Interpretazione delle Scritture Ebraiche

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bgaluppi
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

“Disse il Santo Benedetto Egli sia” :Se faccio uscire gli Ebrei di notte, gli egiziani penseranno che ho compiuto la mia opera come un ladro(di nascosto) . Perciò li farò uscire a mezzogiorno, quando il sole è all’apice “ come è scritto in Shmòt “: E fu nel mezzo di quel giorno che D-o fece uscire gli Ebrei dalla terra di Egitto, in tutte le loro schiere”
Noman, l'espressione בְּעֶ֖צֶם הַיֹּ֣ום הַזֶּ֑ה non significa "in quello/questo stesso giorno", come in Gn 7:13 (בְּעֶ֨צֶם הַיֹּ֤ום הַזֶּה֙), Gn 17:26 (בְּעֶ֙צֶם֙ הַיֹּ֣ום הַזֶּ֔ה), Lv 23:31 (בְּעֶ֣צֶם ׀ הַיֹּ֣ום הַזֶּ֗ה), Dt 32:48 (בְּעֶ֛צֶם הַיֹּ֥ום הַזֶּ֖ה)? Noto che la vocalizzazione è leggermente diversa, quali sono le differenze?
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Gianni
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Bella domanda, la cui risposta è sorprendentemente stupenda per ciò che rivela.
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Quello che ho citato è un passo contenuto in Shmot al capitolo 13/51, non ho avuto il tempo di confrontare gli altri passi citati ne valutare le differenze vocaliche, anche perché in genere utilizzo un testo senza puntazione. Vi chiedo, anzi chiedo a Gianni se ha qualche elemento in più per approfondire questa discussione.
Shalom
Noiman
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Gianni
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Vi chiedo scusa. Ho fatto confusione. Credevo, chissà perché, si parlasse di Es 19:1.

Riguardo alla domanda di Antonio, in Gn 7:13, Gn 17:26, Lv 23:31 (che poi è Lv 23:30 nel Testo Masoretico) e Dt 32:48, l’espressione è esattamente la stessa: בְּעֶצֶם הַיֹּום הַזֶּה, con la stessa identica vocalizzazione.
In Es 12:51, come già in Es 12:17, si ha pure la stessa identica vocalizzazione: בְּעֶצֶם הַיֹּום הַזֶּה.
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Rimane ancora un’ultima considerazione riguardo questa parte della Torah che narra le vicende di Jacov e di Esav, molti fatti dovranno ancora accadere, la nascita dei dodici figli di Jacov , la discesa in Egitto e molto altro.

Ala fine anche Jacov, come Avrahàm, Izchàk si appresta a lasciare questo mondo, egli è in età molto avanzata, malato e cieco, quello che accade ci ricorda qualche cosa simile a quello che è accaduto a suo padre Izchàk quando i suoi figli si contesero la primogenitura, la morte di Israel appartiene a l’ultima del racconto del libro di Bereshit , qui termina la saga dei patriarchi e un mondo nuovo si sta per aprire, quello della nascita di Israel come popolo e identità.

Siamo al capitolo 48 di Bereshit in Vaichì, leggiamo che Jacov riceve la visita di Josef dopo aver ricevuto la notizia che suo padre è molto malato, la notizia è introdotta nel racconto subito dopo che Jacov ha ottenuto la promessa di Josef che il suo corpo non sarà seppellito in Egitto. La temporalità sembra quasi annullata.

Josef si appresta al capezzale del padre e con se porta i due suoi figli , Manasse e Efraim . Per raccontare per bene e interpretare il testo originale di questa parte del racconto occorrerebbero molte pagine, il testo si presta a moltissime osservazioni alcune veramente accattivanti e stimolo di approfondimenti in genere omessi nelle traduzioni e nei commentari più comuni.
La cecità di Jacov ancora una volta sembra voler indicare che occorrono altri sensi al patriarca per adempiere ai pensieri del cielo e ci insegnano che nonostante l’importanza della primogenitura per merito di nascita esiste una alternativa interpretazione coerente a quello che è il disegno del Santo riguardo al futuro di Israel, questa volta i sensi: udito, odorato e tatto vengono ignorati.

