Interpretazione delle Scritture Ebraiche

noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Colgo l’occasione per rispondere a una domanda posta da Ettore che riguarda ancora il libro di Bereshit , riassumo la prima parte della domanda: “
come possiamo credere a quello che è scritto in Genesi riguardo la creazione del mondo e dell’uomo
, Ettore afferma che i primi tre, quattro capitoli iniziali di Bereshit sembrano illogici e incomprensibili , l’aspetto letterale conciso è persino banale , mi pare di aver già a suo tempo commentato che l’agiografo/i non utilizzava la nostra logica , il racconto ha una dimensione narrativa dilatata in aperto contrasto con la razionalità su cui è costruita la nostra impalcatura intellettuale , gli elementi oggettivi che soddisfano le nostre esigenze narrative sono assenti , le stesse traduzioni non riescono a trasferire il senso originale , ci sembra di avere tra le mani un libro immaginoso, lacunoso parco di spiegazione e chiarimenti nei punti essenziali e prolisso in altre parti attraverso alcune ripetizioni , molte le contraddizione e salti temporali, una sfida al nostro buon senso logico, di per se il racconto non è molto eccezionale, avevo già scritto che chiunque è in grado di scrivere una storia migliore.

Mi pare di aver anche citato UgoVolli che fa l’esempio di un archeologo pronto a riconoscere in una forma regolare segnata in un campo un residuo di una antica costruzione, mentre un labirinto estremamente complesso anche più evidente può sembragli naturale e sfuggirgli perché non è logico, non cartesiano.

L’esempio di Volli per spiegare che all’interno del testo biblico nei due primi capitoli di Genesi è presente una razionalità non subito evidente ma sviluppa una serie ripetute di scansioni binarie, dal caos primordiale espresso con l’onomatopeico tohu vavou, (Bruno di Porto) successivamente scopriamo una serie di separazioni simmetriche : cielo/terra, terre/acque, acque/acque, luce/tenebre, giorno/notte, maschio/femmina, i giorni si alternano fino al numero 7 che chiude la successione binaria e sigilla la sequenza nel tempo e la sua ripetizione ciclica.
La risposta a Ettore riguardo alla sua seconda domanda perché è scritto che :“Il Signore non aveva fatto ancora piovere sulla terra” la risposta è che non va considerata in forma dubitativa con il significato “ tutto era inaridito” perché non c’era acqua, in realtà l’agiografo vuole porre una distinzione e suggerirci che la terra possedeva una sua energia creativa, “Ed jalèh min ha-aretz vejshchàh et kol pnèha adamah, ovvero : “Un vapore umido saliva dalla terra e bagnava tutta la superficie del suolo” , il significato ermeneutico suggerisce che erano presenti sulla terra tutti gli elementi necessari per fare crescer la vita, la distinzione è tra le acque , una sottolineatura per spiegare che la pioggia era secondaria e il vapore umido saliva dalla terra, paragonabile a alla rugiada, sarà attraverso la terra umida che l’uomo sarà plasmato , la terra usata dal vasaio è paragonabile a un utero fecondato, la fecondazione si completerà solo quando D-o insufflerà lo spirito di vita.
Noiman

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Gianni
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Esempio appropriatissimo quello di UgoVolli. :-)
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Ciao Gianni
Questa mattina Ettore mi ha scritto privatamente chiedendomi se funziona ancora la posta privata all’interno del forum, direi di no! almeno non sempre, le comunicazioni automatiche non ci avvisano che è disponibile una mail personale in casella posta privata, avevo chiesto a Emiliano se poteva occuparsene, spero che ci riesca, il forum ha bisogno di manutenzione e prima o poi collasserà, a parte forse Gianni e Emiliano nessuno è in grado di metterci le mani, in caso di guasto grave diverrà inutilizzabile, ma considerata la situazione generale non sembra una grave perdita.
un saluto a tutti
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Gianni
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Caro Noiman, io davvero non saprei metterci mano. E, sì, non sarebbe una grave perdita. ;)
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Wayerà.” Lot manipola sessualmente le sue figlie” di Zev Farber.

