Interpretazione delle Scritture Ebraiche

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Gianni
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

La considerazione fatta da Noiman dovrebbe essere riletta ogni tanto, regolarmente.
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Alla creazione appartengono le “ leotòt”, i segni, il sole e la terra sono i leotòt ulmoa’dim , i segni per i appuntamenti degli astri che scandiscono il tempo e lo regolano consentendo agli uomini di celebrare le sue feste i suoi precetti. Altre leotòt sono le lettere che compongono la Torah che sono precedenti alla creazione.
Tutto è stato scritto nei cieli prima che i cieli e la terra avessero inizio,il Santo guardo i segni e le lettere si misero in moto per scrivere una nuova storia.
27 sono questi segni, essi possono essere disposti in tre file, la prima fila compaiono le unità, nella seconda fila le centinaia, nella terza fila le migliaia; così:
א ב ג ד ה ו ז ח ט 21
י כ ל מ נ ס ע פ צ 210
ק ר ש ת ך ם ף ץ 2100

21, 210, 2100 è la somma dei valori delle prime sei lettera per ciascuna riga, a loro volta questi valori corrispondono agli anni di un ciclo lunare, di dieci e di cento cicli. Il numero 21 è riferito a questa creazione, dove è la luna è il segno che regola il calendario ebraico, ma aggiungendo il valore della settima lettera della prima riga ז con valore di 7, otteniamo 28 che è il ciclo solare, il sole ritorna alla posizione iniziale dopo 28 anni.
Questo affinché si adempiano le parole:
ויאמר אלהים יהי מארת ברקיע השמים להבדיל בי היום ובי הלילה והיו לאתת ולמועדים ולימים ושנים
Dio disse siano i luminari nella distesa del cielo per fare distinzione fra il giorno e la notte; siano anche segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni” (Bereshit).

21 è anche il valore numeri delle iniziali dei nomi di Avrahàm, Izchàck, Jacov א י י , La Torah di questa creazione ha cinque libri le cui lettere iniziali con cui iniziano hanno valore 21, ב ו ו ו א .

Contrariamente a quanto si crede il calendario solare era adottato dalla setta degli esseni e alcuni riferimenti li ritroviamo nelle espressioni della letteratura apocalittica, il libro di Henòc e il libro dei Giubilei , alcuni frammenti e alcune parti più estese sono stati ritrovati nelle grotte di Qùmran, in particolare nella grotta 4, gli esseni erano dissidenti rispetto alle correnti farisaiche che guidavo il giudaismo in quel frangente storico, vivevano separati in forma comunitaria presso il mar morto adottavano di fatto un calendario solare che includeva 365, giorni, divisi in 12 mesi di 30 giorni e un giorno intercalare ogni terzo mese, l’anno cosi veniva suddiviso in 52 settimane di 91 giorni, 4 stagioni , ciascuna di 13 settimane. L’anno veniva fatto iniziare di mercoledì, il giorno presunto dell’inizio della creazione.
Questo sistema preveda che le stagioni, i mesi e i giorni si susseguissero anno dopo anno rendendo costanti i moedim a differenza del calendario lunare che richiede continui aggiustamenti per evitare che Pesàch cada in pieno inverno anticipando di 11 giorni ogni anno lunare, costanti calcoli impegnavano la classe sacerdotale per aggiustare con l’aggiunta di un tredicesimo mese ogni tre anni (sette volte ogni ciclo di diciannove anni), per sincronizzare il calendario lunare con le stagioni reali e evitare che si seminasse il grano in un periodo sbagliato o si celebrassero feste con i relativi pellegrinaggi in tempi sbagliati, il mese aggiunto è per tradizione un secondo mese di Adar (Adar shenì, o Vaadar), l’anno intercalare o anno embolico è Shanà Me’ubberet , letteralmente una annata incinta).
L’aspetto di questa definizione pesca nella mistica ebraica e rende in qualche modo conciliante i rapporti tra sole e luna, l’unione tramite un figlio che mette a posto le cose, i cabalisti lo chiamano sod ha’ibbur , “il segreto del connubio”.

