Ho letto la discussione per intero, che purtroppo è degenerata in argomentazioni a latere di valore teologico più che critico testuale che non hanno permesso ulteriori approfondimenti a quanto ha esposto l'utente Gianni.
Vorrei condividervi quello che penso, con la speranza che gli approfondimenti testuali sull'attendibilità di questo testo biblico possano riprendere sulle orme di quello che era il post originario che provo a riprendere nei punti salienti.
Nel post originario dell'utente Gianni si afferma:
"La verità è che quella formula non risale a Yeshùa.”
Personalmente io prima di azzardare simili toni di certezza assoluta, ci penserei almeno due volte visto che commissioni di traduttori di tutto il mondo e di qualsiasi religione (anche non religiosi) concordano nel comporre il testo in questo modo sulla base dei manoscritti in loro possesso.
Sempre nel post originario si afferma
"Di ciò abbiamo un’autorevole testimonianza: Eusebio di Cesarea (265-340)”...
Anche citare Eusebio a supporto di questa ipotesi è un grande azzardo, visto che proprio nel post di cui vi condivido il link:
http://www.biblistica.eu/phpbb/viewtopi ... bio#p21270" onclick="window.open(this.href);return false; trovo che l'utente Gianni non ritieneva autorevole questo personaggio per il quale aveva usato queste gentili parole:
"vescovo e primo storico di una chiesa ormai apostata, che era al servizio di Costantino (274 – 337) l’imperatore romano che fece del cristianesimo apostata la religione di stato, unendola al paganesimo”.
Ma la mia perplessità rimane sui metodi di indagine proposti dall'utente Gianni.
La prima riflessione che pongo è: "ma gli scritti di questo Eusebio di Cesarea sono attendibili oppure no?".
La stessa questione la pone molto sinceramente l'utente Salvatore.
Rimanendo strettamente a quanto condiviso in questo post, sembra che si debba tenere in considerazione gli scritti di Eusebio come "testimonianza autorevole" nonostante in altri casi questi vengano considerati "pericolosi" perchè apostati.
Tenendo da parte per un'attimo le considerazioni sull'attendibilità di Eusebio, leggo che l'utente Gianni per dare ulteriori prove a sostegno di quella che è la sua ipotesi di "invalidità" del testo biblico, cita ARIO, primo “teologo” cristiano a diffondere l’idea del culto monoteista e quindi a negare apertamente la divinità del Cristo.Personalmente però non ne capisco molto il nesso. O si fa un'analisi testuale di quanto giunto fino a noi con annessi e connessi, oppure si copiano e incollano informazioni a caso creando così tutti i complotti e idee malsane tipiche delle trasmissioni sugli alieni in onda su focus ogni sera. Ario da spunti CONTRO la tesi di attendibilità di Eusebio, non a favore. Sia Ario che Eusebio erano contro la divinità di Cristo, quindi contro l'idea di Trinità, di conseguenza come ci aspettiamo che questi citassero il testo biblico?
Inoltre un'accurata analisi storica dovrebbe tener conto del fatto che il canone biblico venne stabilito proprio perché negli anni successivi la morte e resurrezione del Cristo, giravano tra i cristiani testi "non ispirati" e falsi vangeli. Vi erano numerose copie contraffatte dei Vangeli. Quindi chi può assicurarci oggi che "il buon Eusebio", contrario all'idea diffusa della divinità di Cristo facesse riferimento ad una copia valida del Vangelo di Matteo o si adoperasse ad utilizzare involontariamente ad un falso manipolato che però seguiva la sua linea di pensiero?
La seconda riflessione è più banale. E' infatti risaputo che personaggi come Eusebio, che alcuni "osano chiamare" padri della chiesa, citassero a memoria i testi biblici. La mia domanda quindi, seppur banale è: "non avrebbe questo comune mortale aver sbagliato la citazione mnemonica del testo biblico visto che in tutti gli altri passaggi neotestamentari la formula non viene citata così esplicitamente?". La domanda è banale ma se così fosse, visto che l'unica prova a supporto sono gli scritti di una sola persona... farebbe crollare tutto il castello di carte e carteggi vari.
In risposta a questo post che tenta di creare dubbi sulla formula biblica (così la considero finché non viene data prova del contrario) l'utente Salvatore risponde citando anche la Didachè, un testo scritto MOLTO PRIMA "dell’autorevole testimonianza" di Eusebio. Il senso di quel messaggio, successivamente ribadito è quello di affermare che, se un testo molto vicino alla prima comunità cristiana come la Didaché riportasse la formula TRINITARIA, avrebbe senso tenerne in considerazione l’attendibilità.
La risposta che è stata fornita a Salvatore è molto sommaria e imprecisa. Gli viene infatti risposto:
"La Didache' e' un testo spurio in quanto sembra originare da testi ebraici (tra cui gli Oracoli Sibillini). Inoltre, la seconda parte coincide in molti punti con il Talmud. Paolo avverti' che gia' in periodo apostolico molti falsi apostoli predicavano in nome di Yeshua..etc etc”.
