Miryam fu vergine perpetua?

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bgaluppi
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da bgaluppi »

Grazie Gianni, molto chiaro.
ארמאנדו אלבנו
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

Antonio Bgalupi è vero che il nuovo testamento è stato scritto in greco, però chi scriveva pensava anche in ebraico. Prendiamo ad esempio i traduttori della lxx. Quelli erano ebrei che conoscevano l'ebraico e il greco. Perchè allora a Lot in Genesi 13,8 applicarono la parola ADELFOS se questa parola in greco significa solo fratello carnale? E' evidente che il traduttore traduceva in greco ma pensava in ebraico. Non può essere la stessa cosa pure per gli scrittori del NT?


Jw Felix tu scrivi: Lo stesso discorso di prima Anzi qui ancora meglio in quanto si menzionano anche le sorelle

(Marco 3:31-35) 31 E vennero sua madre e i suoi fratelli, e, mentre stavano di fuori, mandarono dentro a chiamarlo. 32 E una folla era seduta intorno a lui, e gli dissero: “Ecco, tua madre e i tuoi fratelli, di fuori, ti cercano”. 33 Ma rispondendo egli disse loro: “Chi sono mia madre e i miei fratelli?” 34 E avendo guardato in giro verso quelli che gli sedevano attorno in cerchio, disse: “Ecco, mia madre e i miei fratelli! 35 Chiunque fa la volontà di Dio mi è fratello e sorella e madre”.

(Marco 3:31-35) 31 E vennero sua madre e i suoi CUGINI, e, mentre stavano di fuori, mandarono dentro a chiamarlo. 32 E una folla era seduta intorno a lui, e gli dissero: “Ecco, tua madre e i tuoi CUGINI, di fuori, ti cercano”. 33 Ma rispondendo egli disse loro: “Chi sono mia madre e i miei CUGINI?” 34 E avendo guardato in giro verso quelli che gli sedevano attorno in cerchio, disse: “Ecco, mia madre e i miei CUGINI! 35 Chiunque fa la volontà di Dio mi è CUGINO e CUGINA e madre”.

Risposta: io parlo di traduzione in greco. E tu mettendo cugini in greco, e non fratelli in greco, fai vedere come stonano i versetti 33 e 35. LA realtà è che li si parlava ebraico con una parola ebraica che poteva avere più significati. Gesù rispose alla stessa maniera, con la stessa parola ebraica. Perchè Gesù non poteva intendere la parola ebraica come parenti?


Gianni tu chiedi perchè nel vangelo si dovrebbe usare un termine mentre nelle lettere un altro per indicare i cugini o i parenti? Vedi, Gianni, il problema è che i vangeli sono diversi dalle lettere. Nelle lettere sono riportati insegnamenti. Quello è lo scopo della lettera. Nei vangeli è diverso: i vangeli seppur contengono insegnamenti, contengono dei dibattiti tra Gesù e gli altri ebrei e questi avvenivano in ebraico, non in greco, e il traduttore per fare questo è plausibile che cerchi di riportare i dialoghi in maniera più letterale possibile alla realtà. Se Gesù diceva fratelli in ebraico nella realtà, perchè poi il traduttore doveva tradurre cugini in greco se Gesù parlava in ebraico e lo scopo del traduttore è quello di ricostruire il dialogo ebraico nella maniera più reale possibile? Non so se ho ben reso quello che voglio dire. Per le lettere è diverso. Li non c'è lo scopo di riportare più fedelmente possibile dei dialoghi reali in ebraico per cui ci può essere una maggiore elasticità nell'usare le parole greche.
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Gianni
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da Gianni »

Armando Albano, non capisco questa tua insistenza nel voler trasformare in cugini i fratelli e le sorelle carnali di Yeshùa. Comunque, nel risponderti, cerco di seguire il tuo strano ragionamento.