Abbiamo la conferma che gli esseni utilizzavano un anno solare parallelo a quello lunare esaminando i ritrovamenti dei manoscritti a Qùmran e soprattutto dalle ultime traduzioni a seguito un delicato restauro resi possibili solo dalla moderna tecnologia e dalla possibilità tramite sofisticati programmi informatici di connettere i migliaia di frammenti, alcuni spesso più piccoli di un’unghia.
I testi così ricomposti hanno rivelato oltre gli aspetti inediti dell’essenismo anche alcuni aspetti storici e di costume-
Soprattutto il rotolo 11 Qps ha fornito la prova documentaria che l’anno solare era in uso presso la comunità, vi riporto il testo ebraico tratto da una pubblicazione che riguarda questa parte del rotolo.
ויהי דויד בן ישי חכם ואור כאור השבש
ונבון ותמים בכול דרכיו לפני אל ואנשים ויתן
לו יהוה רוח נבונח ואורח ויכתוב תהילים
שלושת אלפים ושש מאות ושיר לשורר לםני המזבח על עולת
התמיד לכול יום ויום לכול ימי השנה ארבעהוששים ושלוש
מאות ולקורבן השבתות שנים וחמשים שיר ולקורבן ראשי
חחודשים ולכול ימי המועדות ולים הכפורים שלושים שיר
ויהי כול השיר אשר דבר ששת ואבעים וארבע מאות ושיר
לנגן על הפגועים ארבעה ויהי הכול ארבעת אלפיפ וחמשים
כול אלה רבר בנבואה אשר נתן לו מלפני העליון

למנצח מזמור לדויד חלצני יהוה.....[תהלים,קמ]
“E David, figlio di Jesse era saggio, una luce pari a quella del sole,colto e intelligente e perfetto in ogni suo comportamento di fronte a Dio e agli uomini. E gli diede il Signore uno spirito intelligente e illuminato. E scrisse tremilaseicento salmi e canti da intonare sull’altare di fronte all’offerta perpetua ogni giorno, per tutti i giorni dell’anno, trecentosessantaquattro e per il korban degli shabbat, cinquantadue canzoni e per il korban del principio dei mesi e per tutti i giorni festivi e per il Giorno dell’Espiazione, trenta canti. E tutti i canti che pronunciò furono 446 e i canti per i colpiti quattro, in totale 4050 e disse tutte queste cose grazie al dono profetico che gli fu dato direttamente da Helion”

Poi introduce il salmo 140…..

Immaginiamo che i due sistemi coesistessero senza particolari traumi anche se c’erano differenze tra alcune date legate alle feste, senza pensare che gli esseni celebrassero Shavuòt nel giorno di Pesàch o viceversa, probabilmente la differenza era minima e regola sociale di buon comportamento evitando il conflitto sociale, la differenza lo possiamo documentare ancora tramite il rotolo 1QpHab, XI,4-8.

פשרו על הכוהן הרשע אשר רדף אחר מורה הצדק לבלעו בכעם המתו (אבית) גלותו ובקץ מועד מנוחתם יום הפורים הופיע אלים לבלעם ולהכשילם ביום צום שבת מנוחתם

Traduzione:
La sua interpretazione si riferisce al sacerdote Empio che perseguitato il Maestro di Giustizia per divorarlo con furore e della sua ira nel luogo del suo esilio, nel tempo della festa, nel riposo del giorno delle Espiazioni. Si presentò davanti a loro per divorarli e farli cadere nel giorno del digiuno, il sabato del loro riposo”.

Una parentesi per chiarire alcuni aspetti, questo estratto è sicuramente connesso con il pesher di Abacuc, ritrovato a Qùmran , conosciuto come commentario del libro di Abacuc (Q1 Hab) (grotta 1), il documento è in ottimo stato di conservazione, presenti nella grotta anche alcuni frammenti del libro di Sofonia e un suo commentario, purtroppo per Sofonia lo stato di conservazione era pessimo, solo pochi frammenti sono leggibili.
Il pesher è una vera forma di letteratura esegetica, un genere letterario specifico di genere apocalittico, il pesharim sono divenuti importanti quando le vicende storiche di quella parte di oriente misero in crisi il giudaismo con la percezione della fine imminente e l’avvento dell’era messianica, un pensiero dominante e impellente di interpretare i libri profetici che oscuri e criptici , il commento è lo sforzo di interpretare le visioni, trovare significati attraverso i segni all’interno dei testi, il pesher costituisce la forma esegetica e interpretativa al confine con la tecnica divinatoria.

Dopo questa precisazione il testo tradotto è un documento è fondamentale per comprendere che il Sacerdote Empio non era tenuto, come il Maestro di Giustizia al riposo durante il Giorno dell’Espiazione, cosicché il Maestro di Giustizia e i suoi seguaci non poterono difendersi dagli attacchi del Sacerdote Empio; Ciò si verificò perché i due gruppi non seguivano lo stesso calendario, come pare specificare il suffisso שבת מנוחתם, il sabato del riposo (loro).
Tratto da Hebraica Commenti Istituto studi Ebraici-S.H. Margulies).
Shalom
Noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

"Io leggendo la favola di Cappuccetto Rosso mi pongo una domanda.
Perche il lupo ha dovuto escogitare lo stratagemma di travestirsi da nonna e mettere in piedi tutta quella farsa?
Voleva misurarsi con le sue capacita' di travestimento e recitazione?
Se il suo scopo era mangiarsi Cappuccetto e la nonna non poteva seguire cappuccetto Rosso fino ai pressi della casa della nonna e poi mangiarsi prima lei e poi la nonna?!

