Miryam fu vergine perpetua?

ארמאנדו אלבנו
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

beh però se dico non ti muovere finchè non te lo dico io non è detto che poi dopo che ti ho dato l'ok tu ti muoverai :)

oppure: non posso guidare finchè non prendo la patente. Significa poi che dopo aver preso la patente guidero' per forza?


Su qualche esempio biblico domani lo metterò.
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Michele
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da Michele »

Infatti, sui 266 versetti che contengono finché, molti indicano un significato diverso
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Gianni
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da Gianni »

Grazie, Michele, per l’autorevole citazione dalla Treccani. Io mi riferivo al “finché” greco, tuttavia – come hai fatto notare – ciò vale anche per l’italiano.

Considerato il pensiero di Armando Albano, che è ha messo in dubbio che il greco ἕως (èos), “finché”, indichi sempre un cambiamento, approfondisco la questione per demolire qualsiasi pretesa cattolica (e di Armando Albano) di sostenere il contrario, sperando di dare nel contempo un esempio di come occorra fare studi approfonditi anziché buttare lì delle affermazioni.

Dalla congiunzione finché (greco ἕως, èos), si può dedurre che è implicitamente supposto che Giuseppe abbia agito, dopo la nascita di Yeshùa, come un vero marito nei riguardi di Miryàm, dandole così la possibilità di partorire altri figli e figlie, che sono appunto i fratelli e le sorelle di Yeshùa ricordati in Mt 13:56,56.
Si può addurre il comando dell’angelo a Giuseppe: “Àlzati, prendi il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e restaci finché [greco ἕως, èos] io non te lo dico” (Mt 2:13). Qui è implicito che, dopo una successiva comunicazione divina, Giuseppe potrà lasciare – come in effetti lasciò – l’Egitto per tornare in patria.

I cattolici, vincolati come sono al dogma della perpetua verginità di Miryàm, non sono però liberi di intendere così il passo mattaico. Devono infatti intendere quel “finché” in modo da escludere l’esistenza di qualsiasi rapporto sessuale tra i due coniugi dopo la nascita di Yeshùa. Questo sono riusciti a fare. O, meglio, hanno tentato di fare. O, meglio ancora, si sono illusi di aver fatto. Si tratta del tentativo di dare a quel “finché” un senso precisivo. Ne nacque così questa versione biblica: “E senza che egli la conoscesse, ella partorì un figlio a cui pose nome Gesù” (Mt 1:25, Sacra Bibbia tradotta dai testi originali, a cura del Pontificio Istituto Biblico di Roma, Firenze, Salani, 1961, pag. 1778). Così anche Robaldo e Tintori.
Si noti intanto che in questa traduzione l’enfasi è posta su Miryàm, che diviene il soggetto della proposizione principale (“ella partorì”), mentre nel greco originale l’enfasi è posta su Giuseppe quale soggetto della proposizione principale (“egli non ebbe rapporti”), mentre Miryàm è il soggetto della proposizione dipendente. Osservato questo, esaminiamo ora questo “finché” alla luce della Bibbia. Prenderemo in considerazione quei passi biblici che gli studiosi cattolici vorrebbero usare a dimostrazione che quel “finché” non va inteso come la grammatica greca lo intende.

“Mikal, figlia di Saul, non ebbe figli fino [greco ἕως, èos, LXX] al giorno della sua morte” (2Sam 6:23, CEI). È semplicemente ridicolo basarsi su questo “finché” (“non ebbe figli finché morì”) per dimostrare che un “finché” non significhi necessariamente un cambio di cose successivo. È infatti ovvio che questa donna non ebbe figli mai: ella morì!

La stessa cosa vale per 2Sam 20:3: “Rimasero così recluse fino [greco ἕως, èos, LXX] al giorno della loro morte, in stato di vedovanza perenne” (CEI). Anche qui è ridicolo dire che l’uso di “finché” dimostra che non necessariamente le cose devono cambiare: come potevano mai cambiare se queste donne rimasero vedove fino alla morte? La morte, anche in questo caso, poneva fine ad ogni possibilità di cambiare le cose.

Stessa cosa per 2Re 15:5: “Il Signore colpì con la lebbra il re, che rimase lebbroso fino [greco ἕως, èos, LXX] al giorno della sua morte” (CEI). Stessa considerazione: come avrebbe mai potuto il re avere l’opportunità di guarire dalla lebbra se morì?

