Interpretazione delle Scritture Ebraiche

ארמאנדו אלבנו
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

Mose vide Dio direttamente? In caso affermativo sarebbe stato un privileggio enorme,anzi senza limiti. Molti vorrebbero vedere Dio. Chi nn vorrebbe?
ארמאנדו אלבנו
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

18 Mosè disse: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!» 19 Il SIGNORE gli rispose: «Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà, proclamerò il nome del SIGNORE davanti a te; farò grazia a chi vorrò fare grazia e avrò pietà di chi vorrò avere pietà». 20 Disse ancora: «Tu non puoi vedere il mio volto, perché l'uomo non può vedermi e vivere». 21 E il SIGNORE disse: «Ecco qui un luogo vicino a me; tu starai su quel masso; 22 mentre passerà la mia gloria, io ti metterò in una buca del masso, e ti coprirò con la mia mano finché io sia passato; 23 poi ritirerò la mano e mi vedrai da dietro; ma il mio volto non si può vedere».

Dio dice che la sua faccia nn si può vedere e poi utilizza il pronome MI. Da questo si capisce che la Gloria di Dio qui è direttamente e letteralmente Dio stesso piuttosto che un intermediario che lo rappresenta?

E cosa vuol dire mi vedrai da dietro? Dio mica ha parti anteriori e posteriori? Io nn penso
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Ringrazio Armando Albano per le sue osservazioni, la risposta è contenuta nel proseguo.
Il pronome “mi” viaggia nel testo secondo la grammatica ebraica che congiunge la particella al verbo “vedere” che anche in questo caso a implicazioni più complesse dello stesso termine in italiano.
Ecco il resto dello studio:

Sappiamo che in diverse occasioni D-o si era mostrato, oltre Moshè lo videro gli anziani di Israele. La descrizione è una figura seduta su un trono , dopo questa visione sappiamo che tutti i testimoni sopravvivono e furono in grado di narrarlo.” il Signore non li colpì e dopo aver goduto della visione divina, mangiarono e bevvero”.
La stessa gloria (questa volta minuscolo) del Santo si era già mostrata a Israele. Che bisogno aveva Moshè di avere una ulteriore visione?
Cosa essi videro e percepirono …. ?
Oppure possiamo dedurre che questa visione non è del Santo ma si riferisce alle sue opere, esempio la manna nel deserto, l’apertura del mare di Giunchi. A questo punto possiamo interpretare che la gloria del Signore non è il Signore stesso, nessuna fisicità , nessuna visione celeste; studiando il testo originale e confrontandolo con altre parti del Tanach possiamo in ipotesi escludere questa fisicità e sostenere che tutto quello che avvenne è in senso figurato.
Possiamo anche dedurre che la discesa della “gloria” di D-o è un movimento fisico da un luogo all’altro o in alternativa che questo avvenne solo tramite rivelazione e lo svelamento solo attraverso la visione?
Se D-o è incontenibile , nessuno spazio fisico è in grado di raccoglierlo e non può essere contenuto in una forma, secondo voi quale contrazione o dispiegamento della gloria infinita può rendere D-o contenibile?
Questo si sono chiesti i nostri saggi da millenni.
Anche i cristiani interpretano le parole di Paolo che scrisse che il Signore spoglio se stesso e si vesti forma di servo e si fece simile agli uomini [, ….] sottomise fino alla morte.
Ma secondo la fede mosaica gli ebrei credono che tutta la Torah è stata dettata dal Santo a Moshè sul monte Sinai , il sottoscritto nonostante che sappia che è giusta la traduzione e di la comprensione di questa parte del testo come tutti la possiamo leggere mi stimola a ricercare tramite ulteriori studi per escludere questo antropomorfismo, nonostante questo trovo assolutamente legittimo credere che questo incontro tra D-o e Moshè sia veramente avvenuto, viso a viso.
Credo anche che i traduttori abbiano contribuito a attribuire a D-o un aspetto umano, lo hanno fatto pur sapendo che le parole come” volto, faccia, gloria, mano “ avevano un significato figurato e non reale. Forse un inganno a fin di bene.
Sono quasi sicuro che esperti traduttori di ebraico biblico conoscitori di tutta la tradizione ebraica non potevano attribuire a D-o parti umane come il viso e altre definizioni fisiche come parti anteriori o posteriori.
Deliberatamente hanno scelto una “versione” piuttosto che una “traduzione” e forse il Santo dall’immensità dei cieli ha fatto loro l’occhiolino.

