Interpretazione delle Scritture Ebraiche

noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Uno studio sul termine אלים
Un passo in Shmòt 15/11 ha da sempre impegnato gli studiosi biblici nel tentativo di chiarire una espressione che appare insolita e contraddittoria e pare mettere in imbarazzo la concezione che si ha del monoteismo ebraico che non prevede accostare altre divinità al D-o di Israel e questo nasce dalla difficile interpretazione e traduzione di Esodo, dove leggiamo questa espressione מי-כמכה באלם יהוה מי כמכה נאדר בקדש “Chi è come Te tra gli dei, o Signore?” Chi come te maestoso nella santità”, questo brano è da molto tempo inserito nelle teffilòt settimanali al Beit- Knèset nel rito italiano, queste parole vengono subito pronunciate dopo lo Shemà e appartengono alla parashàt di Beshallàch in Shir ha-Yam, la Cantica del Mare, questa lode a D-o appare nel pieno della cantica all’incirca a metà e sembra stonare con forma poetica del brano, mostrando anche una anomalia grafica, in Shmòt la parola אלם è priva della Yod che caratterizza il plurale, esiste anche l’opinione di qualcuno che ha pensato che fosse una aggiunta posteriore del versetto e una correzione dei masoreti che avrebbero voluto mitigare il significato letterale della espressione.
Anche il Salmo 29 contiene la stessa parola , “הבו ליי בני אלים con traduzione “Celebrate il Signore o figlie di eroi” anche questo passo è si ritrova all'inizio della teffilàh nella parte che celebra l’entrata nello Shabbat , quindi il termine אלים nella polisemia della radice può presentarsi in diversi contesti e fornire significati diversi, in alcuni casi le varianti si ritrovano nello stesso versetto biblico, in questo ultimo caso citato sembra che la radice esprima il concetto di “forti, grandiosi” , una alternativa a ghibbor che potrebbe essere sinonimo, la traduzione Disegni traduce Elim “come angeli e commenta in calce una seconda alternativa interpretativa: (forze della natura o i discendenti di antichi eroi, presumibilmente i profeti),
Nel passo di Tehillim la yod che definisce la forma plurale è presente, certamente la presenza di altri dei accanto a יהוה è fonte di imbarazzo per i commentatori, esistono altre divinità accanto a D-o ?”Forse gli ebrei usciti dall’Egitto hanno verificato la superiorità del D-o di Israele rispetto agli dei degli egiziani?
L’espressione “Chi è pari a Te” è una lode, Rashi interpreta elim suggerendo che si riferisce ai “forti”, i potenti della terra, “, un altro esempio lo ritroviamo sempre in Tehillim dove ritroviamo una espressione simile.
ואתה יהוה אל-תרחק אילותי לעזרתי חושה
E tu o Signore, non tenerti lontano, tu che sei la mia forza […]22/20 תהלים
Quindi una traduzione alternativa sarebbe più affine a quello che intendeva l’agiografo, “Chi è pari a Te tra i forti”, ma esiste una terza interpretazione che anche se sembra molto ardita può essere oggetto di riflessione, “Chi è pari a Te fra i muti” secondo questa versione elim deriverebbe da illemim , tradotto come “muti”, ma come intendere “tra i muti “, se scartiamo essere muti come difetto fisico, rimane essere muti come “silenzioso” , quindi una virtù come è scritto in Tehillim 65/2 “Per te il silenzio è lode”, questa ipotesi non è corretta grammaticalmente e dovrebbe includere l’inserimento di una seconda “mem” (sofit) per formare illemim e che non troviamo nel testo, ma è anche vero che non appare neanche la yod in Shmòt, nonostante queste note grammaticali la suggestione rimane interessante , sopratutto considerando il passo successivo dove leggiamo ancora נורא תהלת עשה פלא “Terribile di lodi, facente prodigi” (traduzione letterale) , tradotto comunemente :“tremendo nelle imprese”, oppure “inaccessibile alla lode “, commenta Rashi: “Si teme di pronunciare le Tue lodi, per timore di sminuire il valore, cioè pronunciando lodi non sufficientemente adeguate al Signore, come è detto”A te si addice il silenzio” La “forza “si carica di significato, il” forte” è colui che si sa trattenere da pronunciare una lode inadeguata e quindi preferisce tacere, ritornando alla radice polisemica e dubbia ritroviamo in Tehillim 56/1: למנצח / על-יונת אלם רחקים una affermazione strana “Al direttore del coro, su jonath élem rechochim “ traducibile come “colomba muta che va raminga lontana” (ed Disegni)