E ancora: “Fino [greco ἕως, èos, LXX] alla morte non rinunzierò alla mia integrità” (Gb 27:5, CEI). E dopo la morte? C’è modo di saperlo? No, dato che Giobbe morì. Oltre che ridicolo, è assurdo sostenere questa specie di “logica grammaticale”.

In tutti questi casi citati dai detti studiosi cattolici, ben diversa sarebbe la situazione se invece di mettere un termine al “finché” con la morte, si fosse stabilito un termine precedente. Se la Scrittura avesse detto, ad esempio, che Mikal non ebbe figli e il re rimase lebbroso finché non erano passati, mettiamo, dieci anni, sarebbe implicito che poi Mikal ebbe figli e il re guarì. La stessa cosa in Matteo: se fosse scritto che ‘Giuseppe non ebbe rapporti coniugali con Miryàm fino alla sua morte’, sapremmo che non li ebbe mai. Ma il testo dice: che “non ebbe con lei rapporti coniugali finché ella non ebbe partorito un figlio”. È implicito, ovvio e scontato che dopo li ebbe.
Occorre riferirsi allora ad altre eventuali prove: quelle precedenti non reggono.

Un altro tentativo viene fatto da questi studiosi cattolici usando l’argomento del “fino ad oggi”. Il “finché” usato con questo senso precisivo non prevedrebbe una variazione futura. Per fare un esempio: la città di Roma sussiste fino ad oggi. Da questo “finché” (fino a) non si può dedurre che Roma non sussisterà anche domani. Vero. Ma neppure si può dedurre che sussisterà. Vediamo comunque gli esempi biblici addotti.

Mt 27:8: “Quel campo fu denominato ‘Campo di sangue’ fino [greco ἕως, èos] al giorno d'oggi” (CEI). Forse continuò a chiamarsi così per molti anni ancora, ma sta di fatto che oggi non si chiama più così. Matteo non poteva sapere quando quel nome sarebbe entrato in disuso, per cui si accontenta di indicare che era chiamato così ancora al suo tempo.

Altro passo: “Questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino [greco ἕως, èos] ad oggi” (Mt 28:15, CEI). Si tratta della diceria del trafugamento del cadavere di Yeshùa divulgata dalle guardie secondo le istruzioni avute dai loro superiori. Questa precisazione di tempo (“fino ad oggi”) esclude di proposito ciò che sarebbe avvenuto dopo di allora, infatti l’autore non lo poteva sapere. Diversa sarebbe stata la situazione se Matteo avesse detto che ‘tale diceria fu divulgata per dieci anni’: avrebbe significato che dopo i dieci anni non sarebbe più stata diffusa. Così, in Mt 1:25, se avessimo trovato: ‘E Giuseppe non ebbe rapporti coniugali con Miryàm fino al giorno d’oggi’, avremmo potuto concludere che il periodo successivo non era preso in considerazione. Ma sta scritto: “finché ella non ebbe partorito un figlio”.

Anche questa classe di passi biblici, quindi, non ha nulla a che fare con il testo di Matteo considerato.
Abbiamo, ora, una classe di passi paralleli a quello di Matteo che fissano un termine preciso e che sono addotti da questi studiosi cattolici. Anche questa classe di passi alla fine va scartata: qui il “finché” indica, infatti, sempre un cambiamento di condizione. Vediamoli.

“Piombano sopra di loro la paura e il terrore; per la potenza del tuo braccio restano immobili come pietra, finché sia passato il tuo popolo, Signore, finché sia passato questo tuo popolo che ti sei acquistato” (Es 15:16, CEI). Ragionamento cattolico: forse che gli egiziani non rimasero morti anche dopo che gli ebrei erano passati attraverso il Mar Rosso? Risposta basata sulla Scrittura: le persone rimaste “immobili come pietra” non sono affatto gli egiziani periti tra i flutti del Mar Rosso che si richiudeva, ma i popoli finitimi o confinanti: edomiti, moabiti, cananei (attraverso i cui territori il popolo di Israele doveva passare per prendere possesso della terra promessa – vv. 14,15); sono essi che per il terrore e lo spavento rimangono muti come pietre fino al passaggio del popolo eletto; dopo tale passaggio cambia la situazione: ormai gli ebrei sono passati e non torneranno, non c’è più nulla da temere e smettono di rimanere “immobili come pietra”.