La parola פנם “panim” tradotta comunemente “faccia “ è un termine che si scrive assolutamente al plurale, ma non si intende anche assolutamente “faccie”, “panim” ha un significato generico non definibile, ma sicuramente duale.
La indeterminatezza del termine lo rende adatto in molti usi che vanno dal senso figurato all’astratto, tuttavia sappiamo che il senso intensivo si presta a vari antropomorfismi mentre la stessa parola può anche significare di “fronte” o “davanti”.

L’espressione diventa assolutamente figurata se attribuiamo il significato di un “faccia a faccia” simile a un dialogo tra pari, dove ci sembra che il ruolo divino necessariamente si debba ridurre per confrontarsi sullo stesso piano della sua creatura.
La secondo espressione כבדך “la tua gloria” è un sicuro eufemismo. Per capire meglio è necessario ritornare al testo tradotto e confrontarlo con quello originale e poi riproporre quello che è scritto nella tradizione ebraica.
Riprendiamo dal testo originale :

ויאמר הראני נא את כבדך: ויאמר אני אעביר כל טובי על פניך וקראתי בשם יהוה לפניך וחנתי את אשר אחן ורחמתי את אשר ארחם
Fammi vedere la Tua gloria”Il Signore rispose:”Farò passare dinnanzi a te tutta la bontà, proclamerò dinnanzi a te, il nome del Signore” (shmot-ki tissà) (esodo).


Il Talmud commenta in chiave umoristica la richiesta di Moshè:
Egli disse:”non potrai vedere il mio volto”.Un tanna ha insegnato in nome di R.Yoshu’a ben Qorchach: “Il Santo Benedetto si rivolse a Moshe:”Quando volevo tu non hai voluto vedere [il mio volto, shmot 3-6 ] ; ora che tu vuoi, io non voglio”.Questo si oppone all’interpretazione di R Semuel ben Nachmani, che ha detto in nome di R. Yonatan: “Come ricompensa per le azioni giuste, Moshè ottenne tre privilegi. Come ricompensa per “Moshè si coprì il volto, ottenne lo splendore del suo volto.[ shmot 34-29] , Come ricompensa per “Egli ebbe paura”, ottenne il privilegio di “Ebbero timore di avvicinarsi a lui”[Shmot 34-30] Come ricompensa per “Guardare verso Dio” ottenne “Ed egli contempla l’immagine del Signore” [Bemidbar 12-8]
(TB Berachot 7°)

Poi il Signore aggiunse: ”Non potrai vedere la mia faccia perché nessun uomo può vedermi mentre è in vita” poi il Signore aggiunse:”C’è un luogo presso di Me; resta là sopra la roccia, ti ricoprirò con la mia mano, finchè non sia passato, poi ritirerò la mia mano e tu mi vedrai per di dietro, ma la mia faccia è invisibile”(shmot- ki tissà) (esodo).
Il Talmud che si è posto da molti secoli la risposta e la interpretazione, sorprendentemente afferma che Moshè vide solo il nodo dei tefillin che D-o indossava .
A questo punto sorge la domanda!
Ma D-o porta i tefillin? Perché Moshè ha visto solo il nodo?
Quale insegnamento ci sottopone il Talmud?
Nel Sefer Ha-Temunàh è scritto riguardo la ש. (Shin) :
“E la forma superna, il sigillo dei padri. In essa risiede la forza denominata parte posteriore, come è detto :” Tu vedrai la mia parte posteriore” (shemoth 33/32). E il legame dei filatteri- che non posso scrivere nel libro; si tratta infatti di cose spirituali, con forza vittoriosa- che prevale per legare, la terza alla quarta, in basso. Essa sarà Santa al Signore grande, quando sarà riunita in un’unica forma. Vi sono comprese quattro pericopi, in corrispondenza della forma; giacché la forma dell’unione è nei mondi superni e non in quelli inferiori: quanto è vietato negli uni e permesso negli altri, come a proposito del precetto:”fatti dei Fiocchi ai quattro angoli della veste con cui ti coprirai ( Deut.22/12).