Affermazioni simili a mio modo di vedere, dovrebbero utilizzare la stessa scrupolosità che si è usata nei confronti del testo Sacro. Si dovrebbe cioè riportare per onestà intellettuale e di studio, un minimo di analisi critico testuale sulle parti della didachè che contengono la formula battesimale trinitaria e dimostrare che questi non siano attendibili ma "manipolati" in epoche successive.
In questo modo si potrebbe effettivamente affermare che "la didachè e la sua formula trinitaria" siano effettivamente testi aggiunti in seguito e che la rendono quindi inaffidabili. Ma questa analisi non viene fornita, il testo storico viene completamente scartato perché spurio e Salvatore viene zittito nel giro di 2 post.
Ma allo stesso modo in cui si annulla il valore del testo della didachè, non si potrebbe supporre che fosse il testo di Eusebio ad esser stato manipolato in epoche successive e quindi spurio? Basta dare aria ai polmoni o forza alle dita e via...tutti a dubitare dell'attendibile Eusebio. Ma sarebbe questa affermazione a smontare tutta la discussione in oggetto? No di certo. Un'analisi seria puntuale dovrebbe portare con sé dei dati attendibili a dimostrazione che il testo di Eusebio sia considerabile come manipolato a sua volta.
La didachè rimane quindi un testo risalente agli anni PRECEDENTI all'autorevole Eusebio, quindi seppur non se ne riconosce l’autorità, si deve riconoscere il fatto che in essa viene menzionata la formula battesimale trinitaria. Per renderla inattendibile storicamente, bisogna portarne le prove. Se non si smonta questa parte, non si può escludere il documento dalle analisi a priori.
Ovviamente a mio personale parere, si può tener conto che la didachè non sia un testo ispirato.
Si può anche affermare liberamente che la didachè sia di per sé un testo spurio, basandosi su questa o quella lettura interessante trovata in internet. Si può anche affermare che questa contenga parti di questo o quell'altro testo.
Ma quello che non si può fare a mio avviso è sostenere che parti del suo testo siano inattendibili storicamente senza fornirne un minimo di prova.
In fondo l’accusa mossa dall’utente Gianni contro il testo biblico in nostro possesso (parlo in termini di manoscritti) era:
"Evidentemente qualche scriba trinitario manipolò il testo”
. L'utente Gianni accusava una manipolazione del testo biblico operata in anni successivi alla stesura della didachè (sempre a meno di non dimostrare che anche questa originariamente contenesse una formula con solo Gesù anziché la formula trinitaria in nostro possesso) e che questa versione del vangelo di Matteo "modificata" sia arrivata falsata fino a noi al posto del testo originale. Questa affermazione è molto molto grave in termini di attendibilità del testo biblico. Si sta sostenendo insomma che ALDILA' di qualsiasi manoscritto biblico a noi arrivato, quindi aldilà di qualsiasi fonte biblica, un testo esterno, cioè gli scritti di Eusebio, potrebbero smontarne l'attendibilità. Ci rendiamo conto della portata di questa affermazione?
Sulla base di questo principio si potrebbero prendere a supporto tutte le ipotesi di Marcione sul canone e quindi considerare non ispirati tutta una serie di testi biblici. E così via.
Quello che mi pare di capire si sia tentato di fare in questa discussione è dubitare dell'attendibilità del testo biblico a noi giunto fino ad oggi, non attraverso un'analisi critica dei manoscritti a noi oggi a disposizione, ma sulla base di uno o due altri testi non biblici il cui contenuto (e qui la parte divertente) è generalmente ritenuto "inattendibile" in questo stesso forum, perché prodotto da una chiesa apostata.
Ovviamente, tralasciando su tutte le possibili conseguenze di queste subdole e fallaci affermazioni, si sta anche sostenendo che per quel che riguarda la formula battesimale (e parlo di questa soltanto per rimanere strettamente legati al tema):
1) Il testo biblico di Matteo giunto a noi sia spurio, un falso;
2) La didachè sia spuria e quindi inattendibile;
3) Il testo di Eusebio sia più attendibile dei primi due messi insieme, alla faccia del principio di ispirazione divina del testo biblico tanto decantato in altri post di questo stesso forum.
Se avessi più tempo, cercherei anche il post in cui mi fu spiegato che i testi biblici a nostra disposizione sono attendibili e possono considerarsi "parola di Dio".
Personalmente, questa la mia posizione, ritengo il testo di Eusebio al pari della didachè come valore “dottrinale” o “spirituale”. Sono documenti storici che possono confermare o smentire in parte le informazioni storiche in nostro possesso. Ma non possono smentire il testo biblico a meno di prove evidenti negli stessi manoscritti biblici giunti in nostro possesso.
Valutando l’abitudine di citare a memoria i testi biblici dei padri della chiesa, sarebbe più sensato tenere in considerazione l’ipotesi che, citando Matteo (unico testo in cui compare la formula trinitaria) il buon Eusebio abbia preso un granchio. Mi fa sorridere, ma è più attendibile. Questo inoltre in virtù del fatto che NON ESISTONO (a meno che non si portino le prove), manoscritti del testo neotestamentario di Matteo che non riportino la formula trinitaria.
Ma la prima delle tre tesi sopra citate è la più pericolosa di tutti, perché in pratica annulla l’attendibilità del testo biblico a noi arrivato, quindi la sua salvaguardia operata da parte di Dio.