DI CASA IN CASA ?

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Gianni
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Re: DI CASA IN CASA ?

Messaggio da Gianni »

Interlazio, lungi da me l’idea di convincerti. Io non devo né intendo convincere proprio nessuno. Tu però insisti su certe argomentazioni rifacendoti alla Scrittura, per cui non so resistere quando si parla di Bibbia e, nonostante avessi ritenuta chiusa la questione, rispondo alle tue osservazioni.

In linea di massima, che un divieto che era stato dato in un determinato contesto possa venir meno oggi, può anche essere. Io stesso prima o poi farò un’analisi del divieto posto alle donne nel primo secolo di essere sorveglianti (vescovi) nelle comunità per vedere se si trattava di una norma transitoria oppure permanente. Io sospetto sia transitoria, ma occorrerà esaminare bene le Scritture e non mi pare che qualche biblista abbia mai affrontato il tema. Ho portato questo esempio solo per dire che ci possono essere obblighi o divieti biblici che vengono aggiornati, come la circoncisione.
Per affermare che una norma biblica non sia più valida occorrono però ottime ragioni che devono essere bibliche, non semplicemente religiose.

Vediamo allora queste ragioni che tu porti: i versi di Matteo e l’esempio di Filippo con l’eunuco.

Tu ti riferisci, mi pare, a Mt 24:14: “Questo vangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo, affinché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; allora verrà la fine”.
La testimonianza riguarda, lo si noti, “tutte le genti”, non tutte le persone. La Bibbia dice “in tutto il mondo in testimonianza πᾶσιν τοῖς ἔθνεσιν [pàsin tòis èthnesin, “a tutti i popoli”]”. Se si dovessero raggiungere tutte le persone sarebbe un fallimento sicuro. Gli istituti demografici preposti non sanno neppure in quanti siamo al mondo. Ci sono poi popolazioni in guerra, altre così selvagge o talmente integraliste che sono inavvicinabili. Miliardi di persone in Cina, in India e in chissà quali altri posti non hanno mai sentito nominare neppure “Gesù”. Yeshùa parlò di “testimonianza” a “tutti i popoli”, non a tutte le persone del mondo. Chi pretende di raggiungere tutte le persone del pianeta, oltre ad essere un illuso, è anche ingiusto: mentre alcuni sono tempestati da fastidiose visite, moltissimi altri non saranno mai raggiunti. “In testimonianza” è esattamente ciò che aveva fatto Paolo secondo le istruzioni di Yeshùa. Paolo afferma: “Ho avvertito solennemente Giudei e Greci di ravvedersi davanti a Dio e di credere nel Signore nostro Gesù Cristo” (At 20:21). Giudei e greci erano stati avvertiti ovvero avevano ricevuto l’annuncio del Regno. Queste due categorie comprendevano tutte le persone: ebrei (“giudei”) e pagani (“greci” o non ebrei). Paolo non lo fece andando di casa in casa, ma pubblicamente. Nella riunione tenuta da Paolo con gli anziani efesini, tra le molte istruzioni che egli dà loro non compare mai quella di andare a predicare casa per casa. – At 20:17-36.

Filippo non incontrò affatto l’eunuco etiope andando a bussare alle porte. Filippo fu guidato dallo spirito di Dio incontro all’eunuco etiope sulla strada di Gaza (At 8:26-38). Poi Filippo si diresse ad Azot e infine a Cesarea. Ora si noti bene cosa dice il testo biblico: “Evangelizzò tutte le città, finché giunse a Cesarea” (At 8:40). Ecco la vera opera di “evangelizzazione”. Non casa per casa, ma in tutte le città.

Se questi sono i presupposti per dire che il divieto di Yeshùa di andare a porta a porta non è più valido, non solo è ridicolo, ma si mostra scarsa conoscenza della Scrittura. Infatti, il passo mattaico è dello stesso periodo del brano lucano che in cui Yeshùa vieta la predicazione di casa in casa; anzi, Lc appare perfino posteriore a Mt.
In più, sia il passo mattaico che quello lucano riportano le parole di Yeshùa. Dire che le sue parole in Mt autorizzano la predicazione all’americana significa farlo contraddire.