Quello che vi posto oggi è un breve riassunto di un articolo di Zev Farber in commento a Wayerà e riguardo Lot le sue figlie e l'incesto.
Ovviamente sarò sintetico nella parti del racconto che tutti conosciamo.
Da qualche parte in rete trovate l’articolo a cui mi sono ispirato e ne ho copiato alcune parti.
Il Racconto:
Lot e le sue figlie dopo la distruzione di Sodoma si nascondono in una grotta, credendo di essere gli unici sopravvissuti sulla terra le figlie fanno ubriacare il padre e mentre Lot dorme si uniscono sessualmente al padre.
E’ evidente che la storia non sta insieme, quando mai un uomo ubriaco e nel sonno è in grado di concepire figli oltretutto con le proprie figlie, quando mai le figlie stuprano il padre. E un incesto alquanto singolare, queste osservazioni non potevano sfuggire all'agiografo , il racconto aggiunge un particolare , Lot non seppe quello che gli era successo nelle notti in cui era ebbro, questo lo capiamo quando leggiamo “E la piccola giacque con lui e non conobbe (Lot) il suo giacere” (Bereshit 19/35) , la tradizione immagina che molti secoli dopo quando Ruth la Moabita entrò a far parte del popolo ebraico fu lei ad aggiungere il punto nella parola ובקמה u-ve-qumàh, che chiude la frase dove è scritto che le figlie si coricarono e si alzarono senza che il loro padre sapesse dell’unione sessuale.

Da questi rapporti incestuosi vengono generati due figli, un espediente letterario per indicare i capostipiti di due popoli che vivranno a fianco di Israele e giustificare alcuni elementi storici e generazionali narrati successivamente, non è raro che si ricorra a questo mezzo per autentificare la presenza di grandi uomini e grandi donne anche se non di discendenza ebraica saranno protagonisti nelle sorti del popolo di Israel, contrariamente a quanto si pensi l’ebraismo è nato per una serie di adozioni a iniziare da Avrahàm che era un caldeo, Moshè figlio di ebrei che sposò una donna madianita , Ziporàh , poi questo è successo molte altre volte, il racconto prosegue: “La maggiore partorì un figlio e lo chiamò Moab; è il padre dei moabiti di oggi, anche la minore partorì un figlio e lo chiamò Ben ‘Ammi, il padre degli Ammoniti di oggi”(Bereshit 19,37).

Il gioco di parole nei nomi dei due figli è evidente מואב potrebbe essere min av, “dal padre” primo a nascere come figlio di Lot, il secondoבן עמי ben amì’,”figlio del popolo, ancora un suggerimento narrativo per informare il lettore che i due popoli Moabiti e Ammoniti, certamente figli dell’incesto ma con un ruolo importante nella storia, tanto è vero che leggiamo che Moshè ordinerà di non attaccare le terre di Moab e Ammon secondo una promessa fatta:“Poiché la diedi a figli di Lot in possesso” (Dvarim 2/19). I nomi ai figli vengono dati dalle figlie di Lot, in una nota l’autore (che riporto in copia incolla) si ricorda che non è la prima volta che la madre impone il nome ai figli, Chavàh chiama Khàin e Set (Bereshit 4:1, 25); non ci viene detto chi chiamò Hèvel (Bereshit 4:2).
Lea nomina i suoi sei figli Ruben, Simeone, Levi, Juda, Issacar e Zabulon (Bereshit 29:32-35, 30:18-20) e sua figlia Dina (Bereshit 30:21), così come i due figli di Zilpa, la sua schiava, Gad e Aser (Bereshit 30:10). Rachel nomina Josef (Bereshit 13:30-23) e i due figli di Bila, la sua schiava, Dan e Neftali (Bereshit 24:30-5); lei chiama il suo secondo figlio Benoni, ma Jacov lo ribattezza Beniamym (Bereshit 8,35). Anna chiama Samuel (18 Sam 1:1). Betsabea nomina Slomòh (20 Sam 2:12), anche se il profeta Natan lo chiamerà Geddia, (25 Sam 2:12). La moglie di Juda senza nome: si chiama Bat-Shua (letteralmente figlia di Shua), si chiama Onan e Selah (Bereshit 26:38-4); Yudah chiama il loro primo figlio Er (Bereshit 5:38), così come i due figli che ha avuto con Tamar, Peretz e Zerach (Bereshit 3:38-29). La moglie di Manoah, di cui non si conosce il nome genera Sansone (Giudici 30:13). La nuora anche lei senza nome Eli / moglie di Fineas , Ichavod (24 Sam 1:4).

