Matteo 24

chelaveritàtrionfi
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Re: Matteo 24

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Uhm non credo perchè innanzitutto non c'è il dettaglio della discussione che comincia fuori dal tempio e poi continua sul monte degli ulivi. Poi Luca, che vive il periodo in cui l'esercito romano circonda Gerusalemme , riporta questo dettaglio assente negli altri paralleli:

20 Quando vedrete Gerusalemme cir con da ta da eserciti nemici, allora saprete che è ar ri vato il tempo della sua rovina. 21 In quel pe ri o do, quelli che saranno in Giudea scappino sul le colline. Quelli che si troveranno a Ge ru sa lemme fuggano lontano, e quelli fuori città non cerchino di ritornare. 22 Perché quello sarà il tempo del giudizio di Dio e si avvereranno pienamente le parole scritte dagli antichi profeti. 23 Poverette le donne incinte in quei giorni e quelle che avranno i figli piccoli! Perché ci sarà un grande dolore in tutto il paese e l’ira di Dio colpirà questo popolo. 24 Alcuni saranno uccisi brutalmente dalle armi nemiche, altri saranno esiliati o deportati in tutte le nazioni del mondo. Gerusalemme sarà conquistata e calpestata dagli stranieri finché non finirà il periodo del loro trionfo.
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
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bgaluppi
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Re: Matteo 24

Messaggio da bgaluppi »

La descrizione di Gerusalemme circondata da eserciti coincide con ciò che Marco e Matteo riportano con l'immagine della abominazione della desolazione che sta dove non deve stare, nel luogo santo. Ho trovato questa spiegazione di Gianni:
Marco riporta la profezia di Yeshùa circa la distruzione di Gerusalemme con poche e oscure parole, proprie della profezia originaria di Yeshùa. Matteo e Luca, che scrivono dopo che la profezia si è avverata, includono retrospettivamente i dati chiari della profezia avverata. Per Marco si tratta della “abominazione della desolazione posta là dove non deve stare”; come in ogni profezia, i termini sono enigmatici: cosa è questa “abominazione della desolazione”?, e che luogo è mai il posto “dove non deve stare”? Matteo, scrivendo dopo la distruzione del 70 e per gli ebrei usa una terminologia a loro nota tratta da Daniele e perciò ben comprensibile; precisa anche che il “là dove non deve stare” è il “luogo santo” ovvero l’area del Tempio. Luca, che scrive per gli stranieri, è completamente chiaro: Gerusalemme, circondata da eserciti, è prossima alla devastazione.
Ma i racconti, pur presentati in periodi storici, modi e stili diversi, coincidono: 1. l'annuncio delle persecuzioni, 2. la descrizione della rovina di Gerusalemme, 3. l'arrivo del Messia in potenza. Luca ci dice: “1:1 Poiché molti hanno intrapreso a ordinare una narrazione dei fatti che hanno avuto compimento in mezzo a noi, 2 come ce li hanno tramandati quelli che da principio ne furono testimoni oculari e che divennero ministri della Parola, 3 è parso bene anche a me, dopo essermi accuratamente informato di ogni cosa dall'origine, di scrivertene per ordine, illustre Teofilo”.

Il termine tradotto con narrazione è in realtà esposizione. Essendo un medico, era più preciso nel raccontare i dettagli e nell'usare termini precisi; era anche uno storico, quindi la sua narrazione risulta più interessata a ciò che esalta l'aspetto storico, più che teologico. Luca si informò presso molte fonti; queste fonti, ovviamente, dovevano essere testimoni diretti degli eventi (infatti parla di "quelli che furono testimoni", quindi gli apostoli). Ireneo lascia un'importante testimonianza che fa comprendere anche certe differenze: “Marco, discepolo e interprete di Pietro, mise per iscritto ciò che era stato predicato da Pietro. Poi Luca, seguace di Paolo, stese in un libro il vangelo da lui predicato”.

Ma come possono le parole di Lc 21:27,28 riferirsi alla distruzione di Gerusalemme?: “Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole con potenza e gloria grande. 28 Ma quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina”. La liberazione è quella spirituale. Mi pare che, come in Mr e Mt, qui si parli chiaramente della venuta del figlio dell'Uomo, un evento più lontano che Yeshùa può profetizzare ma non posizionare nella storia. Ma quanto lontano? Poteva anche avvenire in quei tempi, dopo la distruzione di Gerusalemme e dopo l'avvenuta predicazione degli apostoli, per quanto ne sapeva Yeshùa.