Per sostenere un cambiamento occorrono basi bibliche. Ad esempio, dapprima Yeshùa vietò la predicazione ai samaritani, poi ordinò che fosse estesa anche a loro e a tutte le genti. Questa sì è una base biblica. Ma per il divieto di andare casa per casa non troviamo cambiamenti. Basta leggere gli Atti degli apostoli.
cristianolibero
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Re: DI CASA IN CASA ?

Messaggio da cristianolibero »

che il compleanno non fosse celebrato nei primi secoli lo dicono tutte le enciclopedie, anche wikipedia. quindi se io devo ispirarmi ai primi cristiani specialmente del primo secolo perchè riconosco che il vero cristianesimo era praticato nel primo secolo, non festeggerò il compleanno. se no se accampiamo scuse per ogni cosa non ci distinguiamo più dagli altri. :-)
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Enigma
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Re: DI CASA IN CASA ?

Messaggio da Enigma »

Marco: Non sono d'accordo invece con la frase di Antonio.
Salve, Marcuzzu beddu. :YMHUG: Allora vuol dire che non sei d'accordo neanche con me.
Ogni discepolo è testimone di Cristo. La differenza tra noi e i Dodici risiede solo in questo punto: loro sono stati i testimoni oculari.
Sei sicuro che la differenza è solo questa? Tutti gli avvenimenti biblici citati da me non ti sono serviti a farti vedere che la differenza ci sta e come? Per te non è una differenza avere direttamente la chiamata da Dio? Essere battezzati di spirito santo? Evangelizzare col sostegno di opere potenti? Non vedi differenza fra chi va da un malato e gli parli solo della salvezza per mezzo di Yeshùa, da chi, invece, ha il mandato da Dio e oltre a parlargli di salvezza può aggiungere: sii guarito nel nome di Yeshùa? Se non vedi questa chiarissima enorme differenza, allora saprei che dirti. :-??
Gv 20,24 ...... 29 Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».
Credere cosa significa? Credere che Giulio Cesare è realmente vissuto? Oppure che Napoleone è stato un grande generale? O che Cristo è risuscitato da morte e basta?
Questo intendeva Cristo con "beati quelli che pur non avendo visto crederanno"?
Io invece sono sicuro che Yeshùa intendeva il credere in maniera molto diversa. In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. 13 Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò. Questo intendeva Cristo. Questa nostra mancanza di fede in ciò è una perdita immensa. Non siamo stati capaci di crederci. Satana ci ha tolto la fede quella che sposta le montagne.
Cristo è con noi da duemila anni attende solamente il nostro atto di fede.

Credo che si stia uscendo fuori binario. Cosa c'entra questo tuo discorso con il mandato di predicare il vangelo? Non stiamo parlando di cos' è la fede e della sua mancanza, ma di un mandato ricevuto da Dio per portare il messaggio di salvezza. Su questo ha condiviso Antonio, non sul problema se oggi c'è mancanza di fede per fare miracoli. Una cosa è certa, perché è biblica, gli apostoli operavano opere potenti per dare prova del loro mandato da Dio: "Dio stesso aggiungeva la sua testimonianza alla loro con segni e prodigi, con opere potenti di ogni genere" (Ebr 2:4). Altra cosa è il chiedere oggi un miracolo per una guarigione. E qui mi fermo per evitare la lunga polemica che abbiamo sempre avuto al riguardo. :d
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Enigma
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Re: DI CASA IN CASA ?

