Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche
Inviato: domenica 13 marzo 2022, 19:17
Molto tempo fa in questa cartella avevamo commentando l’ottavo comandamento, ”non rubare”, ora rileggendomi quello che scrissi in questa discussione colgo l’occasione di completare questo studio aggiungendo qualche ulteriore considerazione , qualche cosa è già stato scritto e mi scuso della parziale ripetizione.
La generazione del diluvio prima di Noàch commise molte iniquità , era una società caratterizzata dall’ idolatria , dall'omicidio e gravi devianze sessuali, questo lo sappiamo interpretando un testo che si limita a sottolineare che la malvagità era sulla terra e ogni luogo era pieno di violenza, il talmud afferma che “D-o pazientò finchè non misero mano al furto” (TB Sanhedrin 108a).
Questo richiama il concetto di “proprietà” che secondo la visione biblica è molto più complesso di quello che sembra e fa parte del piano divino , il concetto di furto nella legislazione biblica è in sintonia con le leggi occidentali che distinguono il furto aggravato perpetuato con violenza da quello con destrezza, fino a quello di appropriazione indebita e altre forme di “furto”che sono reati contro il patrimonio
L’ebraismo attraverso la alachà già da oltre un millennio ha posto distinzione tra la ghevenàt mamòn (furto della proprietà), ghevenàt nèfesh (il sequestro di persona), e ghevenàt lev (la circonvenzione, inganno) , è anche è esposto in modo diverso tra Shmòt e Dvarim, “non rubare” e” non rubate”, questa differenza è una sottolineatura importante, si passa dal singolo al collettivo con tutte le sue implicazioni, nel senso individuale che collettivo chi ruba è sicuramente disposto a mentire e a uccidere.
In Shmòt 22/3 troviamo scritto un passo che avevo già commentato:
Se un uomo ruba un toro o un agnello, poi lo macella e lo vende, pagherà cinque tori a compenso del toro e quattro agnelli a compenso per l’agnello, ”Rashi commenta , rabbì Meir disse :”quanto è importante il valore del lavoro:un bue che è stato allontanato dal suo lavoro vale, quale risarcimento, cinque capi, mentre l’agnello che non è stato allontanato dal lavoro, il risarcimento corrisponde a quattro capi”.
( da Rashi Commento al libro di Shmòt 22/3).
Questo è stato abbastanza semplice e il nostro pensiero più lento lo ha compreso pienamente, ma c’è anche scritto “," poi lo macella e lo vende, pagherà cinque tori a compenso del toro e quattro agnelli a compenso per l’agnello” .
Perché il testo fa questa distinzione? facile ! e noi abbiamo la risposta pronta:” se è macellato o venduto non c’è più”, logico……! ma chi scrisse la regola intendeva sottolineare che il ladro con la macellazione o con la vendita poteva aver fatto del profitto, secondo il principio che se il toro valeva per il suo legittimo padrone poteva valere anche di più per il ladro, rimane secondario che la macellazione o la vendita eliminavano la possibilità della restituzione.
“A compenso del toro rubato cinque tori e quattro agnelli a compenso per l’agnello” perché questa ripetizione ? Sempre Rashi ci fa notare che questo genere di risarcimento vale solo per questi animali e non per gli altri.
C’è anche un ragionamento alla rovescia che Rashi sottolinea interpretando un passo dal Talmud:
”Disse Rabban Jochanan ben Zaccai: L’Onnipotente ha riguardo per la dignità delle creature; un bue che cammina sulle sue gambe, per cui il ladro non si degrada a portarlo sulle spalle, viene risarcito con cinque capi. Nel caso di un agnello, viene risarcito con quattro capi perché il ladro si è abbassato di dignità a portarlo sulle spalle”
Bisogna anche sottolineare la differenza tra il ladro semplice “gannàv” e il rapinatore “gazlan”, in contraddizione con la legge moderna la Torah sembra infliggere la maggior punizione al ladro semplice che al rapinatore , alcune implicazioni che riguardano i risarcimenti:
Per esempio di colui che ruba a un ladro , poi il ladro che ruba una trave e la mette in un tetto, se il tetto è suo o di un altro, l’idea del risarcimento secondo il talmud è una specie di copyright dei libri della Torah, un esempio lo ritroviamo spesso anche nel Forum è meritorio quando in un suo intervento cita la fonte .
Esiste anche il furto di identità che è connessa con una forma di rapimento, ghenevàt da’at , cioè la sottrazione della ragione altrui, per complicarci la vita cito l’esempio di un macellaio ebreo che vende carne non kosher a un non ebreo, il cliente non ebreo si rifornisce da macellaio ebreo perché sa che costui vende carne kosher , lui crede di aver comprato carne kosher ma ha ricevuto un prodotto diverso, in un primo e superficiale giudizio il cliente non ebreo non avendo l’obbligo di mangiare carne kosher non viene danneggiato economicamente, il vero danno è solo quello di aver mangiato carne non kosher credendo che lo fosse, allora costui si dovrebbe solamente sentire danneggiato nella sua intenzione di mangiare kosher a causa della scarsa responsabilità del macellaio che come in una commedia di Totò si difende confermando che l’ipotesi che il suo cliente non ha subito un vero danno perché non ebreo e quindi esente dall’obbligo, ma se il cliente non ebreo è uno che ha studiato e non è certo arrendevole può pensare che nel suo caso della “bistecca tradita” è avvenuta una cosa che si riconduce alla ghenevàt da’at letteralmente il “furto della mente” che è una norma contenuta nel talmud che vale per tutti ebrei e non ebrei.
