Enigma, comprendo il tuo ragionamento, e infatti credo che la soluzione stia nel senso del contesto. Vedrai che giungiamo tutti e due alla giusta conclusione. Dalle mie ricerche, scopro che la traduzione "in casa" potrebbe, invece, essere la migliore, ma solo se la si intende in un senso specifico, che vedremo. Ma andiamo per gradi e leggiamo di nuovo il versetto, come lo traducono i traduttori:
E ogni giorno, nel tempio e per le case, non cessavano di insegnare e di portare il lieto messaggio che Gesù è il Cristo. NR
E ogni giorno, nel tempio e a casa, non cessavano di insegnare e di portare il lieto annunzio che Gesù è il Cristo. CEI
E ogni giorno, nel tempio e per le case, non cessavano di insegnare e di annunziare la buona novella: che Gesù è il Cristo. ND
NR e ND concordano, ma la CEI sembra essere piú fedele al testo poiché valorizza il singolare òikon e utilizza bene katà. La Vulgata traduce cosí:
“omni autem die in templo et
circa domos non cessabant docentes et evangelizantes Christum Iesum”
I dizionari indicano che
circa con accusativo può essere usato per indicare lo stato in luogo, anche se normalmente indica il moto a o per luogo:
circa Lesbum insulam,
nell'Isola di Lesbo (diz. Rosenberg e Sellier). In questo caso, la Vulgata sembra tradurre
nelle case, con
domos al plurale. Tuttavia, tradurre "a casa" qui non ha molto senso, poiché, non essendo specificato il proprietario di casa, significa che predicavano in casa loro, e questo è assurdo; "nelle case" e "per le case" ha senso, poiché significa che predicavano "in varie case", le case di altri (non la loro) e giustamente, come dici, non ci interessa sapere chi fossero questi altri. Ma anche questa traduzione è forzata, poiché òikon è singolare, e
non si capisce perché l'agiografo qui non abbia utilizzato il plurale, come invece fa in altri casi, già esposti. Inoltre, sembra che predicassero "a caso" per varie case. Fin qui, ne abbiamo giá parlato.
Altre traduzioni: presso [qualche] casa, in [qualche] casa; ambedue forzate, secondo me, poiché è necessario aggiungere l'
aggettivo indefinito, non presente sul testo, e rendono un significato piuttosto generico e comunque non convincente.
Allora vediamo il contesto. Se notiamo, il testo precisa che predicavano "en to
ierò kai kat'
òikon", evidenziando due luoghi:
il tempio, luogo pubblico, e
la casa, luogo privato; perché il testo evidenzia questi due luoghi di predicazione? Secondo me, vuole far capire che la predicazione avveniva sia pubblicamente (nel Tempio) che privatamente (in casa). Infatti, il termine òikos non significa solo "casa" nel senso proprio del termine, ma anche "casa privata", "nucleo familiare", "in privato" (Thayer, Winer).
Vediamo dunque di riassumere i pro e i contro delle possibili traduzioni:
Nel tempio e in casa: funziona grammaticalmente e ha senso se si intende come predicazione in luogo pubblico e in luogo privato (Winer's Grammar) o se è indicato il proprietario di casa (Col 4:15).
Questo è l'elemento nuovo che ho trovato.
Nel tempio e a casa: funziona grammaticalmente ma non ha senso, poiché non specifica e fa intendere che gli apostoli predicassero "a casa loro".
Nel tempio e per le case: può funzionare, ma certamente non rispetta il caso singolare e poteva dire "katà tas oikías", come nel caso di "katà tas kòmas" di Lc 9:6 (l'agiografo è lo stesso).
Nel tempio e presso [qualche] casa: può funzionare, ma è necessario aggiungere l'aggettivo indefinito non presente sul testo, e non è molto convincente il senso della predicazione presso "qualche" casa non specifica.
Nel tempio e secondo [la] casa: funziona grammaticalmente e fa capire che la predicazione era mirata
ad ebrei e a persone "qualificate". Mi rendo conto però della forzatura in italiano: il senso di "secondo", "a seconda di", funziona narrativamente molto bene con "lògon" (secondo la ragione) e con "pístin" (secondo la fede), e in molti altri casi, ma non altrettanto bene con "òikon". Purtroppo, a volte è praticamente impossibile rendere in un'altra lingua il senso che una espressione ha nella lingua originale, e occorre abbandonare la traduzione letterale e adottare una traduzione che renda bene il senso del discorso.