L’espressione:” Quando Israel vide i figli di Josef disse: ”questi chi sono” Il testo sembra voler prendere la distanza da Josef, subito dopo però leggiamo: ”E Josef rispose a suo padre:”questi sono i miei figli”.
L’affermazione è impegnativa , apprendiamo che il patriarca chiede che essi gli siano mostrati e afferma che li benedirà, leggiamo anche che Josef li accosta a suo padre, Manasse alla destra di Israel , Efraim alla sinistra di Israel, il testo stranamente si impegna a chiarire cosa è da intendere come destra e sinistra, allora leggiamo:
Efraim alla propria destra, corrispondente alla sinistra di Israel e Manasse alla propria sinistra, destra di Israel
Ma le cose non vanno come sarebbe stato logico , Jacov incrocia le braccia e pone la sua mano su Efraim “nonostante fosse il minore” e posò la sinistra su Manasse, nonostante fosse il maggiore.
Poi leggiamo i disappunto di Josef che disse al padre: ”Non così padre mio, questo essendo il primogenito, poni la destra sul suo capo”.

La risposta di Israel è laconica:” lo so, figlio mio, lo so” la ripetizione è voluta, l’insegnamento scaturisce da queste parole, la primogenitura è inferiore ai meriti, questo nel mondo presente e in quello futuro.
E anche argomento di riflessione perchè Israel benedice prima dei suoi figli i suoi nipoti?
ma questo appartiene a un’altra storia.
Mi viene in mente una pubblicità degli anni 70, “Bulova spacca il secondo
Shalom
noiman
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Avevo già a suo tempo inserito in una discussione ,( non ricordo dove e quando) un mio commento riguardo essere ebrei oggi e ieri per discendenza e diritto.
Ripropongo più o meno quello che scrissi a suo tempo.

Per fornire una risposta a Armando Albano inserisco questa mia interpretazione su come l’ebraismo considera l’appartenenza al popolo ebraico.
Mi ricordo di avere già a suo tempo affrontato questo documento, non ricordo quando e in quale cartella.

Riguardo a chi è ebreo o non ebreo secondo la Halachà l’ebraicità di un figlio è determinata dalla madre, in altre parole madre ebrea genera automaticamente un figlio ebreo. In caso contrario il figlio non è ebreo di nascita.
Questo postulato ha generato nei secoli incomprensioni, sofferenza e problemi sociali.

Ma nella Torah scritta non troviamo elementi importanti che sostengano questa regola. Anzi in moltissimi casi la discendenza è paterna, soprattutto in materia ereditaria e di diritto.
A sostegno di questo c’è anche un passo che è tratto dal libro di Shmot :
Allora convocarono tutta la comunità, il primo giorno del secondo mese, e li registrarono secondo le loro famiglie e le case dei loro padri, contando i nomi di quelli che avevano vent’anni e più, , ciascuno individualmente, come l’Eterno aveva ordinato a Moshè. Il loro censimento ebbe luogo nel deserto del Sinai. Li registrarono secondo le loro famiglie, secondo le case dei loro padri”.
I matrimoni misti erano molto comuni, quando una donna ebrea sposa un gher esce dalla storia, questo è il caso di Dina figlia di Giacobbe che dovette sposare Sichem.

Al maschile Moshè sposa una etiope e i figli vengono considerati ebrei, Judà figlio di Giacobbe sposa un cananea ed essa genera due figli: Peretz e Zerah.
David stesso è discendente di Perèz e quindi oggi potrebbe essere considerato non ebreo. Boàz sposa una moabita , l’elenco può essere ancora aggiornato.
Josef fratello di Giuda prese per moglie Asenàth, figlia del sacerdote egiziano Potifera , i suoi figli Efraim e Manasse sono a capo di una grande discendenza, oggi anche questi non sarebbero ebrei.
Nella benedizione prima dello shabbat si benedicono il figli con le parole:
Che D-o ti renda come Efraim e Manasse” si benedicono due non ebrei..(Fabien Ghez)
Nella prima parte dopo l’uscita dall’Egitto , il pericolo di assimilazione e inquinamento culturale di Israel è elevato.
Nascono i divieti e una specie di isolamento culturale , il comando è questo:
Non ti alleare con nessuno di loro: tua figlia non darla a suo figlio, e la sua figlia non darla in moglie al tuo. Perché stornerebbero i tuoi figli da me per farli adorare dei stranieri, e l’ira del Signore si accenderà contro di voi, e sareste annientati
Anche la Misnàh conferma la discendenza paterna:
In ogni matrimonio in cui non vi è stata colpa, il bambino ha lo status del padre. In ogni matrimonio in cui non vi è stata colpa il bambino segue il genitore macchiato dalla tara

