Il lògos dell’incipit del Vangelo di Giovanni

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Gianni
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Re: Rispetto al Logos

Messaggio da Gianni »

È così che l'intendono loro, perché vogliono vedere nella “parola” Yeshùa.
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Maryam Bat Hagar
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Re: Rispetto al Logos

Messaggio da Maryam Bat Hagar »

pace a voi .ne approfitto dato che Bruno ha aperto la discussione :D :D :molti studiosi definiscono(a torto secondo me)il vangelo di Giovanni come "essenzialmente indirizzato ai pagani".in sostanza lo fanno in virtu del concetto errato che hanno del Logos?perche nn riesco proprio a vedere altri elementi a cui essi possano "aggrapparsi".
il nostro nemico non è né l'ebreo né il cristiano
il nostro nemico è la nostra stessa ignoranza

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Gianni
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Re: Rispetto al Logos

Messaggio da Gianni »

Alcuni critici pensano che l’autore di Gv fosse un ellenista, e quindi ben distinto dall’apostolo Giovanni. All’inizio del 20° secolo alcuni studiosi (come A. Deissmann e J. H. Moulton) sostennero che la lingua di Gv era semplicemente il greco parlato, proprio della koinè o lingua comune; secondo loro lo stile giovanneo non era affatto semitico. Occorre quindi esaminare la lingua di quello che oggi compare come quarto Vangelo nelle nostre Bibbie. L’esame potrebbe risultare forse tedioso, ma è un esame indispensabile se si vuole accertare la personalità dell’autore di Gv.
Studi molto approfonditi hanno dimostrato che non solo Gv, ma anche gli altri tre Vangeli furono di origine ebraica-aramaica e poi tradotti in greco. Esaminiamo dunque le ragioni che dimostrano l’origine aramaica di Gv.
1. ASINDETO. L’asindeto è la mancanza di collegamento. In Gv non si trovano affatto le usuali congiunzioni greche come γάρ (gar, “infatti”), οὖν (un, “dunque”), δή (dè, “allora”). Queste sono congiunzioni comunissime nel greco parlato o koinè, eppure Gv non le usa. Come mai? Nella lingua aramaica esse sono del tutto mancanti.
2. PAROLE ARAMAICHE TRASLITTERATE IN GRECO. In Gv si trovano molte parole aramaiche/ebraiche ma scritte in caratteri greci. Esempi (caratteri greci; caratteri aramaici; caratteri latini):
• Gabbatà (Gv 19:13). Γαββαθά - גבתא – Gabbathà.
• Golgota (Gv 19:17). Γολγοθά - גלגתא - Golgothà.
• Messia (Gv 1:41). Μεσσίαν - משיח – Messìan.
• Siloe (Gv 9:7). Σιλωάμ - שלח – Siloàm.
• Tommaso (Gv 11:16). Θωμάς - תומא – Thomàs.
• Cefa (Gv 1:42). Κηφάς - כפא – Kefàs.
• Rabbì (Gv 1:38). Ῥαββεί - רבי – Rabbèi.
• Rabbuni (Gv 20:16). Ῥαββουνεί - רבוני – Rabbunèi.
3. PARATASSI. Vi è in Gv l’uso della paratassi, vale a dire di frasi concatenate con la congiunzione “e”. Come, ad esempio, in Gv 9:6,7 (Did): “Sputò in terra, e fece del loto con lo sputo, e ne impiastrò gli occhi del cieco. E gli disse […]”. Si veda, per un altro esempio, Gv 17:10,11 (Did): “E tutte le cose mie sono tue, e le cose tue sono mie; ed io sono in essi glorificato. Ed io non sono più nel mondo”.
4. ESPRESSIONI SEMITICHE. In Gv si notano diverse espressioni semitiche.
Una è “vieni e vedi”, che era una forma abituale presso i rabbini. “Venite, e vedrete” (1:39); “Venite a vedere”. - 4:29.
Un’altra è “vedere” con il significato di gustare o fare esperienza. “Se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio” (3:3); “Chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita”. - 1:36.
Altra espressione semitica è “rispondere e dire” con il senso di prendere la parola. “Rispondendo, i giudei gli dissero […]” (2:18,TNM); se si leggono i versetti precedenti si nota che Yeshùa non aveva posto proprio nessuna domanda a cui i giudei dovessero rispondere; qui “rispondere” non ha il significato che ha nel nostro uso occidentale, ma fa parte di un’espressione semitica (“rispondere e dire”) che, nel nostro modo di esprimerci, significa “prendere la parola”. “Gesù rispose loro […]” (5:17); anche qui non c’è nessuna domanda precedente cui rispondere come gli occidentali intenderebbero; il verbo “dire” è sottinteso.
Altra espressione tipica semitica è “entrare e uscire” nel senso di andare e venire liberamente. “Io sono la porta; se uno entra per me, sarà salvato, entrerà e uscirà, e troverà pastura”. - 10:9.
Semitico è l’uso del verbo “camminare” con il senso di condursi moralmente. “Chi mi segue non camminerà nelle tenebre”. - 8:12.
“Mano” nel senso di potere è un altro semitismo. “Il Padre ama il Figlio, e gli ha dato ogni cosa in mano” (3:35); “Non periranno mai e nessuno le rapirà dalla mia mano” (10:28); “Essi cercavano nuovamente di arrestarlo; ma egli sfuggì loro dalle mani [nel testo “dalla mano”, al singolare: ἐκ τῆς χειρὸς (ek tes cheiròs)]”. - 10:39.
“Mettere nel cuore” è un modo di dire semitico che significa ispirare o indurre. “Il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo”. - 13:2.
“Seme” (letteralmente “sperma”) viene usato nel dire semitico al posto di discendenza. “Il Cristo viene dalla progenie [nel testo greco ἐκ τοῦ σπέρματος (ek tu spèrmatos), “dallo sperma”] di Davide” (7:42, TNM); “Noi siamo progenie di Abraamo [nel testo originale Σπέρμα Ἀβραάμ (sperma Abraàm), “sperma di Abraamo]”. - 8:33, TNM; stessa espressione al v. 37.
5. COSTRUZIONI SEMITICHE. Costruzioni tipicamente semitiche.
a) Richiamo del pronome. “Colui che viene dietro di me, ma a cui io non sono degno di sciogliere il legaccio del sandalo” (1:27,TNM). Questa traduzione, adattata ad una lingua occidentale (qui l’italiano), traduce il greco che ha letteralmente:

ὀπίσω μου ἐρχόμενος οὗ οὐκ εἰμὶ [ἐγὼ] ἄξιος ἵνα λύσω αὐτοῦ τὸν ἱμάντα τοῦ ὑποδήματος
opìso mu erchòmenos u uk eimì [egò] àcsios ìna lΰso autù ton imànta tu üpodèmatos
il dopo di me veniente di cui non sono degno che sciolgo di lui il laccio del sandalo

Questa costruzione sarebbe scorretta in greco (e in italiano!), ma ha senso in ebraico. I semiti, infatti, introducono le proposizioni relative con la parola אשר (ashèr), “che”, fatta seguire poi da un pronome. Nel nostro caso:

οὗ [(u); ebraico אשר (ashèr); “che”] . . . αὐτοῦ [(autù); ebraico יו (yu); “di lui”]

Ciò è confermato dalla ricostruzione del testo ebraico, come si nota in qualsiasi traduzione in ebraico del Vangelo di Giovanni. Si veda, ad esempio, l’edizione stampata in Israele editata da The British and Foreign Bible Society, Israel Agency.
6. CASO PENDENTE. Si tratta di un semitismo in cui una frase è ripresa in modo rafforzativo da un pronome personale. In Gv ci sono 28 di questi casi. Un esempio: “A quanti l’hanno ricevuto ha dato l’autorità di divenire figli di Dio” (1:12, TNM). Questa è una traduzione in buon italiano, ma il testo greco (che tradisce la costruzione semitica) ha letteralmente: “Quelli che hanno ricevuto lui, ha dato a loro” (ὅσοι δὲ ἔλαβον αὐτόν ἔδωκεν αὐτοῖς, òsoi de èlabon autòn èdoken autòis).
7. TERZA PERSONA PLURALE PER L’IMPERSONALE. “Si raccolgono questi tralci e si lanciano nel fuoco” (15:6, TNM). In italiano è perfetto (a parte il “lanciare” anziché buttare). “Si raccolgono” e “si lanciano”. Chi li raccoglie? Chi li lancia? Chiunque. È il verbo all’impersonale. Ma un semita non dice così. Usa la terza persona plurale: essi, loro. Il greco (che tradisce anche qui la costruzione semitica) ha letteralmente: “Raccolgono quelli e nel fuoco buttano” (συνάγουσιν αὐτὰ καὶ εἰς τὸ πῦρ βάλλουσιν, sünàgusin autà kài èis to pür bàllusin). Questa costruzione è tuttora usata nell’ebraico moderno. Il nostro “si dice” sarebbe strasformato da un israeliano in “dicono” o, meglio, “dicenti” (omrìm). 8. L’USO DI ἵνα (ÌNA) COME SE FOSSE IL ד (D) ARAMAICO, impiegato come pronome relativo indeclinabile, come congiunzione e come segno del genitivo. “Questo è il pane che scende dal cielo, affinché chiunque ne mangi e non muoia” (6:50,TNM). Si è cercato di metterlo in italiano meglio che si poteva, tuttavia quell’“affinché” stride, stona, è estraneo alla frase (e si sente). Il greco ha infatti ἵνα (ìna), che è un “che”. Ma tradurre “questo è il pane che scende dal cielo, che chiunque ne mangi e non muoia” sarebbe, in italiano, ancora peggio. Il fatto è che è un semitismo che ha trovato difficoltà di traduzione in greco (e da qui la nostra difficoltà a tradurre quel greco). Casi simili si riscontrano anche in 14:16 e in 16:2.
9. GIOCHI DI PAROLE. In Gv ci sono giochi di parole che creano dei veri e propri aforismi (in aramaico), ma che vengono completamente persi nel greco. “Chiunque opera il peccato è schiavo del peccato” (8:34, TNM); in aramaico suona: “Chiunque commette [abèd] peccato è schiavo [abd] del peccato”. “Questa mia gioia è stata perciò resa piena [kelàl]. Egli deve continuare a crescere, ma io devo continuare a diminuire [qelàl]”. - 3:29,30, TNM.
10. PARALLELISMO TIPICO DEGLI EBREI. Infine, in Gv si rinviene abbondantemente il parallelismo semitico che presenta un concetto e poi lo ripete subito dopo in altra forma. Anzi, appare addirittura nel presentare prima un concetto affermativo e poi nel ripresentarlo subito in forma negativa: “Egli confessò e non negò”. - 1:20, TNM.