Non so su che base tu possa differenziare le Lettere dai Vangeli. Le une e gli altri usano lo stesso linguaggio e la stessa lingua. Non puoi asserire una presunta elasticità nel riportare i dialoghi nelle Lettere. Anzi, un serio esame dei testi ti dà torto. Se c’è elasticità, questa appartiene casomai proprio ai Vangeli. Prova a confrontare gli stessi dialoghi nei sinottici e te ne renderai conto.
È vero che alcuni evangelisti sono poveri di linguaggio, ad esempio Giovanni, che era un illetterato. La parola “fratelli” la troviamo però anche in Luca, che era persona molto colta e che usa magnificamente la lingua greca. Se avesse voluto intendere cugini, avrebbe usato la rispettiva parola greca, presente altrove nella Bibbia.

Ora, io voglio seguire il tuo ragionamento, che – a prima vista – sembrerebbe avere un certo senso. Parlando in ebraico – tu dici - (o meglio, probabilmente, in aramaico), la persona che riferì a Yeshùa: “Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti”, se avesse voluto dire “tua madre e i tuoi cugini”, avrebbe detto “fratelli”. Ammesso e non concesso (perché la cosa è ridicola di per sé), l’episodio è riportato nel Vangelo in greco e non in ebraico o aramaico. Tu dici che chi scrisse quel Vangelo cercò di riportate il dialogo in modo letterale nella sua realtà ebraica. Sbagli completamente, e ora ti dico perché.

Quel dialogo è riportato dal medico Luca (Lc 8:19-21), persona colta che usa propriamente la lingua. In più, il suo Vangelo Luca lo indirizza a Teofilo, che chiama eccellentissimo; nel suo prologo si legge tutta la scrupolosità con cui compose il suo Vangelo. Chi era Luca? Confrontando il v. 11 di Col 4 con il v. 14, si nota che Paolo menziona prima i circoncisi (Col 4:11) e poi Luca (Col 4:14); ne consegue che Luca non era circonciso e quindi non era ebreo. Perché mai avrebbe dovuto usare il termine greco “fratello” per riferirsi ai cugini (in ebraico)?

E non è finita. Non è in un Vangelo che si parla di Giacomo “fratello” di Yeshùa, ma proprio in una lettera (Gal 1:19). Questa lettera fu scritta da Paolo, che usa la parola “cugino” in Col 4:10 riferendosi a “Marco cugino di Barnaba”. Perché mai Paolo, che usa ambedue le parole, avrebbe dovuto usare “fratello” per intendere cugino?
Cade così completamente tutta la tua argomentazione.

Tu continui a trascurare un aspetto molto importante: se Miryàm fosse rimasta sempre vergine, questo sarebbe stato un caso eccezionale perché per un’ebrea non avere figli era una vergogna e una maledizione. Non si spiegherebbe in tal caso neppure con l’interpretazione cattolica, che è fuori da ogni logica biblica. Comunque, ammesso e non concesso che così fosse, quale migliore occasione per evidenziarlo usando proprio la parola greca “cugino”? Ma così non è.
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jwfelix
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da jwfelix »

Penso che Gianni abbia risposto già abbastanza bene

Ad ogni modo, Armando, il tuo discorso non regge, in quanto anche se avessero scritto o ragionato in Ebraico dire "fratelli" nel senso di "cugini" non avrebbe senso.
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jwfelix
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da jwfelix »

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Gianni
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da Gianni »

Giusto, Jwfelix. Anche Elisabetta, moglie di Zaccaria, è detta "parente" (synghenès) della madre di Yeshùa.
Franco
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da Franco »

Buonasera,

avrei piacere di dare il mio contributo a questa discussione. Nel rispetto delle opinioni di tutti anche dove non le condivido.

Prendendo a base la frase (Mt 1,25) indicata in greco, la discussione PRO-CONTRO ruota tutta sul “finchè”.

“Non la conobbe finché ella partorì.”

Bene una delle tesi indicate da qualcuno è: “finchè” non ha precisamente il significato che gli attribuiamo noi italiani ma ha un valore più blando, non obbliga ad un cambiamento DOPO la fine della condizione.