Tutte hanno pro e contro, le migliori grammaticalmente sono
secondo la casa e
in casa (in privato): la prima perché fa capire che la predicazione era destinata agli ebrei e a coloro che erano "disponibili" ad accoglierla; la seconda perché fa capire che il luogo di predicazione era sia pubblico, per gli ebrei, che privato, per tutti coloro che la volevano ricevere personalmente. Inoltre,
οὐκ ἐπαύοντο ("non cessavano") e
πᾶσάν τε ἡμέραν ("e ogni giorno")
fanno capire come non smettessero mai di predicare, come cioè la loro opera fosse incessante, in continuo svolgimento e in ogni contesto, sia pubblico che privato; questo, giustifica che predicassero sia pubblicamente nel tempio per gli ebrei che in privato per tutti quelli che li accoglievano, anche non ebrei.
Predicavano ovunque ci fosse bisogno di farlo.
Fin qui, credo di prediligere "nel tempio e in casa", poiché regge grammaticalmente e dal contesto capisco che l'agiografo vuole spiegare che la predicazione avveniva in pubblico e in privato.
Questo è confermato da Winer's Grammar, 400 (374) nota 1, che rende kat' òikon col senso di "in privato", in riferimento al versetto di At 5:42 dove kat' òikon è in opposizione a to ierò. La stessa cosa può essere applicata ad At 2:46,
dove troviamo di nuovo la contrapposizione tra en to ierò e kat' òikon, che il Winer rileva:
“E ogni giorno andavano assidui e concordi
al tempio, rompevano il pane
nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore” (ND)
Qui la ND traduce stranamente con "nelle case", contraddicendosi rispetto ad At 5:42. Invece, se applichiamo il senso di "privatamente", possiamo benissimo tradurre con "in casa". Questo senso è confermato dalle parole che seguono: “mangiavano insieme" (non "insieme ad altri"), quindi "in privato", e dunque spezzavano il pane "in privato", "in casa", kat' òikon.
In Col 4:15 leggiamo:
Ἀσπάσασθε τοὺς ἐν Λαοδικίᾳ ἀδελφοὺς καὶ Νύμφαν καὶ τὴν
κατ’ οἶκον αὐτῆς ἐκκλησίαν.
Salutate i fratelli che sono a Laodicea, Ninfa e la chiesa che è
in casa sua.
Qui, la ND si contraddice ancora, traducendo kat' òikon con "in casa" di Ninfa, dove si riunisce l'assemblea dei credenti. Il riunirsi κατ' οἶκον τίνος (in casa di qualcuno) conferma il senso di kat' òikon come "in casa", privatamente, solo che in questo caso è specificato di chi era la casa e quindi questa traduzione sembra obbligata.
Questo versetto conferma anche il senso di "secondo la casa", e smentisce decisamente quello di "per le case" o "di casa in casa". Certamente, se si specifica il proprietario di casa, si può tradurre solamente "in casa di" o "a casa di"; ma questo mostra inequivocabilmente che
kat' oikon con l'accusativo può essere usato per indicare stato in luogo. Senza la specificazione del proprietario di casa, assume il senso di "in privato"; un esempio per far capire l'uso che, secondo me, kat' òikon ha in questo caso, sarebbe se lo usassimo per dire "pasta fatta in casa":
sembra che kat' oikon, al singolare e senza articolo, sia una di quelle espressioni che assumono un senso specifco.
Propongo, dunque, la seguente traduzione di At 5:42:
“Ogni giorno, nel Tempio e in privato, non smettevano di insegnare ed annunciare la buona notizia”.
Mettendo insieme At 5:42 e 2:46, e alla luce di Col 4:15, si capisce che gli apostoli predicavano sia pubblicamente al tempio davanti agli ebrei che privatamente ("in casa"), si riunivano e mangiavano insieme tra di loro e spezzavano il pane privatamente ("in casa"). Non "di casa in casa", non "per le case", non "a casa" ma "in casa" (privatamente) e "secondo la casa" (quella di chi li accoglieva).
Detto questo, siamo molto lontani dal predicare "di casa in casa".