Angeli nelle scritture greche ed ebraiche

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Daminagor
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Angeli nelle scritture greche ed ebraiche

Messaggio da Daminagor »

So che nell'ebraismo gli angeli (malachim) sono genericamente agenti per conto di Dio e possono assumere diverse forme tra cui anche quella umana. Inoltre sono spesso identificati con le forze naturali o le leggi della natura che regolano il mondo (Steinsaltz ne parla in modo chiaro). Quindi essi non sono entità spirituali definite ne tantomeno esseri con una morfologia precisa; in realtà possono essere definiti come un qualunque agente, sia esso tangibile o sotto forma di energia, che Dio decida di inviare per un compito. Negli scritti ebraici i malachim sono invaribilmente legati alla volontà divina e da essa sono originati come qualunque altra cosa, non configurandosi come agenti con una propria volontà ma semplici strumenti divini. In quest'ottica emerge l'inconsistenza del concetto di ribellione angelica, non appartenente all'ebraismo. Leggendo la Bibbia ebraica con un minimo di attenzione, appare abbastanza evidente che anche laddove siano dati dei nomi ai malach, essi rappresentino la "spiegazione" di quello che fanno, il nome della loro funzione o azione, non un nome proprio. Alla luce di queste considerazioni, vengo al punto: come si spiega che in un passaggio come 2Pietro 2:4 in cui si dice " Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò negli abissi tenebrosi dell'inferno, serbandoli per il giudizio" un autore ebreo (che, stando agli insegnamenti di Yeshua, non dovrebbe rinnegare la Torah) descriva una cosa tanto lontana dall'ebraismo come quella del peccato angelico? La ribellione angelica è una concezione tarda ed estranea alla cultura ebraica in quanto i malach essendo semplici agenti creati da Dio con un preciso compito, non è concepibile che possano ribellarsi, peccare o fare qualunque altra azione diversa da ciò per cui sono stati creati. Inoltre, perchè un ebreo scrive di angeli che saranno giudicati, quando questi non sono altro che emanazione della volonta divina? Per fare un esempio, sarebbe come dire che io sono un vasaio che crea un contenitore per i fiori cuocendo l'argilla e una volta realizzato il vaso mi adiro verso di esso perchè non è una pentola e lo giudico per questo...non ha alcun senso.
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bgaluppi
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Re: Angeli nelle scritture greche ed ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Ciao Daminagor. Le parole di Pietro fanno riferimento alla presunta caduta angelica descritta nel Primo Libro di Enoch. Frammenti di questo testo, in aramaico, furono ritrovati nella grotta 4Q di Qumran, il che è prova del fatto che tale libro fosse diffuso e letto ai tempi di Yeshùa e anche prima. Ad oggi, non è ancora certo che ai tempi di Yeshùa fosse già considerato apocrifo. È certo che tale libro fosse utilizzato dai giudei del I secolo. In esso, gli angeli che si sarebbero corrotti sono 18 e hanno un nome (VI, 7).

http://digilander.libero.it/Hard_Rain/enoch.htm

Nel Targum Pseudo-Jonathan, per Gn 6:4, è scritto: “Schamchazai e Uzziel, che caddero dal cielo, erano sulla terra in quei giorni”. Queste parole sono state spiegate anche come indicanti simbolicamente una perdita di dignità. Biblicamente parlando, l'espressione "venire dal cielo" o "scendere dal cielo" non ha un significato letterale; la manna è un esempio che chiarisce il sinificato di questa espressione. Tuttavia, il Targum parla di Schamchazai e Uzziel che caddero dal cielo. Ciò può essere spiegato così: prima erano in cielo, da cui caddero, ossia prima erano in una condizione e poi persero questa condizione. Però poi dice che "erano sulla terra", il che fa pensare che prima di perdere la dignità fossero in altro luogo. Certamente, ciò non costituisce prova della loro caduta letterale, ma neppure si può affermare con certezza assoluta che il testo parli esclusivamente intemini figurati. In Yalkut Gen. 44 è riportata una tradizione che vedrebbe i due angeli chiedere a Dio di essere spediti sulla terra.

Non è proprio vero che tra gli ebrei di Giudea nel I secolo non esistevano correnti che erano influenzate dall'angeologia e credevano nell'esistenza degli angeli. Gli esseni credevano che gli angeli fossero creature vere e proprie, e anche i farisei erano influenzati da tale dottrina, mentre i sadducei la rifiutavano.

https://books.google.it/books?id=Z7Ue5k ... 44&f=false

Detto questo, Pietro e Giuda (6) sembrano decisamente fare riferimento alla tradizione descritta nel Libro di Enoch. Se questo libro godeva di una certa autorità nel I secolo, tanto che ad oggi ancora gli studiosi dibattono se in quel tempo fosse ancora accettato dagli ebrei come canonico, è naturale pensare che avesse una certa influenza. Ma Pietro, poi, cosa sta dicendo? Perché utilizza un riferimento alla tradizione di Enoch sugli angeli? Solo perché vuole spiegare ciò che è scritto ai vv. 9 e 10: “il Signore sa liberare i pii dalla prova e riservare gli ingiusti per la punizione nel giorno del giudizio; e soprattutto quelli che vanno dietro alla carne nei suoi desideri impuri e disprezzano l'autorità.”. Egli utilizza degli esempi famosi, conosciuti da tutti in quel tempo, per sostenere il suo ragionamento. Evidentemente, la storia degli angeli caduti riportata da Enoch era molto popolare.
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Daminagor
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Re: Angeli nelle scritture greche ed ebraiche

Messaggio da Daminagor »

Ciao Antonio, grazie della spiegazione. Immaginavo che qualcosa centrasse con la corrente di pensiero enochica. Dialogando con alcuni ebrei israeliani ho potuto apprendere che oggigiorno la stragrande maggioranza delle correnti di pensiero ebraiche (kabbalah a parte) è d'accordo nell'affermare che non si possono considerare gli angeli come entità personali o dotate di libertà di scelta, proprio in virtù di quel monoteismo assoluto che contraddistingue gli ebrei e che non ammette alcuna entità/messaggero divino come qualcosa che sia in grado di seguire una propria volontà e risulta quindi un postulato insostenibile quello della ribellione angelica. Come forse ti avevo già accennato in una precedente corrispondenza, prevale la visione espressa da Steinsaltz che appunto (per semplificare) identifica i malachim come quella "gamma" di agenti dei quali Dio si può servire per i suoi scopi, includendo quindi forze naturali, eventi atmosferici, leggi della fisica, uomini, ecc. Ma, sempre stando a ciò che mi è stato spiegato, è inacettabile secondo l'ebraismo moderno che un qualunque messaggero possa fare qualcosa di diverso dalla funzione specifica per cui è stato creato o inviato in una determinata situazione, tantomeno ribellarsi. Da ciò si originava il mio dubbio riguardo l'apparente incongruenza con i testi greci.
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bgaluppi
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Re: Angeli nelle scritture greche ed ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Continuando a partire dal tuo ultimo, ci sono altre considerazioni da fare. Ti rispondo appena posso.
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