significati, usati nella stessa frase proprio per rendere diversi significati. Oppure lo stesso Paolo, in 1Cor 7:33: “ma colui che è sposato” (essentesi sposato, γαμήσας, part. aor. attivo di gamèo). O i vv. 36 e 38 di 1Cor 7, in cui Paolo utilizza i due verbi γαμείτωσαν (imp. pres. attivo di gamèo) e γαμίζων (part. pres. attivo di gamìzo) in due versetti vicini. Perché mai in questo caso i due verbi dovrebbero avere un unico significato, se in tutte le Scritture vengono sempre usati in modo diverso secondo il loro proprio significato, indicato dai dizionari?
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da trizzi74 »

Antonio, mi sono solo limitato a rendere noto ciò che pensano alcuni biblisti sul termine che si sta esaminando.
Ti cito pure altri studiosi che si aggiungono ai due che ho citato ieri:

“ Sorprende l’uso in questo versetto di gamizo, che per sé vuol dire dare in isposa ( la propria figlia): ma nel greco ellenistico può anche equivalere a gameo ( mi sposo). Qui Paolo potrebbe averlo usato per il gusto di variare rispetto al gameo del v.36”. – La prima lettera ai corinzi di G. Barbaglio ( EDB), p. 364.

“ S’è cercato di tradurre il verbo gamizo con sposare. Ora è dimostrato invece che il verbo può avere anche questa eccezione.”- Le lettere ai Corinti di H.D. Wendland ( ed.Paideia), p.124.

Il Nuovo grande commentario biblico della Queriniana dice questo riguardo a questo termine greco del v.38: “ ma questo non necessariamente significa “ dare in matrimonio” ( si veda BDF 101)”.- p.1053. Specifico che l’abbreviazione BDF indica la Grammatica del greco del Nuovo Testamento di Friedrich Blass e Albert Debrunner.

“ è risultato da studi recenti che la forma causativa del verbo greco che significa “ dare in sposa” ( Mt. 22:30; 24:38) può significare anche “ sposare”.- Le lettere ai corinti di F. Land ( ed.Paideia) p.136.

Infine una nota che si trova in una nuova traduzione dal testo greco dichiara. " 7,38 chi dà in sposa la sua vergine...chi non la dà in sposa: altra traduzione possibile: chi sposa la sua vergine... chi non la sposa".- Bibbia della Riforma. Il Nuovo Testamento, edita dalla Società Britannica e Forestiera ( 2017) p.388.

Tengo a precisare che i pareri di questi studiosi non mettono per niente in dubbio la validità delle tue argomentazioni.
"Le religioni sono sistemi di guarigioni per i mali della psiche, dal che deriva il naturale corollario che chi è spiritualmente sano non ha bisogno di religioni."
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Gianni
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da Gianni »

Caro Trizzi, grazie per la tua partecipazione a questa difficile trattazione. Le ricerche che hai fatto testimoniano il tuo impegno non da poco.

Da parte mia faccio alcune osservazioni.

Non concordo con G. Barbaglio nell’ipotizzare che Paolo potrebbe aver usato gamizo per il gusto di variare rispetto a gameo. Queste finezze non appartengono a Paolo, che è imbattibile nella logica ma scarso in quanto allo stile. Pur usando un greco molto corretto, Paolo non è al livello dello scrittore di Ebrei, il quale – lui sì – avrebbe avuto il gusto di variare.
Concordo molto di più con Heinz D. Wendland.

Il fatto è che, Trizzi, gli studiosi non sono ancora giunti a trovare una soluzione soddisfacente. Il brano rimane tuttora difficile.

Tu che ne pensi? Si parla del padre? Del fidanzato? Di tutti e due?
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Alen.chorbah
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da Alen.chorbah »

Vi seguo con molto interesse amche se faccio fatica a seguire i discorsi tecnici da ignorante quanto sono. Ma volevo porvi due quesiti. Tenendo buone entrambi le interpretazioni del padre o del fidanzato mi vengono degli interrogativi. Se si parla del padre l apostolo dando questo consiglio stabiliva che il padre aveva autorità su cio che la figlia doveva fare nella sua vita matrimoniale? Invece se si parla di fidanzato mi suona strano che un ragazzo che sia fidanzato tenga alla verginità della sua ragazz, non avrebbe senso a questo punto essere fidanzati .....
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bgaluppi
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da bgaluppi »

Alen, ti avevo risposto ma mi si è spento l'iPad e ho perso tutto. Rileggi dal v. 25 al 35 e poi applica la mia traduzione. Vedrai che il consiglio ai padri non incita ad esercitare autorità sulle figlie da una parte, ma neppure vuole condizionare certe decisioni in ambito familiare dall'altra. Alla fine, il risultato è che, comunque decidano, i padri non sbagliano, per i motivi esposti precedentemente.

I padri devono rispettare il figlio, ma anche il figlio deve ascoltare i genitori, secondo ciò che insegna la Scrittura e secondo il pensiero del tempo. La Bibbia contiene molti esempi in questo senso. Finché si può, naturalmente, e dipende dai casi. Per quanto dici sulla possibilità che possa trattarsi dei fidanzati, sono d'accordo con te: non ha alcun senso.

Ef 6:4: “E voi, padri, non irritate i vostri figli, ma allevateli nella disciplina e nell'istruzione del Signore.”