Sylvie Coirault- Neuberger, professore di filosofia e studioso sulle religioni commenta:
In tutti i casi in cui vi è matrimonio senza peccato, il figlio nato da questa unione segue il padre. (Questo vuole dire che è ebreo solo se il padre e la madre sono ebrei” Ma non si parla di matrilinearità .( Fabien Ghez).
L’usanza di attribuire la discendenza ebraica per via materna è probabilmente una specie di garanzia alla discendenza e un rimedio agli stupri che da sempre le donne ebree subirono dai conquistatori e poi nella diaspora.
La religione ebraica può trasformare una cristiana in una ebrea, mentre il cristianesimo non può trasformare una ebrea in una cristiana.
La donna ebrea, pur non avendo una parte secondaria nelle pratiche religiose ha un compito fondamentale, cioè quello di trasmettere la discendenza .
Le famiglie nobili, grazie alle donne ebree non sono più cristiane, ma ebree.
Una donna ebrea è sufficiente per rendere ebrei tutti i discendenti di una famiglia.
Una principessa era solita dire al marito che ella avrebbe potuto generare principi di sangue anche senza di lui.
La stessa cosa si può dire anche di una donna ebrea la quale continua a generare ebrei pur avendo sposato un cristiano. Ecco perché gli ebrei sono indifferenti alla conversione delle ebree e che sono contenti di fare proseliti.
Ma la sera delle vostre nozze avrete il nome di tutte le donne della Torah, perché incarnerete la discendenza di Israele”.
Una sposa cristiana appartiene ha una religione che osserva il passato, dal momento che i cristiani hanno avuto il loro Messia. Una sposa ebrea rappresenta l’avvenire, perché il nostro Messia deve ancora venire. La tradizione dice che qualsiasi madre ebrea potrebbe generarlo.
Tutte queste affermazioni che avete letto provengono da un testo molto conosciuto negli anni sessanta , Ebrei di Roger Peyrefitte.
Esaurita la parentesi adesso copio letteralmente una parte di uno scritto che ha composto l’autore Fabien Ghez che a sua volta ha tratto queste osservazioni da un altro libro dal titolo: The Beginnings of Jewishness di Shave J. D. Cohene.
Scrive l’autore:
DOVE E L’ERRORE ?
Non è nostra intenzione sentenziare su qualsiasi problema: Non abbiamo né la competenza né le conoscenze. Si tratta soltanto di fare notare le conseguenze ambigue delle scelte fatte. Esaminiamo il seguente piccolo calcolo:
Un ebreo sposa una non ebrea.
Hanno un figlio : Simon e una figlia Rachèl che non sono ebrei secondo la matrilinearità .
La figlia Rachèl sposa l’ebreo Gabriel.
Hanno una figlia, Lea che non è ebrea secondo la legge ebraica. Lei ha il 50% di ebraicità.
Lea sposa l’ebreo David e hanno una figlia Rivka, anch’essa non ebrea nonostante il 75% di ebraicità.
Quest’ultima sposa l’ebreo Moshè , hanno una figlia Shulamìt che anch’essa non è ebrea, nonostante il suo 87,5% di ebraicità.
Si potrebbe continuare.
D’altra parte, il figlio Simon sposa l’ebrea Hanna.
Hanno una figlia Dafne che secondo la legge ebraica è ebrea con il 50% di ebraicità”
Quest’ultima sposa Simone, un non ebreo . hanno una figlia Susanna che è ebrea al 255 di ebraicità. Quest’ultima sposa il non ebreo Pietro e hanno una figlia, Sara, che è ebrea, nonostante abbia soltanto il 12,5% di geni ebrei.
Così tenendo conto delle origini di ciascun bambino, si arriva alla conclusione che Sara è ebrea con il 12,5% di gene ebraici, mentre Shulamìt, con il suo 87,5% di geni ebrei non è ebrea.
In Israele questo è un בלגן “balagan” un “casino”
Risultato “tutti scontenti” la madre ebrea sa che i figli sono ebrei e non si impegna nella cultura ebraica perché il padre non è ebreo e il suo apporto è nullo, oppure il contrario sapendo che il padre non ebreo non può dare aiuto, si impegna troppo e male per sostituire la figura paterna assente.
Il padre ebreo che sposa una non ebrea parte in forte depressione sapendo già che i figli non sono ebrei.
Quindi l’autore conclude che se ci fosse la patrilinearità al posto della matrilinearità , gli ebrei del mondo invece dei sedici milioni stimati sarebbero dieci volte di più.
La donna all’interno del matrimonio è paragonata alla vite, perché non esiste altro albero che possa essere piantato dentro la casa e che quando cresce se fanno uscire i tralci al di fuori, alla luce del sole, mentre le sue radici rimangono all’interno della casa
“La tua donna è come une vite fruttifera nell’interno della tua casa, i tuoi figli sono come virgulti di ulivo intorno alla tua tavola”
I figli sono paragonati all’ulivo, perché l’ulivo è l’unico albero che non si presta a essere innestato, così come la loro madre si è unita solo con suo marito.
"Ma c’è un altro motivo per cui sono paragonati all’olivo, ed è che l’ulivo matura i suoi frutti in nove mesi .(Bekhoròt 8 a).
“Un proselito che in questa epoca si presenta per essere accolto nel giudaismo sia interpellato così:” Che cosa hai scorto in noi, da volerti per questo convertire? Non sai forse che quelli d’Israele vengono in questa epoca torturati, battuti, sballottati, rivoltati, non sai che le sofferenze si sono rovesciate su di loro?”. Se egli dice: ” lo so, e non ne son degno” Allora accoglilo senz’altro.”
(Talmud- Jabamot)
Shalom
Noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