אלם con il significato di muto la ritroviamo ancora in Shmòt 4/11, la radice si anima e genera per analogia אלמן “alman” , vedovo o אלמנה “almanah” , vedova, un ardito collegamento con la vedovanza come condizione d coloro avendola subita non potevano più parlare, nel senso che erano sottoposti alla solitudine che sappiamo è una forma di isolamento, forza e mutismo sono forse connesse con la parola?
Parrebbe di si se consideriamo che la parola ha anche una radice in מלל dell’aramaico, “Ma c’è dell’altro. Andrè Neher scrive:”Questo muto non è il muto fisiologico … No, al muto illém è stata legata la lingua, come si lega un covone …. Nulla vieta di supporre che tale muto si sia legto la lingua da sé e che sarà lui stesso a scegliere il momento dell’apertura, la porta d’uscita.
E un uomo …. Che assume su di sé il silenzio come un ruolo …”(l’esilio della parola, ed Marietti).L’affinità etimologica tra “illém” (“muto” e alummah (“covone”) fa supporre che il ricorso a questa radice nel bel mezzo della Shirat ha-Yam non sia casuale. La vicenda dei nostri Padri in Egitto è cominciata, lo si ricorderà, con il sogno dei covoni raccontato da Yossef ai suoi fratelli. Se egli fosse rimasto muto anziché parlarne male non ci sarebbe stata quella spirale che a lungo termine provocò la schiavitù. Avrebbe dovuto cogliere il messaggio del sogno, che adoperava il simbolo dei covoni per invitarlo a tacere. Ma Yossef non lo colse. Secoli dopo Moshè nella cantica del mare riprende quel messaggio. Dobbiamo imitare il S.B. Solo il S. B.ha sempre la forza di non reagire alle ingiurie. E quanto i Maestri al versetto finale di un’altra cantica, la Cantica di Deborah.
(fonte: Commento alla parashàt Pesàch VII giorno- La forza del silenzio, rav Somekh in ricordo di rav Elia Richetti).
Esiste una similitudine vocale e anche grafica tra i termini legare(i covoni) e i covoni stessi, lo scopriamo in Bereshit 37/7 questa particolarità
והנה אנחנו מאלמים אלמים בתוך השדה והנה קמה אלמתי וגם-נצבה
“Ed ecco [mentre] eravamo leganti i covoni in mezzo al campo ed ecco sorse il mio covone e rimase diritto” מאלמים “meal’mim” viene reso come legare e ha affinità con la radice מלא che esprime in concetto di riempire, quasi come un gioco di parole leggiamo “meal’mim alummim” facenti i covoni.
Ovviamente questo fa parte della interpretazione ebraica che possiede termini specifici che non ammettono i pluralismi e i significati che sono delle altre lingue, gli intrecci semantici consentono una lettura che si può porre appena sopra il Peshàt e forse accanto al Remez .
Shalom ve shavua tov
נוימן
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Le makhbòrot , letteralmente i “quaderni”, sono una serie di pubblicazioni che affiancano gli Studi Biblici a cura di Gianni Montefameglio , i “Quaderni ”raccolgono gli studi di diversi autori su argomenti biblici, le pubblicazioni anche se sono estemporanee sono molto apprezzate tra studiosi autodidatti e professionisti, rimane sempre una buona iniziativa che incredibilmente è il seguito di un genere di letteratura ebraica che risale all'inizio del 1200 e.v e che poi fu interrotto , va il merito a Gianni di aver ripreso e forse senza neanche saperlo quello che era una tradizione letteraria.

Immanuello Romano, chiamato anche Manoello Giudeo; visse tra il 1261 e il 1328 e.v., originario di Roma, sembra che a seguito dell’espulsione degli ebrei decretata da Dl Papa nel 1321, abbia lasciato Roma e si sia stabilito in seguito a Verona. Fu letterato e precettore, scrisse le Machbarot.
Letteralmente i “quaderni”, che nelle edizioni del 1491 divennero”Maqamà”, lavori brevi che contenevano poemi e melitzòt, scritte in momenti diversi della propria vita. Un vero e proprio genere letterario in prosa rimata, molto in voga tra gli ebrei in Spagna in quel tempo, si pensi al Sepher Takhmonì di Yehudah al Khazirì, di circa mezzo secolo dopo, che riprende a sua volta il Maqamà della poesia araba. Consiste in un dialogo fra l’eroe, in genere identificato con l’autore, e un interlocutore che lo stimola nelle sue interrogazioni. Ogni maqamà tratta di un soggetto specifico e non vi è necessariamente connessione fra ciò che precede e ciò che segue. Una cornice letteraria dà unità strutturale all’intera opera, come accade nella Vita Nova di Dante.
Il lavoro fu ispirato da un “sar” (patrono), probabilmente in ricco ebreo che ospitò Immanuello nella sua casa a Fermo (Marche). L’occasione fu un pranzo di Purim, festa licenziosa per eccellenza, al termine del quale i partecipanti furono invitati a contribuire con la loro inventiva letteraria. I “machboròt” contengono poemi di amore, vino, amicizia, enigmi, epigrammi, epistole, in uno stile ebraico biblico che ha la forza di stupire il lettore, Immanuello a introdurre il sonetto (Shir Zahav) nella letteratura ebraica, nella sua poesia d’amore si ispira al Dolce Stil Novo.
In generale la tradizione halakhica lo respinse proprio per la sua tendenza alla battuta profana a lasciva che ci fa ricordare Boccaccio più ancora di Dante.
Lo Shulchan ‘Arukh ne proibisce la lettura e non solo di Shabbàt, ma anche nei giorni feriali.

(tratto da Shavuà Tov- L’aldilà nella tradizione ebraica-di Rav. Somekh).
Noiman

Shabbat Shalom
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Biancaneve e i Sette nani.
La storia di "Biancaneve e i sette nani" raccontata da Noiman, ringrazio Wikipedia per aver fornito la traccia.