La voglio riprendere. Stiamo parlando di questa affermazione: “una azione si mantiene vera FINCHE’ interviene qualcosa che comporta il modificare dell’azione in altra azione o nessuna azione.”

Quindi abbiamo: AZIONE + CONDIZIONE, finita la CONDIZIONE si ha un nuovo fatto (o non fatto) obbligatoriamente diverso dal primo fatto (azione).

In italiano è così. Molto chiaramente e quel “FINCHE’” VUOLE un cambiamento alla fine della condizione di sussistenza.

E per il greco? Sicuri che sia così?

Non lo posso affermare con sicurezza ma una dubbio mi viene quando metto la parola greca nel traduttore. Trovo: finché, sino a tanto che, mentre.
“Mentre” sinonimo di “frattanto”...“laddove”….


Allora posso prendere gli esempi dell’utente Gianni. Ovunque si usa il finché il passo successivo o poco oltre spiega cosa effettivamente è successo alla fine della CONDIZIONE non lo lascia supposto o intuito o dedotto, lo DEVE specificare. Solo quando è talmente ovvio non lo specifica, cioè nei casi di morte, più o meno. (“Oh La Palice, che se non fosse morto sarebbe ancora vivo” la storia di questa frase dovete saperla, vi illuminerebbe, non è un OT, è il cuore di questo post).
Ciò posto se io affermo: “in greco antico nell’uso del “finchè” essendo di significato non ovvio come lo intendiamo noi ma transitorio, debole, non assolutamente certo, si consiglia se non si obbliga di specificare cosa succede dopo la fine della CONDIZIONE”. Affermo qualcosa di non errato, cioè vero. Come prova, tutti i passi della Bibbia dove è presente il termine “finchè” inteso come esistenza di condizione, alla fine della condizione esplicitano cosa succede anche se la nostra capacità deduttiva già lo aveva intuito.

Ora, questo che ho scritto è solo un indizio, non fa una prova e io non devo convincere nessuno.

Provo con un secondo indizio. Poniamo attenzione alla frase greca. Studiamola, studiamola bene pero!

Regola di grammatica greca: Quando un’azione è destinata a non durare nel tempo o ad avere una fine certa si usa l’azione nel tempo aoristo.
Quindi cercare il termine “conoscere” e verificarne la forma….. aoristo? no.
E’ una regola di grammatica non una scelta interpretativa.

Tanto per dare pane agli STUDIOSI.
Genesi 24:16 “...la donzella non aveva conosciuto (aoristo)….” infatti dopo si sposò.

La parola usata da Matteo è in forma presente indicativo ed esprime azione continuata nel tempo e contiene un elemento intenzionale.

Per esempio in Giovanni 2:23-25 Gesù conosceva (in forma indicativo) perché Gesù conosce le persone sempre, senza se e senza ma (Luca 16:15).

Quindi concludo che la forma grammaticale è errata, volendo intendere che dopo il finché ci sia stato un cambiamento nell’azione conoscere. Ma anzi la forma grammaticale usata indica anche ciò che avvenne dopo.

Veniamo al terzo indizio. Luca 1, 34 Maria rispose: “come può essere? Non conosco uomo!”.
Qui è interessante. Anche qui “conosco” non è in tempo aoristo (per indicare azione temporanea) ma bensì indica che non conoscerà mai uomo. E’ interessante perché nel raccontarci un fatto ci racconta, proprio grazie a quella forma verbale, cosa successe dopo. Sembra un inciampo, Maria è promessa sposa e riguardo al suo futuro pensa come tutti che conoscerà Giuseppe, e invece già qui Maria preannunzia la propria verginità perenne. Sicuri? Forse sì perché nulla conferma e nulla smentisce, io propendo per una seconda ipotesi più semplice. Nel mentre diceva quella frase Maria non sapeva del proprio futuro ma l’evangelista che scrisse molto tempo dopo (dopo la sua assunzione) sì. E così nello scrivere ha regalato la notizia, per semplice amore di verità.