La materia è una sorta di flusso permanente tra la manifestazione di Dio e il Suo celarsi; essa viene definita dai suoi stessi limiti. Per mantenere la sua esistenza separata e autonoma, una forza infinita deve essere esercitata su ogni singolo atomo.” (La Rosa dei tredici petali di Adin Steinsaltz)



Riprendo nella cartella “interpretazione ebraica “ a raccontarvi un argomento che riguarda la mistica ebraica che è una parte dei miei studi che più mi appassiona .
Vi parlo del ספר יצירה “Sefer Yetziràh” il libro della creazione, cercando di collocarlo in relazione al testo biblico, per trovare nelle pieghe del racconto di Bereshit spiegazioni supplementari.
Questa introduzione può essere complementare a quella in atto nella cartella “storia biblica e logica”.

Il Sefer Yetziràh esiste in tre versioni, la versione breve circa 1300 parole, una versione media impiega 2500 parole, la versione lunga contiene circa 2800 parole.
La tradizione vuole che Avrahàm conoscesse i principi contenuti in questo libro, un allusione è contenuta nel libro di Bereshit dove è scritto:
Abramo andò come D-o aveva detto e prese le anime che avevano fatto a Charan”(12/25).
Sempre la tradizione sostiene che i poteri contenuti nel Sefer Yetziràh furono utilizzati a più riprese nella storia del popolo ebraico, esempio dove è scritto che Bezazèl era stato scelto per costruire il tabernacolo perché egli sapeva come permutare le lettere e darle il giusto significato, non si trattava solo di costruire un edificio materiale, quello che era richiesto era di costruire un edificio spirituale che doveva corrispondere al modello celeste.
Secondo il libro di Bereshit Bezazèl fu scelto direttamente da D-o e consacrato in questo incarico impegnano tre parole chiave che corrispondono alle sephirot : Sapienza, Comprensione , Conoscenza (Chokmàh, Da’at , Binàh).

Dunque Bezazèl conosceva le regole che amministravano il potere delle lettere secondo quello che disse in seguito rabbi Elazàr :
“I capoversi della Torah non sono in ordine, se lo fossero chiunque leggendo sarebbe capace di creare un mondo, resuscitare i morti e fare miracoli” (Midrash Tehilim ).

E’ possibile che questo testo appartenesse alla tradizione orale e che per vari motivi non fu incluso nella Misnàh, i rotoli venivano chiamati : “ Meghillòt Setarim”, ovvero i rotoli nascosti, segreti e riservati a pochissime persone al punto che è possibile che siano state messe in circolazioni alcune copie addomesticate con lo scopo di confondere coloro che non avevano i requisiti per accedere ai misteri, tutto è stata anche complicazione per i veri grandi cabalisti che si trovarono in difficoltà, lo stesso Ari e Rabbi Moshè Cordovero si dovettero confrontare con i testi volutamente dissimili .
Dal Sefer Yetziràh leggiamo:
בשלשים ושתים נתיבות פלאות חכמה
חקק יה יהוה צבאות אלהי ישראל אלהים
חיים ומלך עולם אל שדי רחום וחנון רם ונשא שוכן
עד וקדוש שמו מרום וקדוש הוא וברא את עולמו
בשלשה ספרים בספר וספר וספור