"Alla tua domanda finale rispondo che Dio ha posto sicuramente un ostacolo al ritorno in patria del popolo prima del tempo.
L'ostacolo in questo caso pero non sono cherubini ma la potenza della sua parola profetica che stabilisce (attraverso Geremia) la durata della diaspora."

Maurizio


In realtà una buona risposta potrebbe essere che la bibbia non è un libro di storia e chiunque avrebbe potuto scrivere una storia migliore, allora possiamo affermare che il Libro è una storia di vita ? nel principio come la favola di “cappuccetto rosso”, l’insegnamento che si può trarre è la storia stessa, le scorciatoie non insegnano molto, il risultato finale non è la restituzione di cappuccetto rosso e la morte del lupo, ma tutto quello che è in mezzo, :-O ovviamente noi ne abbiamo banalizzato il senso.

L’esilio del popolo ebraico sta molto a cuore agli ebrei e anche ai cristiani, ciascuno con il suo punto di vista, la “galut” appartiene al popolo ebraico che l’hanno subita e ne hanno fatto un forma di resistenza alla assimilazione, al punto scrive“Abraham B. Yehoshua : “Una cosa è chiara: il mistero dell’identità del popolo ebraico, della sua capacità di sopravvivenza e del modo in cui esso interagisce con i gentili fra cui vive è da ricercarsi nella peculiare e problematica di identificazione tra religione e nazionalità …. Occorre anche rilevare che il popolo ebraico nacque in Egitto e si forgiò nel deserto, teatro anche del singolare tentativo di fondere i concetti di nazionalità e religione. La diaspora è dunque una condizione di “messa a punto “ dell’identità ebraica “(Abraham B. Yehoshua).

La diaspora è menzionata nel libro di Bereshit, un libro denso che come qualcuno ha osservato include e anticipa molto di quello che saranno gli avvenimenti del popolo ebraico, l’agiografo inserisce nella storia elementi profetici, lo fa non in modo palese, e diretto come leggiamo in Geremia o Ezechiele, l’effetto è discreto e velato, Avrahàm ebbe le sue profezie attraverso le visioni, Izchàk vide tutte le anime di Israele sul monte Moriàh, Jacov attraverso i sogni su di un cuscino di pietre, solo con Moshè la rivelazione assumerà effetti pirotecnici, in Bereshit l’interpretazione rende ancora più suggestiva la storia di Jacov-Israel, dedico questo a Antonio che ha alzato bandiera bianca nel suo confrontarsi con le scritture ebraiche, rimaniamo in pochi!
Partiamo da Bereshit
וילן שם בלילה ההוא ויקח מן- הבא בידו מנחה
לעשו אחיו: עזים מאתים ותישים עשרים רחלים מאתים ואילים עשרים: נמלים מיניקות ובניהם שלשים פרות ארבעים ופרים עשרה אתנת עשרים ועירם עשרה : ויתן ביד- עבדים עדר עדר לבדו ויאמר אל- עבדיו עברו לפני ורוח תשימו בין עדר ובין עדר . (לב,יד)

E pernottò (Jacov) là, la notte, poi prese da quello che possedeva per fare un dono a Esav, duecento capre e venti capri, duecento pecore e venti caproni, trenta cammelle allattanti con i loro figli, quaranta vacche e dieci tori, venti asine e dieci puledri. Consegnò ai suoi servi ogni mandria e disse loro “Passate davanti a me e lasciate spazio fra una mandria e l’altra”(Bereshit 32/14-17).

Jacov è venuto a sapere che Esav suo fratello è furioso con lui per la sottrazione della primogenitura e teme che potrebbe addirittura essere ucciso, ispirato prepara un dono per placare l’ira del fratello, come tutti i pastori del mondo prepara un dono per placare Esav, in modo strategico e scaltro cerca di sfruttare al massimo questa possibilità e utilizza uno stratagemma, il testo è costruito abilmente per sottolineare la finezza del pensiero di Jacov, lo capiamo dal numero e dalla varietà dell’offerta, capre e caproni, pecore e montoni, poi cammelle in allattamento e i loro figli, il numero e gli appaiamenti suggeriscono che questo è un dono speciale e destinato ad accrescersi nel tempo, il numero degli animali femmina in rapporto ai maschi è una sottolineatura che il dono è una forma di investimento destinato a fare crescere velocemente , secondo la mentalità dei pastori nomadi.
Il regalo è importante è Jacov intende valorizzarlo al massimo per ricavare il massimo effetto, divide la mandria in quattro parti e invia il dono così spezzettato a Esav, raccomanda ai suoi servitori alcune istruzioni, la prima è di lasciare spazio tra una mandria e l’altra, il “pacco regalo è pronto” e viene incartato a dovere in tante confezioni consegnate una per volta, aumentando l’aspettativa del ricevente.