Prima conclusione, qual’è la traduzione più esatta? Letteralmente quella citata nel primo intervento, ma quale avvicina meglio il concetto? La CEI. (mia opinione). La traduzione letterale o quasi-letterale è praticamente impossibile, volendo rispettare la grammatica citata.


Assunto per vero ciò che ho scritto non saprei perché scrivere dei fratelli. Però pongo 2 pensieri.

1. Nella Bibbia sempre, in particolare per i “pezzi grossi” (compreso Gesù), si racconta dei loro parenti stretti (fratelli e figli compresi), almeno nominandoli chiaramente in una discendenza, una genealogia.
Perchè i fratelli di Gesù non sono “cantati”?

2. Sulla croce Gesù ha dato sua madre al discepolo che egli amava. Perchè contravvenire alle chiarissime leggi ebraiche che affidavano la madre al maggiore dei figli in vita?

Concludo. Non sono qui per fare crociate, il Vangelo è completamente al servizio del Verbo, i fatti di Maria non potevano “rubare” la scena se non il minimo indispensabile. Chi crede in Maria più che in Gesù sbaglia, in buonafede ma sbaglia.

E’ questa la seconda volta che mi trovo a prendere le difese di Maria, la prima volta era per difenderla da una affermazione talmente stupefacente (anche per chi non crede nella verginità perenne) che non voglio manco ripeterla. Non so perché l’ho fatto se non per un impulso interiore di cui spero Lui mi vorrà spiegare.

Non farò parte di questo forum oltre a questo scritto. Ho letto moltissime pagine, ne deduco un ambiente strano dove la verità di ognuno è inscalfibile. Francamente non capisco il senso. Ho voluto portare la mia opinione perché offre degli spunti di riflessione oltre quelli già scritti che rispetto anche dove non condivido.

Invece sono apertamente critico con i primi interventi dove si vuole commentare il comportamento dei cattolici lasciando intenderli come falsificatori (chi sta sopra) e stupidi beoni (chi sta sotto).
Eppure sono milioni di persone che nel corso della storia si sono accostati alla fede e al Vangelo con infinita umiltà e sete di Dio. Con infinita scienza e desiderio di verità. A loro si deve rispetto anche se le loro conclusioni non piacciono, anche se nel mezzo di loro ci sono stati personaggi assai discutibili. Se non per loro perché siamo tutti figli di Dio. Chi sbaglia paga, secondo Mosè, chi sbaglia è amato, secondo Gesù. Parimenti vanno rispettati ed amati tutti i credenti, purché sinceri, di ogni religione. In ogni religione, se sincera, c’è almeno un soffio di Dio.

Se questo forum non vuole fare altro che commentare le Scritture (cosa per me impossibile senza l’illuminazione dello Spirito secondo la propria fede, avendone conferma in questa stessa discussione), perché criticare il comportamento di questa o quella religione? Ogni critica (e persino citazione) andrebbe tagliata spietatamente dai moderatori e lasciata in una sezione apposita (tipo sezione Bar Sport, o Scannatevi qui). Invece no.
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bgaluppi
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da bgaluppi »

una azione si mantiene vera FINCHE’ interviene qualcosa che comporta il modificare dell’azione in altra azione o nessuna azione
Renzo, tu dici praticamente che la congiunzione finché indica semplicemente il perdurare di un’azione fino ad un termine e non implica un’azione successiva o un cambiamento della condizione precedente. Ma è difficile fare un esempio che confermi questa logica. Se io dico: “ho giocato a tennis finché avevo diciotto anni”, vuol dire che poi ho continuato a giocare? Vuol dire semplicemente che a diciotto anni ho smesso di giocare a tennis. Dunque, la condizione che perdurava fino ai diciotto anni è mutata. Se io dico: “sono rimasto vergine finché mi sono sposato”, vuol dire forse che una volta sposato ho continuato ad essere vergine? Vuol dire che dopo il matrimonio la mia condizione dì verginità è mutata, e dunque non sono stato più vergine. Non riesco proprio a seguire la tua logica.