“Con 32 sentieri mistici di Sapienza incise Yah, il Signore delle Schiere, il Dio di Israele, il Dio vivente Re dell’universo El Shaddai, Pietoso e Misericordioso sommo e Eccelso. Dimorante nell’eternità il cui Nome è Santo.
Egli è elevato e Santo e ha creato il Suo universo con tre libri (Sepaharim), con il testo (Sepher) con il numero (Sephar) e con la comunicazione (Sippur)”.
32 sentieri sono la somma delle 10 cifre e delle 22 lettere dell’alfabeto ebraico, 10 è anche il numero delle manifestazioni “le sephirot”.
Quindi somma delle quantità, sono gli ingredienti della creazione.
Secondo Aryè Kaplan nel suo commento al Sefer Yezirah, il creatore nella sua semplicità assoluta non può contenere nessuna pluralità di sorta, ma per consentire ai numeri di esistere e determinare la prima condizione della pluralità e della quantità , dovette lasciare uno spazio perché questo potesse avvenire.
La parola אלהים “ Elohim” compare esattamente 32 volte nel libro di Bereshit, accostata a 10 diverse forme verbali o di azione.
D-o disse ויאמר אלהים è presente 10 volte
D-o fece ויעש אלאהים è presente 3 volte
D-o separò la luce dalle tenebre, ויבדל אלהים בין האור וביו החשך è presente 1 volta
D-o vide, אלהיםוירא è presente 7 volte
D-o chiamò (evocò) ויקרא אלהים è presente 3 volte
D-o li pose אתם אלהים ויתן è presente 1 volta
D-o creò אלהיםויברא è presente 4 volte
D-o li benedisse אתם אלהים ויברך è presente 1 volta
Lo Spirito di D-o sovrastava אלהים רוח è presente 1 volta
Nel settimo giorno D-o aveva completato la sua opera, אלהים ביום השביעי ויכל è presente una volta .
L’espressione D-o disse, compare 10 volte , 10 sono anche le espressioni con cui D-o creò il mondo, “D-o fece “ compare 3 volte e si riferisce alle tre lettere madri, le 7 espressioni , D-o vide, rappresentano le 7 lettere doppie, le successive 12 espressioni in cui compare Elohim definiscono le 12 lettere elementari.
32 due volte compare il nome אלהים in genesi 1, ma il Sefer Yeziràh ne definisce altre: חכמה “la sapienza “,יה יהוה Yh Adonay, poi צבאות יהוה Adonay Zevaot, il sacro nome viene accostato alla molteplicità, ancora שדיאל el shadday “, D-o onnipotente”, tutti questi nomi appartengono all’unica manifestazione definita nelle sue manifestazioni.

I 32 sentieri sono l’insieme della rivelazione e il mezzo divino con cui è stata resa possibile la creazione, Elohim è una di queste manifestazioni a cui l’uomo è stato reso simile.
Dunque tutto parte dalla sapienza che secondo il pensiero cabalistico definisce il pensiero puro dell’Uno prima che diventi molteplicità attraverso le scomposizioni.

I 32 due sentieri si scindono dalla sapienza, l’espressione חכמה Chakhmah è l’origine di ogni cosa affinché questa si possa scindere e realizzare, essa deve passare per un livello inferiore , quello della comprensione, il riconoscimento della diversità.

La pluralità di ogni cosa che inizia dal valore numerico 2 che è la prima cosa dopo l’unità assoluta, questa dimensione è בינה “Binah” essa inizia con la lettera bet che deriva dalla radice בין Beyn , proposizione “ tra” ,אלהים “Elohim”è quello che presiede la dimensione della molteplicità, questo aspetto è sottolineato dalla pluralità del nome Elohim , presente esattamente 32 volte nel primo capitolo di Bereshit dove ogni azione è creata da questa manifestazione.
La parola comprensione sviluppa il concetto della auto comprensione, nella pluralità della creazione ogni cosa è compresa da se stessa e in armonia con le altre create diverse. La comprensione è l’equilibrio che rende la creazione stabile, ma all’inizio non fu così, sappiamo che la terra era Tohu va Bohu.
בשלשה ספרים בספר וספר וספור
“Egli ha creato il suo universo con tre Sepharim,libri, con il Sepher(il testo), con il Sephar, (il numero), con il Sippur, “la comunicazione”.
Il testo originale del Sefer Yeziràh è come un gioco di lettere e di suoni e combinazioni, la radice ebraica ספר “sefer”è assolutamente polisemica con caratteristiche semantiche eccezionali e racchiude in essa molti significati, non per ultimo genera l’espressione sephirot, le manifestazioni che sono alla base della rivelazione divina in questa creazione, la radice di questa parola esprime nelle sue varie evoluzioni concetti apparentemente dissimili, ma riconducibili a una idea unitaria.
Sicuramente il verbo “lesapper” ,contare e raccontare, “ sefar” è anche il confine, le labbra sono il confine della bocca, ancora “sappir” è lo zaffiro, una gemma citata spesso in tutto il Tanach.
Contare, separare, contenere esprimono il concetto del limite di una cosa o un concetto che è definito nella sua stessa natura , la stessa radice esprime anche in concetto di “tagliare capelli o radere barbe” , anche le forbici sono le “misparàim” che usa il “ sappàr” , il barbiere.
Il concetto è quello di una natura non statica ma che ruota nel suo divenire, come nel gesto di tagliare i capelli, di contare, il brillare di una sfera lucente che ruota.