Altro passo: “Fino al mio arrivo, dèdicati alla lettura, all'esortazione e all'insegnamento” (1Tm 4:13, CEI). Ragionamento cattolico: forse che dopo l’arrivo di Paolo, Timoteo non doveva più dedicarsi alla lettura, all’esortazione e all’insegnamento? Risposta scritturale: la lettura, l’esortazione e l’insegnamento di Timoteo avveniva nelle riunioni pubbliche della comunità o congregazione (vv. 6,11,12,16); è in queste riunioni che – durante l’assenza dell’apostolo Paolo – doveva curare la lettura dei brani biblici e l’insegnamento; è ovvio che al ritorno di Paolo ci sia un cambiamento: la direzione della comunità e l’insegnamento sarebbero di nuovo passate in sua mano; Timoteo è qui solo un supplente che deve ritirarsi al ritorno di Paolo.

Ancora: “I nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi (Sl 122:2, CEI; Sl 123:3 in altre versioni). Argomentazione cattolica: forse che, dopo aver ottenuto misericordia, i nostri occhi si rivolgeranno altrove? Risposta biblica: alzare gli occhi è solo un modo poetico per indicare la richiesta di aiuto a Dio; lo dimostra il paragone: “Come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni; come gli occhi della schiava, alla mano della sua padrona, così i nostri occhi sono rivolti al Signore” (stesso versetto, CEI). È evidente che, ottenuto il favore, gli occhi del servo e della serva non continueranno a guardare alla mano dei loro padroni; così anche i fedeli: una volta ottenuto l’aiuto di Dio non continueranno a chiederlo, non continueranno a ‘rivolgere gli occhi a Dio’ per questo scopo. Anche qui, dunque, cambio di situazione dopo il “finché”.

Altra citazione: “Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele” (Lc 1:80, CEI). Si tratta di Giovanni il battezzatore. Eppure – notano gli studiosi cattolici – anche dopo il periodo indicato egli continuò a vivere in regioni desertiche, tanto che Yeshùa poté dire, parlando di lui: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento?” (Mt 11:7, CEI). Questa volta, a prima vista, sembrerebbe che la citazione sia efficace. Ma per capire il passo occorre metterlo in parallelo con quanto riferito da Luca: “La parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione” (3:2,3, CEI). Secondo Luca, quindi, fu alla chiamata di Dio che Giovanni abbandonò il deserto per frequentare la zona abitata vicino al Giordano (“manifestazione a Israele”). Anche qui un cambiamento di situazione dopo il “finché”. Anche se la regione attorno al Giordano era desertica (di qui la domanda di Yeshùa), essa non era più il deserto originario in cui Giovanni si trovava isolato da ogni contatto col mondo esterno.

Ci sono altri due passi che potrebbero apparire, a una prima lettura, sconcertanti.
Il primo passo è tratto da Matteo. Vi si cita Sl 110:1 e vi si legge: “Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi” (22:44, CEI). Forse che – dicono gli studiosi cattolici – Yeshùa cesserà di regnare dopo la vittoria sui suoi nemici? Il “finché” non indicherebbe quindi un mutamento di situazione. Anche qui il fatto va esaminato non alla luce del nostro ragionamento, ma alla luce della Scrittura. Il fatto è che Yeshùa smetterà davvero di regnare dopo la vittoria finale sui nemici. Lo mostra bene un passo parallelo: “Ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti” (1Cor 15:27,28, CEI). Anche qui il “finché” conserva il suo valore e indica una situazione che verrà meno al termine del periodo indicato.
L’altro passo è quello di Gn 8:7: “Il corvo non tornò più nell’arca finché l’acqua non si fu tutta prosciugata”. Si sta parlando del corvo che Noè fece uscire per controllare se le acque del diluvio si erano ritirate. L’argomentazione sarebbe: dato che il corvo non tornò più, a meno di cadere nel ridicolo, non si può affermare che dopo il “finché” avvenga un cambio di situazione e il corvo ritorni. Se “non tornò più”, vuol dire mai più, anche dopo che le acque si erano ritirate. Che dire? Che lo studioso ha preso un solenne granchio. Il passo citato è preso da una traduzione dalla Vulgata latina. Ma la traduzione è errata. Per dimostrarlo è sufficiente citare l’originale testo latino della Vulgata: “Qui egrediebatur et revertebatur donec siccarentur aquae super terram” (Gn 8:7, Vulgata), che tradotto letteralmente recita: “Esso [il corvo] uscì andando e tornando finché si prosciugarono le acque sulla terra” (CEI). Il senso è molto chiaro: il corvo, non trovando alcun posto dove posarsi (essendo la terra ancora ricoperta dalle acque), si allontanava per poi tornare all’arca (“andando e tornando”) e poggiarsi su di essa. Questo durò “finché si prosciugarono le acque sulla terra”. Ed ecco il mutamento di situazione: dopo il “finché” il corvo non fece più, ovviamente, avanti e indietro.