E’ curioso che dopo tanti particolari dei patriarchi non conosciamo il nome delle figlie di Lot e neanche della moglie di Lot ,sappiamo i nomi dei figli incestuosi, ma nessuna notizia delle origini di di Lot, a parte il rapporto di parentela con Avrahàm, il racconto non sfida la nostra morale solo per l’incesto consumato ma perché abbiamo già letto che due delle figlie di Lot erano state offerte dal padre agli abitanti di Sodoma in cambio dei due angeli giunti presso Lot a Sdom, anche questa volta si presenta un abuso sessuale:”Ecco sono mie le figlie che non hanno mai conosciuto uomo, orsù le faro uscire presso di voi e farete loro come vorrete”(Bereshit 19/7) , il tono è molto forte e estremizzato, offrire ai dei predatori sessuali le sue figlie vergini per salvare due stranieri sconosciuti che si erano presentati alla porta della sua casa.
Questa sfida interpretativa come esempio estremo ricorda quella strana storia di un rabbino che per fare più zedakhà fece prostituire la moglie e poi in seguito addirittura la vendette come schiava e con il ricavato fece ancora più elemosina, nel racconto di Bereshit scopriamo che c’erano delle figlie vergini, ma il testo ci induce a pensare che fossero solamente promesse a dei futuri generi, ויצא לוט וידבר אל-חתניו “E uscì Lot e parlò ai suoi generi”, (Bereshit 19/14), le figlie di Lot che fuggirono dalla città erano due, “I malachim fecero premura a Lot dicendo alzati e prendi la tua moglie e le due figlie rimaste [letteralmente: che hai trovato] e esci per non essere travolto” (19/15) .
Concludendo le figlie di Lot erano quattro, le prime due uscirono insieme ai loro mariti, le altre due con Lot e sua moglie.
Una volta fuggiti dalla città solo Lot e due figlie sopravvivono, delle altre non sappiamo, la madre viene trasformata in una statua di sale per aver trasgredito all’ordine del malàch di non guardare indietro, il racconto rivela che l’intenzione di Lot era inizialmente quella di rifugiarsi a Zo’ar, ma il patriarca cambia idea e decide di raggiungere le montagne e rifugiarsi in una grotta, il resto del racconto lo conosciamo tutti.
Shalom
Noiman

Andrea Varxhetta
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Andrea Varxhetta »

Buongiorno a tutti.
Volevo se possibile fare chiarezza su BERESCHITH 14:18
Spero di essere nella cartella giusta.
Io verso dice: Malkitse'dec re di Scialem che era sacerdote al Dio Altissimo recò pane e vino.
Qui una nota dice:
Scialem.il suo re, come avveniva anche presso altri popoli, era pure sacerdote. Viene qualificato qui sacerdote al Dio Altissimo in quanto fra gli dei del suo Pantheon c'è n'era uno detto " Elion( Altissimo) che egli identificava col Dio unico.
Chiedo a Noiman o anche ad altri che conoscono le scritture ebraiche ...chi era in realtà Malkitse'dec?
Traduzione, di Dario Disegni.
Grazie
Ultima modifica di Andrea Varxhetta il mercoledì 31 luglio 2024, 9:00, modificato 1 volta in totale.
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Il nome di Melkizedeq potrebbe essere solamente un titolo, צדק מלכי, due semplici termini, l’unione di re con giustizia , un titolo di un personaggio che raccoglie anche il titolo di Cohen , “E Malki-Zedek, re di Shallem tirò fuori pane e vino ed egli era sacerdote del Dio Eccelso ma non leggiamo כהן צדק, ma solamente “re di giustizia” anche se sappiamo che Melchisedek è re e sacerdote insieme.
In alcuni casi i nome unito è interpretato come una persona, il altri casi è un titolo regale, ne abbiamo già discusso in questa discussione anni fa.
Cartella 71 ottobre 2020
https://www.biblistica.eu/viewtopic.php ... lim#p69465
Andrea Varxhetta
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Andrea Varxhetta »