"In un giorno d'inverno una regina, mentre è intenta a ricamare vicino a una finestra un telaio con la cornice in legno di ebano si punge un dito con l’ago e delle gocce di sangue cadono sulla neve , guardandole gocce del suo sangue si rende conto di non avere ancora nessun figlio e spinta da questa verità esprime il desiderio di avere una figlia con i capelli scuri come l'ebano, l’ebano della cornice su cui è tesa la tela che ricama , ma anche con la pelle bianca come la neve e le labbra rosse come il sangue, dopo qualche tempo la regina e il re generano una bambina che nasce identica al desiderio della regina, gli danno il nome di Biancaneve.
Ma poco dopo la nascita di Biancaneve la regina muore, la leggenda narra che furono le conseguenze del parto.
Il re è affranto ma per continuare a fare il re decide di risposarsi , ovviamente la seconda moglie del re è una donna bellissima e come alcune donne di oggi e di ieri, sa di essere bella e quindi diventa vanitosa e teme il confronto della sua bellezza con ogni altra donna del regno, ogni giorno chiede a uno specchio magico chi sia la donna più bella del regno, la risposta è sempre che è lei.
Ma le cose non vanno sempre così e un giorno lo specchio che è la bocca della verità rivela che ormai lei non è la più bella del regno , Biancaneve è più bella di lei, la regina arrabbiatissima e invidiosa della figliastra incarica un servo cacciatore di portare la ragazza in un bosco e di ucciderla e riportagli come prova il fegato e i polmoni.
Il cacciatore è un buon uomo e ha timor di D-o , non se la sente di uccidere la fanciulla e utilizza uno stratagemma per ingannare la regina , abbandona Biancaneve nel bosco e uccide in sua vece un animale che avesse un fegato simile a quello di una fanciulla , poi porta gli organi alla regina, il cacciatore pensa che nel bosco la giovane sarebbe stata comunque uccisa da qualche lupo o bestia feroce. La regina, dopo aver ricevuto il fegato e i polmoni , li mangia, pensando che siano quelli di Biancaneve.

Biancaneve si ritrova sola nel bosco e cerca una strada per ritornare al castello ma non è facile, la vegetazione è molto fitta e il bosco oscuro, dopo aver vagato per parecchio tempo giunge in una piccola casa nel folto della foresta , nella casa abitano sette nani , ma lei non lo sa ancora perché quando giunge la casa è apparentemente disabitata, i nani sono dei minatori e tutti e sette dall’alba alla tramonto lavorano in una miniera .
Biancaneve dopo aver a lungo vagato nel bosco è affaticata e affamata , trova del cibo e del vino che i nani hanno lasciato , prende piccole porzioni di tutto e alla fine stanca si addormenta nell'unico dei sette letti che la può contenere.
Arriva la sera e i nani rientrano dalla miniera, dopo un primo attimo di sbigottimento nel vedere la fanciulla che dorme si rallegrano e quasi tutti sono felici di ospitare una fanciulla bellissima , Biancaneve in cambio dell’ospitalità accudisce alla casa, cuce, cucina e canta delle canzoni bellissime.
Tutto sembra funzionare fino a quando la regina scopre che la figliastra è ancora viva e in salute, lo specchio magico non può mentire , Biancaneve oltre a essere ancora viva è ancora più bella.
Nel culmine della rabbia e della gelosia la regina si traveste e camuffata da vecchia mercante si presenta alla casa dei nani nel bosco di giorno quando sono alla miniera, per due volte cerca di uccidere la fanciulla, la prima volta cercando di strangolarla con una cintura, la seconda cercandola di ucciderla con una forcina per capelli avvelenata.
In entrambi i casi la Biancaneve sviene, ma ogni volta è salvata dai nani che riescono a farla rinvenire , ogni volta che la lasciano sola per andare a lavorare nella miniera si raccomandano di non aprire a nessuno in loro assenza .
La regina questa volta si traveste da contadina e porta con se della frutta, giunge ancora una volta alla casa dei nani, è la terza volta e questa volta gioca di astuzia , ha avvelenato solo metà della mela e convince Biancaneve ad assaporare il frutto assaggiando lei per prima per non insospettirla.
Biancaneve ingannata dalla vecchia mangia la parte avvelenata , al primo morso cade in uno stato di morte apparente, alla sera giungono i nani ma questa volta nessuno di loro è in grado di risvegliarla , pensano che sia morta e la pongono in una teca di cristallo sulla cima di una collina.
Passa molto tempo , i nani vegliano Biancaneve, un giorno passa da quelle parti un giovane principe su un cavallo bianco, Biancaneve è bellissima, il principe la vede e ne rimane estasiato , chiede di poterla portare nel suo castello, i nani faticano a privarsi di Biancaneve ma colpiti dai sentimenti del giovane si fanno convincere , tutto è pronto per trasportare la teca con Biancaneve .
Ma un servitore del principe maldestro inciampa in una radice , la teca cade a terra e si frantuma , dalla bocca di Biancaneve esce il pezzo di mela avvelenata , il resto della storia è scontato, cessa l’incantesimo, la fanciulla si risveglia e subito si innamora del bel principe, come in tutte le altre favole vengono organizzate le nozze tra il principe e Biancaneve a cui viene invitata anche la Regina che suo malgrado apprende dallo specchio magico che c’è sempre nel regno un’altra fanciulla più bella di lei, quando si presenta al matrimonio scopre che è ancora la figliastra.
La narrazione si complica e nelle diverse versioni è lasciata molta libertà riguardo la sorte della regina malvagia, chi dice che sia stata giustiziata o chi rinchiusa in una segreta.
La sorte della Regina non sembra essere importante, il piano è stato sventato, qualche cosa di simile a quello che è accaduto a Ester nella meghillàh di Purim.