Sappiamo che i nodi dei teffilin compongono la forma di alcune lettere ebraiche, la parola שדי “shaddai” traducibile come onnipotente è il nodo che è posto al centro del capo e corrisponde alla lettera ד dalet, l’ultima lettera dello shemà che promulga la unicità di D-o.
ויאמר לא תוכל לראת את פני כי לא יראני האדם וחי: ויאמר יהוה הגה מקום אתי ונצבת על הצור: והיה בעבר כבדי ושמתיך בנקרת הצור ושכתי כפי עליך עליך עד עברי:והסרתי את כפי וראית את אחרי ופני לא יראו

Ritornando a Shmot - Ki tissà 33/20-23 scopriamo che D-o pone Moshè in una cavità e lo copre con la sua mano.
L’interpretazione di queste parole ci fanno pensare ancora una volta alla fisicità del D-o di Israele che si mostra tramite delle sembianze umane ingigantite.
Il testo originale non usa il termine mano ma è un eufemismo che ritroviamo altre volte nel testo biblico con diversi significati כפי עליך la radice כפ “ caf “ rappresenta la parte piatta di qualche cosa che può essere parte di un piede o di una mano o di altra parte, anche una conca.
Ritroviamo la stessa parola in Bereshit quando Jacov viene colpito durante la lotta con l’uomo sconosciuto facendoci comprendere che egli fu colpito nella parte bassa del ventre, forse i genitali.
La stessa forma della lettera כ” caf “ricorda una specie di conca che delimita lo spazio simile al palmo della mano.
Dunque l’espressione è stata tradotta per necessità come palmo della mano , sarebbe stato più opportuno tradurla come l’ala protettrice e non ci avrebbe indotto a immaginare D-o in sembianza umana e neanche in nella forma di un uccello o ancora come nuvola protettiva .
Anche la parola ושכתי vesakotì la ritroviamo in altri parti del Tanach con significato di coprire, celare deriva dalla radice coprire.
Prima di cercare di provare a trovare una conclusione logica, può esserci utile ritornare al libro di shmot , (esodo), dove apprendiamo del primo incontro tra D-o e Moshè , su questo fare qualche osservazione supplementare.

Moshè pascolava il gregge di Jtrò suo suocero, sacerdote di Midian, guidando il gregge oltre deserto, giunse al monte del Signore, al Chorev. Gli apparve un inviato del Signore attraverso una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto e osi avvide che il roveto ardeva per il fuoco, ma non si consumava. Moshè disse fra se: voglio avvicinarmi per vedere questo grande fenomeno: perché mai non si consuma il roveto”(shmot 3-1/3)
Esaurita la curiosità Moshè si rende conto che è il mondo superiore è manifesto attraverso la stranezza di un cespuglio che arde e non si consuma, solo dopo la visione egli ode delle parole ,nulla oltre il roveto ardente:
”Moshè, Moshè , ….. ed egli rispose” eccomi.” Allora il Signore disse: ”Non avvicinarti oltre, togliti le scarpe dai piedi,perchè il terreno sul quale stai è suolo sacro.” E prosegui il Signore a dire:Io sono il padre di tuo padre, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe.”Allora Mosè si nascose la faccia, poiché temette di guardare verso il Signore”Smot 4-5)(esodo).

Nella lettura biblica siamo abituati a fermarci al senso letterale in questo caso ci induce a pensare che il timore di Moshè di guardare il Signore è per la sua incolumità.
Moshè Maimonide offre a riguardo una buona spiegazione:
”E Moshè nascose il suo volto, perché aveva il timore di guardare Dio, dove il significato esoterico si aggiunge al significato letterale –il quale concerne il timore di Moshè di vedere la luce nella sua evidenza, non il fatto che Dio- sia Egli esaltato ben al di sopra di ogni difetto! – possa essere percepito dagli occhi. Mosè venne lodato per questo, e Dio lo beneficò con la sua bontà tanto che, alla fine, si dovette dire di lui:”Guarderà la forma di Dio; e i sapienti dicono che questa è la ricompensa per aver subito nascosto il suo volto’senza vedere Dio”

In seguito altri avranno la possibilità di incontrare la Gloria di D-o , Moshè, Aronne e i suoi figli saliranno sul Sinai insieme ai settanta anziani di Israel , ma il testo riferisce a quello che videro .
ויראו את אלהי ישראל ותחת רגליו כמעשה לבנת הספיר וכעצם השמים לטהר
Essi contemplarono la divinità di Israele e sotto i suoi piedi come un mattone di zaffiro e come l’essenza del cielo per purezza”(smot - mishpatim24/10)(esodo).