Dobbiamo dire che non è stato trovato nemmeno un passo biblico a sostegno della perpetua verginità di Miryàm. Nella Bibbia il “finché” indica sempre un mutamento di situazione al termine del periodo indicato. Perché si dovrebbe fare un’eccezione (non provata) nel caso di Giuseppe? Le interpretazioni proposte dai cattolici sono una deformazione del senso biblico: le loro esegesi forzate sono imposte dal dogma cattolico. Dovrebbe essere invece, casomai, la corretta esegesi a imporre il dogma.

Stando alla Scrittura, dobbiamo concludere che dopo il periodo di impurità legale Giuseppe ebbe normali rapporti coniugali con Miryàm. Nel periodo di impurità legale (sette giorni dopo il parto, in caso di nascita di un maschio) erano esclusi i rapporti sessuali (Lv 12:2,5;19:19). Perché mai dopo quel periodo Giuseppe e Miryàm non avrebbero dovuto averne? Erano sposati. Avevano la benedizione di Dio. Erano fedeli alla Legge divina e credevano nelle indicazioni di Dio per i coniugi: “Saranno una stessa carne”. - Gn 2:24.

Con Yeshùa possiamo dire: “Quello dunque che Dio ha unito, l'uomo non lo separi”. - Mt 19:6.
ארמאנדו אלבנו
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

Michele e su 266 versetti ci sono 264 versetti dove il finchè ha il senso che dici tu significa che non è il 100% e fino a quando non c'è il 100% non può essere escluso l'altra ipotesi, sebbene sia un po piu' remota.
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Michele
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da Michele »

In realta, io non ho approfondito, mi sono limitato a fornire il link della Treccani, dove viene spiegato il significato o i significati del termine "finché", e poi ho fatto una ricerca sullo stesso termine, nell'ambito delle scritture. Ed ho infine estrapolato soltanto un dato, che esso compare ben 266 volte nelle scritture, ma non ho ancora letto tutte le 266 citazioni. Quindi non posso nemmeno prendere parte alla disputa. :-)
ארמאנדו אלבנו
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

Caro Gianni

non per fare l'avvocato del papa, difendendo la dottrina cattolica della verginità di Maria, però sto facendo una considerazione generale sul finchè. Peraltro non sono nemmeno cattolico romano perchè essere cattolico romano implica condividere tutte le dottrine della chiesa romana.

Ho letto le tue osservazioni. Hai citato varie scritture spiegandole e devo dire che quelle scritture già le avevo lette e non mi avevano colpite. Però secondo me all'appello mancano due scritture importante, che probabilmente sono più degne di attenzione, che probabilmente e involontariamente ti sono sfuggite nel commentarle.

Comunque vorrei fare una precisazione ad alcune cose che hai scritto. Riporto il tuo scritto: Ci sono altri due passi che potrebbero apparire, a una prima lettura, sconcertanti.
Il primo passo è tratto da Matteo. Vi si cita Sl 110:1 e vi si legge: “Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi” (22:44, CEI). Forse che – dicono gli studiosi cattolici – Yeshùa cesserà di regnare dopo la vittoria sui suoi nemici? Il “finché” non indicherebbe quindi un mutamento di situazione. Anche qui il fatto va esaminato non alla luce del nostro ragionamento, ma alla luce della Scrittura. Il fatto è che Yeshùa smetterà davvero di regnare dopo la vittoria finale sui nemici. Lo mostra bene un passo parallelo: “Ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti” (1Cor 15:27,28, CEI). Anche qui il “finché” conserva il suo valore e indica una situazione che verrà meno al termine del periodo indicato.