Questo non è un racconto biblico tuttavia non si possono ignorare importanti aspetti simbolici e esoterici, a iniziare del frutto portatore di morte, il cibo che tradisce , il fiore reciso, la bellezza estrema, il camuffamento, il travestimento, il numero sette, i nomi dei nani, il colore bianco della neve, il nero dell’ebano, il rosso del sangue, il cacciatore, la sostituzione della madre e l’assenza del padre, lo specchio che dice sempre la verità, il fegato e i polmoni.
Allora quale può essere la chiave di lettura del racconto dei fratelli Grimm in un modo alternativo , ci possiamo accontentare della lettura superficiale e letterale o tutto si presta ad un approfondimento per una raccolta di significati che possono convergere in un racconto parallelo.
Biancaneve e i sette nani è una forma di una letteratura didattica sapienziale, un racconto fantasioso con una sua morale che è una forma di insegnamento, assai simile alla parabola be -mahal, infarcito di enigmi Ĥiddòt, tutto il racconto più è fantasioso e più appare destinato all’interrogazione del testo per suscitare le domande, un sapiente gioco di relazione tra ascoltare e parlare.


“E Noàch pianto una vigna”
Commento a Bereshit 9/18

I figli di Noàch usciti dall’arca erano Shem, Cham e Jèfeth; Cham è il padre di Kena’an. Questi tre sono i figli di Noàch; da essi si diffuse la popolazione in tutta la terra.”(Bereshit9/18) (genesi).

Noàch, agricoltore, fu il primo a piantare la vigna,bevve del vino e si ubriacò, e si scopri dentro la sua tenda. Cham padre di Kena’an, vide la nudità del padre, e lo disse fuori ai suoi fratelli. Shem e Jèfeth presero il mantello, lo posero sulla schiena di ambedue, e camminando a ritroso coprirono la nudità del padre senza vederla, poiché avevano la faccia rivolta all’indietro. Noàch, destatosi dal vino, seppe quello che gli aveva fatto suo figlio minore. E disse:” maledetto Kena’an! Sia schiavo degli schiavi dei suoi fratelli “. Disse poi:” benedetto il Signore Dio di Shem! Kena’an sia loro schiavo. “Dio conceda a Jèfeth estesi confini e abiti nelle tende di Sem. Kena’an sia loro schiavo” Noàch visse dopo il diluvio trecentocinquant’anni. Tutta la via di Noàch fu di novecentocinquant’anni; poi morì. “ (Bereshit, 9 /18-29).(genesi).
Noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

In poche righe si conclude la storia di Noàch il “sopravvissuto” che per certi aspetti ci ricorda una nuova genesi, Adamo ricevette un giardino da coltivare e sorvegliare, Noàch nella nuova terra diventa il primo viticoltore , pianta delle viti , sorveglia pazientemente le sue viti per tutto il tempo necessario che producano il frutto, raccoglie l’uva e fa del vino.
Se Noàch fosse vissuto in Mesoamerica avrebbe piantato il mais e si sarebbe ubriacato con la birra? non lo sappiamo.

Noàch dopo aver consumato il vino si addormenta nella sua tenda, non leggiamo altri particolari, questo ricorda il ritrarsi di D-o che lasciò sola la prima coppia, Cham ricorda Adamo che trasgredisce, la prima trasgressione è collegata al “gusto” e al cibo in questo caso è la “vista”.
Questa parte del racconto sfugge dal collettivo e diventa personale, lo spazio temporale è ignorato, sappiamo che per piantare una vigna occorre tempo, per ottenere il frutto occorrono anni, poi l’uva è un frutto lento a maturare e perché sia idoneo a a fermentare e trasformarlo occorre ulteriore tempo, nel racconto è tutto scontato , il salto temporale è annullato, come un paesaggio dipinto che all’improvviso si anima e senza un passato diventa reale , Noàch è un naufrago veramente singolare, una volta che è in salvo cosa fa? Pianta una vigna !
No abbiamo mai udito parole di Noàch e la prima volta che parla maledice Kee’nan, le parole successive sono una benedizione.
L’agiografo non fornisce un dialogo tra le parti , il personaggio è pura azione, esecutore della volontà di D-o per una missione da compiere, non pone nessuna domanda sul perché doveva costruire la “tevàh” , una mega imbarcazione capace di traghettare i superstiti per il nuovo mondo, Noàch non parla, non chiede e non giudica, esegue gli ordini e la volontà di D-o , nessuno intorno a lui pone obiezioni.