Il termine לבנת “livnat” che compare nel testo può significare “biancore” ma anche mattone secondo la vocalizzazione, Rashi fa notare questa polisemia e ricorda che furono schiavi di un fabbricante di mattoni, l’Egitto.
Il testo si affretta ha specificare che il Signore non colpì coloro che poterono godere di questa visione,appare rafforzativo il passo successivo dove è scritto che essi dopo aver goduto della visione divina mangiarono e bevvero.
Moshè Maimonide ancora commenta questo avvenimento sostenendo che essi videro nei limiti della loro materialità, la loro percezione era limitata dalla loro fisicità, videro quello che i loro occhi di carne poterono scorgere; il testo sembra suggerire che essi non meritavano questa visione che tuttavia per grazia di Moshè avvenne comunque e furono risparmiati , essi nonostante non essendo pronti vollero vedere e per questo meritavano la distruzione.
Shalom
Noiman
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Se avete metabolizzato la parte precedente affrontiamo ancora qualche aspetto per la definizione della “gloria” divina

Vedere e comprendere la “gloria” divina secondo il punto di osservazione dell’ebraismo è alquanto complesso, credo che l’abbiate tutti compreso.
In questo mini trattato sull’argomento posso ancora aggiungere qualche cosa.
Lo faccio ripartendo dal testo biblico e facendo alcune considerazioni che non si trovano facilmente sui commentari disponibili.

Tal testo biblico riporta:
“I figli di Aronne, Nadav e Avihù presero ognuno un incensiere, vi misero del fuoco e posero su di esso dell’incenso e presentarono davanti al Signore un fuoco estraneo che non avevano avuto ordine di presentare. Allora uscì un fuoco da davanti al Signore e li divorò, ed essi morirono davanti al Signore.”(Vaycrà, Sminj 10/1-2)

Moshè assiste in diretta alla morte dei figli di Aronne , è facile immaginare lo sgomento del sommo Sacerdote Aronne , padre di Nadav e Avihù
La reazione di Moshè è alquanto misteriosa in alcuni suoi aspetti.

E Moshè disse a Aaron:”Con questo fatto il Signore viene a dire: per mezzo di quelli che mi sono vicini mostro la mia Santità e perciò davanti tutto il popolo sarò onorato”. Ed Aronne tacque.
Il passo è alquanto oscuro. Prima di cercare di chiarirlo occorre fare qualche considerazione.
Nadav e Avihù figli di Aronne erano sacerdoti , apprendiamo dal testo che ebbero il privilegio di vedere insieme a Moshè la gloria di D-o e sopravvivere.
Analizziamo in traduzione il passo:

A Moshè disse: “Sali verso il Signore insieme con Aronne, Nadav, Avihù e settanta anziani di Israele. E vi prostrerete da lontano, poi Moshè si avanzò solo verso il Signore e essi non lo seguirono” (shmot – mispatim 24/1)(esodo).

I seguito è scritto :
“ Moshè e Aronne risalirono il monte accompagnati da Nadav e Avihu ….. essi contemplarono la Divinità d’Israele e sotto i Suoi piedi si vedeva qualcosa di somigliante in chiarore alla bianchezza dello zaffiro e per limpidezza quale sostanza dal cielo. E gli eletti di Israele che meritarono . il Signore non li colpì e dopo aver goduto della visione divina, mangiarono e bevvero”(
Shmot-mispatim 24/9/11) (esodo).
Questo passo lo abbiamo già considerato , tutti coloro che assisterono alla rivelazione rimasero vivi e indenni.