Le istruzioni sono chiare:”Diede questo ordine al primo”Quando ti incontrerà Esav, mio fratello e ti chiederà chi sei tu ?Dove vai? Di chi sono questi animali che ti camminano davanti?Tu risponderai “Del tuo fratello Jacov, “E’ un dono inviato al mio signore Esav, ecco egli stesso ci segue” Lo stesso ordine lo impartisce anche al secondo e al terzo e a quanti seguivano i branchi”[…. ] “Voglio placarlo con il dono che mi precede, poi mi presenterò, può essere che mi accolga bene”(Bereshit 32/18-21)

Rivediamo l’affermazione” Lo stesso ordine lo diede anche al secondo a anche a terzo e a quanti seguivano i branchi”
In tutto questo passo la parola עדר “branco” la leggiamo quattro volte, le prime tre sono esplicitamente scritte “ordinò al primo[….] gli stessi ordini diede anche al secondo, al terzo e a tutti colore che seguivano le mandrie”
La quarta mandria non è menzionata, rimane il termine generico di chi accompagnerà la quarta mandria, forse perché è la più numerosa?
Il numero quattro si carica di simbolismo, il midrash interpreta :”La parola “éder”è scritta quattro volte. E una allusione ai quattro regni e ai quattro esili, come è scritto”Poiché la mandria di D-o è divenuta prigioniera”(Geremia 13/17) (Midràsh Sechel Tov).
Israel è stata sottomesso quattro volte, Babilonia, la Persia, poi la Grecia e infine Roma, anche quattro sono stati gli esili, il primo in Egitto, successivamente in Babilonia, poi con i Seleucidi e infine quello di Roma, quest’ultimo esilio di fatto non è ancora concluso, ma in fase di definizione, allora capiamo il significato della quarta mandria את כל ההלכים אחרי גם “e anche tutti gli andanti di dopo”, “cioè tutti coloro che seguivano le mandrie”, Jacov- Israel ha predisposto che le mandrie rimangano separate , la necessità fondamentale è quella di mantenere la distanza tra una mandria e l’altra, Jacov –Israel sarà l’ultimo a giungere, il modo in cui Jacov ha disposto le mandrie anticipa la storia della golàh .
Israele se vuole sopravvivere a quattro diaspore deve avere il tempo di riprendersi tra una deportazione e l’altra, concedendo del RESPIRO, in questo senso il Midràsh ancora una volta interpreta questi spazi:”Jacov disse di fronte al Santo, Benedetto Egli sia,”Padrone del mondo, se sui miei figli si devono abbattere delle disgrazie, non gliele inviare una dopo l’altra, ma lascia loro un attimo di respiro fra una e l’altra”(fonte Radici 1990).

Il testo suggerisce quanto spazio dovrà essere lasciato tra una mandria e l’altra, entra in gioco un termine che vocalizzato diversamente può assumere un significato alternativo , עברו לפני ורוח תשימו בין עדר ובין עדר, “passate davanti a me e spazio mettete tra un branco e branco” ורוח”revaH” “ spazio”, la radice polisemica può anche generare parole come “ampio, abbondante”, dare tregua, (Giobbe 10-15, I° Samuele 16/23), i significati di fiato, respiro, sollievo , mantenendo le consonanti possiamo anche leggere ruàch, dunque respiro, ancora una volta la radice si dilata in molteplici significati.
Il popolo di Israel, ovunque sia nel mondo ha respirato?
Noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Un annuncio, cercasi traduttore sordo, cieco e muto, che sappia odorare la carta per nuovo incarico “traduzione della bibbia ebraica da testo originale” ottima paga, molto tempo a disposizione,” fino all’arrivo del messia “ per questo è un lavoro sicuro.”

Il primo problema di chi studia le scritture e non importa se solo quelle ebraiche, solo i Vangeli o tutte, ha la tendenza di sezionare il testo secondo proprie esigenze, il testo biblico è stato ridotto a una analisi redazionale, un’opera così complessa non viene quasi mai affrontata nel suo insieme, ma piuttosto come corpora indipendenti , alcuni studiosi anche di fama che ho conosciuto non hanno neanche mai letto tutta la Bibbia, quindi neanche studiata , ma come chirurghi l’hanno analizzata sezionandola, secondo il criterio che implica una prima scelta tra le opere disponibili secondo un criterio personale quasi come impegnare il gusto , di conseguenza lo studio diverrà specialistico, abbiamo quindi specialisti per genesi, Deuteronomio, ecc. all’interno la suddivisione si caratterizza ancora per sezioni di testo, la moderna possibilità di accedere alle chiavi bibliche in formato elettronico consente addirittura di raggruppare parti di testi molto distanti tra loro, di autori diversi in ordine progressivo di parole , nomi.... risultato? Una forma di ermeneutica etimologica pietrificata, questo lo notiamo in tutti coloro che sguinzagliano decine di passi che vengono estratti da contesti diversi , pescati tra testi distanti temporalmente e culturalmente, in alcuni casi da oltre mille anni, Umberto Eco osservava:
Leggere con occhi nuovi, si studia l’albero ma la foresta potrebbe non esserci, il capitano della nave che ha spezzato l’albero maestro cerca un albero di quercia nella foresta, ma non vede la foresta, un seme di quercia che calpesta è l’albero potenziale per tutti i vascelli che hanno navigato nei mari” (Eco).”