Va comunque detto che la lingua di Gv – anche se non è classica ed è ricca di semitismi – è chiara, semplice e vigorosa. Vi appaiono anche frasi brevissime ma vivide: “Yeshùa pianse” (11:35); “Ed era di notte” (13:30); “Ora Barabba era un ladrone [il greco ha λῃστής (lestès), “bandito”]”. – 18:40.
Dopo tutto questo esame si può concludere con sicurezza che l’autore di Gv era un semita che pensava in aramaico pur scrivendo in greco.
Tutto questo si accorda bene con il fatto che l’apostolo Giovanni, pur scrivendo il suo Vangelo a Efeso dove si parlava greco, di fatto crebbe in Palestina in un ambiente prettamente ebraico.
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Antonino
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prologo Giovanneo (Gv 1:1)

Messaggio da Antonino »

ενG1722 αρχηG746 ηνG1510.7.3 οG3588 λογοςG3056 καιG2532 οG3588 λογοςG3056 ηνG1510.7.3 προςG4314 τονG3588 θεονG2316 καιG2532 θεοςG2316 ηνG1510.7.3 οG3588 λογοςG3056 (Gio 1:1 ABP-G+)

in origine era il verbo e il verbo era con “il Dio” e Dio era il verbo ……………

Vorrei sottoporre all’attenzione del Forum un quesito:
Leggendo dal greco: ο (il) λογος(Verbo) ην(era) προς(con) τον(il) θεον(Dio)
Questa è la traduzione che tutti quanti conosciamo e che ci è stata consegnata dalla storia! Volendo fare una congettura.
Sappiamo che la parola “προς” in base alle parole seguenti, assume un valore diverso.
Per esempio:
1. con accusativo: a, verso, con, per quanto riguarda, al vantaggio di
2. con dativo: vicino, accanto
3. con genitivo: da, per
L traduzione in nostro possesso ha: τον(il) θεον(Dio) all’accusativo quindi è correttamente tradotta la parola “προς”(con).
Ma. Se volessimo ammettere un errore: “τον θεον” all’accusativo, sarebbe stato trascritto al genitivo “του θεου”. La nostra bella traduzione assumerebbe un aspetto nuovo!
ενα(in) ρχη(origine) ην(era) ο(il) λογος(verbo) και(e) ο(il) λογος(verbo) ην(era) προς(di) του (genitivo il) θεου(genitivo Dio) και(e) θεος(Dio) ην(era) ο(il) λογος(verbo).
La nostra bella traduzione assumerebbe questo aspetto:
In origine era il verbo. Il verbo era di Dio, Dio stesso era il verbo……..(Giovanni 1:1)
Vi chiedo: Potrebbe essere possibile che nella trascrizione del prologo Giovanneo il termine “του θεου” al caso genitivo, sia stato per errore trascritto all’accusativo “τον θεον”, vista la grande somiglianza?
Sapendo che il contenuto cambia enormemente e che nel caso genitivo abbia molta più assonanza con il resto delle scritture. Voi cosa ne pensate?
Shalom
Lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare!
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Enigma
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Re: prologo Giovanneo (Gv 1:1)

Messaggio da Enigma »

Salvelox Antonino beddo, beddo. :D
Vedi che se continuiamo ad aggiungere ipotesi di errore a ogni rigo della Bibbia altro che verità, mi sa che alla fine la Bibbia resta tutta una menzogna. :mrgreen:

Messo lo scherzo da parte, ti dico il mio parere.