Paolo, in 1Cor 15:51,52, non sapeva con certezza se sarebbe stato ancora in vita al ritorno del Messia (probabilmente lo sperava): “Ecco, io vi dico un mistero: non tutti morremo, ma tutti saremo trasformati, in un momento, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba. Perché la tromba squillerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo trasformati.”. Stessa cosa in 1Tes 4:15-17: “noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria.”.
chelaveritàtrionfi
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Re: Matteo 24

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

I 3 sinottici riportano gli stessi avvenimenti in maniera progressiva in base a quando furono scritti. Come affermi, Antonio, Luca è preciso ed espone anch'ègli la sua trattazione (come molti, non solo in 3). Egli cerca informazioni da coloro che ne furono testimoni oculari e da altri scritti. Tuttavia dagli stessi testi, anche da altri passi della scrittura, comprendiamo che gli ebrei si aspettavano l'imminente avvento del regno di Dio. Giovanni Battista predica il regno di Dio vicino. Yeshùa dice "il regno di Dio è già in mezzo a voi"(Lc 17.21- nota: questo passo è tradotto anche con "il regno di Dio è dentro di voi"). Ma nel regno di Dio ci si entrava in maniera spirituale
Il Battista non sapeva cosa sarebbe accaduto e come il suo popolo sarebbe stato salvato. Yeshùa espone gli avvenimenti che dovevano accadere a breve ma quanto al giorno e l'ora del Giorno del Signore,la venuta di Yeshùa (inteso come ritorno) e quindi la fine definitiva dell'empietà non era dato di saperlo : " Quanto a quel giorno e a quell'ora, però, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre"(Mt 24:36).
Essendo quindi che ci si aspettava questi avvenimenti a breve (la liberazione ed il regno di Dio sulla terra) , i narratori scrivono fatti veri ma secondo la loro credenza , ovvero che tutto sarebbe capitato nell'immediato. E' vero che anche Luca scrive , come tu riporti:
“Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole con potenza e gloria grande. 28 Ma quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina”
e chiedi:
Ma come possono le parole di Lc 21:27,28 riferirsi alla distruzione di Gerusalemme?
I versetti di Luca dal 10 al 24 riportano indubbiamente la situazione che stava accadendo:
10 Poi disse loro: «Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, 11 e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo. 12 Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. 13 Questo vi darà occasione di render testimonianza. 14 Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15 io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. 16 Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; 17 sarete odiati da tutti per causa del mio nome. 18 Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. 19 Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime.
20 Ma quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, sappiate allora che la sua devastazione è vicina. 21 Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano ai monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli in campagna non tornino in città; 22 saranno infatti giorni di vendetta, perché tutto ciò che è stato scritto si compia.
23 Guai alle donne che sono incinte e allattano in quei giorni, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. 24 Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri tra tutti i popoli; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani siano compiuti.


COme scritto in precedenza, si parla di Gerusalemme, della Giudea, della guerra "ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e condotti prigionieri tra tutti i popoli".
COn la guerra furono disperse circa 97.000 persone ed i morti non si contano.

Nei versetti 16-19 si intuisce che Yeshùa si sta rivolgendo ai discepoli :

16 Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; 17 sarete odiati da tutti per causa del mio nome. 18 Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. 19 Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime.

Da notare che nel versetto 16 sta scritto "alcuni di voi saranno messi a morte" mentre nel versetto 18 "nemmeno un capello del vostro capo perirà".

Nei versetti successivi leggiamo:
25 Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26 mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
27 Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande.
28 Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

29 E disse loro una parabola: «Guardate il fico e tutte le piante; 30 quando già germogliano, guardandoli capite da voi stessi che ormai l'estate è vicina. 31 Così pure, quando voi vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino.

Qui pare che tutto stesse per avvenire li.

Quindi come Luca poteva riferirsi alla distruzione del tempio?
Subito dopo troviamo scritto:

32 In verità vi dico: non passerà questa generazione finché tutto ciò sia avvenuto. 33 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
34 State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; 35 come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. 36 Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo».


Come intendere il tutto allora ? Come fanno le religioni proiettando tutto al futuro addirittura affermando che "questa Generazione" è riferita ad una generazione futura?

Ho una risposta a questo analizzando più a fondo ma andiamo per gradi....

Anticipo solo di analizzare questa frase:

"Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani siano compiuti"
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chelaveritàtrionfi
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Re: Matteo 24