Rimane difficile invece comprendere come i due fratelli dopo aver visto la visione celeste ed essere scampati alla forza divina da li a poco vengano annientati dal Signore.
L’espressione “essi mangiarono e bevvero” nasconde ulteriori possibilità di interpretazione.
Nadav e Avihù come gli altri testimoni ritornarono alla materialità ma non assimilarono la rivelazione e di conseguenza non meritarono più il dono che avevano ricevuto, prevalse il lato oscuro della rivelazione e assimilarono questa visione al pari del cibo che divenne individuale e non collettivo , il cibo diventa un atto di egoismo.
Si può anche rileggere il testo considerando che essi con Aronne sono partecipi alla costruzione del vitello d’oro , nonostante questo furono graziati in prima istanza dal Santo.

Questi fatti e soprattutto le parole dette da Moshè, lasciano spazio a diverse interpretazioni , i midrashim che commentano questo avvenimento sono diversi.
Una interpretazione afferma che la colpa non era grave, potevano aver avuto un eccesso di zelo o al massimo un errore di procedura, introduce il concetto che il livello e la gravità di una colpa non sono valori assoluti, e non offre una spiegazione.
Un’altra interpretazione suggerisce che essere il sacerdote d’Israele nel primo tempio, un livello massimo di osservanza è obbligatorio , le azioni devono essere perfette , per noi oggi la ritualità del culto passa in secondo piano e viene ad essa viene preferita l’intenzione, ma quella che si svolgeva nel luogo santissimo nella prima rivelazione doveva essere perfetta nell’ adempimento, un pensiero che diventa azione e che richiede che i passaggi cosmici in unione con il mondo terrestre e celeste dovevano essere perfetti.
Noi abbiamo una visione parziale di quello che era l’importanza della ritualità nel mondo antico, non riconosciamo gli effetti pratici del rito che è la tastiera cosmica che regola gli effetti, le luci e gli stati spirituali.

L’espressione “Allora un fuoco sacro uscì dalla presenza del Signore e li divorò: cosi morirono davanti al Signore” può indurci a pensare che essi furono annientati perché superarono la cortina del tempio , luogo dove nessuno poteva entrare tranne il Cohen Gadol nel giorno delle espiazioni. Ma questo non è scritto.
Morirono davanti al Signore, può essere interpretato in una seconda ipotesi che i due fratelli offrirono un fuoco nel luogo Santo dove non si doveva offrire fuoco, perchè la luce era la presenza di D-o e la sua Shekinàh terrestre.

Il passo in Vayiqrà – Acharè Moth 16/2 (levitico)
il Signore dice a Moshè : “Parla ad Aronne tuo fratello, in modo che non entri in qualsiasi momento nella parte del Santuario che si trova al di là della tenda, davanti al coperchio che è sull’Arca , in modo che non muoia, perché con la nube, Io appaio sopra il coperchio dell’Arca.”

Ritorniamo al testo, subito dopo la morte di Nadav e Avihù è Moshè a parlare, riprendiamo il passo biblico:
E Moshè disse a Aronne: ”Con questo fatto il Signore viene a dire: per mezzo di quelli che mi sono vicini mostro la mia Santità e perciò davanti tutto il popolo sarò onorato”. Ed Aronne tacque.
Rashi commenta questo passo:
Dove è che parlò di ciò (di questo fatto), In: “Là mi incontrerò con i figli di Israele e quel luogo sarà santificato attraverso la mia gloria”(non leggere la mia gloria, ma: “attraverso i miei glorificati”. ”Disse Moshè ad Aronne: “Aronne, fratello mio! Io sapevo che la casa di Dio sarebbe stata santificata attraverso i suoi intimi, io però ritenevo che ciò potesse avvenire o attraverso me o attraverso te: ma ora vedo che essi sono più grandi di te e me”.
L’allusione che Rashi in modo immaginario attribuisce a Moshè e ad Aronne, per qualche motivo i predestinati a conoscere la shekinà non furono ne lui ne suo fratello, ma i suoi nipoti, figli di suo fratello.
Ben Issy Jrhudàh ha detto:
Nadav e Avihu non morirono per altra ragione se non perché Israele diceva:”La shekinah non discese sulla terra” Così quando i figli di Aronne morirono, tutti seppero che la Shekinàh era discesa sulla terra

Moshè chiamo Mishael ed Etsanfan, figli di Uzziel zio di Aronne, e disse loro “Avvicinatevi, portate i vostri parenti da davanti al luogo santo a fuori dell’accampamento” . Ed essi si avvicinarono e li portarono con le loro tuniche fuori dell’accampamento come aveva parlato Moshè.”
Anche questa frase è oscura, il midrash narra che i corpi non furono consumati dal fuoco Divino, solo le loro anime furono consumate a dimostrare all’occhio esterno che le loro azioni erano integre, ma a guardarvi dentro le cose non stavano proprio cosi” .( da Discorsi sulla Torah di Jonathan Pacifici – Acharè ).