Grazie Noiman ho letto il link da te citato solo ora, grazie , buona serata :-)
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Cibo e identità nell’ebraismo, Giulio Busi e Silvana Greco.

Mi è venuto tra le mani uno studio di Giulio Busi e Silvana Greco pubblicato nel 2018, forse ancora disponibile in rete, io a suo tempo l’ho stampato, quello che segue è un sunto come è mia abitudine fare l'hopoi ho esteso aggiungendo anche qualche elemento esterno, qualche mia aggiunta personale ma sempre rimanendo in argomento , lo studio originale è di circa un trentina di pagine, comprese note e fonti più una ricca bibliografia che gli autori hanno inserito alla fine, certamente è molto interessante accedere al documento originale, in alternativa potete leggere il mio breve riassunto.

Le vicende umane raccontate nel terzo capitolo del libro di Bereshit coinvolgono la sfera alimentare , si ! La prima vicenda umana è legata al cibo che ovviamente dobbiamo considerare una vicenda simbolica, la narrazione nella sua apparenza è semplice, Dio disse all’uomo che poteva magiare il frutto di tutti gli alberi del Giardino, ma non dell’albero posto al centro del giardino, quello no!
Troppo semplice , tuttavia la apparente razionalità ci devia da altre possibili interpretazioni, l’ambiguità scontata ci induce a condividere una lettura monologica e sottovalutare altri aspetti , una sfida alla comprensione e il lettore tradizionale fa fatica a decodificare i significati , su questa difficoltà abbiamo consumato gli occhi in alcune discussioni, nel racconto per la scelta del cibo vengono coinvolti quattro dei cinque sensi , la donna “vide” (la vista) , “toccò,” (il tatto), “udì “ le parole del serpente (l’udito), e “gustò “( il sapore del frutto), manca il quinto senso, l’olfatto, quello che permette di scoprire quello che gli altri sensi non sono in grado di fare.

Si ! è iniziato con una mela, ma di fatto non sappiamo se si trattasse effettivamente di una mela o di un altro frutto, sicuramente qualche cosa di dolce e appetitoso, qualcuno ha ritenuto che si trattasse della vite, in fondo anche Noàch ci è cascato, dal frutto della vite ha tratto il vino con cui si è ubriacato.

Di fatto il primo precetto che si incontra nella Bibbia è un precetto alimentare rivolto alla prima coppia, noi non dovremmo considerarlo, non ci sono più alberi della conoscenza del bene e del male e neanche il giardino, di tutto questo è rimasta la distinzione tra lecito/proibito.
Il giudaismo è di fatto un racconto labirintico semantico dove fin dall’inizio le regole gastronomiche diventano insegnamento, nel racconto genesiaco Dio non spiega il precetto, si limita a dire all’uomo che se mangiasse un certo frutto, sicuramente morirebbe, il primo comandamento è ouverture di tutta una serie di decreti divini che l’uomo biblico dovrà seguire anche se non ne comprende la ragione , precetti che non trovano una spiegazione logica, i qukkim.