Ef 6:1: “Figli, ubbidite nel Signore ai vostri genitori, perché ciò è giusto.”

Pr 1:7-9: “Il timore del Signore è il principio della scienza; gli stolti disprezzano la saggezza e l'istruzione. Ascolta, figlio mio, l'istruzione di tuo padre e non rifiutare l'insegnamento di tua madre; poiché saranno un fregio di grazia sul tuo capo e monili al tuo collo.”
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da Gianni »

Nell'antica Israele la verginità femminile a vita non era affatto un ideale. Questa strana idea religiosa e non biblica fu introdotta dalla Chiesa Cattolica nel Medioevo perchè le ragazze che si davano alla vita religiosa non potevano essere da meno della loro Madonna che chiamavano semper virgo - contrariamente alla Scrittura che le attribuisce figli e figlie.
Ecco perchè, tra l'altro, non mi pare che il nostro brano si applichi al fidanzato. Oltre alla giusta osservazione di Alen che domanda perchè mai un fidanzato avrebbe voluto mantenere vergine la sua ragazza, c'è da osservare che per la ragazza di quel tempo sarebbe stata una vergogna sociale rimanere nubile e senza figli.
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da bgaluppi »

Ciao Alen, ciao Gianni. Infatti, Paolo non suggerisce affatto alle vergini o ai loro padri di restare vergini o di preservare la loro verginità perché tale condizione sarebbe migliore.

Al v.25 Paolo afferma di non avere conoscenza ispirata riguardo alle vergini, poi al 26 offre il suo consiglio. La NR traduce un po' tendenziosamente questo versetto:

“25 Quanto alle vergini non ho comandamento dal Signore; ma do il mio parere, come uno che ha ricevuto dal Signore la grazia di essere fedele. 26 Io penso dunque che a motivo della pesante situazione sia bene per loro di restare come sono; poiché per l'uomo è bene di starsene così.”.

Leggendo questa traduzione, sembrerebbe che Paolo suggerisca alle vergini di restare tali; invece, il greco dice: “25 Riguardo alle vergini non ho comandamento dal Signore; ma esprimo il mio parere, come uno che ha ricevuto dal Signore la grazia di essere degno di fiducia. 26 Io penso dunque che, in virtù della presente necessità, questo sia bene per un uomo: restare nella condizione in cui si trova.”. Dopo aver premesso al v. 25 che sta per esprimere solo il suo parere personale, e non un comandamento ispirato, lo spiega al v. 26 (Νομίζω οὖν, nomìzo un, “penso dunque”): siccome (διὰ, dià, con accusativo, “a motivo di”) la situazione presente è pressante (perché “il tempo è ormai abbreviato”, v.29), questo (τοῦτο, tùto, dimostrativo) è giusto: che (ὅτι, “che”, spiega il tùto) è bene per un uomo (καλὸν ἀνθρώπῳ, kalòn anthròpo) l'essere così com'è (τὸ οὕτως εἶναι, to hùtos èinai, “essere come uno è”, “restare nella presente condizione”).

Dunque, il consiglio di Paolo (che vale per tutti, sposati e non sposati, v. 27) è quello di non cambiare la condizione in cui uno si trova al momento, visto che ci troviamo negli ultimi giorni (cfr. v. 20). Tuttavia, anche se uno cambia non sbaglia (cioè se un celibe o una nubile si sposano, v. 28), purché si dedichi al Signore (vv. 29 ss.). Non dice affatto in modo specifico alle vergini di restare tali, dà un consiglio generale che vale per tutti; come dire: riguardo alle vergini non so che dirvi, ma questo so: io penso che ognuno dovrebbe mantenere la condizione in cui si trova. Alla fine, in base a quanto detto, rivolgendosi ai padri riguardo alle figlie ancora vergini oltre il fiore della giovinezza (dunque non riguardo a tutte le vergini!), li invita da una parte a rispettare a volontà della figlia, se questa volesse comunque sposarsi, e dall'altra li rassicura nel caso i padri non si facessero problemi a non darle in matrimonio (sempre a motivo dell'età avanzata). Si scorge un disagio comune da ambo le parti, causato dal fatto che le fanciulle non avevano ancora un marito. Il primo caso è quello di padri preoccupati perché le loro figlie non sono ancora sposate e sono troppo vecchie per farlo, a cui Paolo dice: "lasciate che si sposino, se lo vogliono"; il secondo è quello di padri preoccupati per lo stesso motivo, a cui Paolo dice: "non preoccupatevi, non commettete un peccato se non fate sposare le vostre figlie" (evidentemente, quelle figlie non volevano sposarsi, “se così deve andare”, v. 36: se quelle non vogliono, e se siete sereni riguardo alla loro decisione, no sbagliate non dandole in matrimonio, v.38).
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Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38

Messaggio da Gianni »

Spiegazione perfetta, Antonio!
Vorrei rimarcare che la posizione di Paolo può essere meglio compresa immedesimandoci nella situazione e nel clima d'attesa di allora. La fine era data per imminente, per cui sposarsi sarebbe stata una distrazione che avrebbe comportato occuparsi (e preoccuparsi) della nuova situazione.
Oggi non possiamo ovviamente applicare a noi il parere di Paolo, raccomandando il celibato e il nubilato. Chi dovesse farlo commetterebbe un abuso.
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