Il testo (Sepher) è la forma fisica di ogni lettera che trova significato nello spazio, il numero (Sephar) è la quantità, quantità e forma definiscono ogni cosa, la comunicazione è il (Sippur), e racconta una storia, la garanzia del mantenimento delle forme, la garanzia e l’ordine cosmico. Le Sephirot sono l’abecedario della creazione su cui l’universo ha imparato per esistere.
Il compositore del Sefer Yeziràh ha magnificamente spiegato il passo di Proverbi dove è scritto:
Con sapienza Dio rese stabile la terra, e con la Comprensione, Egli rese stabili i cieli, e con la Conoscenza le profondità furono separate”

Certo i Miei pensieri non sono i vostri, le vostre vie non sono le Mie vie, dice il Signore; ma come i cieli sono più alti della terra, così le Mie vie sono più alte delle vostre, e i miei pensieri dei vostri pensieri. E come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano se non dopo aver irrorato la terra, averla fatta produrre e germogliare e avere fornito seme al seminatore e pane a chi lo deve mangiare, così sarà della mia parola; essa non ritornerà a Me senza aver fatto nulla, ma invece fa quello che Io voglio e mette ad effetto quello per cui l’ho mandata.” .(Isaia 55 /9-11).
fine prima parte
Shalom
Noiman
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

seconda parte:
Il pensiero di D-o è la sapienza che prevarica la mente umana , come la pioggia che scende la cielo per dare frutti la Parola di D-o scende sulla terra alla ricerca di recipienti che la possano contenere
שלש אמות אמ "ש בעולם אויר, אויר מים אש, שמים נבראו מאש ,
וארץ נבראת ממים, ואויר מרוח מכריע בינתים
Le tre madri, AMSh אמש dell’universo sono aria, acqua, fuoco
Il Cielo fu creato dal fuoco. La Terra fu creata dall’acqua, e l’Aria dal Soffio decide tra loro (Sefer Yetziràh- 3:4)
L’acqua rappresenta la materia, non importa se l’aspetto tra acqua e terra sono molto diversi, entrambi sono sullo stesso livello fisico, il fuoco rappresenta l’energia, l’aria è lo spazio che permette alle due di interagire.
Il soffio è la condizione superiore che premette di esistere.
Questa è una spiegazione semplice, tuttavia l’autore del Sefer Yetziràh forse con queste semplici parole ci invita ad approfondire il senso.
Aryèh Kaplan commenta :

A un livello fisico un poco più profondo, fuoco,
acqua e aria rappresentano le tre forze fisiche di base. Il fuoco è la forza elettromagnetica, tramite la quale tutta la materia interagisce. Il nucleo atomico, tuttavia, è costituito da cariche positive uguali che si respingerebbero reciprocamente se esistesse solo l’elettromagnetismo. Pertanto deve esistere un’altra forza che tiene unito il nucleo. Si tratta della forza nucleare forte, che tiene unito il nucleo, rappresentata dall’acqua. Comunque se questa forza nucleare interagisse con ogni particella, tutta l a materia sarebbe coesa in modo omogeneo, formando un ammasso solido più denso di una stella di neutroni. D’altro canto, anche all’interno di ciascuna particella elementare è necessaria una forza coesiva per controbilanciare la repulsione elettromagnetica dentro la particella stessa . Questa forze non può essere né elettromagnetica né nucleare forte. Si tratta dell’aria, che rappresenta la “forza nucleare debole”, che “decide” tra le altre due. E’ questa forza che consente alle particelle di luce(leptoni) di esistere come elettroni.
La quarta forza, la gravità, corrisponde alla “terra”, che tuttavia non è un elemento di base bensì una confluenza degli altri tre. Pertanto viene rappresentata dalla He finale del Tetragrammaton, che in effetti è una ripetizione della prima lettera del nome”
[la ה ha valore numerico di cinque, la י Yud ha valore dieci] (Aryeh Kaplan).