Anche gli ebrei hanno questa tendenza, pescano a piene mani nella tradizione che è ormai consultabile quasi da tutti, molto disponibile in traduzione , quasi tutto in lingua originale, la digitalizzazione di molti testi ha fornito una occasione di poter disporre di una libreria globale con milioni di testi, io stesso ho permesso che venissero digitalizzati un paio di testi definiti “rari” e mi hanno chiesto di non divulgarli oltre la fonte che ha digitalizzato, forse a fine anno saranno in rete.
Una volta tutto questo a non avveniva, la consultazione era difficile e occorreva tempo e anche risorse e quindi si approfondiva quello che si aveva a disposizione, senza esagerare, vale l’esempio forse già raccontato e celebre:
Rabbí Zusya di Hanipol si mise una volta a studiare un volume del Talmud. Il giorno seguente i suoi discepoli notarono che stava ancora alla prima pagina. Pensarono che avesse incontrato un passaggio difficile e che stesse cercando di risolverlo. Ma quando fu trascorso un certo numero di giorni ed era ancora immerso nella prima pagina, furono presi dallo stupore ma non osarono interrogare il maestro. Finalmente uno di loro prese coraggio e gli domandò perché non passasse alla pagina successiva. E Rabbi Zusya rispose: “Sto così bene qui, perché dovrei andare altrove?”.
(tratto dal Lo studio della Torah in una Yeshivà di Shiunnach).


Una condizione che sicuramente influenza lo studio delle scritture da parte degli ebrei ha relazioni con l’impostazione tradizionale che riguarda il culto, la lettura e di conseguenza lo studio nell’ebraismo è diventato “culto” e regolato da precise regole sia nella Halachà che nelle tradizioni delle yeshivòt, la lettura delle scritture si trasforma in un atto linguistico che richiede a sua volta il commento, a sua volta il commento in forma collettiva stimola l’assemblea, l’assemblea discute e prende nota delle conclusioni dei nuovi insegnamenti che scaturiscono dal testo,tutto è degno di considerazione compresi gli errori che a loro modo vengono onorati e menzionati, le verità confermate e gli errori condivisi si intrecciano e rendono più chiara la successiva discussione, le spiegazioni aprono nuove ricerche di ulteriori significanti.

Settimana dopo settimana, anno dopo anno in tutto il mondo vengono lette e studiate le stesse parole, il testo della Torah è suddiviso in parashòt che a loro volta si distinguono in parashòt petuchòt, sezioni aperte e in parashòt setumoth, sezioni chiuse, nei libri stampati queste divisioni vengono indicate con le lettere פ e ס, che indicano che sta per iniziare un’altra sezione settimanale e dove è terminata la precedente, tutto questo è codificato nel Mishnè Torah che stabilisce come e quando si può leggere, quanto versi si possono leggere, regole sulle interruzioni, sugli errori di lettura.
Fin dai tempi di Ezra si prese la precauzione che tutti capissero, si stabilì la presenza del traduttore che trasferiva dall’ebraico all’aramaico, questa figura poteva anche sbagliare nel riportare le parole, ma questo non importava e non per questo il precetto dell’esatta lettura da parte del Cohen veniva violato.
Le regole servivano per leggere tutta la Torah e di conseguenza lo studio e approfondimento del contenuto delle parashòt diventava circolare, esperienza dopo esperienza.