Specialmente in caso di frase negativa, le cose sono ancora più chiare. Se io dico “non ho giocato a tennis finché avevo diciotto anni” implica ancor più chiaramente che dai diciotto anni ho giocato a tennis. O “non ho avuto rapporti sessuali fino al matrimonio”, implica chiaramente che dopo il matrimonio li ho avuti. Se dicessi “non ho giocato a tennis finché avevo diciotto anni e successivamente non ho giocato”, sarebbe un modo insensato di dire “non ho mai giocato a tennis”. Stessa cosa se dicessi “non ho avuto rapporti sessuali finché mi sono sposato e poi ho continuato a non averne” è un modo insensato di dire “non ho mai avuto rapporti sessuali”.

Se il testo avesse voluto far capire che Maria restò vergine, avrebbe potuto dire che “Giuseppe non ebbe mai rapporti sessuali con lei”, oppure anche meglio che Maria restò vergine anche dopo il parto. Oltretutto, non sussiste ragione alcuna perché Maria non dovesse avere altri figli, visto che nella cultura ebraica è un comandamento fare molti figli e non è affatto un merito rinunciare ad averne.

Ti ascolto, ma devi farmi un esempio con cui dimostri che la congiunzione “finché” non implica il cambiamento della condizione precedente.
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Gianni
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da Gianni »

Caro Franco, permettimi prima di tutto di chiarire bene alcuni aspetti grammaticali greci che tu hai esposto non proprio correttamente.

TEMPO AORISTO. Ti dici che “quando un’azione è destinata a non durare nel tempo o ad avere una fine certa si usa l’azione nel tempo aoristo”. Così non è.
Il tempo aoristo descrive un’azione in un certo momento preciso. Per tradurlo in italiano noi dobbiamo usare un giro di parole. Ti faccio due esempi.
1. Tizio rise. Se “rise” fosse all’aoristo dovremmo tradurre “scoppiò a ridere”.
2. Tizio mangiò. Se “mangiò” fosse all’aoristo dovremmo tradurre “iniziò a mangiare”.
Questa è la bellezza (e la precisione!) della lingua greca.

PANE PER STUDENTI DI GRECO ALLE PRIME ARMI. Tu ti riferisci al verbo greco di Gn 24:16 nella LXX definendolo pane per studiosi. In verità è pane per studenti di quarta ginnasio (il primo anno in cui al Classico si studia greco), quindi per principianti. Il passo, riferito alla bellissima Rebecca, recita: “Nessun uomo l'aveva conosciuta [= aveva avuto rapporti sessuali con lei]”. Il greco alessandrino ha qui οὐκ ἔγνω, all’aoristo. Usando un giro di parole per tradurre l’aoristo (tempo mancante nella nostra grammatica), il senso preciso è: “Nessun uomo aveva iniziato o non si era messo a conoscerla”.
Questa forma la troviamo anche in Mt 7:23, in cui Yeshùa (Gesù) dice: “Non vi ho mai conosciuti [ἔγνων, indicativo aoristo (la –ν finale è eufonica)]” (CEI). Il senso preciso è: “Non mi sono mai messo a conoscerci”. La troviamo anche in Mt 25:24: “Signore, so [ἔγνων, indicativo aoristo (la –ν finale è eufonica)] che sei un uomo duro” (CEI). Rispettando la sfumatura puntuativa dell’aoristo, potremmo tradurre “t’ho conosciuto sin da subito”.

IL TEMPO VERBALE USATO IN MT 1:25. Tu dici che “è in forma presente indicativo ed esprime azione continuata nel tempo". No, Franco. Hai detto due cose errate. La forma verbale è qui ἐγίνωσκεν, all’imperfetto indicativo, tempo che in greco indica un’azione continuata nel passato.