Riprendiamo da genesi 9, sono nominati i figli di Noàch, essi sono Shem, Jèfeth e Cham, che in ebraico vuole dire “il caldo”, Cham è il padre di Kena’an, quindi un nipote di Noàch e che potrebbe non essere ancora nato ma forse già concepito, dal testo apprendiamo che i figli di Noàch erano tre: “ Noàch all’età di cinquecento anni generò Shem, Cham, Jèfeth” ( Bereshit 5/32).
Un parto trimegellare oppure figli da più madri, non conosciamo il nome della moglie di Noàch, i figli sono citati sempre nello stesso ordine , possiamo solo supporre chi è il primogenito.
Sappiamo che essi avevano delle mogli, ciascuno entrò nell’arca in coppia come tutti gli animali puri e impuri, in questa parte del racconto è ulteriormente difficile individuare la temporalità.
Riprendiamo dal testo:
Noàch agricoltore, fu il primo a piantare una vigna, Bevve il vino e si ubriacò, e si scopri dentro la tenda” (Bereshit-Noàch 9/ 20) (genesi)
Il Bereshit Rabbà commenta: “ E Noàch cominciò a essere un agricoltore, si profanò e si rese impuro” נח איש האדמה ויטע כרם ויחל , dalla radice יחל yàkhel proviene anche “profanare” , sminuire e veicola “rendere impropria una cosa” , ci siamo già chiesti , perché piantare proprio una vigna! La stessa domanda se la pone il Bereshit Rabbà:“ Perché piantò la vigna, e non qualcosa di più utile, come ad esempio il fico o l’olivo? Ma piantò la vigna.”
[……] “è scritto” si denudò: causò l’esilio a sé ed alle venture generazioni”
ויתגל “ e si denudò” [può essere anche letto” che andò in esilio” ].
“Cham , padre di Ken’an , vide la nudità di suo padre, e lo disse fuori ai suoi fratelli” (Bereshit- Noàch 9/22) (genesi).
Noàch destatosi dal vino, seppe quello che gli aveva fatto suo figlio minore e disse “ Maledetto Kena’an ….” Chi è “Kena’an “?
E scritto “il figlio minore”, ma non erano nati tutti nello stesso anno in cui Noàch aveva compiuto cinquecento anni? Forse due di essi erano gemelli e l’ultimo a nascere poteva essere Cham?
“Cham” è definito il padre di Kena’an, questa precisazione ci sembra quasi una visione profetica, un quarto figlio, il testo riporta due volte questa affermazione, perché non citare i figli di Shem e di Jèfeth?
Al suo risveglio Noàch, non maledice Cham, ma Kena’an .
Commenta il Bereshit Rabbà: “ Cham peccò e Kena’an fu maledetto” , il talmud interpreta : “Poiché è scritto: E benedisse Dio Noàch ed i suoi figli la maledizione non può prendere il posto della benedizione, perciò disse: “maledetto Kena’an”
Anche il rotolo 4Q252 ritrovato a Qùmran, un pesher alla Genesi conferma la stessa interpretazione del Midrash Rabbàh,
Per approfondire questo episodio è importante riesaminare ancora una volta il testo originale:
וירא חם אבי כנען את ערות אביו ויגד לשני אחין “Cham padre di Kena’an , vide la nudità del padre e lo disse…”
L’espressione אביוערות “arvàt a’viv” viene sempre tradotto come “ scoprire le nudità” la stessa espressione si ritrova in altri contesti con significati alternativi alla semplice traduzione di scorgere la nudità, uno dei significati è quello dell’incesto.
Secondo questa interpretazione Cham entrò nella tenda e approfitto della ubriachezza del padre compiere un atto incestuoso.
In Vaykrà ritroviamo le stesse parole
ואיש אשר ישכב את אשת אבין ערות אביו גלה... ( Wayqrà) (levitico 20/11).
E qualora un uomo si unisca con la moglie di suo padre, avrà scoperto le nudità di suo padre….
Sempre in Waikrà “Che nessuno di voi si accosti ad un suo parente stretto per scoprirne la nudità” (18/6) [….] la nudità di tuo padre e la nudità di tua madre”, la nudità del padre è posta in riferimento alla madre”, svelare la “nudità” è compiere un atto incestuoso, esiste anche un’altra interpretazione più ardita: “ scoprire le “nudità” può essere interpretato che Noàch fu castrato.
Noàch seppe che cosa gli aveva fatto” e maledice Kena’an, la maledizione sembra destinata al figlio dell’incesto , in questo caso il figlio di Cham, un’altra ipotesi è che Kena’an poteva essere stato concepito nei mesi in cui essi hanno dimorato nell’arca, il testo afferma che tutte le unioni sessuali all'interno dell’arca erano proibite, il divieto doveva valere uomini e animali, si tratta di un espediente letterario con alcuni aspetti interessanti che non si possono approfondire in questo contesto, dopo l’uscita dall’arca i rapporti sessuali furono ripristinati.
Secondo l’ipotesi di castrazione o di incesto il Bereshit Rabbà pone una singolare affermazione :” "Molto sofferse Noàch nell’arca, perchè non ebbe un figlio piccolo che lo servisse. Quando Cham fece quella azione Noàch gli disse: Ora tu mi trattieni dal far nascere un figlio piccolo che mi serva. Perciò sarà quell’uomo [Cham] servo ai suoi fratelli che mi serviranno [… ] perciò io maledico il quarto figlio
Non potendo egli maledire ciò che aveva benedetto D-o, maledì Kena’an.
Il midrash commenta con una certa comicità quello che può aver detto Cham ai suoi fratelli: “Disse loro: Adamo aveva due figli, uno uccise l’altro e questo ne ha già tre e cerca di farne un quarto” (Bereshit Rabbà 26/5).
Segue. :YMHUG:
Noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Tutto il racconto è simbolico e fonte di insegnamento, i tre figli di Noàch rappresentano tre culture diverse : Cham” , il simbolo della materialità e dell’istinto.
Shem e Jéfeth” soccorrono il padre coprendolo con un mantello.
Ma con un distinguo :
ויקח שם ויפת את השמלה וישימו על שכם שניהם וילכו אחרנית ויכסו את ערות אביהם ופניהם אחרנית וערות אביהם לא ראו “Shem e Jéfeth presero il mantello , lo posero sulla schiena di ambedue, e camminando a ritroso coprirono la nudità del padre senza vederla, poiché avevano la faccia rivolta all’indietro” (Bereshit-Noàch 9/23) (Genesi)
Il verbo ויקח “prese” è scritto al singolare, ma il testo afferma che erano due , la costruzione grammaticale sembra voler sottolineare un unico soggetto , l’ordine dei nomi ci induce a pensare che sia “Shem”, forse fu “ Shem” ad avere l’iniziativa e il fratello con un attimo di ritardo lo seguì.
Il racconto non intende fornire una spiegazione su quale significato e conseguenza potesse avere il soccorso al padre di Shem e Jafet e non si riesce a capire come i due fratelli potessero rimediare a un evento così drammatico, l’agiografo si limita a completare il racconto sottolineando il distinguo tra i tre fratelli
In questa possibile interpretazione possiamo cogliere una ulteriore sottigliezza che fa differenza, commenta Shimshòn Refael Hìrsch : “ La spinta etica è tipica di Shem, per lui la nudità del padre è immorale. Jéfeth la approva perché constata alla prova dei fatti che essa è valida sul piano a lui più consono, quello estetico: la nudità del padre è semplicemente indecorosa. L’etica è un riflesso dello spirito; l’estetica , l’arte è ancora una via di mezzo, una sintesi fra spirito e materia “ ( rav Alberto Moshè Somekh).