Messaggio da Enigma »

Il termine greco oikov è al singolare e sta per "una casa". Quindi io preferisco la Bibbia di Gerusalemme che traduce: E ogni giorno, nel tempio e a casa, non cessavano di insegnare e di portare il lieto annunzio che Gesù è il Cristo. :-)
Ultima modifica di Enigma il sabato 30 gennaio 2016, 17:42, modificato 1 volta in totale.
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Enigma
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Re: DI CASA IN CASA ?

Messaggio da Enigma »

E' una Bibbia cattolica che uso solo per confrontarla ed è, ovviamente, molto simile alle c.e.i.
Sicuramente hai utilizzato la c.e.i. edizione 2008, ma se prendi l'dizione 1987, traduce esattamente come la Gerusalemme.
Anche la Bibbia Marietti, anch'essa cattolica, traduce in questo modo. :-)
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Gianni
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Re: DI CASA IN CASA ?

Messaggio da Gianni »

In At 5:42 troviamo κατ'οἶκον (kat’òikon). Tolto l’apostrofo, abbiamo κατὰ οἶκον (katà òikon).

La parola greca οἶκον (òikon) significa “casa”. Si tratta del sostantivo οἶκος (òikos), che in greco è maschile; la forma οἶκον (òikon) è quella del singolare al caso accusativo.

La nostra attenzione si deve però focalizzare sulla preposizione κατὰ (katà). Questa preposizione può reggere due casi: genitivo o accusativo. Essendo qui οἶκον (òikon) al caso accusativo, dobbiamo riferirci al significato che κατὰ (katà) assume con questo caso. Ed è il seguente: “secondo / verso / lungo”. Se ci fermassimo alla grammatica, avremmo qui tre possibilità: una predicazione “secondo” la casa, ovvero solo in certe case secondo le caratteristiche particolari della famiglia che l’abitava; “verso” casa, intendendo forse una predicazione mentre tornavano a casa (il che non avrebbe molto senso); oppure “lungo” le case, stando sulla strada senza entrare nelle case (anche questa senza un vero senso). Come sempre, è il contesto e il confronto con il resto della Bibbia a stabilire quale sfumatura si adatta meglio. Fin qui, la grammatica.

Non bisogna travisare le parole dell’esegeta R. C. H. Lenski, che scrisse: “Gli apostoli non cessarono mai, neppure per un momento, la loro benedetta opera. Continuarono ‘ogni giorno’, e questo apertamente, ‘nel Tempio’, dove il Sinedrio e la polizia del Tempio li potevano vedere e udire, e, naturalmente, anche κατ’οἴκον, usato in senso distributivo, ‘di casa in casa’, e non semplicemente in senso avverbiale, ‘a casa’” (The Interpretation of The Acts of the Apostles, Minneapolis, USA, 1961). Lenski fa osservare che traduzione “a casa” è errata. L’espressione alternativa che propone – “di casa in casa” – va letta contrapposta a quella errata di “a casa”. Va ricordata una nota di TNM che vedremo: “Lett. ‘e secondo [le] case’”. Si noti bene: “secondo”, per stessa ammissione di TNM.

Cosa significa allora: “Ogni giorno, nel tempio e per le case [κατ' οἶκον (kat’òikon)], non cessavano d'insegnare ed evangelizzar il Cristo Gesù” (At 5:42, Con)? Significa quello che c’è scritto: Insegnavano ogni giorno nel Tempio e per le case, cioè dov’erano invitati a parlare della loro fede. Non di casa in casa, ma “secondo la casa”.

Lo studioso della Scrittura non si ferma alla grammatica. Cerca nella Bibbia tutti i passi in cui appare la stessa espressione, così da trarne il senso dai vari contesti in cui appare.
La stessa identica espressione la troviamo, sempre in At, in 2:46: “Ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case [κατ'οἶκον (kat’òikon)] e prendevano il loro cibo insieme”. Contraddicendo se stessa, TNM traduce qui: “Prendevano i loro pasti nelle case private”, salvo poi indicare nella nota in calce: “O, ‘di casa in casa’. Gr. kat´ òikon”. Non si dovrebbe pensar male, ma perché questa nota? Forse per prevenire l’obiezione di chi, conoscendo il greco, trovi la contraddizione di traduzione tra At 5:42 e 2:46? Comunque, è un fatto che qui in 2:46 si evita di tradurre “di casa in casa”: infatti, non sarebbe logico pensare che i discepoli prendessero i loro pasti andando di casa in casa.