Nel racconto di Bereshit si pone la domanda su cosa sia lecito mangiare o non mangiare, sappiamo come è andata a finire, la prima conseguenza fu la cacciata dal mondo superiore a quello inferiore, il regno di malkkut, i commentatori hanno cercato altre interpretazioni , alcuni hanno considerato il peccato della prima coppia come una trasgressione sessuale , il primo rapporto adulterino della storia, allora bisogna rivisitare il frutto della trasgressione che il serpente minimizza.
Quando Dio disse “Ecco l’uomo è diventato come uno di noi nella conoscenza del bene e del male. Ora dunque, che egli non stenda la mano e non colga anche dall’albero della vita e ne mangi e viva in eterno” ancora una vola ci si trova di fronte al termine “mangiare” , la preoccupazione divina è che l’uomo mangi anche il frutto della vita eterna , l’uomo si è già nutrito della “conoscenza”, forse la conoscenza si mangia ?
I frutti del giardino equiparati a libri che non si leggono, il cibo è simbolico , i frutti dell’albero al centro del giardino sono equiparati a una inaccessibile collezione di libri, a portata di mano eppure non sfogliabili, il serpente è il gran bibliotecario tentatore, (3), ma io aggiungo: il serpente non aveva ricevuto il divieto di cibarsi della conoscenza, qui sta il vero inghippo che forse non capiremo mai!

Da qui in poi le norme sulla casherut si stratificano durante tutta la narrazione biblica con il suo culmine in Wayqrà e Devarim dove la relazione con il divino diventa anche alimentare, il Dio di Israele non vanta prodezze venatorie , non da consigli su come allevare o coltivare, ma distingue con cura minuziosa i cibi in commestibili e non commestibili , pasti che uniscono e pasti che dividono(4), bocconi che benedicono e altri che maledicono (Giulio Busi) , prima di mettere in bocca uno stufato o addentare una bistecca bisogna pensarci due volte, il rompicapo alimentare è divenuto un progetto di ordine originale (10), attraverso il “sacrificio” viene regolarizzato il grande marchingegno che inghiotte un animale e lo restituisce commestibile, ora sappiamo tutti che la carne è fragile, difficile la sua conservazione, ricettacolo di malattie , anche l’asportazione del sangue non elimina il rischio di infettarsi nel suo contatto e nel suo cibarsi, dei vegetali che dire…..” non sono menzionati”, eppure anche tra questi ci sono pericoli mortali, il labirinto non è solo semantico , la scelta è nella definizione di chi “si” e chi “no” , non tutti gli animali sono leciti, ci sono animali sacrificabili e commestibili e altri commestibili ma non sacrificabili (7),(Dvarim 12/21-24), il passo consente a chiunque di sacrificare e nutrirsi anche lontano dal tempio di Gerusalemme e consolida la possibilità di mangiare l’impuro con il puro.(questo rimane per ora discorso a parte, ma l’autore fornisce una ottima spiegazione).