La diversità dei fratelli è marcata dalla benedizione che Noàch impartisce ai suoi figli, la sequenza temporale ci sembra accelerata, abbiamo la sensazione che l’agiografo abbia fretta di congedare Noàch , una figura che sembra solo importante per traghettare i personaggi che faranno la vera storia, verrà menzionato ancora una volta con le parole “ visse ancora dopo il diluvio trecentocinquanta anni”, per poi scomparire dalla scena.

Rivediamo ancora una volta il testo: “Noàch destatosi dal vino seppe quello che gli aveva fatto suo figlio minore. E disse : “Maledetto Kena’an, sia schiavo degli schiavi dei suo fratelli”. Disse poi:”Benedetto il Signore Dio di Shem. Kena’an sia loro schiavo. Dio conceda a Jéfeth estesi confini ed abiti nelle tende di Shem. Kena’an sia loro schiavo.”(Bereshit- Noàch 9/24-27) (Genesi)
La sequenza è questa: prima la maledizione a Kena’an, figlio di Cham , poi la benedizione a Shem attraverso una formula inconsueta, Shem viene benedetto attraverso il Nome di D-o, per ultimo viene benedetto Jéfeth, la formula cambia e diventa profetica, “conceda a Jéfeth estesi confini e abiti nelle tende di Shem”.
La benedizione del terzo figlio è di ordine materiale, scrive rav. Somekh :”A Jéfeth viene promessa in cambio la larghezza di beni materiali, il versetto può essere interpretato in modo differente. Chi è il soggetto di quella frase”abiti nelle tende di Shem”? D-o o piuttosto Jéfeth stesso? In tal caso la berakhàh si arricchisce notevolmente. Non ho obiezione alcuna, direbbe Noàch – che Shem accolga nelle sue tende il senso artistico proprio di Jéfeth . Purché si ricordi sempre che la sua vocazione è un’altra: quella di essere l’ispiratore etico dell’umanità. (Fonte: Tra Etica ed estetica di rav. Alberto Somekh).
Quindi una maledizione e due benedizioni come delle scatole cinesi, D-o è presso Shem, ma la discendenza di Jéfeth dimora presso Shem , la posterità di Kena’an sarà schiava presso Shem e Jéfeth.
L’agiografo è sicuramente di parte e nel racconto assegna che la discendenza di Shem sarà il popolo di Israele e dispone i personaggi nell’ordine dei simboli, Jéfeth rappresenterà lo spirito estetico e la cultura del mondo terrestre , secondo la tradizione da Jéfeth discendono i greci, i persiani e i romani .
Rashi sottolinea precisando: il merito di Shem fu di prendere l’iniziativa di coprire la nudità del padre. E aggiunge:”Per questo i figli di Shem meritarono di indossare il tallit con le frange” indumento che ricorda le tende in cui abitò la discendenza di Shem.
Il testo congeda Noàch e riprende con la descrizione delle discendenza dei suoi tre figli.
Come qualcuno ha giustamente osservato il racconto è fortemente eziologico e mostra diversi aspetti sapienziali e sfugge alla dinamica della narrativa accettata dal lettore contemporaneo.
Shalom
Noiman
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