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Prima di continuare la discussione, apro una piccola parentesi. Prendo spunto da uno studio di Gianni "imminenza e ritardo", su apocalisse che trovo interessante(cosa c'entra apocalisse? c'entra perchè è l'ultima rivelazione e tratta avvenimenti passati, presenti dal punto di vista dell'autore e futuri ampliando la conoscenza di ciò che stiamo discutendo):
Il quesito che probabilmente assilla di più i credenti è la domanda: Quando? Quando si avverano le cose predette? Il Regno di Dio non è ancora presente, e questo è un fatto.
il termine “profezia” non ha nella Scrittura il valore che gli viene dato nell’opinione popolare. Il vocabolo greco προφήτης (profètes) indica etimologicamente qualcuno che parla in pubblico, derivando da προ (“prima/davanti”) e dal verbo φημί (femì, “dire/dichiarare”). Non implica necessariamente la previsione del futuro, come i semplici credono. In Tito 1:12 Paolo cita il poeta cretese Epimenide, del 6° secolo a. E. V., e scrive: “Uno dei loro, proprio un loro profeta[προφήτης (profètes)], disse: «I Cretesi sono sempre bugiardi, male bestie, ventri pigri»”. Epimenide non predisse proprio nulla, ma fece una dichiarazione, e quindi Paolo può definirlo “profeta” nel vero senso della parola.
Va rimarcato anche che le profezie bibliche non si rivolgevano unicamente ai contemporanei dei profeti ma andavano oltre coinvolgendo i lettori futuri. Dice Paolo: “Tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra istruzione, affinché mediante la pazienza e la consolazione che ci provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza” (Rm 15:4). Coloro che, con molta fantasia e a volte tramite americanate, trovano in certi eventi storici i presunti adempimenti delle profezie, fraintendono e trascurano del tutto l’attualità permanente della profezia biblica.
La stessa promessa di Yeshùa – “Sì, vengo presto!” – dà questa certezza e, nel contempo, rimuove la possibilità di calcoli cronologici. È in questa trappola del conteggio del tempo che cadono coloro che pretendono di saperne più degli angeli e dello stesso Yeshùa, e contro i quali il Messia fu categorico: “Non spetta a voi di sapere i tempi o i momenti che il Padre ha riservato alla propria autorità” (At 1:7)
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bgaluppi
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Re: Matteo 24

Messaggio da bgaluppi »

Faccio un passo indietro, perché stiamo andando troppo veloci e si rischia di fare confusione. Procediamo in ordine. Secondo me è importante, prima di tutto, aver ben chiaro chi erano gli evangelisti e quali furono le loro fonti.

Marco non fu uno dei 12 discepoli, né tantomeno fu apostolo di Cristo. Luca, come Marco, non fu tra i 12 testimoni oculari. Matteo/Levi, invece, fu uno dei 12 discepoli e apostoli. Questo fatto credo sia di grande importanza. Marco fu un giudeo convertito che visse a contatto con Pietro, di cui raccolse la testimonianza. È importante ricordare che Pietro e Matteo furono tra i 12 inseparabili compagni di Yeshùa, quindi videro e sentirono le stesse cose. Sull'attendibilità della tesi che Pietro fu la fonte del vangelo di Marco le dimostrazioni bibliche sono molte (che adesso tralasciamo); il testo marciano corrisponde alle testimonianze pietrine che abbiamo in Atti e nelle lettere. Ireneo ci lascia anche un'importante indicazione: “Dopo la loro morte [di Pietro e Paolo] Marco, discepolo e interprete di Pietro, ci trasmise per iscritto quanto era stato predicato da Pietro” (Adv. Haer. 3,1,1).

Luca, autore anche degli Atti, fu collaboratore di Paolo e suo compagno di viaggio. Il Frammento Muratoriano riporta il suo nome, e conferma la sua non-apostolicità dicendo che Luca “scrisse in suo proprio nome tutto quello che aveva sentito dire”, il che conferma quanto lo stesso Luca afferma nell'incipit del suo vangelo. Luca probabilmente non era ebreo, ma un gentile convertito, ed era un medico, quindi il più colto tra gli evangelisti; il suo greco è preciso e forbito, secondo soltanto a quello della Lettera agli Ebrei. Le fonti di Luca sono molteplici, orali e scritte, in quanto dovette "informarsi accuratamente su ogni cosa". Tra le orali ci sono 1. una fonte sua propria, da cui trae informazioni che non compaiono negli altri vangeli (es: i discepoli sulla via di Emmaus); 2. Gli apostoli stessi, incluso Paolo, come menzionato nell'incipit del suo vangelo: i fatti “ce li hanno tramandati quelli che da principio ne furono testimoni oculari e che divennero ministri della Parola” (1:2). Sempre nell'incipit, Luca menziona anche molte fonti scritte; tra queste è importante ricordare i lòghia (scritti probabilmente da Matteo) e il vangelo di Marco, già scritto.

Matteo fu testimone diretto di Yeshùa e suo apostolo, quindi vide con i suoi occhi e sentì con le sue orecchie, come Pietro. Per questo motivo, in Matteo sono presenti parti che non compaiono né in Marco né in Luca, probabilmente esperienze sue personali che volle aggiungere. Per questo, anche, Matteo accetta il vangelo di Marco come base, poiché i fatti trasmessi a Marco da Pietro erano conformi a quanto lui stesso aveva osservato e sentito. Tuttavia, Matteo utilizza la fonte marciana ma aggiunge altro materiale. Matteo, insieme a Luca, utilizzò anche i lòghia, i discorsi di Yeshùa, che Marco non utilizzò.