Vedi Gianni qua voglio fare la mia osservazione a quello che ho sottolineato in neretto nel tuo commento. Tu dici che Yeshua smetterà davvero di regnare? no non credo che sia cosi:

Luca 1,33

Egli regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine».

Gianni, il sottomettersi di per se non implica necessariamente smettere di regnare. Voglio fare un esempio per farti capire meglio: a casa mia ci sono io e mio padre e io sono sottomesso a mio padre, però entrambi regniamo sulla nostra casa. Eppure sono sottomesso.

Cristo si sottometterà al Padre quando avrà consegnato il regno al Padre una volta che ha distrutto tutti i nemici, morte e satana compresi e questo avverrà alla fine del regno millenario. Però Luca dice che il suo regno non finirà mai. Questo mondo e anche il regno millenario passeranno, ma il suo regno va oltre ancora. Yeshua si sottometterà al Padre, consegnerà il regno al Padre e al tempo stesso regnerà assieme al Padre e ai coeredi per sempre. Dio è il capo di Cristo e Cristo e il capo degli uomini. Come Yeshua è sottomesso al Padre, gli uomini sono sottomessi a Yeshua eppure sta scritto con riguardo ai coeredi di Cristo: Apocalisse 22:5

Non ci sarà più notte; non avranno bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli.

In 1Corinzi 15:25 sta scritto: Poiché bisogna ch'egli regni finché abbia messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi.

Gianni, quando Cristo verrà sulle nubi del cielo avverrà che Cristo farà un bel po di pulizia, ma la sconfitta definitiva della morte e del diavolo è rimandata alla fine del regno millenario. Egli deve regnare FINCHE' abbia messo TUTTI i nemici sotto i piedi e quindi anche la morte e satana e questo avviene alla fine del millennio di pace. Il fatto che Cristo si sottometterà consegnando il regno al Padre alla fine del millennio PERTANTO NON SIGNIFICA CHE CRISTO NON REGNERA' PIU' OLTRE IL MILLENNIO. ANZI LUCA 1,33 DICE CHE VA OLTRE E INSIEME A LUI REGNERANNO ALTRE PERSONE SEPPUR SOTTOMESSE AL MESSIA.

Vediamo il testo greco cosa dice in 1 Corinzi 15,25: δεῖ γὰρ αὐτὸν βασιλεύειν ἄχρι οὗ θῇ πάντας τοὺς ἐχθροὺς ὑπὸ τοὺς πόδας αὐτοῦ.

In 1 Corinzi 15 non è utilizzato ἕως ma è utilizzato ἄχρι, però sembra che dovrebbe esprimere la stessa cosa. Ovviamente San Paolo scriveva in greco, però pensava in ebraico per cui per San Paolo quando scrive che Gesù regna finchè non ha tutti i nemici sotto i piedi, non sta dicendo che dopo poi non regnerà più anche perchè lui da buon ebreo sapeva che il regno del Messia non finirà mai (Daniele 7,14 e Daniele 7,27) e probabilmente conosceva anche, tramite la tradizione orale di allora, il passo che verrà poi messo per iscritto in Luca 1,33 :)


Poi ci sono anche altri due passi biblici che hanno ἕως che non hai commentati perchè ti sono sfuggiti involontariamente. Se me lo chiedi ne possiamo parlare.


Infine tu hai scritto: Stando alla Scrittura, dobbiamo concludere che dopo il periodo di impurità legale Giuseppe ebbe normali rapporti coniugali con Miryàm. Nel periodo di impurità legale (sette giorni dopo il parto, in caso di nascita di un maschio) erano esclusi i rapporti sessuali (Lv 12:2,5;19:19). Perché mai dopo quel periodo Giuseppe e Miryàm non avrebbero dovuto averne? Erano sposati. Avevano la benedizione di Dio. Erano fedeli alla Legge divina e credevano nelle indicazioni di Dio per i coniugi: “Saranno una stessa carne”. - Gn 2:24.

Con Yeshùa possiamo dire: “Quello dunque che Dio ha unito, l'uomo non lo separi”. - Mt 19:6.