Penso che sia azzardata l’ipotesi dell’errore, perché se fosse per come dici, allora l' errore si ripete per due volte. Infatti, se leggiamo il verso successivo, notiamo che continua con l’accusativo.

οὗτος (essa) ἦν (era) ἐν (nel) ἀρχῇ (principio) πρὸς (con) τὸν (il) θεόν (dio).

Messo in italiano si legge: Essa (la parola o verbo) era in principio con Dio (accusativo)

Ora, la presenza di un errore ci può anche stare, ma quante probabilità abbiamo che un errore possa ripetersi nella stessa frase? Quindi, sono del parere che è molto improbabile che il copista abbia commesso per due volte di seguito lo stesso errore. :)
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Gianni
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Re: prologo Giovanneo (Gv 1:1)

Messaggio da Gianni »

Caro Antonino, molto interessante (e intelligente) la tua osservazione.
Per scrupolo sono andato a controllare i testi critici e non ho trovato neppure un manoscritto che riporti il genitivo. Mentre sfogliavo i testi, sapevo già tuttavia la risposta. La tua domanda, interessante e intelligente, è formulata con logica occidentale. Occorre però tener conto che Giovanni, così come tutti gli agiografi delle Scritture Greche, scrivevano sì in greco ma pensavano in ebraico. Pensare a una parola di Dio è un concetto astratto che vanificherebbe il senso profondo dell’incipit giovanneo. Ciò che Giovanni intende dire è che la parola sapiente di Dio è scesa per sua volontà in un uomo (Yeshùa) così che tutto ciò che avrebbe detto non sarebbero state parole sue ma di Dio. Nella Bibbia la parola sapiente di Dio è personificata in una donna (Pr 8), il che la rende concreta e non astratta. Noi occidentali diremmo parola di Dio, gli ebrei più concretamente dicevano che la parola era presso Dio. In Dt 30:14 si legge: “Questa parola è molto vicina a te; è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica”. Come si nota c’è concretezza. Noi diremmo che la parola divina dovremmo tenerla a mente; gli ebrei biblici dicevano concretamente nella bocca e nel cuore (che è per noi la mente). La LXX greca tradusse usando ἐγγὺς (egghýs), “vicino”. La parola di Dio, riferita a noi, ci è molto vicina e l’abbiamo nella mente (cuore biblico) e nella bocca, esprimendola. Per quanto riguarda Dio stesso, la sua parola è πρός (pros), “verso” lui stesso; si tratta di un accusativo che le grammatiche greche chiamano di relazione, ovvero ‘che riguarda’ Dio. Si potrebbe proprio tradurre così: “In principio era la parola e la parola era per quanto riguarda il Dio, e Dio [stesso] era la parola”.
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Antonino
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Re: prologo Giovanneo (Gv 1:1)

Messaggio da Antonino »

Grazie Enigma! Effettivamente hai ragione.
Grazie anche a Gianni, ottima spiegazione.
Quindi Gianni, come possiamo riportare in italiano comprensibile il passo in questione senza incorrere in svarioni interpretativi?
Lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare!
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Gianni
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Re: prologo Giovanneo (Gv 1:1)

Messaggio da Gianni »

Caro Antonino, la mia traduzione “in principio era la parola e la parola era per quanto riguarda il Dio, e Dio [stesso] era la parola” non era campata in aria. Vediamola insieme:
Ἐν – en, “in”
ἀρχῇ - archè, “principio”
ἦν – en, “era”
ὁ - o, “la” (in verità “il”, perché lògos, “parola”, in greco è maschile)
λόγος, - lògos, “parola” (maschile in greco)
καὶ - kài, “e”
ὁ - o, “la” (in verità “il”, perché lògos, “parola”, in greco è maschile)
λόγος - lògos, “parola” (maschile in greco)
ἦν – en, “era”
πρὸς – pròs*, accusativo di relazione, ovvero ‘che riguarda’
τὸν – tòn, “il”
θεόν, - theòn, “Dio”
καὶ - kài, “e”
θεὸς - theòs, “Dio”
ἦν – en, “era”
ὁ - o, “la” (in verità “il”, perché lògos, “parola”, in greco è maschile)
λόγος. - lògos, “parola” (maschile in greco)
- Gv 1:1.

* πρός (pros): con accusativo: “a / verso / con / per quanto riguarda / al vantaggio di”.
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Antonino
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Re: prologo Giovanneo (Gv 1:1)

Messaggio da Antonino »

No Gianni, lo so che non era campata in aria! Anzi è molto attendibile. Ti chiedevo, visto che comunque non è una frase bella nella forma. Come la si potrebbe rendere presentabile mantenendo il senso della tua traduzione?
Lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare!
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Re: prologo Giovanneo (Gv 1:1)

Messaggio da Gianni »

Antonino ... provaci tu a renderla bene. Hai tutte le capacità per farlo! :-)
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