Con questi elementi alla mano, credo che possiamo iniziare a delineare e comprendere le differenze che sussistono tra i tre scritti nel cap. 24. Se procediamo con logica, comprenderemo le varie differenze e potremo fare un tentativo di esegesi. Comincio con la primissima sezione.

“1 Mentre Gesù usciva dal tempio e se ne andava, i suoi discepoli gli si avvicinarono per fargli osservare gli edifici del tempio. 2 Ma egli rispose loro: «Vedete tutte queste cose? Io vi dico in verità: Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sia diroccata». 3 Mentre egli era seduto sul monte degli Ulivi, i discepoli gli si avvicinarono in disparte, dicendo: «Dicci, quando avverranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine dell'età presente?” - Mt 24:1-3

“1 Mentre egli usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che edifici!» 2 Gesù gli disse: «Vedi questi grandi edifici? Non sarà lasciata pietra su pietra che non sia diroccata». 3 Poi, mentre era seduto sul monte degli Ulivi di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea gli domandarono in disparte: 4 «Dicci, quando avverranno queste cose e quale sarà il segno del tempo in cui tutte queste cose staranno per compiersi?” - Mr 13:1-4

“5 Alcuni gli fecero notare come il tempio fosse adorno di belle pietre e di doni votivi, ed egli disse: 6 «Verranno giorni in cui di tutte queste cose che voi ammirate non sarà lasciata pietra su pietra che non sia diroccata». 7 Essi gli domandarono: «Maestro, quando avverranno dunque queste cose? E quale sarà il segno che tutte queste cose stanno per compiersi?” - Lc 21:5-7

Sulla prima parte di questa sezione, i tre sono concordi: Yeshùa e i discepoli stavano nei pressi del Tempio, da cui Yeshùa era appena uscito. Matteo, che si trovava lì, conferma Marco, poiché anche Pietro (sua fonte) si trovava lì. Luca conferma gli altri due ("Alcuni gli fecero notare come il tempio fosse adorno...", quindi erano al Tempio). Quindi Yeshùa e i discepoli si trovavano nei pressi del Tempio. Marco e Matteo, poi, narrano che la scena si sposta sul Monte degli Ulivi, che si trova a ridosso del Tempio. Luca non riporta il particolare del luogo all'inizio della sezione; non essendo testimone oculare, ed avendo redatto il vangelo molto tempo dopo gli accadimenti, è normale pensare che tale dettaglio non gli sia stato riferito. Però, al v. 37, ci offre un particolare che conferma perfettamente la versione di Marco e Matteo: “Di giorno Gesù insegnava nel tempio; poi usciva e passava la notte sul monte detto degli Ulivi.”. L'abitudine di Yeshùa era proprio quella di recarsi al Monte degli Ulivi dopo aver insegnato nel Tempio, e quel giorno fece proprio questo. Naturalmente, non è detto che facesse sempre così, ma era una sua abitudine (in Mt 21:17, uscito dal Tempio se ne andò a Betania). Luca non inserisce l'indicazione sul luogo all'inizio della sezione, come fanno Mr e Mt, ma la conferma alla fine della sezione.

Dunque, Yeshùa e i discepoli si spostano dalla zona del Tempio al Monte degli Ulivi. Non c'è motivo di dubitare di questa cosa, poiché Mr e Mt sono concordi e Lc conferma che Yeshùa era solito insegnare di giorno al Tempio e passare la notte sul Monte. Durante questo breve tragitto, e dopo aver udito che il Tempio sarebbe stato distrutto, i discepoli devono essersi fatti un sacco di domande. Immaginiamoci per un attimo quali pensieri può aver fatto insorgere in un ebreo osservante una tale dichiarazione, specialmente se proveniente da uno che era ritenuto maestro e profeta! È naturale che in quel breve tragitto i discepoli si siano fatti un sacco di domande, ma aspettano il momento opportuno per chiedere spiegazioni, quando Yeshùa avesse raggiunto il Monte degli Ulivi, come d'abitudine; in quel momento, in disparte, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea gli chiedono delucidazioni. Che fossero loro non c'è dubbio: Marco lo asserisce, probabilmente su racconto di Pietro che era uno dei quattro. Matteo non dice che furono quei quattro, forse perché non era uno di loro, ma parla di "discepoli in disparte"; se erano in disparte, non potevano essere tutti i discepoli. Luca, in ordine cronologico diverso, afferma che furono alcuni discepoli a far notare a Yeshùa la bellezza del Tempio.