Il libro di Wayqrà diventa un atlante di anatomia animale, zoccoli spaccati, unghia fessa, ruminanti e non, squame e non squame, la morale è che essere puri non sempre ci si guadagna, ma anche qui esiste la distinzione tra animali puri con difetti e altri senza difetti, Wayqrà (1/1-3),
L’impressione che dietro queste norme non si tratti solo di precetto religioso ma di orto prassi.
Non dobbiamo neanche dimenticare che anche i popoli cananei compresa la civiltà ugaritica sacrificavano ovini e bovini , già esisteva una separazione tra impuro o puro, adatto o non adatto alla alimentazione umana , conosciamo poco di quelle norme, non disponiamo di molte fonti che spieghino il codice sacrificale, molto probabilmente esistevano punti comuni tra tutti i popoli semiti , la novità è che per la prima volta la norma viene messo per scritto diventando il sacrificio parte del culto e della rivelazione divina, un rotolo che viene ricopiato e riletto da millenni, le ragioni di D-o sono diventate documento storico e teologico.
Per comprendere questa straordinaria sopravvivenza bisogna anche considerare alcuni aspetti storici, da sempre Israele è circondato da popoli e potenze più forti, periodicamente le dominazioni o i tentativi di dominazione hanno avuto successo, più volte il giudaismo ha vissuto epoche oscure, successivamente l’influenza del mondo greco è stata forse più devastante delle sconfitte militari del passato, la rigidità del precetto è stata l’unica barriera che ha mantenuto la differenza tra il giudaismo e il mondo circostante , il rompicapo alimentare è visto come una autodifesa socio culturale dall’estraneo, la distinzione è il modello “farete distinzione dice il Signore”Voi dovete distinguere”, questo distinguere va ben oltre gli aspetti alimentari ma coinvolge la sfera sessuale, il culto, il sacrificio.
Nello studio viene citata anche la Lettera di Aristea, un documento che ha origine dal giudaismo a Alessandria d’Egitto, il centro dell’ellenismo tolemaico, l’agiografo scrive:
Per evitare dunque che attraverso una qualunque contaminazione o il rapporto con gente malvagia noi ci rovinassimo, il legislatore ci ha cinti da ogni lato di purità:”cibi, bevande, contatti, udito, vista sono regolati da leggi”, bere e mangiare con la sovranità di Dio sempre davanti gli occhi, questo il programma di Aristea (17), dunque il cibo come esercizio di autocontrollo e di memoria (18), cibo per ricordare, buono per ricordare
Quando per la seconda volta il Tempio fu distrutto e l’influenza greca e romana pervase tutta la società ebraica sopravissuta, intorno al 586 d.e.v. di fronte al pericolo di perdere tutto, legislatori e autori biblici misero per iscritto le “ragioni del loro Dio”, cioè le norme che costituiscono la Torah orale , la Mishnàh e la tradizione, lo studio divenne una specie di macchina del tempo, insieme alla Scrittura queste norme furono lette e rilette , di generazione in generazione (12).
L’ostilità greca verso la ritualità ebraica non tardò a manifestarsi, i tempi erano maturi , già da secoli la pressione del pensiero greco era imperativa, poi divenne ostile perché si riteneva superiore, Isocrate scrisse:
E la nostra città supera tanto gli altri uomini per cultura e per l’ingegno e per l’arte della parola che i suoi discepoli sono diventati maestri agli altri; ed ha fatto si che il nome dei greci non paresse più il nome di una razza, ma che dell’intelligenza e della cultura stessa; e che piuttosto si chiamano greci quelli che partecipano della nostra cultura che coloro che hanno comune con noi l’origine”(Isocrate-Panegirico).
(15), Tacito si lamenta che gli ebrei mangiano separati, dormono e vivono separati (Historia V°4-5) e il primo testo antigiudaico, Filostrato aggiunge che essi non sono conviviali neanche a tavola, un popolo che prega diversamente, mangia diversamente, nel II° secolo a.e.v la costruzione di palestre secondo l’uso greco prolifera anche in Gerusalemme, gli ebrei praticano il culto del corpo secondo i greci, nel libro dei Maccabei si legge che anche i cohanim prendevano parte alle manifestazioni pubbliche e alle competizioni con lottatori greci che si sfidavano nudi e portavano il berretto greco.

I greci disprezzano gli ebrei perché questi ultimi non si vogliono mischiare con loro, in tutta l’area siro-palestinese dall'inizio dell’influenza macedone fino all’età greco-romana tutti i popoli:Siri, Fenici, Cananei e altre genti semitiche lentamente si sono adeguati negli usi e consuetudini religiose , per gli ebrei questo non avvenne rimanendo unica eccezione in un panorama di una cultura assimilata alla Grecia