Pochi sanno perché non devono passare mai oltre tre giorni in cui non si legga la Torah, questo lo apprendiamo da Shmòt , attraverso una deduzione che è diventata Halachà, la regola è stabilita per lunedi e giovedi, ma in teoria andrebbero bene anche il martedi e il venerdi , qualcuno pensa che l’ago della bilancia sia lo shabbàt, quindi la distanza dei giorni sia in base allo shabbàt, ma in realtà lo shabbàt in questo caso diventa parte dei tre giorni per un strano processo di inversione, già ! perchè sappiamo che questo conteggio nasce dal monte Sinai, Moshè salì un lunedi e scese un giovedi, un altro riferimento alquanto intrigante coinvolge le stanghe che sostenevano l’Arca, la Torah prescriveva che queste stanghe non dovessero mai essere sfilate dagli anelli, l’aròn poteva essere solo trasportato a spalla e quindi la presenza delle stanghe garantiva che in qualunque momento potesse essere trasportata.
Queste aste sono ועשית בדי עצי שטים וצפית אתם זהב , “ ….di legno di acacia rivestite d’oro.(shemoth 25/13).
Rav. Shlomò Luntschitz, spiega che le tre lettere ז ה ב che compongono la parola "zahàv” “oro” hanno valore numerico 7-5-2 , che il settimo giorno sia evidente dalla lettera zain, non significa che sia proprio lo shabbàt, la vera regola è la distanza tra i giorni della lettura
Una altra spiegazione considera le “badim” le aste come parte strutturale dell’arca esattamente come le gambe di un tavolo, senza le aste l’arca non è completa, per un misterioso ribaltamento dei significati le aste non servono a trasportare l’arca, ma servono a trasportare coloro che dovevamo trasportare l’arca.
Quindi la condizione vincolante che interpreta il midrash :" Moshè sali sul Sinai il lunedì e ne discese un giovedì", in questo giorno furono consegnate al popolo le tavole con la legge, ancora una curiosità che pochi sanno e non trovate facilmente su internet, il valore gematrico di “badè” è 16,come il numero che sono chiamate a salire a Sefer nelle tre letture, 9 da lunedi , giovedi e sabato sera, 7 di sabato mattina, totale 16, sempre il midrash suggerisce che anche nei tempi più bui questo non si è mai interrotto, se in Italia a causa del Covid si è interrotta la lettura della Torah come avvenne negli anni della guerra sono sicuro che da qualche parte del mondo il precetto è stato mantenuto, l’ho capito perché ogni mattina mi sono sempre svegliato.
Shalom
Noiman
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bgaluppi
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Ciao Noiman, hai letto? :YMHUG:
viewtopic.php?f=9&t=1862&p=68641#p68641" onclick="window.open(this.href);return false;
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

LA PREGHIERA, un punto di osservazione
Traggo ispirazione da questi giorni in cui si è celebrato Rosh Hashanà 5781 citando un estratto di un libro che considero importante per comprendere come il giudaismo si confronta con la pratica religiosa più antica e conosciuta, la preghiera.

La perishut è la separazione da tutto quello che non è prescritto , questa separazione si mantenne anche quando che il popolo ebraico collassò sotto l’impero romano e anche dopo la distruzione del tempio fu la garanzia del mantenimento attraverso il tempo, il Tempio e i sacrifici furono sostituiti con la preghiera, rabbi Yochanàn ben Zakkai disse che per Israele esisteva un modo per espiare, equivalente al sacrificio, per fare il bene. Rabbi Yonathan decenni dopo affermò che studiare la Torah valeva quanto un sacrificio, ancora un secolo dopo rabbi Yochanàn bar Nappachà disse che se si impegnava con la Torah era da considerare pari a chi si occupava del servizio sacrificale, essendo uno di coloro che “servono l’Eterno, che abitano nella dimora dell’Eterno” (Tratto da Farisei di Leo Baeck).

Ovviamente non intendo trattare l’argomento nel suo senso completo, non ne sarei in grado e neanche lo voglio fare, ma tanto per ravvivare questa cartella ho pensato di scrivere poche cose che se sviluppate consentono di spaziare in una materia molto vasta con implicazioni interessanti per ebrei e cristiani che hanno fatto della preghiera uno strumento di comunicazione con D-o e con se stessi.

ואתחנן אל יהוה בעת ההוא לאמר אדני יהוה אתה ההלת להראות את עבדך את גדלך ואת ידך החזקה אשר מ אל בשמים ובארץ אשר יעשה כמעשיך וכגבורתך

“E in quel tempo supplicai il Signore dicendo Signore Dio, tu hai cominciato a mostrare al tuo servo la tua grandezza e la tua mano forte , quale altro Dio, infatti , in cielo o in terra può fare opere potenti come te”

(Dvarim- 3/23-24) ( Deuteronomio)
Moshè si rivolge a D-o,la parola”t(e)chinnà”, letteralmente “ supplica” è di più di una preghiera è una precisa richiesta diretta, una scorciatoia per richiedere un esito positivo attraverso la “ grazia divina” secondo il principio :ותנותי את אשר אחן “ vechanotì et asher achòn “E grazierò colui che grazierò”, (Shmòt), sappiamo che questa richiesta non fu esaudita
La radice di questa parola è la stessa di “channun” che sviluppa il significato di una elargizione senza contropartita , la cosiddetta grazia, una azione che non richiede da parte del ricevente una contropartita, l’effetto è una azione che giunge dal cielo, arbitraria e estemporanea, da questa parola deriva anche la parola “chinnam” , gratis.