Ecco delle prime differenze da analizzare. Solo Marco riporta che furono i quattro in disparte a chiedere a Yeshùa altri dettagli; Matteo non riporta i nomi dei quattro ma dice che furono "i discepoli" ad avvicinarsi a Yeshùa in disparte, e aggiunge la domanda sulla sua venuta (che doveva per forza essere la seconda, visto che Yeshùa era già lí) e sulla fine dell'età presente; Luca parla di "alcuni" che iniziano il discorso sul Tempio già dal momento in cui erano presso il Tempio, e dopo riporta semplicemente "essi gli domandarono", cioè gli stessi "alcuni" che avevano parlato prima (quindi non tutti i discepoli, ma solo alcuni, come specifica Marco). Mi sembra che

Dunque, mi pare che la grande differenza in questi primi versetti sia la domanda sulla seconda venuta e la fine dell'età presente, che riporta solo Matteo. Perché la riporta, nonostante non compaia sul testo di Marco? E perché anche Luca non la riporta? È importante capire questo prima di procedere.

Comunque mi piacerebbe proseguire con questo metodo, perché mi porta lì, in mezzo a loro, e credo che ci aiuterà a capire bene. :-)
chelaveritàtrionfi
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Re: Matteo 24

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

In effetti vado molto veloce  :-) ma anche io avevo fatto un passo indietro per ripassare tutto tenendo conto di ciò che viene scritto successivamente.

Ritornando all’analisi dei primi 3 passi mettendo a confronto i 3 vangeli, possiamo effettuare numerevoli osservazioni. Che Luca non riporti il dettaglio del luogo preciso dei due dialoghi è irrilevante non dubbio. Egli non specifica che un pezzo di dialogo è avvenuto fuori dal tempio ed il testo sul monte degli ulivi. Però conferma i due luoghi dei dialoghi. Come dici tu può anche essere che Yeshùa disse soltando quanto scritto. A questo punto mi chiedo come potesse allora riferirsi ad un futuro oltre la distruzione del tempio. Ma questo lo vedremo se riusciamo nel corso della discussione. Abbiamo elencato le differenze dei 3 sinottici. Aggiungo solo alcune cose.

"Vangelo" deriva dalla parola greca ευ-αγγέλιον (eu anghélion), che arriva all'italiano attraverso il latino evangelium e significa letteralmente "lieto annunzio", "buona notizia" quindi ogni vangelo va preso a sé, perché è frutto della riflessione verso una comunità che, vivendo in condizioni particolari, ha bisogno di sentire la Parola del Signore in modo particolare.

Dalle mie ricerche mi risulta che non si trova una versione in aramaico ma è stato composto e tramandato in greco ( da approfondire). Particolarità è che l’autore non parla mai in prima persona; forse, ha posto la sua firma all’interno del testo:
(Mt. 13,52) Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Essendo che gli studiosi sono concordi nell’affermare che il vangelo di Marco è stato redatto per primo (e Marco non era un apostolo e nemmeno testimone oculare) , possiamo notare che il 95% del materiale di Marco si trova anche in Matteo in una trama simile riguardo alla vita e all’attività di Yeshùa. Matteo pare essere una rielaborazione del materiale di Marco secondo la propria linea di pensiero. La sua attenzione è rivolta particolarmente ai “segni” e comincia con la genealogia cosa non presente in Marco. Esiste altro materiale che Matteo ha in comune con Luca, denominata “Fonte Q”, che riguarda principalmente i discorsi di Yeshùa, oltre a materiale esclusivo di Matteo.

Alcuni affermano quindi che il Vangelo di Matteo non è opera di un testimone oculare, ma è il risultato di un lavoro redazionale su materiale proveniente da varie fonti. Sono presenti i cosiddetti “discorsi (lòghia)” probabilmente testi scritti in passato rispetto alla data di composizione e redazione del testo.

Altre particolarità (materiale tratto da ricerca on line):
Matteo suppone la conoscenza di usi e costumi palestinesi:
L’offerta da presentare all’altare (Mt. 5,23).
Le frange rituali dei farisei (Mt. 23,5).
Le varie forme di giuramento (Mt. 5,34-35).
Le abluzioni prima dei pasti (Mt. 15,2).
Il comportamento dei farisei nella preghiera, nel digiuno e nell’elemosina (Mt. 6,1-18).
Il lavoro di sabato nel tempio (Mt. 12,5).
Il pagamento della decima (Mt. 23,23).
L’uso di imbiancare i sepolcri (Mt. 23,27).
La distinzione tra piccoli e grandi comandamenti (Mt. 5,19)

Il periodo di composizione più probabile è uno o due decenni dopo la distruzione di Gerusalemme; intorno agli anni 80 o 90. Matteo ricorda la diffusione della fama di Yeshùa in Siria (Mt. 4,24), notizia assente in Marco
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Re: Matteo 24

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Ma le parole scritte dagli evangelisti sono esattamente quelle dette da Yeshùa per filo e per segno? Oppure gli eventi descritti nel dettaglio sono precisi? Dall'analisi dei vangeli si notano delle differenze nei racconti. Ad esempio nei 3 sinottici si possono notare le differenze descritte anche a partire dai primi versetti.

Matteo scrive:
[1] Mentre Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio.