Mischael ed Etsafan sappiamo che erano i figli di Uzziel, zio di Aronne, di stirpe levi , dovevano rimuovere i corpi perché chiunque altro nel farlo sarebbe risultato impuro.
Un Sommo Sacerdote non può rendersi impuro con una salma, nemmeno nel caso di un parente prossimo , quindi Aronne non poteva rimuovere i loro corpi (21:11).
Questa richiesta avrebbe per logica dovuta essere fatta ad Elazar ed Itamar, figli di Moshè e cugini primi di Nadàv e Avihù, ma ricordiamo che tutto questo avviene in un momento speciale per Israele, la chanukà (inaugurazione) del Tempio , in questo momento speciale le regole possono essere modificate, viene detto a Elazar e Itamar di rimuovere le salme dei loro cugini, l’ordine fu cambiato e il comando fu passato a un ordine inferiore nel rango della parentela” ma per la solennità della inaugurazione la Torà impone un'eccezione: in questo giorno anche ai normali Coanim non è consentito divenire impuri, nemmeno per i parenti prossimi “. (Ramban).
Le regole del lutto vengono a meno, Rashi commenta il passo:

Disse Moshè ad Aronne e a Eleazar e a Itamar, suoi figli:”Non lasciate scarmigliato il vostro capo e non stracciatevi le vesti, perché non moriate ed Egli non si adiri contro la casa di Israele” Non lasciate scarmigliato il vostro capo, significa non lasciatevi crescere i capelli, abitudine in caso di lutto (Rashi).

Subito dopo leggiamo che il Signore si affetta a parlare ad Aronne e gli dice: “Non bevete vino o ebbrezza (liquori forti), né te né i tuoi figli con te, quando entrate nella tenda del Signore, perchè non moriate: è uno statuto eterno per le vostre generazioni " (discendenza).
Queste parole sono di insegnamento e sanciscono il divieto di accedere al culto e la ritualità quando si è sotto l’effetto di sostanze inebrianti, questo significa che non bisogna ricercare attraverso stimoli esterni la propria spiritualità, ma solo attraverso la propria interiorità e con mente lucida.
Questo precetto è osservato ancora oggi quando non si legge la benedizione dei Coanim nel rito della teffilàh pomeridiana, supponendo che i partecipanti possano aver consumato sostanze alcoliche.
Certamente la morte dei figli di Aronne è in stretto rapporto con questa proibizione e fu scritta subito dopo quello che è accaduto , ci induce a considerare che “questo fuoco estraneo” fosse l’alcol che essi assunsero nell’eccitazione per questa eccezionale e straordinaria giornata.
E ciò perché possiate distinguere tra il sacro ed il profano e fra l'impuro e il puro, ed insegnare ai figli di Israele tutte le leggi che il Signore disse loro per mezzo di Moshè" .
Shalom
Noiman
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bgaluppi
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Ciao Noiman, sto leggendo La Guida a proposito di Nadav e Avihù, appena riesco proverò a fare delle osservazioni sulla faccenda. Poi ti farò delle domande inerenti la rivelazione e i termini comandare, dire, parlare, inviare, chiamare.
ארמאנדו אלבנו
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

Shalom Noiman.

Ovvio che Dio è Spirito. Quando parliamo di mano di Dio,braccio di Dio o dito dì Dio è ovvio che si tratta solo di un modo di dire che sta ad indicare la forza di Dio. Mi sembra che hai riportate l'esempio della forza paragonata al veder il sole d'estate senza protezione.