שלום
נוימן
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Quasi ogni giorno leggo sul forum nelle varie cartelle i vostri interventi, leggo spesso le vostre interpretazioni sul concetto di salvarsi, attraverso la parola salvezza, ma mi chiedo da cosa bisogna salvarsi e perché .
Ovviamente questa espressione è ricorrente quasi in modo ossessivo nel NT, ma siamo sicuri che chi scriveva queste concetti che la storia della Chiesa e delle sorelle minori intendesse proprio questo?
Nietzsche a proposito del credente scrive: “E’terribilmente alle prese con se stesso, non a tempo per pensare ad altro.” Costui pensa esclusivamente alla sua salvezza ed è in grado di stabilire legami solamente con quelli che gli assomigliano e sono compresi nel piano di salvezza, costui rifiuta ogni piano di salvezza che non sia quello.

Il concetto di salvezza nell’ebraismo ha qualche distinguo con tutto quello che è stato scritto dopo.
Il concetto “ salvifico” è una espressione del pensiero ebraico da sempre.
L’uomo ha la necessità di essere redento nel mondo, D-o ha bisogno per redimere il suo mondo, questo implica che la salvezza non può giungere da una sola parte
Heschel interpreta le parole:”Ani’wa-ho hoshi’ah-na “ che vengono pronunciate durante Sukkot dove le lettere “iud, he, vav, he,” sono impronunciabili nel loro ordine perché esse raccolgono il nome di D-o, e vengono in questo pronunciate secondo una formula che è una implorazione di salvezza.
Aggiunge Heschel che l’intera affermazione sembra voler dire “Ani ve-hu”Io e lui Salva!, come se Israele dicesse “Salva me e anche “lui”, cioè D-o.
La reciprocità di questa salvezza appare nel testo anche se la lettura classica ignora questa possibile interpretazione, leggendo la parashà di Shmot- Beshalàch , 14/30 (esodo)
ויושע יהוה ביום ההוא את-ישראל מיך מצרים וירא ישראל את-מצרים מת על שפת הים
Salvò Il Signore in quel giorno Israel dalla mano degli Egiziani, e Israel vide gli egiziani morti sulla riva del mare”
Heschel ci fa notare che את , la particella davanti a ישראל Israel” può oltre che essere un accusativo che determina il soggetto, “salvò Israele” ma anche la preposizione “con” , “con Israel”. Il verbo יושע, Jèshua il salvare, può essere attivo o passivo e cambia la vocalizzazione pur mantenendo inalterate le consonati.
La diversa lettura ci può suggerire che D-o si salvò con Israele.
E anche scritto:”Il popolo che ti sei riscattato dall’Egitto, la nazione e il suo Dio”. (II Samuele 7/23)
La redenzione di D-o è anche la nostra redenzione, Heschel osserva che dove è scritto:” la mia salvezza” il possessivo si inverte e diventa da attivo passivo, la salvezza è dunque D-o a salvarsi.
Heschel cita ancora un altro passo:
כה אמר יהוה שמרו משפט ועשו צדקה כי-קרובה ישועתי לבוא וצדקתי להגלות
Così dice il Signore” Osservate il diritto e fate giustizia, perché vicina a venire è la mia salvezza, e la mia giustizia a manifestarsi” poi Heschel commenta ,” bisogna leggere “la mia salvezza” in senso passivo, perché se il Santo voleva riferirsi alla salvezza dell’uomo avrebbe fatto scrivere “la vostra salvezza”.
Questo è un ribaltamento del concetto salvifico , nello spazio temporale il salvarsi dipendeva dai meriti di Israele , ora questa è una condizione necessità anche di D-o.
אנכי יהוה אלהיך אשר הוצאתיך מארץ מצרים מבית עבדים
"Io sono il Signore tuo Dio che ti ha portato fuori dal paese di Egitto, dalla casa di schiavitù” הוצאתיך “hoze’itika” può essere anche letto “huze’tika””con te sono stato portato fuori”.
Ricordati di me nella tua salvezza”(Tehilim 106/4), “Dite alla figlia di Sion:”Eccola tua salvezza viene”(Isaia 62/11), non è scritto il tuo salvatore, ma la tua salvezza.
Non si tratta del” salvatore” ma si parla del” salvato”.
Heschel cita molti altri passi che offrono una lettura alternativa.
A questo punto possiamo anche dedurre che il piano di salvezza non si può adempiere finché le due forme di salvezza non si congiungono.
Una barzelletta:
Un piccolo uomo entra in Sinagoga, quando non c’è nessuno, si siede, guarda il soffitto e con voce accorata esclama: “Dio, mia moglie è malata e ha bisogno di costose medicine; il tetto della nostra casa sta crollando e bisogna chiamare i muratori per rifarlo; mio fratello non lavora e mangia alla mia tavola come quattro persone; mia figlia non ha un bel vestito e quindi nessuno la guarda e il mio piccolo insiste che vuole la bicicletta: fammi vincere alla lotteria!”. Dopo alcuni giorni, torna ancora più disperato e dice: “Dio perché non mi ascolti? Non ce la faccio più a sopportare questa situazione: tutta la mia famiglia non fa che piangere e chiedere… Fammi vincere la lotteria!” Dopo una settimana, si rifà vivo, alza le mani al cielo e grida: “Ma allora, ti sei scordato di me?! Non hai compreso in che guai mi trovo? Ho pochissimi soldi, capisci? Fammi vincere questa benedetta lotteria?”. E allora, si squarcia il tetto della Sinagoga, fa capolino Dio e gli dice: “Benedetto uomo, dammi una mano: compra almeno un biglietto della lotteria!”
La salvezza ci sembra unidirezionale, il cristianesimo l’ha trasformata nel concetto mistico, in realtà la creazione che doveva essere perfetta con l’uomo è stata compromessa, la perfezione è diventata imperfezione, siamo abituati a considerare la salvezza come incarico dell’uomo di ritornare attraverso la redenzione allo stato originale, il punto zero.
In realtà ci sembra che a causa dell’uomo il piano divino si sia infranto, a questo punto nel rispetto del libero arbitrio concesso all’uomo, D-o sembra connesso alla redenzione del piano completo in cui è incluso anche D-o stesso.
Dopo che la prima coppia umana è stata consegnata alla dimensione terrestre le parole che il Santo rivolge a Khaìn manifestano una certa passione che se anche in una lettura sicuramente antropomorfica rivelano una certa ansia del Signore per quello che sta per accadere.
Leggiamo che D-o offre a Khaìn una possibilità.
הלוא אם תיטיב שאת ואם לא תיטיב לפתח חטאת רבץ ואליך תשוקתו ואתה תמשל בו (Bereshit 4/7).
Se agirai bene potrai andare a testa alta.(sarai perdonato) , ma se non agirai bene, il peccato sta in agguato alla porta,esso ha desiderio di te, ma tu puoi dominarlo(il peccato sta spiandoti alla porta e i suoi desideri son volti a te, ma tu lo devi dominare)”.