Marco scrive:
[1] Mentre usciva dal tempio, un discepolo gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!»

Marco parla di un solo discepolo che si avvicina mentre Matteo di più di un discepolo.

Anche le parole dette da Yeshùa differiscono un pò nei 3 racconti nonostante il senso sia identico. Ad esempio in Marco e Matteo si parla di rumori di guerre senza specificare Gerusalemme circondata dagli eserciti come fa Luca. Ma Yeshùa disse che Gerusalemme sarebbe stata circondata dagli eserciti o fu un'aggiunta di Luca?

Marco parla di "abominio della desolazione" ; Matteo specifica "abominio della desolazione di cui parla il profeta Daniele".
Il riferimento è la profezia delle 70 settanta di Daniele (detta delle settanta settimane) in cui secondo le comune interpretazioni si sta profetizzando la morte del Messia (l'unto senza colpa in lui) , la distruzione di Gerusalemme e del tempio. Quella profezia vigeva da tempi antichi come testimoniano molte scritture. Altre interpretazioni invece riportano l'avverarsi di quella profezia al tempo di Antioco Epifane IV che profanò il tempio e vi pose l'idolo di Giove. Alcuni documenti non parlano di sua distruzione. La distruzione avviene nel 70 ad opera dell'impero romano. Secondo la stessa interpretazione l'unto soppresso sarebbe stato il sommo sacerdote Onia III, trucidato nel 171 a.C. (cfr. 2 Maccabei 4:30-38).

Tuttavia nel I secolo ancora si riteneva quella profezia inadempiuta per cui si presume più veritiera la prima intepretazione , quella classica.

Come vanno intesi allora i passi di Marco, Matteo e Luca?
Fino ad ora l'analisi fa emergere che si sta facendo riferimento alla distruzione del tempio e di Gerusalemme specialmente leggendo i passi di Luca che specificano meglio Gerusalemme circondata dagli esercizi.
La credenza generale era che subito dopo sarebbe tornato Yeshùa e sarebbe stato instaurato il regno di Dio.
Che il regno di Dio futuro venga restaurato è indubbio perchè anche altre scritture lo affermano come Daniele capitolo 12 oppure il capitolo conclusivo di Zaccaria:

Zaccaria 14:1-9 - [1] Ecco, viene un giorno per il Signore; allora le tue spoglie saranno spartite in mezzo a te. [2] Il Signore radunerà tutte le genti contro Gerusalemme per la battaglia; la città sarà presa, le case saccheggiate, le donne violate, una metà della cittadinanza partirà per l'esilio, ma il resto del popolo non sarà strappato dalla città. [3] Il Signore uscirà e combatterà contro quelle nazioni, come quando combatté nel giorno della battaglia. [4] In quel giorno i suoi piedi si poseranno sopra il monte degli Ulivi che sta di fronte a Gerusalemme verso oriente, e il monte degli Ulivi si fenderà in due, da oriente a occidente, formando una valle molto profonda; una metà del monte si ritirerà verso settentrione e l'altra verso mezzogiorno. [5] Sarà ostruita la valle fra i monti, poiché la nuova valle fra i monti giungerà fino ad Asal; sarà ostruita come fu ostruita durante il terremoto, avvenuto al tempo di Ozia re di Giuda. Verrà allora il Signore mio Dio e con lui tutti i suoi santi. [6] In quel giorno, non vi sarà né luce né freddo, né gelo: [7] sarà un unico giorno, il Signore lo conosce; non ci sarà né giorno né notte; verso sera risplenderà la luce. [8] In quel giorno acque vive sgorgheranno da Gerusalemme e scenderanno parte verso il mare orientale, parte verso il Mar Mediterraneo, sempre, estate e inverno. [9] Il Signore sarà re di tutta la terra e ci sarà il Signore soltanto, e soltanto il suo nome.


Gli evangelisti parlano della sua imminenza invece in quel tempo(???) . Tutti e 3 riportano "non passerà questa generazione finché tutto ciò sia avvenuto".

Per “generazione” (greco γενεά), si intende un determinato periodo di anni.
Nel libro di Giobbe abbiamo che una generazione è di 35 anni perchè si legge che Giobbe visse 140 anni vedendo 4 generazioni di figli e figlie. A questo dobbiamo associare Mt 1,17 in cui si scrive che le generazione da Yeshùa a Babilonia furono 14, come 14 furono quelle da Babilonia a Davide.
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
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bgaluppi
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Re: Matteo 24

Messaggio da bgaluppi »