Mia osservazione: vedi Gianni, è vero che Dio disse ''andate e moltiplicatevi'' anche perchè se cosi non fosse la razza umana si estinguerebbe. Però qua Dio sta parlando a livello collettivo. Se una coppia umana decide di non avere figli per un qualche valido motivo non sono più sposati? E stanno andando contro la Torah? A livello singolo Dio obbliga a fare figli?
ארמאנדו אלבנו
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

Michele anche se la treccani riportasse esclusivamente che finche implica per forza un cambiamento successivo ciò nemmeno sarebbe una prova perchè la bibbia è stata scritta da ebrei secondo quella mentalità e quella occidentale a volte potrebbe non coincidere con quella orientale, per cui se la treccani dice una cosa non è detta che nella cultura biblica è cosi.

E azzardo ancora: il nuovo testamento è stato scritto da ebrei in greco. Essi scrivevano in greco per entrare in contatto con quella realtà, ma pensavano in ebraico e i greci dovevano fare anche lo sforzo di capire cosa significa quel termine nell'ebraismo. Qui è stato detto che il greco ha due parole distinti per fratelli e cugini. Però davanti a Gesù come parlavano? in greco? non credo. Il redattore del Vangelo riportava fedelmente le parole pronunciate nella realtà in ebraico. Ora se davanti a Gesù dissero la parola fratello in ebraico, e la parola fratello assume varie significati, il compositore del vangelo in greco come doveva poi tradurre quella parola in greco?

Se traduceva cugini in greco ciò faceva intendere che gli ebrei dicevano fratello in senso di cugino. Però nella realtà davanti a Gesù fu usata la parola ebraica fratello. Se invece traduce fratello in greco, la parola greca che sta per cugino, seppur non significando cugino, se interpretata in chiave ebraica quella parola greca può avere anche un significato che va anche oltre il significato grammaticale greco.

Credo che per alcuni vocaboli greci questo sia possibile. Vocaboli che grammaticalmente hanno un certo significato, ma se analizzati in chiave ebraica hanno un significato che va oltre la grammatica greca attestata. Questo perchè i redattori scrivevano in greco, ma pensavano in ebraico. Gli ebrei tradussero in greco per i greci, però i greci dovevano fare anche lo sforzo di calarsi nella mentalità ebraica dello scrittore. Il lettore ebreo invece sapeva già in ebraico che poteva significare un certo termine. Non so se sono stato chiaro.
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Michele
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da Michele »

Per quanto ne so, la lingua greca era addirittura più importante di quella locale, ed è per questo che il Nuovo Testamento è stato scritto in tale lingua. Io non credo che c'erano traduttori, ma erano gli stessi apostoli a scrivere in greco, conoscendolo molto bene. Sul termine "finché", come ho detto già in precedenza, ci sono ben 266 citazioni delle scritture, alle quali si può attingere per capire di cosa si tratta. In realtà, io sono abbastanza neutrale in questa disputa, faccio lo spettatore. Anche perché l'argomento non è proprio del mio massimo interesse.
ארמאנדו אלבנו
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

ma l'esigenza era quella di portare la parola di Dio anche e soprattutto fuori dal contesto ebraico e li serviva il greco. I traduttori poi misero per iscritto in greco quello che Gesù diceva in ebraico e che sentiva dai suoi connazionali in ebraico. All'inizio era tradizione orale e poi fu messo per iscritto. Penso che sia cosi. Però gli scrittori potevano scrivere anche secondo una grammatica e lingua greca, però cmq pensavano in ebraico. Per questo non possiamo affidarci alla treccani, oppure ai significati di una parola solo nella lingua greca e quindi dobbiamo affidarci alla scrittura stessa e ai versetti stessi. La grammatica certo è uno strumento, però da sola basta?

E' possibile che una parola greca se interpretata in ottica ebraica possa assumere un senso che il greco non contiene?
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jwfelix
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da jwfelix »

La CEI, come anche altre traduzioni, evita di tradurre il termine gre-co " " che significa "fino a che", "finché", ecc., per sostenere la dottri-na della verginità perpetua di Maria.

