" ho theos" di Gv. 20:28

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bgaluppi
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Re: " ho theos" di Gv. 20:28

Messaggio da bgaluppi »

Il mio dubbio è legato unicamente alla reazione che uno come Tommaso, incredulo, può aver provato nel vedere colui che era morto vivo di nuovo. In quel momento, proprio perché la conferma della messianicità di Yeshùa giunse con la risurrezione, Tommaso si rende conto che il Messia non può essere che lui. Per questo, in quell'attimo rivelatorio, potrebbe averlo chiamato Dio. Ciò non significa che lo identificasse con Dio. Come noi, di fronte ad un evento straordinario e inaspettato, come ad esempio la manifestazione di un angelo, potremmo dire, presi dallo stupore e dall'emozione incontrollata: "mio Dio!".
chelaveritàtrionfi
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Re: " ho theos" di Gv. 20:28

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Si ma dubito che Tommaso abbia pensato minimamente a chiamare Dio Yeshùa. Ancora incredulo con stupore esclama "mio signore e mio Dio". Oggi si usano espressioni simili nominando anche la madonna
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
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bgaluppi
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Re: " ho theos" di Gv. 20:28

Messaggio da bgaluppi »

Non so, c'è qualcosa che non mi convince ancora. Devo riflettere un momento sulle indicazioni di Gianni. Di una cosa sono sicuro: che Tommaso non pensasse che Yeshùa fosse Dio! Ma non per questo sono ancora convinto che non si riferisse a Yeshùa. Ho bisogno di un attimo di riflessione.
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Gianni
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Re: " ho theos" di Gv. 20:28

Messaggio da Gianni »

Giusto, Jon. Si noti poi che Giovanni non lo chiama Signore. E si trattava di un angelo! Non possiamo pensare che Tommaso facesse più di Giovanni di fronte ad un uomo che in quel momeneto, se pur risuscitato, aveva pure deluso le attese.
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bgaluppi
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Re: " ho theos" di Gv. 20:28

Messaggio da bgaluppi »

Jon ha citato un episodio su cui riflettevo: l'inchinarsi di Giovanni davanti all'angelo, che gli dice che ciò che vede e sente è la parola di Dio. Quell'angelo stava manifestando a Giovanni la volontà di Dio, ed è per questo che Giovanni si prostra. Certamente, Giovanni sapeva bene che quello non era Dio e non doveva essere adorato, però si prostra lo stesso. Perché? Per la grande emozione del momento, in cui la parola di Dio si manifesta a lui tramite un messaggero. Non lo chiama Signore perché non c'era motivo di farlo: non era Dio e non era il Messia. Ma gli apostoli (e non solo loro, cfr. Mt 8:2,6) chiamavano spesso Yeshùa anche con quell'appellativo, in segno di riverenza. I discepoli lo chiamavano Signore (Mt 8:21,25) e quindi non c'è da stupirsi che Tommaso lo chiamasse così.

Tuttavia, propendo finalmente per la conclusione di Naza e Gianni, non tanto per la scritta riportata sulla moneta di allora (che non costituisce prova che quella frase potesse essere anche usata come un'esclamazione), ma perché nella Scrittura si trova spesso il doppio uso di Signore e Dio nella stessa frase, specialmente nei Tehillim [avevo scritto Ketuvim, ma volevo fare riferimento ai Salmi]: “Guarda, rispondimi, o Signore, mio Dio!” (Sl 13:3); “O Signore, Dio mio, io ti celebrerò per sempre.” (Sl 30:12). Nella Torah, il termine Signore (Yahweh) è quasi sempre seguito da Dio (elohim): il Signore mio/tuo/nostro/vostro Dio. Quindi non c'è da stupirsi se Tommaso dice "mio Signore e mio Dio" in un tale momento di meraviglia.
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bgaluppi
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Re: " ho theos" di Gv. 20:28

Messaggio da bgaluppi »

Volevo aggiungere un'analisi del greco, a sostegno della tesi di Naza e Gianni, secondo cui Tommaso si riferisce unicamente a Dio. Spero di non fare errori, nel qual caso Gianni mi corregga. Vediamo il testo:

Ὁ κύριός μου καὶ ὁ θεός μου (ho kúrios mu kai ho theòs mu)

La prima cosa da notare è che sia kúrios che theòs sono preceduti dall'articolo determinativo. Letteralmente "il signore di me e il Dio di me". La presenza dell'articolo ci indica che Tommaso sta parlando de "il Signore" e "il Dio". I due termini possono anche non presentare l'articolo pur riferendosi a Dio. Nel caso di kúrios, può presentare l'articolo in riferimento a Yeshùa (At 1:21, tra i molti casi), ma ciò non vale per theòs; se theòs è preceduto dall'articolo, si riferisce a Dio, il Dio unico.