La stessa identica espressione la troviamo ancora in At 20:20: “Non vi ho nascosto nessuna delle cose che vi erano utili, e ve le ho annunciate e insegnate in pubblico e nelle vostre case [κατ'οἴκους (kat’òikus)]”. Qui la preposizione κατὰ (katà) regge sempre un accusativo e sempre la parola “casa”, ma al plurale. Qui TNM traduce di nuovo “di casa in casa”, ma nella nota in calce spiega: “O, ‘e in case private’. Lett. ‘e secondo [le] case’. Gr. kai kat´ òikous. Qui katà è usato con l’accusativo pl. in senso distributivo”. Dobbiamo osservare che, per essere coerenti, qui TNM dovrebbe tradurre “di case in case”, data la presenza del plurale. Il che non avrebbe senso. La nota in calce però, suo malgrado, dice una verità: “Lett. ‘e secondo [le] case’”, riconoscendo il senso di katà e riconoscendo che l’espressione greca significa “secondo le case”. Questo significato di κατὰ (katà) – “secondo” - è infatti il primo significato che la preposizione greca assume reggendo l’accusativo.
Cosa significa qui “secondo le case”? Si noti che chi pronuncia la frase è Paolo (At 20:16) e si noti che la pronuncia nella città di Mileto da cui aveva mandato “a Efeso a chiamare gli anziani della chiesa” (At 20:17). Il riferimento di Paolo non è per nulla alla sua predicazione fatta a porta a porta o “di casa in casa”. Vediamo perché. “Quando giunsero da lui, disse loro” (v. 18), in altre parole stava parlando agli anziani della comunità di Efeso. È a costoro che dice che ‘non aveva nascosto loro nessuna delle cose che erano utili e le aveva annunciate e insegnate in pubblico e nelle loro case’, κατ' οἴκους (kat’òikus), “secondo le case”. Paolo non era andato di casa in casa a insegnare loro quelle cose utili, ma era andato “secondo le case”, in altre parole dove era necessario andare. Si trattava di visite pastorali nelle case di alcuni credenti efesini, non di predicazione fatta a porta a porta.
Qui Paolo non parla dei suoi sforzi di predicare a quegli uomini quando non erano ancora credenti. Paolo conosceva molto bene la congregazione di Efeso, dove aveva soggiornato a lungo: “Ho lottato con le belve a Efeso”, “Rimarrò a Efeso fino alla Pentecoste” (1Cor 15:32;16:8). L’apostolo Paolo durante il suo terzo viaggio missionario (53-58 E. V.) si era fermato a Efeso circa tre anni, formandovi una congregazione forte. - At 20:31.
Occorre insistere sul fatto che qui Paolo non parla dei suoi sforzi di predicare a quegli uomini quando non erano ancora credenti. A quella prima fase allude quando dice loro: “Voi tutti fra i quali sono passato predicando il regno” (At 20:25). Si noti la differenza tra loro che erano credenti e gli altri cui pure Paolo aveva annunciato la buona notizia: “Non vi ho nascosto nessuna delle cose che vi erano utili, e ve le ho annunciate e insegnate in pubblico e nelle vostre case, e ho avvertito solennemente Giudei e Greci di ravvedersi davanti a Dio e di credere nel Signore nostro Gesù Cristo” (At 20:20,21). Giudei e greci erano stati avvertiti ovvero avevano ricevuto l’annuncio del Regno. Queste due categorie comprendevano tutte le persone: ebrei (“giudei”) e pagani (“greci” o non ebrei). Va da sé che quegli anziani efesini erano appartenuti chi ai giudei chi ai pagani. Ma mentre a tutti era stato dato l’annuncio, solo a questi anziani Paolo aveva insegnato oltre che in pubblico anche nelle loro case, segno che a quel punto erano già diventati credenti. Infatti, il ‘non nascondere nulla’ implica un insegnamento approfondito, e questo poteva interessare solo i credenti, non gli altri che erano stati semplicemente avvertiti, o – per meglio dire traducendo bene il testo greco – “rendendo testimonianza” (διαμαρτυρόμενος, diamartüròmenos). Altrimenti, perché non riferire κατ'οἴκους (kat’òikus), “secondo le case”, anche agli altri? È necessario apprezzare bene il testo greco e capire la differenza di comportamento che Paolo aveva adottato con i credenti e con i non credenti. Nella Bibbia questa differenza è molto chiara:
• διδάξαι ὑμᾶς δημοσίᾳ καὶ κατ' οἴκους (didàcsai ümàs kài kat’òoikus), “insegnare a voi [agli anziani efesini] pubblicamente e secondo le case”. – At 20:20.
• διαμαρτυρόμενος Ἰουδαίοις τε καὶ Ἕλλησιν (diamartüròmenos Iudàiois te kài èllesin), “rendendo testimonianza a giudei e greci”. – At 20:21.
Mentre a loro, agli anziani efesini, aveva insegnato (in pubblico e nelle loro case), agli altri si era limitato a dare testimonianza. Quindi, Paolo non era andato indiscriminatamente “di casa in casa” in cerca di persone dall’indole spirituale, ma era andato “secondo le case” solo nel caso di quegli efesini che erano già diventati credenti.