Lo Sfat Emet interpreta la preghiera:” E scritto nel Midrash che colui che si concentra nella Tefilàh, la sua Tefilàh viene ascoltata. Poiché la questione della Tefillàh nel mondo non è soltanto per la richiesta con cui l’uomo richiede ciò che ha bisogno, poiché ecco che hanno detto i Saggi che il servizio Divino che è nel cuore della Tefillàh. Ma la questione è che questo mondo manca di completezza in ogni cosa piccola e grande, e deve venire a compimento della salvezza del Signore per mezzo della Tefillàh che suscita l’apertura della radice che è sopra questo mondo nella quale non c’è mancanza. E questo è quanto hanno detto, sia il loro ricordo di benedizione, “prima ordini la lode del luogo, e poi preghi”
Teffilah

L’espressione “pregare “ è consolidata nell’uso comune come richiesta, questo vale anche per la tefillàh , la preghiera ebraica ,ma con qualche distinguo a partire dall’origine del termine, “tefillàh” dal verbo “pallel” che significa giudicare, nel binyan “lehitpallel” , pregare, ma con una estensione semantica connessa al “ significato riflessivo, giudicare se stessi”.
Nel Talmud è detto che le tre tefillòt giornaliere sono in ricordo dei tre patriarchi che le istituirono: shachrìt da Avrahàm, minchà da Itzchàk, arvìt da Ya’akòv.
Le prime due sono per tradizione obbligatorie tuttavia la Mishnà e della Ghemarà dibattono se la preghiera della sera sia obbligatoria come le altre due o facoltativa (TB Ber. 27b). Maimonide mette ordine e stabilisce che la preghiera di Arvìt, sebbene non sia obbligatoria può essere accettata come minag , come abitudine e uso comune soprattutto nella galut che di fatto ne ha fatto un obbligo.

La preghiera non è solo una recitazione, ma anche una riflessione su se stessi e sulle proprie azioni, quando un individuo prega si racconta e sappiamo che è difficile mentire a se stessi come non si può ignorare la propria immagine riflessa in uno specchio , in molti casi la preghiera diventa un compromesso tra noi e D-o, la nostra coscienza si confronta con le proprie azioni e afferma la propria inadeguatezza, questa presa di coscienza ci persuade che occorre un cambiamento , un duro lavoro alla ricerca del miglioramento.
Se ci riferiamo all’aspetto un altro aspetto della preghiera è la recitazione delle preghiere della tradizione che ripropongono un diverso rapporto con il divino e solo raramente escludono la forma di preghiera diretta e istintiva, questo secondo aspetto della preghiera appartiene anche alla devozione ebraica che si è mantenuta inalterata nel tempo nelle forme originali e in lingua ebraica anche quando gran parte degli ebrei che pregano oggi, soprattutto nella diaspora non comprendono più tutto quello che leggono e in molti casi perfettamente memorizzato, esempio ci si può chiedere quanti ebrei contemporanei sono in grado di recitare in italiano le parole del kaddish “la Santificazione del Nome” imparate a memoria in ebraico/aramaico fin dall’infanzia, questo potrebbe valere anche per alcune preghiere in latino.

Le ripetizioni sono diventate tecniche di preghiera che appartengono alla tradizione e adempiono all’obbligo quotidiano del culto sia a livello individuale che collettivo, è ovvio che la maggior parte dei credenti cristiani e ebrei sono consapevoli di questi ciondoli che ingessano il concetto di preghiera come azione spontanea dettata dal cuore, i più critici sono anche disposti a riconoscere l’inutilità di pregare senza sentimento, questo vale anche per coloro che pregano esclusivamente nel privato, nel buio della notte e senza l’utilizzo di preghiere preconfezionate , quindi senza effetti cultuali ( per Maurizio1 ;) ), in questo caso pochi riescono a pregare senza cadere nella tentazione di chiedere qualche grazia personale, anche nei momenti più bui della shoàh milioni di queste parole si sono intrecciate nei vagoni piombati, un misto tra lodare e magnificare la Shekinàh e le suppliche di salvezza per i propri figli e per se stessi.
Il pensiero rabbinico afferma che la teffilàh è un precetto che trova la sua origine nel passo della Torah dove è scritto “Temerai il tuo Signore e Lo servirai” (dvarim 6/13) servirlo significa anche lodarlo e osservare i suoi precetti, il talmud ne fa una profonda riflessione e analizza cosa si deve intendere per amore:
“Dal momento che è stato insegnato, rabbi Elezier diceva:” E tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutta la tua forza”(Dvarim 6/5). “ Poiché è detto con tutta la tua anima ?..perché è detto con tutta la tua forza?.....O, se è scritto con tutta la tua forza, perché scrivere anche con tutta la tua anima? ….Con tutta la tua anima è scritto per l’uomo per il quale la vita è più preziosa della ricchezza; mentre a colui per il quale la ricchezza è più preziosa della vita è ordinato con tutta la tua forza”( cioè con tutte le tue sostanze, compreso i tuoi organi).
(Talmud Sanhedrin 74a).
La stessa parola “tefilah” è connessa al verbo “tofel”, “congiungere, attaccare , unire insieme, ricucire”, il significato è dinamico, pregare è ricongiungersi a D-o unire la propria fiammella al grande fuoco che è in alto, la fiamma di ciascuno di noi può essere piccola, vibrare, manifestare diversi colori, ma è sempre destinata verso l’alto , la stessa parola deriva dall’aramaico e nella sua forma originale “zavta” che significa comunione o compagnia.