Per l'ebraismo, per quel poco che si può conoscere della natura di Dio, Dio è una forza? E per l'ebraismo Dio è onnipresente?
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Ciao Armando, questa domanda introduce il concetto di immaterialità assoluta di Dio e il fatto che Egli non sia dotato di alcun attributo positivo. Pensare che Dio sia assimilabile a qualcosa, ad una forza ad esempio, ci porta lontani dal comprendere quello che ci è dato di comprendere riguardo a Dio. In realtà, Dio non è comprensibile né definibile. Diciamo che Egli non è dotato di niente altro che della Sua essenza, che è la Sua perfezione. L'unico modo per avvicinarsi alla comprensione dell'essenza di Dio è negarGli tutto ciò che comporta una corporeità e negarGli ogni affezione, in quanto l'affezione comporta un'alterazione, e l'alterazione una privazione di una parte rispetto ad un'altra; bisogna dunque negarGli ogni privazione e capire che non esiste perfezione di cui Egli non sia privo in alcun momento.

Per chiarire. Ogni creatura esiste grazie all'esistenza, ogni uomo vive grazie alla vita, ossia l'esistenza delle creature è un derivato dell'esistenza come ente, e la vita delle creature è un derivato della vita come ente. La nostra esistenza è un accidente dell'esistenza. Ciò non vale per Dio, perché la Sua esistenza non ha causa: la Sua esistenza è la Sua essenza. Egli è esistente ma non grazie all'esistenza, è vivo ma non grazie alla vita, è forte ma non grazie ad alcuna forza. Dio non ha in Sé alcuna molteplicità (dunque, più che dire "Dio è Uno" - il che lo assimila ad un concetto di quiddità - sarebbe meglio dire che Dio non è molteplice).

Più cerchiamo di capire cosa Dio "è", più non capiamo, o capiamo nel modo sbagliato. Meglio cercare di capire cosa Dio "non è". Noi possiamo solo percepire la Sua esistenza, ma non comprenderla, né tantomeno definirla.
ארמאנדו אלבנו
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

Un Dio che nn una forza o che nn è forza sarebbe del tutto inefficace e nn potrebbe manifestare la sua gloria attraverso i miracoli potentissimi.

Se siamo ad immagine di Dio vuol dire che Dio ha una forza perché noi a sua immagine abbiamo una forza con la differenza che la forza di Dio è esistente da sempre e da se mentre la nostra che è limitata dipenda da lui.
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bgaluppi
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Direi che Dio "utilizza" delle forze, non che "è" una forza, altrimenti verrebbe circoscritto all'interno di certi parametri. Una forza è sempre originante da qualcosa che la esercita, non sussiste di per sé; inoltre, una forza deve possedere una qualche fisicità o energia, o non potrebbe esercitare degli effetti; l'auto viene spinta in avanti da una forza (energia) generata dal motore a scoppio, io sollevo il braccio per mezzo di una forza (energia) generata dal mio muscolo. Così, la volontà di Dio stabilisce il generarsi di cause che producono degli effetti, ma Dio non è quella causa specifica, ma la Causa prima, la quale non è generata a priori da alcunché.

Secondo il pensiero ebraico, “tutto ciò che è creato proviene inevitabilmente da una causa prossima, che l'ha creato; e questa causa ha una causa, e così via, sino a terminare la serie con la Causa prima di ogni cosa — ossia, la volizione e la volontà di Dio. Per questo, a volte nei discorsi dei profeti si omettono tutte queste cause intermedie, e si attribuisce a Dio quest'azione individuale e creata, dicendo che Egli l'ha compiuta. [...] A proposito di ciò che procede sempre secondo natura, come lo sciogliersi della neve quando l'aria si riscalda e l'agitarsi delle onde del mare quando il vento soffia, la Bibbia dice: "Manda la Sua parola e le dissolve" [Sl 147:18]; "Egli disse, e sollevò un vento di tempesta, e sollevò le onde" [Sl 107:25]; e circa la caduta della pioggia, dice: "E alle nubi Io comanderò di non far cadere pioggia ecc." [Is 5:6].” (Maimonide, La Guida dei Perplessi, II,XLVIII).
ארמאנדו אלבנו
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

Ma un Dio senza forza come farebbe ad utilizzare le forze per esempio quelle naturali?

Potremmo però dire che la sua potenza è la sua volonta che è forza.
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