L’espressione vera e propria “di casa in casa”, nelle Scritture Greche la troviamo solamente in Lc 10:7: “Non passate di casa in casa”. L’espressione greca è ἐξ οἰκίας εἰς οἰκίαν (ecs oikìas èis oikìan).


Quanto alla Bibbia di Gerusalemme, ha il testo della CEI e solo le note sono quelle della famosa e preziosa Bibbia di Gerusalemme, che è in francese.
salcontis
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Re: DI CASA IN CASA ?

Messaggio da salcontis »

Premetto che non è una critica ai testimoni di Geova ma al metodo.
Gesù ha detto di non andare di casa in casa. E’ stato ripetuto tante volte il versetto evangelico.
Il problema si potrebbe chiudere qui.
Ma visto che esistono altri versetti che comandano di predicare a tutti, dobbiamo, non si sa perché, continuare a chiederci forse per non sentirci in colpa: - Con quale metodo, finalità , contenuti e quante ore al giorno?
Il metodo e il mezzo nel tempo sono cambiati a nostro piacimento.
Ma anche i fini possono essere cambiati. Posso vendere bibbie e riviste a tema biblico anche se sono ateo o paranoico religioso e strumentalizzare tanti poveri adepti o rappresentanti pagati con la promessa della ricompensa in paradiso.
Pertanto qualsiasi metodo, se il fine per noi è giusto O MISTIFICATO per apparire tale, può essere plausibile e giustificato e integrato nella logica biblica o nella logica del paranoico religioso. Vedi caratteristica psicologica del paranoico religioso o dei dirigenti di ditte commerciali.
Per salvare il peccatore si può anche bruciare in piazza il suo corpo e salvargli l’anima.
Per salvare la vita al dissidente che ha criticato l’interpretazione sbagliata dei capi religiosi si deve espellerlo dalla chiesa al fine di ottenere il suo pentimento.
Tutto è a fin di bene e scritturale.
Il fine giustifica i mezzi. Nelle scritture non si legge di timbrare il cartellino di servizio teocratico o di fare il pioniere speciale nelle terre vergini del Montana milanese o palermitano o di recarsi periodicamente nelle case delle stesse persone ignoranti o disinteressate per avvisarle della loro morte imminente se non si convertono all’interpretazione molto fallibile ma insindacabile dei capi setta. Tuttavia se è a fin di bene non è necessario trovare la scrittura giusta.
I Testimoni di Geova scrivono che solo la loro organizzazione non fa parte di Babilonia la grande; quest’ultima viene da loro considerata come l’insieme di tutte le false religioni destinate alla distruzione.
Pertanto andando di casa in casa devono convertire non solo i pagani ma anche i cristiani.
Per loro non c’è differenza tra l’ateo e l’evangelico. Faranno la stessa fine.
Altrimenti non insisterebbero per convertire pure l’evangelico e l’avventista che spesso conoscono a memoria pure la bibbia. Gli eletti sono solo nella loro chiesa? Per loro pare di si.
L’arca della salvezza è la loro organizzazione.
Ma, ovviamente, manca la dimostrazione biblica.