Tale congiunzione unisce due proposizioni, una che evidenzia un periodo di "non conoscenza", ovvero di astinenza, e un'altra che ci dice che Maria "partorì un figlio" (Gesù). " " è una congiunzione temporale che delimita un periodo, indica cioè che è cessato un certo modo di agire o di essere, e nella specificità del caso, la continuità del " " cessa con il partorire. Quindi è certo che Maria fosse vergine al momento dell'inseminazione da parte dello spirito santo e tale restò fino al parto, ma non è credibile che lo sia rimasta dopo. La verginità di Maria è in linea con i Vangeli solo fino al parto, dopo è da Matteo stesso esclusa con la preposi-zione temporale " " che indica la cessazione di un periodo introdu-cendo l'evento del parto. Quindi vergine prima , ma non dopo.

Matteo dice che Giuseppe "non ebbe rapporti con lei finché partorì un figlio" (TNM). Commentando sul significato di questo "finché", la NVB afferma: "fino alla nascita: l'espressione di Mt - intento a dimostrare il con-cepimento verginale di Gesù - non implica, nel linguaggio semitico, che la situazione 'dopo' sia cambiata". Questo porta però ad una contraddizione, in quanto se nella NVB si vuole dimostrare che Matteo è "intento a dimostrare il concepimento verginale di Gesù" e che la situazione dopo non sia cambiata, nella BG si legge il contrario, e cioè: "Il testo non considera il pe-riodo successivo e per sé non afferma la verginità perpetua di Maria…".

A parte tutto questo, nelle Scritture non c'è niente che ci possa far pensare che dopo il parto non sia avvenuto nulla, cioè che Giuseppe e Ma-ria non abbiano mai avuto rapporti sessuali e di conseguenza avuto altri figli, anzi, è vero il contrario. Nessuna profezia vi accennava minimamente, né alcuna esigenza divina lo richiedeva. Così, per sfuggire alla giusta inter-pretazione di Matteo 1:25, alcuni traduttori cattolici hanno ben pensato, come già detto, di falsificare il testo greco evitando di tradurre il "finché".
La CEI fa pensare che Maria partorì una sola volta in vita sua, per-ché distoglie l'attenzione sul futuro eliminando il "finché", mentre altre tra-duzioni, quelle che includono il "finché", non escludono la possibilità che Maria, in seguito, abbia avuto altri figli come in effetti ebbe. A questo punto faccio notare che "Tertulliano parla di figli di Giuseppe e Maria, nati dopo Gesù". (Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento (1991) a cura di L. Coenen, E. Beyreuther e H. Bietenhard – EDB. Pag. 722)

Passi quali Matteo 1:17; 2:9, 13, 15; 5:26; 10:11; 13:30, ecc. indicano che dopo il "finché" cambia qualcosa. Ad esempio, in Matteo 2:13 si legge: "essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: <<Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché () non ti avvertirò; perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo>>. (CEI) Come è implicito il fatto che, dopo l'avvertimento, Giuseppe potrà lasciare – come di fatti lasciò – l'Egitto, così si deve intendere il "finché" di Matteo 1:25. Nella Bibbia il "finché" indica sempre il cambiamento di una situazione. Perché non dovrebbe esserlo nel caso di Maria? Il problema è solo uno: "voler sostenere a tutti i costi che Maria è rimasta vergine anche dopo il matrimonio".
C'è da dire ancora una cosa, che Matteo, e non solo, dice che Gesù fu il primogenito di Maria e che egli ebbe fratellastri e sorellastre. (Matteo 1:25; 12:46-50; 13:55, 56; Marco 3:31-35; Luca 2:7; 8:19-21; Giovanni 2:12) Oltre a ciò colpisce il fatto che "" (figlio) non sia preceduto da alcun articolo, e questo può portare a pensare che egli era uno fra altri figli.

Inoltre, c'è da tenere presente che il Manoscritto Vaticano 1209 (Codice B), il Codice Ephraemi rescriptus (C), il Codice di Freer, (W) e altri ancora aggiungono dopo "figlio" le seguenti parole: "il suo primogenito". La dichiarazione che Gesù era il "primogenito" di Maria, conferma che Giu-seppe e Maria ebbero altri figli.

La NAB in una nota in calce dice: "L'evangelista ribadisce la verginità della madre di Gesù dal momento del suo concepimento alla nascita. Non si occupa qui del periodo che seguì la nascita di Gesù".

Sì, Maria partorì un figlio senza avere rapporti con Giuseppe e senza ombra di dubbio non rimase vergine a vita, ma ebbe altri figli.
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