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Isaia 54/4
Per chi mi ha scritto chiedendomi un chiarimento su Isaia 54/7 riguardo alla forma insolita di “ tuo marito (sposo) è il tuo creatore, rispondo nella cartella “Interpretazione delle scritture ebraiche” pensando che sia di interesse comune.
Innanzitutto è necessario chiarire il contesto di questo passo che non deve essere isolato dal tema generale, il tema dell’agiografo riguarda la יולדה “yoledà, la partoriente , soggetto di questo capitolo, la “partoriente la ritroviamo in Isaia in diverse parti. Isaia 7/10-14, Is. 54/1, Is. 66/7-11, i soggetti che partoriscono sono diversi, il primo una giovane donna partorisce Emmanuele, , nel secondo, il nostro … si tratta di una anonima sterile che partorisce un gran numero di figli, nel terzo caso si tratta di Sion che partorisce un figlio maschio e subito dopo un intero popolo .
Riporto il passo non vocalizzato.
כי בעליך עשיך יהוה צבאות שמו וגאלך קדוש ישראל אלהי כל-הארץ יקרא
Poiché tuo marito ti ha fatto, Y***degli eserciti è il Suo Nome e tuo salvatore è il Santo di Israele”(Isaia 53/5)
L’espressione בעליך “tuo marito”appare al plurale e concorda con עשיך, la forma è insolita, non riferendosi sicuramente a due mariti, questa variazione è da spiegarsi come un espediente del TM di evitare di scrivere בעלך, “tuo marito” in forma grammaticale corretta per evitare che fosse connesso al nome Ba’al ,(ba’alech), la divinità dei Babilonesi e nello stesso tempo sottolineare che non si tratta di uno sposo qualsiasi ma del D-o di Israele, rappresentato nel tetragramma.

Shalom
נוימן

noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »


כי-ימצא איש שכב עם-אשה בעלת-בעל ומתו גם-שניהם האיש השכב עם האשה והאשה ובערת הרע מישראל
Quando venga trovato un uomo che giaccia con una donna sposata, tutti e due dovranno morire”, l’uomo che si è giaciuto con la donna li estirperai da Israele (Dvarim 22/22).
Questo passo di Deuteronomio non sembra richiedere un particolare approfondimento, tuttavia esistono alcuni aspetti che sfuggono perché la traduzione in quasi tutte le versioni non è fedele al testo originale .

Se rivediamo il testo con una traduzione più letterale possiamo notare una prima anomalia:

Se, (quando), sarà trovato un uomo giacente con una donna sposata, moriranno anche loro due, l’uomo giacente con la donna e la donna e estirperai da Israele”
L’espressione גם-שניהם “anche i due” sembra una ripetizione inutile considerando che subito dopo la donna e l’uomo sono menzionati una seconda volta .

“Anche i due” potrebbe riferirsi alla situazione in cui la donna che deve essere giustiziata è incinta! Come è la nostra morale a riguardo ?
Bisognerebbe chiederlo al Governatore del Texas o quelli che mentre vi scrivo lapidano ancora le donne.
La situazione è triste e purtroppo ancora attuale nel mondo, soprattutto dove esiste ancora la pena di morte, triste negli ultimi due millenni in una società che continua a fare giustizia attraverso la “pena di morte”.
Può essere interessante approfondire il tema.
Considerando alcune variabili, esempio è incinta da pochi giorni in seguito al rapporto sessuale con lo stesso soggetto, oppure è incinta del marito, quanto è avanzata la gravidanza, e altre possibilità.
Attendo vostri commenti, intanto Shabbat Shalom
נוימן


noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »


In realtà donna e feto sono considerati un solo corpo, il ragionamento che potrebbe essere alla base del decisore considera che solo quando il feto sporge con la testa all'inizio del parto è considerato nèfesh, un ulteriore ragionamento considera il principio del rodef, il persecutore, tale principio è regola per la legittima difesa anche oggi, se uno mette in pericolo la vita può essere ucciso, ovviamente come estremo rimedio , Maimonide considera il rodef, non come una punizione ma un provvedimento per salvare una vita, nel caso del’aborto il principio si applica correttamente nel caso che minacci la cita della madre indipendentemente che abbia o meno una personalità giuridica , ma nella situazione in cui il travaglio è iniziato , per esempio il feto è spuntato in una sua parte si crea una forma intermedia e non si sa più chi minacci, se il feto la madre oppure viceversa. Quindi la Misnàh accetta l’aborto solo nel caso in cui il feto minacci la vita della madre, bisogna cercare di calarsi nell'epoca in cui fu messa per scritto, medicina e ginecologia erano ancora sul nascere , non si poteva certamente fare amniocentesi o altri esami per conoscere lo stato del feto, questo mancata conoscenza escludeva l’aborto per gravi difetti o malformazioni, situazione ben diversa di oggi quando la diagnostica consente di rilevare anomalie fin dai primissimi giorni dopo il concepimento.