Gesù non doveva convertire nessuno e non andava ripetutamente nelle stesse case con annunci di morte. Annunciava la buona novella della salvezza agli ebrei che conoscevano già le scritture ed in seguito la parola di Dio fu divulgata ai pagani.
Il di più è del ……………….
Tutto ciò non vuole essere una critica ai TDG, ma al metodo usato dai loro dirigenti per pilotare gli adepti verso la predicazione paranoica,capillare e ossessiva.
I sensi di colpa indotti in coloro che predicano poco, il controllo dei meno operosi per produrre più ore di servizio, l’enorme mole di letteratura venduta agli adepti e usata per predicare, la foto sulla rivista del paralitico che va a predicare, l’ossessione imperante nelle loro pubblicazioni di predicare di casa in casa a più non posso con l’alibi di salvare pagani e cristiani dalla fine imminente, fanno parte di un disegno ideologico che nella bibbia non trova riscontri.
Si può entrare in sette religiose pericolose anche se si è in possesso di quattro lauree.
Le nostre scelte non dipendono solo dalla conoscenza o dall’ignoranza.
Anche se nella bibbia manca il NOSTRO VERSETTO GIUSTO, possiamo sempre trovarvi il nostro presupposto giusto per aggiungerlo. Con quale risultato?
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Enigma
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Re: DI CASA IN CASA ?

Messaggio da Enigma »

Essendo qui οἶκον (òikon) al caso accusativo, dobbiamo riferirci al significato che κατὰ (katà) assume con questo caso. Ed è il seguente: “secondo / verso / lungo”.
Gianni, non avendo gradi capacità di greco mi avvalgo di dizionari o di materia che contengono la grammatica delle Scritture Greche. Nel fare ricerca nel dizionario esegetico del NT, alla voce katà, all'accusativo, oltre a quello riportato da te c'è anche: attraverso, durante, a secondo di, conformemente a. Continuo dicendo che al significato locale l'accusativo può essere tradotto con: per, attraverso, su, in.
Tu hai detto: La parola greca οἶκον significa “casa”. Si tratta del sostantivo οἶκος (òikos), che in greco è maschile; la forma οἶκον (òikon) è quella del singolare al caso accusativo.
Che οἶκον è un singolare e deve essere tradotto casa inteso come una sola, questo l'ho capito benissimo, infatti l'avevo detto in precedenza ad Antonio. Secondo questo dizionario credo che si possa anche avere la corretta traduzione della preposizione katà con "in". In questo caso la traduzione è: E ogni giorno, nel tempio e in casa. Oppure: "a casa". Per come dice l'interlineare di Alberto Bigarelli sul testo di Nestle Aland. Riporto testualmente la sua traduzione: Ogni giorni in il tempio e a casa.

Gianni, mi avvalgo della facoltà di essere ignorante in greco per chiederti: dove ho sbagliato? :d
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bgaluppi
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Re: DI CASA IN CASA ?