Il libro di Giuditta conservato in greco (20) è stato composto probabilmente in Giudea intorno alla seconda metà del II secolo a.e.v , è un bel esempio biblico di “romanzo alimentare”, il libro distribuito in sedici capitoli sembra ignorare ogni nozione di storia ebraica e geografia, viene considerato un romanzo letterario che si è caricato di elementi fantastici, nonostante le evidenti contraddizioni storiche rimane interessante per i simboli che contiene, dovrebbe essere la bibbia delle femministe, nel racconto un generale (non si capisce se Babilonese o Assiro,) viene rappresentato il maschio prevaricatore , Giuditta è una giovane vedova, descritta come una donna bellissima, la narrazione ricorda molto il libro di Ester, i punti comuni sono molti, di fronte alle richieste pressanti del generale che la vittima che reagisce, Giuditta incarna il popolo sottomesso al potere straniero, ma in questo caso si aggiunge un elemento nuovo, il rifiuto del cibo profano, Giuditta invitata alla mensa del generale rifiuta il cibo reale, ma alla fine scatta la finzione” Oloferne le disse :”Bevi e stai allegra con noi”:E Giuditta rispose: “Berrò volentieri, signore, perché dal giorno della mia nascita la vita non mi è sembrata splendida come oggi”.E davanti a lui cominciò a mangiare e a bere quello che le aveva preparato la serva “ Alla fine Oloferne che sperava di unirsi sessualmente a Giuditta si trova con la testa staccata e posta in una sporta del cibo. (20). Decine di pittori si sono ispirati a Giuditta e Oloferne.

Il cristianesimo ha fatto di tutto per scardinare il ricordo dell’uscita dall’Egitto , il progetto originale è stato sostituito e trasformato nel culto sacrificale tramite Gesù Cristo, la differenza è sostanziale, in fondo il Pesàch ebraico è la convivialità ottenuta attraverso il racconto, la Haggadàh di Pesàch è una cena ampliata ma diversa dalle altre cene, una narrazione alimentare , la più articolata che si conosca, un memoriale da recitarsi e da rappresentare di generazione in generazione, attraverso il cibo il ricordo e la discendenza si perpetui.(25), la convivialità si ottiene a tavola tutti insieme, uomini, donne e bambini, anche se la prescrizione dei calzari ai piedi e il bastone del viaggiatore sempre pronto rimane come retaggio arcaico, i sedarim diventano un modo di rimanere raccolti insieme nelle proprie case, (25), i quattro bicchieri di vino, la benedizione attraverso il Kiddùsh, le portate delle erbe amare , la matzòt nascosta sotto il tovagliolo, la sostituzione del sacrificio, il korban prescritto da Moshè costituiscono l’ossatura del ricordo e rafforzano l’identità ebraica, Silvana Greco ha definito l’Haggadàh di Pesàch una sorta di menù in dramma.
E probabile che l’Haggadah di Pesàch abbia subito notevoli variazioni dopo la distruzione del II Tempio, l’agnello intero non è più sacrificabile, non esiste più chi può celebrare il rito per la mancanza del luogo simbolo, la famiglia assume il ruolo centrale nel ricordo, ciascuno di noi diventa per una sera sacerdote , (26), il tempo è passato, i luoghi geografici mutati, ma il gruppo si riconosce in se stesso ogni anno, Pesàch dopo Pesàch aspettando Elia.

A che punto siamo oggi? Le norme alimentari di Wayqrà e Dvarim sono una vecchia fortezza, spazzata dai venti eppure ancora solida, le mura ne hanno viste di intemperie e assedi minacciosi.
Schiere di interpreti, formiche nere e diligenti, si affaticano a varcare le mura antiche, poggiano le loro scale, fatte di analisi ragionevoli, e – ogni volta- devono battere in ritirata. I difensori hanno la meglio (4) (modificato nel soggetto).
Noiman



Andrea Varxhetta
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Andrea Varxhetta »

Buongiorno Noiman .
Provo a riportare qui la domanda su Geremia 31:31-34 , visto che siamo nella cartella di interpretazione delle scritture ebraiche.
Lo chiedo a te perché vorrei l'interpretazione ebraica di questo capitolo..
Ho seguito con cura tutte e 145 pagine di questa cartella e so che tu puoi darmi la risposta ...che cerco.
Grazie se prenderai in considerazione questa mia richiesta .
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