Alcuni (forse per evitare di ammettere che il testo sta dicendo "il Signore e il Dio" con articolo determinativo, in riferimento all'unico Dio), sostengono che l'articolo davanti ai due nomi è al caso vocativo, il che è un errore, poiché davanti ai nomi al vocativo si dovrebbe usare l'interiezione (o), oppure nulla. Infatti, il vocativo non prende articolo. Questa interiezione compare 17 volte nelle Scritture greche; un caso da citare è At 1:1: ὦ Θεόφιλε (o Theòfile). Inoltre, come anche nel caso dell'esempio appena citato, kúrios appartiene alla seconda declinazione (temi in -o- con nominativo in -oς se maschili) e il suo vocativo è in -ε (κύριε, kúrie), ed è usato 120 volte nelle Scritture Greche, spessissimo in riferimento a Yeshùa. Se fosse al vocativo il testo avrebbe kúrie, non kúrios, e non comparirebbe l'articolo determinativo, ma l'interiezione ὦ, oppure nulla (come accade sempre nelle Scritture Greche nel caso di kurios). Theòs, invece, pur appartenendo alla seconda declinazione (come kúrios), fa eccezione ed ha il vocativo uguale al nominativo (θεός, in -oς). Ma anche in questo caso il nome è al nominativo, poiché è preceduto dall'articolo determinativo ed è assimilabile a ho kúrios; non avrebbe senso, infatti, che theòs fosse al vocativo se kúrios è al nominativo.

Quindi, il testo non presenta un'invocazione, ma un'esclamazione a Dio, il Dio unico e Signore. Alcuni potrebbero utilizzare questa analisi per dire che Tommaso sta affermando che Yeshùa è il Signore e il Dio, e che quindi le sue parole sono un'affermazione. A prescindere dal fatto che ciò contraddirebbe i molti casi in cui la Scrittura afferma che Yeshùa non è Dio, se Tommaso avesse voluto fare un'affermazione e dire che Yeshùa è il suo Signore e il suo Dio, avrebbe dovuto specificarlo, poiché la frase così com'è, senza il verbo, non è un'affermazione con senso compiuto: Ὁ κύριός μου καὶ ὁ θεός μου εἶ σύ (ho kúrios mu kai ho theòs mu ei su, cfr. Eb 1:5: Υἱός μου εἶ σύ, huiòs mu ei su, tu sei mio figlio).
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Gianni
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Re: " ho theos" di Gv. 20:28

Messaggio da Gianni »

Ottima analisi, Antonio! Soprattutto se si aggiunge che il vocativo Θεέ (theè) esiste (è usato in Mt 27:46). Il che conferma pienamente che si trattò di esclamazione di forte stupore e non di invocazione (che, tra l'altro, avrebbe richiesto anche un gesto, come prostrarsi o cadere in ginocchio).
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bgaluppi
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Re: " ho theos" di Gv. 20:28

Messaggio da bgaluppi »

Non sapevo dell'esistenza della forma regolare per theòs. Immagino sia koinè?
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Gianni
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Re: " ho theos" di Gv. 20:28

Messaggio da Gianni »

Sì. Si trova solo nelle Scritture Greche della Bibbia. In latino si ha il fenomeno opposto: dive come vocativo di deus nei classici e deus come vocativo nel latino popolare.
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bgaluppi
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Re: " ho theos" di Gv. 20:28

Messaggio da bgaluppi »

Tuttavia, ho notato che in altri casi l'articolo prefisso al nominativo sembra essere usato come vocativo: Χαῖρε, ὁ βασιλεὺς τῶν Ἰουδαίων (Gv 19:3, cfr. Mt 11:26; Mr 15:34).
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