MT 1:25 IN CEI: “La quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio”. Così anche nella Nuova CEI. È una libera traduzione. Il senso è proprio quello, tuttavia pare volta ad evitare l’ἕως, “finché”. Nel testo biblico c’è e non può essere ignorato. E – a proposito di ἕως – va detto che esso indica assolutamente sempre un cambiamento successivo. Ti invito, Franco, a cercare tutti i passi neotestamentari (ma anche della LXX, se vuoi) in cui compare ἕως e a citarne anche uno solo - se lo trovi! - in cui si verifica un cambiamento.

Tu dici che prendi le difese di Maria. In verità, Franco, la offendi. Infatti, per le donne ebree era una grandissima vergogna rimanere senza figli. Era considerata una maledizione di Dio.
La verità storica è che la Chiesa Cattolica iniziò a parlare della presunta eterna verginità di Miryàm quando nel Medioevo le ragazze erano spinte e farsi suore e quindi a far voto di castità. La “Maria” del cattolicesimo non poteva essere da meno. Ciò è storia documentata.

LC 1:34 (“Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo»”, CEI). Riferendoti a questo passo tu dici che “indica che non conoscerà mai uomo”. No davvero. Nel testo biblico si ha: ἐπεὶ ἄνδρα οὐ γινώσκω, “poiché uomo non conoscerei”. Ti faccio notare che in 1Cor 5:9,10 la CEI traduce l’ἐπεὶ con “altrimenti”.
Quanto al tempo presente di γινώσκω, questo può appartenere sia al modo indicativo come a quello congiuntivo: la desinenza della prima persona singolare è la stessa, in –ω. Il modo condizionale che esiste in italiano manca in greco: esso può essere espresso in greco usando il congiuntivo (se c’è il senso di eventualità) oppure usando l’ottativo (se c’è il senso di desiderio). In armonia con questo uso di ἐπεὶ (epèi) e in armonia con la grammatica greca, si può tradurre Lc 1:34 così: “Come avverrà ciò? In tal caso non conoscerei uomo”. Al che, l’angelo spiega a Miryàm che il figlio nascerà per opera dello spirito santo di Dio.

Il concepimento verginale di Miryàm è una realtà. Questa ragazza ebrea fu scelta da Dio. Il termine greco κεχαριτωμένη a lei riferito dall’angelo (non arcangelo!) Gabriele non è ben riprodotto nel classico “piena di grazia”. Non indica infatti che ella fosse “piena” di una grazia per distribuirla, ma che piuttosto era l’oggetto di quella grazia. Il senso vero è “altamente favorita”, e non si dirà mai abbastanza su ciò. Da qui però a farne, con una bestemmia, “la madre di Dio”, ce ne corre.
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bgaluppi
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Re: Miryam fu vergine perpetua?

Messaggio da bgaluppi »

Per quanto riguarda il significato di ἕως, l'ho riportato nel commento introduttivo:

“la parola da esaminare è ἕως (èos), che può assumere significati diversi: "finché", "mentre", "affinché". In relazione al genitivo, e specialmente davanti al pronome relativo οὗ (u, al genitivo), significa precisamente "fino al punto che", "fin quando" (Rocci).”.

Indica dunque che un'azione perdura per un determinato tempo, definito dall'accadere di qualcosa che produce un cambiamento:

"Ho giocato a tennis finché mi sono rotto i legamenti"; "ho giocato a tennis finché hanno chiuso il circolo", e dunque, successivamente a questi eventi, ho smesso di giocare. Nel caso di Giuseppe, non ebbe rapporti sessuali con Miryam finché partorì Yeshùa, dopodiché ne ebbe; altrimenti avrebbe dovuto dire che Miryam partorì senza che Giuseppe avesse rapporti sessuali con lei. In questo caso, se non specificato, Miryam avrebbe potuto continuare a non avere rapporti sessuali.
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