Giuste osservazioni, Naza, che saranno utili nella discussione. Sulle differenze ho già scritto quello che penso, evidenziandole a colori nel testo della prima sezione. Per quanto riguarda le differenze narrative, i vangeli furono redatti a distanza di decine di anni e da persone diverse, che scrivevano con le loro capacità e personalità guidati dallo spirito; ed è anche comprensibile come certi dettagli potessero venir meno o essere trascurati in favore di altri, a seconda di chi scriveva. Marco, ad esempio, sembra ricordarsi addirittura i discepoli che fecero a Yeshùa quelle domande sulla distruzione del Tempio (Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea): il suo vangelo fu redatto circa solo venti anni dopo la morte di Yeshùa, e in più Marco, in quegli anni, stette a contatto con Pietro, sua fonte, che era uno dei quattro. Inoltre, c'è da considerare che gli agiografi parlavano ad interlocutori diversi e quindi adottarono impostazioni diverse nella redazione del testo, ognuno dando più rilevanza a certi aspetti e tralasciandone altri. Ciò che conta, più che i dettagli, è il messaggio: Yeshùa afferma che il Tempio sarebbe stato distrutto e i discepoli gli chiedono quando sarebbero avvenute quelle cose.

Ciò che salta all'occhio è quella domanda sulla sua venuta e sulla fine dell'era presente, che riporta solo Matteo. Pur riportandola solo Matteo, in tutti e tre i vangeli Yeshùa parla della sua venuta, il che ci porta a fare delle considerazioni.

Dopo la notizia sulla distruzione del Tempio, probabilmente i discepoli si chiesero anche quando il Messia sarebbe venuto a liberare il popolo di Israele, come predetto nella Scrittura. Il Messia era atteso con fervore in quell'epoca; se il Messia doveva venire a liberare il suo popolo, perché mai il Tempio avrebbe dovuto essere distrutto? Essi non conoscevano ancora il piano di Dio e non sapevano nulla dell'edificazione del tempio spirituale, né dell'apertura del regno dei Cieli agli stranieri; i discepoli, da ebrei, si aspettavano proprio in quel periodo un Messia che avrebbe liberato fisicamente Israele, e per nulla si aspettavano la distruzione del Tempio, evento che sembrerebbe preannunciare un'oppressione, più che una liberazione.

Quindi, certamente parlarono tra di loro facendosi domande, e Yeshùa, sentendoli, decise di informarli sul futuro e far loro capire che la distruzione di Gerusalemme e le future persecuzioni non avrebbero avuto nulla a che vedere con la sua venuta e la fine dell'età presente. Per questo afferma che "tutte quelle cose" (quelle relative alla distruzione della città e alle persecuzioni) sarebbero avvenute nella loro generazione, ma affermò anche di non conoscere affatto il momento della sua venuta. Ora, riflettiamo bene su questa cosa: Yeshùa dice che “quanto a quel giorno e a quell'ora nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo”. Se non sapeva quando sarebbe venuto, non poteva allo stesso tempo garantire che ciò sarebbe accaduto in quella generazione; quindi, le cose che dovevano accadere in quella generazione erano la distruzione di Gerusalemme e la grande tribolazione.

Credo non sia sbagliato ipotizzare che Matteo si sia basato sul testo di Marco e abbia aggiunto la domanda sulla venuta e la fine dell'età presente per dare più senso alle parole di Yeshùa che seguono, essendo anche particolarmente interessato a mettere in rilievo la sua messianicità. Credo anche che sia plausibile ipotizzare che quella domanda l'avesse posta proprio lui a Yeshùa, e per questo l'ha inserita, come suo materiale personale. Luca, invece, riporta i fatti come gli furono riferiti da terzi. Tutto ciò sono ipotesi, naturalmente, ma credo molto probabili.

Quello che i tre vangeli hanno in comune in questa sezione sono le parole di Yeshùa, che pur presentano comprensibili differenze dettate dal diverso momento storico in cui furono redatti e dalla diversità degli autori, come abbiamo già detto. Le parole di Yeshùa sulla sua venuta possono originare da una difficoltà di comprensione da parte dei discepoli, che, in un periodo di forte attesa messianica, non si aspettavano di sentire che il Tempio sarebbe stato distrutto. Allora li avverte sugli eventi a venire e rivela loro che l'ora e il giorno della sua venuta non sono prevedibili, e che ci sarebbero stati falsi sedicenti messia, dai quali non avrebbero dovuto farsi ingannare.

Luca aggiunge dettagli perché le sue fonti furono molte, e descrive chiaramente la situazione di Gerusalemme perché quando redasse il testo era già stata distrutta; si sofferma, dunque, su Gerusalemme e sulle persecuzioni, avendole già viste, più che sulla seconda venuta (anche se ne fa menzione, conformemente a Mr e Mt).

Matteo sceglie di dare peso anche alla seconda venuta, essendo una sua caratteristica quella di esaltare il Messia, e inserisce la domanda nel testo. È possibile anche ipotizzare che quella domanda l'avesse fatta proprio lui.

Marco riporta i fatti probabilmente come gli furono riferiti da Pietro, il che è riscontrabile nel dettaglio dei quattro discepoli, di cui Pietro faceva parte.