Quindi attenzione ai macellai ebrei e non.
Noiman
La generazione del diluvio prima di Noàch commise molte iniquità , era una società caratterizzata dall’ idolatria , dall'omicidio e gravi devianze sessuali, questo lo sappiamo interpretando un testo che si limita a sottolineare che la malvagità era sulla terra e ogni luogo era pieno di violenza, il talmud afferma che “D-o pazientò finchè non misero mano al furto” (TB Sanhedrin 108a).
Questo richiama il concetto di “proprietà” che secondo la visione biblica è molto più complesso di quello che sembra e fa parte del piano divino , il concetto di furto nella legislazione biblica è in sintonia con le leggi occidentali che distinguono il furto aggravato perpetuato con violenza da quello con destrezza, fino a quello di appropriazione indebita e altre forme di “furto”che sono reati contro il patrimonio
L’ebraismo attraverso la alachà già da oltre un millennio ha posto distinzione tra la ghevenàt mamòn (furto della proprietà), ghevenàt nèfesh (il sequestro di persona), e ghevenàt lev (la circonvenzione, inganno) , è anche è esposto in modo diverso tra Shmòt e Dvarim, “non rubare” e” non rubate”, questa differenza è una sottolineatura importante, si passa dal singolo al collettivo con tutte le sue implicazioni, nel senso individuale che collettivo chi ruba è sicuramente disposto a mentire e a uccidere.
In Shmòt 22/3 troviamo scritto un passo che avevo già commentato:
Se un uomo ruba un toro o un agnello, poi lo macella e lo vende, pagherà cinque tori a compenso del toro e quattro agnelli a compenso per l’agnello, ”Rashi commenta , rabbì Meir disse :”quanto è importante il valore del lavoro:un bue che è stato allontanato dal suo lavoro vale, quale risarcimento, cinque capi, mentre l’agnello che non è stato allontanato dal lavoro, il risarcimento corrisponde a quattro capi”.
( da Rashi Commento al libro di Shmòt 22/3).
Questo è stato abbastanza semplice e il nostro pensiero più lento lo ha compreso pienamente, ma c’è anche scritto “," poi lo macella e lo vende, pagherà cinque tori a compenso del toro e quattro agnelli a compenso per l’agnello” .
Perché il testo fa questa distinzione? facile ! e noi abbiamo la risposta pronta:” se è macellato o venduto non c’è più”, logico……! ma chi scrisse la regola intendeva sottolineare che il ladro con la macellazione o con la vendita poteva aver fatto del profitto, secondo il principio che se il toro valeva per il suo legittimo padrone poteva valere anche di più per il ladro, rimane secondario che la macellazione o la vendita eliminavano la possibilità della restituzione.
“A compenso del toro rubato cinque tori e quattro agnelli a compenso per l’agnello” perché questa ripetizione ? Sempre Rashi ci fa notare che questo genere di risarcimento vale solo per questi animali e non per gli altri.
C’è anche un ragionamento alla rovescia che Rashi sottolinea interpretando un passo dal Talmud:
”Disse Rabban Jochanan ben Zaccai: L’Onnipotente ha riguardo per la dignità delle creature; un bue che cammina sulle sue gambe, per cui il ladro non si degrada a portarlo sulle spalle, viene risarcito con cinque capi. Nel caso di un agnello, viene risarcito con quattro capi perché il ladro si è abbassato di dignità a portarlo sulle spalle”
Bisogna anche sottolineare la differenza tra il ladro semplice “gannàv” e il rapinatore “gazlan”, in contraddizione con la legge moderna la Torah sembra infliggere la maggior punizione al ladro semplice che al rapinatore , alcune implicazioni che riguardano i risarcimenti:
Per esempio di colui che ruba a un ladro , poi il ladro che ruba una trave e la mette in un tetto, se il tetto è suo o di un altro, l’idea del risarcimento secondo il talmud è una specie di copyright dei libri della Torah, un esempio lo ritroviamo spesso anche nel Forum è meritorio quando in un suo intervento cita la fonte .
Esiste anche il furto di identità che è connessa con una forma di rapimento, ghenevàt da’at , cioè la sottrazione della ragione altrui, per complicarci la vita cito l’esempio di un macellaio ebreo che vende carne non kosher a un non ebreo, il cliente non ebreo si rifornisce da macellaio ebreo perché sa che costui vende carne kosher , lui crede di aver comprato carne kosher ma ha ricevuto un prodotto diverso, in un primo e superficiale giudizio il cliente non ebreo non avendo l’obbligo di mangiare carne kosher non viene danneggiato economicamente, il vero danno è solo quello di aver mangiato carne non kosher credendo che lo fosse, allora costui si dovrebbe solamente sentire danneggiato nella sua intenzione di mangiare kosher a causa della scarsa responsabilità del macellaio che come in una commedia di Totò si difende confermando che l’ipotesi che il suo cliente non ha subito un vero danno perché non ebreo e quindi esente dall’obbligo, ma se il cliente non ebreo è uno che ha studiato e non è certo arrendevole può pensare che nel suo caso della “bistecca tradita” è avvenuta una cosa che si riconduce alla ghenevàt da’at letteralmente il “furto della mente” che è una norma contenuta nel talmud che vale per tutti ebrei e non ebrei.
Quindi attenzione ai macellai ebrei e non.
Noiman