Le parole che usa il Santo sono, molto diverse da quelle rivolte a Adamàh che si nascondeva nel giardino dopo aver mangiato del frutto proibito: ”Perché ciò ti è rincresciuto, perché sei rimasto abbattuto? (Bereshit 4/3).
Forse D-o salvando Khaìn da quello che era scritto cercava di salvare la seconda parte della sua creazione?
D-o era forse obbligato a considerare la scelta di Khaìn come parte della sua salvezza? D-o poteva salvarsi da solo?
כה אמר יהוה שמרו משפט ועשו צדקה כי-קרובה ישועתי לבוא וצדקתי להגלות
Così dice il Signore, osservate il patto e fate giustizia, poiché è vicina la mia salvezza, e la mia giustizia a venire”( Isaia 56/1)
Il testo non dice la vostra salvezza , ma la mia salvezza.
Shalom
Noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Heschel scrive: “Dio ha bisogno dell’uomo”. Il che, in un certo senso, sintetizza quanto espresso da Noiman. Ma detto semplicemente così, sintetizza troppo. Occorre approfondire a dovere. Heschel è profondissimo e richiede molta applicazione e riflessione, ma scrive stupendamente (spesso rasenta il poetico) e in modo sublime, per cui invito a leggerlo attentamente. C’è moltissimo da imparare. Grazie, Noiman, per aver sollevato la questione. Vi invito a non trascurarla e a porre domande a Noiman per trattarla a dovere.
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