AEnim ha scritto: ↑venerdì 26 maggio 2023, 12:29
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Ma naturalmente non sappiamo nulla della forma e del contenuto di queste tradizioni!
Già, e questo è il problema, perchè il 'vuoto' si può cercare di colmare in quasiasi modo.
Eh si, come tu scrivevi, viene da chiedersi, quale sia l'oggetto di questa tradizione orale.
Interpretazioni e commenti alla Torah, regole esegetiche, diversa vocalizzazione del testo biblico, fissazione di norme halakhiche, grovigli di discussioni legalistico-religiose,
midrashim e parabole (
mashal), riebolazione di materiale più risalente volto ad attualizzarne il significato...in fin dei conti, ogni generazione di maestri ne ha plasmato il contenuto.
Verrebbe un pò a cadere il discorso religioso sull'immutabile Torah orale data a Mosè al Sinai.
Come procedere alla datazione di materiale trasmesso oralmente per lungo tempo, ma redatto solo tardivamente in forma scritta?
Della letteratura rabbinica (in cui sono confluite tradizioni orali di epoca diversa) ne andrà studiata l'orgine, la formazione, la natura e il contenuto, attraverso il metodo storico-comparativo delle fonti storiche e all' indagine linguistica. Ma fissare la datazione del materiale esaminato, è arduo se non impossibile, poichè, redigendo la Mishnà, si
unificò e
rielaborò le tradizioni di generazioni di studiosi, e questo carattere
omogeneizzante della redazione, rende problematico l'analisi delle fonti da cui si è attinto, e la relativa datazione...
Tuttavia a volte, siamo
fortunati; ed è proprio il Nuovo Testamento a venirci incontro. In esso possiamo trovare la conferma indiretta dell'antichità di materiale fissato per iscritto dai rabbi, secoli più avanti. Vado un pò a memoria (esempio forse già trattato nel forum):
"Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno"(Ebrei 4,16)
L'autore di questo passo, testimonia grande familiarità con la tradizione giudaica. Non esplicita chiaramente, cosa sia questo trono della grazia, lo da per inteso. Richiama un antico
midrash evidentemente noto all'epoca, che recita:
"Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia..."(b'Avodà zarà 3b)
Si tratta di una delle più conosciute rappresentazioni di Dio nella tradizione popolare ebraica, quella di Giudice che presiede il tribunale celeste. Ciascuno individuo è responsabile delle sue azioni ed è chiamato a renderne conto davanti a Dio. Ma l'attributo del giudizio (
middàt-ha-din) è solo un aspetto dell'identità divina, poichè Dio avrebbe un senso ugualmente forte delle misericordia (
rachamim).