Viceversa vedo più credibile che sia l´anno 64-67, per i motivi già detti in precedenza cioè, Pietro disse di essere stato testimone oculari di Gesù, di aver udito la voce che veniva dal cielo durante la trasfigurazione, che stava andando in contro alla morte per come gli aveva detto Gesù ( 2.Pt 1:14,18). Inoltre dice che “questa è già la seconda lettera che vi scrivo” 2P 3:1. E in questo arco di tempo muore anche Paolo, tanto è vero che nella secondo lettera a Timoteo, che fu scritta intorno al 65, lui dice: “Quanto a me, io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia partenza è giunto”.
Dovresti approfondire i falsi del periodo riconosciuti come tali. Se tu avessi voluto far credere di essere Pietro, avresti scritto di
non essere stato testimone oculare, di
non aver assistito alla trasfigurazione e di
non aver già scritto una lettera a nome di Pietro che già circolava? Per quanto riguarda la morte di Paolo, essa è data dalla tradizione cristiana tra il 64 e il 67, lo stesso giorno di Pietro, ma sulla base di supposizione e non di certezza storica documentata (non di certo evincibile dalle Scritture Greche); alcuni padri menzionano la presenza di Pietro a Roma, ma tale informazione potrebbe derivare anche da scritti apocrifi (Atti di Pietro) e dunque da leggende. La missione degli apostoli era indirizzata alle pecore perdute della Casa di Israele, che si trovavano in Assiria, non a Roma; è molto più plausibile che Pietro sia andato verso l’Assiria, non a Roma per diventare “papa” (infatti andò ad Antiochia). Il fatto che l’autore della 2Pt alluda alla sua imminente morte è un artificio che un falsario può usare per rendere lo scritto collocabile in un certo periodo. I falsi sono tali proprio perché sono resi credibili.
Paolo dopo aver parlato della sua imminente morte, parla del ritorno di Gesù non più come un qualcosa imminente, ma futuro per come fa anche Pietro. Ecco cosa dice Paolo: Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione” 2.Tm 4:6-8.
Perché quando è Pietro a posticipare il ritorno di Gesù si deve parlare di pseudoepigrafica, mentre quando lo fa Paolo non è?
Guardacaso, anche la 2Tm è considerata dalla maggioranza degli studiosi come pseudoepigrafa, assieme alle altre lettere cosiddette “pastorali”. La possiamo analizzare in una discussione dedicata.
Riguarda alla Scrittura di 2Pt 3:9, che tu usi come prova di un pseudoepigrafica solo perché si parla di ritardo nella promessa del Signore. Bisogna tenere presente il contesto di queste parole. Pietro parlava di qualcosa che avverrà negli ultimi tempi. Ecco cosa dice nei versi 3 e 4: “Sappiate questo, prima di tutto: che negli ultimi giorni verranno schernitori beffardi, i quali si comporteranno secondo i propri desideri peccaminosi e diranno: «Dov'è la promessa della sua venuta? Perché dal giorno in cui i padri si sono addormentati, tutte le cose continuano come dal principio della creazione».
Per far credere che la lettera fosse autentica e premonitrice di tali schernitori beffardi, non era forse necessario far sembrare che tali schernitori venissero in futuro? L’autore non avrebbe certo potuto fare altrimenti. Ma al tempo della 1Cor (55), non esisteva motivo di temere un ritardo nella venuta del Signore, perché Paolo la dava come imminente entro quella generazione, sulla base di Mt 24:34. Per Paolo, ai tempi della 1Cor, i credenti stavano
già vivendo gli ultimi tempi (1Cor 7:29). Non avrebbe dunque senso che nello stesso periodo si parlasse di ultimi tempi in un futuro più o meno lontano.
Ireneo visse prima di Origene (130-202) e nel suo 5° libro “Contro le eresie” al capitolo 28 verso 23 dice: “infatti se il giorno del Signore e come mille anni”. Ireneo citando 2 Pietro 3:8 (frase che compare solo in 2.Pietro), stava provando la canonicità della Lettera.
Se Ireneo è nato nel 130 e cita Pietro, cosa ti fa pensare che la 2Pt non possa essere stata scritta alla fine del I sec. o anche dopo l’anno 100? Quando Ireneo cita quelle parole, non aveva certo 10 anni... La citazione non prova la canonicità, che era dibattuta, ma semmai che esisteva nella metà del II secolo; ma non significa che fosse autentica, infatti non era considerata come tale da tutti.
Che non sia menzionata da altri padri e nel Frammento Muratoriale, non significa che non esisteva.
La Lettera di Giacomo è datata 50-100, mentre quella agli Ebrei a prima del 70, ma nel Frammento Muratoriale, che è datato dal 170 in poi, tutte e due le Lettere, nonostante furono scritte circa cento anni prima, non compaiono. Non può essere la stessa cosa per la seconda Lettera di Pietro?
Il fatto che il Frammento Muratoriano non ne parli, non è certo una prova a favore dell’autenticità della 2Pt! Anche Ebrei e Giacomo, poi, sono dibattute. Ebrei non riporta la firma dell’autore, quindi non è un falso, ma non era accettata unanimemente dai padri della chiesa come canonica, infatti la attribuirono erroneamente a Paolo. Oggi sappiamo con certezza che non è di Paolo, dal greco in cui è scritta, per cui il fatto che i padri la attribuissero erroneamente a lui dimostra che non era un testo sicuro e comunemente accettato dalla prima comunità e certamente non scritto prima della morte di Paolo (se la prima comunità, con Paolo ancora vivente, l’avesse accettata come paolina, oggi sarebbe difficile non ritenerla composta da lui; ma non è così, e il greco di Ebrei non ha nulla a che fare col greco di Paolo). Giacomo è un’atro scritto che parte degli studiosi considera pseudoepigrafo; di essa, Eusebio (265-340!) scrive: “Queste sono le notizie relative a Giacomo, che si dice essere l'autore della prima delle cosiddette lettere cattoliche. Bisogna però sapere che la sua autenticità è dubbia: non sono molti gli autori antichi che la menzionano, e la stessa cosa vale per la lettera detta di Giuda, che fa parte, anch'essa, delle sette lettere cattoliche. Noi sappiamo, tuttavia, che queste lettere sono lette pubblicamente, insieme con le altre, in un gran numero di chiese” (Storia ecclesiastica 2,23-25). Nel III-IV secolo era ancora dibattuta! Fosse stato un testo risalente alla prima comunità e da essa accettato, non sarebbe stata dibattuta ancora nel III secolo. Poi, di quale Giacomo si tratta? Ce ne erano diversi.
Se poi preferisci attendere che gli studiosi dei papiri di Qumran confermano che il un piccolo frammento (7Q10) è di 2Pt 1:15
Secondo me, basta leggere con attenzione per capire che è pseudoepigrafa, come altri scritti esclusi dal canone. Alla fine, chi ha preso la decisione di inserirla e perché, come anche altri testi? Se un testo era accettato unanimemente da tutte le comunità, perché garantito dagli apostoli, non ci sarebbero stati dubbi sulla sua autenticità anche in seguito; il fatto che i padri della chiesa fossero completamente divisi su certi scritti e il fatto che alcuni non vengano neppure nominati per molto tempo, ci fa necessariamente dubitare che tali scritti siano antichi e garantiti dalla prima comunità e dagli apostoli.