Messaggio da bgaluppi »

Provo a dare il mio contributo, sperando di non dire castronerie :-) . In Lc 9:6 abbiamo:

ἐξερχόμενοι δὲ διήρχοντο κατὰ τὰς κώμας εὐαγγελιζόμενοι καὶ θεραπεύοντες πανταχοῦ.

La NR, la CEI e la VR traducono κατὰ τὰς κώμας (katà tas kòmas, al plurale) con "di villaggio in villaggio", al singolare. La ND con "per i villaggi", al plurale. Il Rocci rende l'accusativo al plurale con "per i villaggi". In Lc 10:7 abbiamo ἐξ οἰκίας εἰς οἰκίαν (ex oikías èis oikían, al singolare), tradotto da tutti i traduttori con "di casa in casa", al singolare, poiché il caso è singolare e poiché questo è l'unico modo sensato di tradurre.

Ora, perché mai la NR, la CEI e la VR dovrebbero tradurre Lc 9:6 e Lc 10:7 allo stesso modo, visto che il testo riporta formule diverse e in casi diversi?

Lc 9:6 è "per i villaggi" (katà tas kòmas, al plurale), Lc 10:7 è "di casa in casa" (ex oikías èis oikían, al singolare). Se l'agiografo avesse voluto esprimere la stessa formula, "di casa in casa" e "di villaggio in villaggio", non avrebbe forse usato la stessa costruzione grammaticale? Inoltre, "per i villaggi" o "per le case" non significa "di villaggio in villaggio" e "di casa in casa". La costruzione "per i villaggi" non indica lo spostarsi "per ogni villaggio", ma significa piuttosto lo spostarsi "per diversi villaggi", senza specificare quali, e conferma il senso di katà come "secondo i villaggi". La costruzione "di villaggio in villaggio" indica lo spostarsi "per ogni villaggio", uno dopo l'altro. Inoltre, tradurre con "di villaggi in villaggi" al plurale non avrebbe senso.
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Gianni
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Re: DI CASA IN CASA ?

Messaggio da Gianni »

Enigma caro, tu non hai sbagliato proprio da nessuna parte: tu hai riportato la traduzione di un biblista.
Grammaticalmente la traduzione “a casa” è possibile. Ed è anche molto bella.

Ma è impedita dal contesto. Dire, tanto per fare un esempio, che pregavano in chiesa e a casa, rende benissimo l’idea. Ma in At 5:42 è detto ben altro ovvero che non cessavano di insegnare e di evangelizzare ogni giorno nel Tempio e … Se traduci “e a casa” crei un assurdo perché dai l’idea che rientrati a casa continuassero a insegnare e a predicare. In casa propria?!

L’unica tradizione possibile, per la logica dovuta al contesto, è che non smettevano di insegnare e di portare la buona notizia quotidianamente nel tempio e “secondo [la] casa”. Questo il senso, anche se espresso in un italiano non bello. Per dirlo più elegantemente, bisognerebbe tradurre come TILC: “Nel Tempio o nelle case”, anche se poi tale traduzione non letterale è equivoca. Italo Minestroni tradusse “nel tempio e per le case”, ricorrendo lui pure al plurale, ma anche qui si crea l’equivoco: quali case?
In greco non ci sono equivoci: nel Tempio e “secondo casa”, senza articolo, ovvero in certe case, che non erano ovviamente le proprie e non erano tutte le case. Di certo non era “di casa in casa”, che in greco si dice in tutt’altra maniera, come fa osservare Antonio.

Sembra incredibile, ma la semplicissima espressione kat’òikon è difficile tradurla. Ne capiamo benissimo il senso, che è “secondo [la] casa” ovvero in quelle case in cui erano invitati per ascoltare meglio il loro insegnamento. Ciò è conforme alle istruzioni di Yeshùa (Lc 10:5-7). Traducendo liberamente potremmo dire: pubblicamente e privatamente. Pubblicamente, nel Tempio; privatamente in quelle case in cui erano richiesti.
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