Detto questo, continuo con i versetti seguenti.
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bgaluppi
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Re: Matteo 24

Messaggio da bgaluppi »

“5 Gesù cominciò a dir loro: «Guardate che nessuno v'inganni! 6 Molti verranno nel mio nome, dicendo: "Sono io"; e ne inganneranno molti. 7 Quando udrete guerre e rumori di guerre, non vi turbate; è necessario che ciò avvenga, ma non sarà ancora la fine. 8 Perché insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti in vari luoghi; vi saranno carestie. Queste cose saranno un principio di dolori.” — Mr 13:5-8

“4 Gesù rispose loro: «Guardate che nessuno vi seduca. 5 Poiché molti verranno nel mio nome, dicendo: "Io sono il Cristo". E ne sedurranno molti. 6 Voi udrete parlare di guerre e di rumori di guerre; guardate di non turbarvi, infatti bisogna che questo avvenga, ma non sarà ancora la fine. 7 Perché insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno; ci saranno carestie e terremoti in vari luoghi; 8 ma tutto questo non sarà che principio di dolori.” — Mt 24:4-8

“8 Egli disse: «Guardate di non farvi ingannare; perché molti verranno in nome mio, dicendo: "Sono io"; e: "Il tempo è vicino". Non andate dietro a loro. 9 Quando sentirete parlare di guerre e di sommosse, non siate spaventati; perché bisogna che queste cose avvengano prima; ma la fine non verrà subito». 10 Allora disse loro: «Insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno; 11 vi saranno grandi terremoti, e in vari luoghi pestilenze e carestie; vi saranno fenomeni spaventosi e grandi segni dal cielo.»” — Lc 21:8-11

Questa parte è perfettamente corrispondente in tutti e tre i sinottici, con piccole differenze irrilevanti. Mr e Mt sono praticamente identici, mentre Lc aggiunge al v. 11 “fenomeni spaventosi e grandi segni dal cielo”, che riporta anche ai vv. 25 e 26 in riferimento alla venuta del Figlio dell'Uomo. Mr parla dei segni solo in riferimento alla venuta del Figlio dell'Uomo ai vv. 24,25 e Mt fa lo stesso al v. 29.

Questo linguaggio è tipico dello stile apocalittico e non deve essere preso alla lettera; le sommosse e i rumori di guerre, gli sconvolgimenti cosmici, le pestilenze, sono tutte immagini utilizzate dagli apocalittici, e anche dai profeti, per simboleggiare l'intervento divino nella storia. Persino gli Oracoli Sibillini ne fanno uso. 4Esd 9:3 parla di “sommovimento dei paesi” e di “tumulto dei popoli” (che vengono erroneamente tradotti nei vangeli con "terremoti"). Questo linguaggio compare anche negli apocrifi (cfr. 1Enoc 18:13-16; 46:7). In Dn 8:10 leggiamo “fece cadere a terra una parte di quell'esercito e delle stelle, e le calpestò”, come in Ap 6:13, in cui le stelle simboleggiano sia uomini che angeli (cfr. 1Enoch 18:13-16; 46:7).

Questa descrizione in stile apocalittico biblico non deve essere vista come una profezia riguardante la fine del mondo. Infatti, i sinottici, dopo queste descrizioni, specificano che sarebbero seguite le persecuzioni. Mr e Mt chiariscono anche che quegli sconvolgimenti sarebbero necessariamente avvenuti (come una punizione di Dio, che interviene nella storia) ma che non sarebbe ancora arrivata la fine (Mr 13:7; Mt 24:6; Lc 21:9) e il vangelo sarebbe stato predicato prima a tutte le genti (Mr 13:10; Mt 24:14; Lc 21:13).

Dunque, siamo ancora nel primo secolo, e nessuna stella cade dal cielo, nessuna potenza del cielo viene scrollata in senso letterale, come credono molti esegeti religiosi che interpretano alla lettera. Quegli eventi sono il preludio alla "grande tribolazione", che avverrà in seguito alla "abominazione nel luogo santo", di cui parleremo.
chelaveritàtrionfi
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Re: Matteo 24

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Sto riflettendo sul "subito dopo" . In altre parti della scrittura dopo una persecuzione pare fare riferimento (per definire un periodo di pace)al tempo della resurrezione come in Daniele capitolo 12.
A volte la profezia (intesa come parlare davanti, annunciare eventi) serve al popolo contemporaneo ma la sua valenza può essere anche a posteriori finchè non avverrà proprio come predetta.
Alla fine quando una persona muore è come se subito dopo ci sarà la risurrezione.
L'analisi oggettiva dei vangeli sul tema porta alla distruzione del tempio ... ma in mezzo alle risposte si intravede una profezia sul futuro riguardante la restaurazione del regno di Dio sulla terra.

Sull'abominio della desolazione ho scritto qualcosa qualche post fa.
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
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