Ritornando al caso della donna incinta condannata a morte perché rea di una grave colpa, esempio Dvarim 22/22, la questione si fa più complessa e pone la domanda “E giusto far soffrire la donna per tutto il periodo della gravidanza nella certezza della propria morte ? e secondo una interpretazione la sofferenza è più grande che la morte del feto, tenendo conto che questo pensiero è scaturito in una cultura dove la gravidanza era sempre ad altissimo rischio e anche dopo la vita era sempre incerta, quindi può valere il principio del “inui din”, facendo soffrire il condannato la pena dell’attesa, cosa che è completamente lecita nella legislazione americana in cui un condannato a morte può attendere parecchi anni prima di essere giustiziato, e quindi morire due volte, il pensiero rabbinico ha considerato che anche il condannato a morte ha il diritto di essere considerato con rispetto.
Ma quando è iniziato il parto la situazione si inverte e la madre pensa alla sopravvivenza del figlio e allora la regola è che si attende che ella partorisca, quindi l’espressione “moriranno anche i due”di Dvarim è riferita alla donna e l’embrione.
Ora questa morale può scandalizzarci, ma se leggiamo bene la bibbia non possiamo scordarci che il faraone decise la morte di tutti i neonati maschi ebrei in Egitto, il talmud pone un interessante commento riguardo la decisione del faraone di uccidere i maschi e aggiunge una nota:
Dove è andato ? rav Judà ben Zevinà dice: “ E andato secondo il consiglio di sua figlia. Amram era il più grande della generazione ( e tutti ascoltavano le sue parole, Rashì). Avendo visto che il Faraone aveva disposto” ogni maschio nato gettatelo nel Nilo, ha detto:” Ci affatichiamo per nulla”. Si è alzato ed ha ripudiato la moglie. Si sono alzati tutti e hanno ripudiato le loro mogli. Gli ha detto sua figlia: Padre! Il tuo decreto è peggiore di quello del faraone giacché il faraone non ha decretato altro che per i maschi e tu hai decretato per maschi e femmine; il faraone non ha decretato altro che in questo mondo e tu hai decretato in questo mondo e in quello a venire; per il malvagio faraone è in dubbio se le sue parole si mantengono oppure no, ma tu sei giusto e sicuramente le tue parole si mantengono, come è detto (il giusto) pronuncia un decreto e la cosa avviene: Allora si è alzato ed ha ripristinato sua moglie, si sono alzati tutti ed hanno ripristinato le loro mogli”( TBSotà 12a).

Si pone la distinzione tra il rifiuto di procreare e l’omicidio di stato, ovviamente tutto questo ci lascia perplessi ma ancora oggi esistono leggi peggiori che hanno consentito il massacro di molti figli di donne adultere mentre nel diritto ebraico non è contemplato.
Le fonti, sono diverse, quella più importante è uno studio di A. Mordechai Rabello, dal titolo: “Lo status giuridico del nascituro secondo il diritto Ebraico” da Hebraica, miscellanea di studi, da cui ho tratto molti riferimenti, chiedo scusa all'autore.
Shabbàt Shalom
Noiman


noiman
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Iscritto il: domenica 20 aprile 2014, 22:41

Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

C’è un primo seguito:

וכי ינצו אנשים ונגפו אשה הרה ויצאו ילדיה ולא יהיה אסון ענוש יענש כאשר ישית עליו בעל האשה ונתן בפללים, ואם-אסון יהיה ונתתה נפש תחת נפש
Se alcuni uomini venissero a rissa e urtano una donna incinta, cosi che abortisca, se non vi è altra disgrazia, si esigerà una ammenda secondo quanto il marito della donna imporrà , e il colpevole sarà condannato a pagare l’ammenda secondo l’arbitrato, se invece ci sarà una disgrazia, pagherai vita per vita” (Shmòt 21/22-23)

Una traduzione più letterale: “E quando uomini lottano e feriscono una donna gravida e usciranno di lei i bambini e non ci sarà disgrazia , multare (sarà multato) come imporrà a lui il marito della donna e darà tramite i legislatori, se invece ci sarà disgrazia darai vita per vita

La parola אסון “ason” è traducibile come "disgrazia e incidente", in questo contesto è riferito alla donna che per causa incidentale abortisce, il testo nella traduzione letterale parla esplicitamente di bambini, la prima traduzione utilizza il termine aborto e pone la distinzione tra la donna e le conseguenze in due ipotesi, il danno è contemplato nel diritto civile e risarcito con una pena pecuniaria, la traduzione della LXX fa eccezione e traduce “ason” in riferimento al feto (Fonte miscellanea Hebraica), il testo:
Se due uomini combattano e urtino una donna incinta, e la sua creatura venga fuori non formata, si pagherà una penale, come abbia imposto il marito della donna, darà secondo la stima; se invece era formata, darà anima per anima”.

La septuaginta non solo modifica il significato di אסון ma fa da suggeritore e parla di creatura ponendo distinzione tra un feto ancora informe e uno ormai completo nella forma umana, il pensiero con cui è stato modificato il significato originale è condizionato dalla cultura alessandrina che ha influenzato i traduttori secondo il pensiero greco, questa interpretazione rende molto difficile stabilire quando si tratta di un feto ormai completo, rendendo arbitrario il punto di osservazione che segna il confine tra un feto e un bambino ormai prossimo alla nascita.
Questa traduzione ignora completamente la donna che viene messa in secondo piano, omettendo la seconda parte che nel TM interpreta וים-אסון come il danno alla donna, nel significato che essa subisce una lesione mortale.

Noiman



speculator2
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da speculator2 »

È un esempio di come traduttori poco Fedeli anche di 2000 anni fa hanno modificato il testo originale.
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