Preghiera e lo studio della Torah sono connessi, il testo del Chumàsh è diviso in parashòt, ogni parashàt della settimana viene letta in pubblico di shabbat da 7 diverse persone, più una chiamata “maftir” che per tradizione ripetono gli ultimi tre versi della parashàt letta e poi viene letta l’ Haftaràh, una serie di brani tratti dalle scritture per analogia o tradizione, la preghiera ebraica più celebre lo shemà che raccoglie tre brani della Torah, (tratti da Dvarim e Bemidbar), il suo uso liturgico è antichissimo, se volete approfondire su questo argomento la rete è molto ricca in contenuti.
Tutta la vita nella ebraicità è regolata e scandita dalla preghiera, anche quando si muore gli ebrei pregano per il defunto 11 mesi, credendo che questo sia il periodo in cui secondo il talmud vengono giudicati, se il giudizio va bene essi entreranno nella vita eterna, se il giudizio è negativo non ci sarà più nessuna vita e non serve più pregare per coloro ce in un modo o nell’altro sono giunti a una conclusione.
In questa piccola discussione ho appena affrontato solo la parte più evidente.

Shalom
Noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Giosuè, gli esploratori, spie o qualche cosa d’altro?

Domani inizia yom kippur 5781, colgo l’occasione salutarvi.

Parlare di Moshè senza ricordare la figura di Yehoshùa (Giosuè) è fare una omissione che riguarda un personaggio biblico che nella narrazione è secondo in importanza solo a Moshè, la sua immagine spicca forse più di quella di Aronne, fratello maggiore di Moshè e di Miriam.
La cosa si fa interessante quando leggiamo che il nome di הושע, (Hosea) viene cambiato da Moshè , ויקרא משה להושע בן נון יהשע “Vaikrà Moshè le-Hoscèa ben-Nun ,Yehoshuà “tradotto letteralmente “Pose (lesse ) Moshè a Hosea , figlio di Nun , Yèhoshuà “ .
I cambiamenti del nome sono spesso considerati elementi letterari con una importanza limitata e siamo indotti a pensare che il nuovo nome è secondario , in realtà il cambiamento del Nome nelle scritture ebraiche appartiene alla dinamica degli accadimenti, il nome non è solo la definizione della persona ma implica un aspetto più profondo che va oltre alla semantica, il cambiamento del nome è la definizione di un nuovo ruolo, esempio i malachim inviati da D-o esprimono questo concetto riguardo le azioni che compiono, qualche cosa di analogo avviene nel libro di Shmòt, la moglie di Avrahàm, Sarah nel racconto di Bereshit è menzionata con ben tre nomi, cambiando il nome Giosuè in Jehoshuà, appaiono le due prime due lettere del Nome tetragrammato, י “iod” e ה “hei”, le stesse lettere che impegnano il giuramento che D-o pronuncia al termine della battaglia vinta contro Amalèk, quindi si riteneva magico possedere un nome con le iniziali del Nome di D-o, un maghen , di protezione, lo scudo che difende l’uomo da ogni pericolo, troviamo solo Hosea a mutare il nome, tutti gli altri esploratori lo mantengono, la cosa curiosa è che il nome muterà ancora alla fine della cantica di Haazinu , (Dvarim 32-44) restituito in Hosea, le spiegazioni e l’interpretazione sono molteplici, una spiegazione sostiene che il nome degli esploratori è un semplice patronimico dell’individuo come era tradizione e uso nel mondo dei pastori, ma nel caso di Hosea il nuovo nome poteva significare “che D-o ti salvi”, invece di esser “ben” (figlio o proveniente di una stirpe ) il nome si carica di potere e protezione, condizione indispensabile in una missione pericolosa, il ritorno al nome originale è come un cessato allarme , l’individuo ritorna se stesso, lo scudo protettivo viene riposto.
Tutto questo lo apprendiamo quando Giosuè viene inviato a esplorare la terra di Cana’àn con un gruppo di uomini scelti, gli esploratori , la missione è difficile e pericolosa, devono percorrere terre sconosciute e piene di insidie abitate da popolazioni guerriere, la futura terra di Israel.

Gli esploratori inviati sono 12, uno per tribù, il testo scende nel dettaglio per ogni tribù vengono menzionati i nomi e la discendenza paterna, il menzionare i nomi e le tribù è ripetuto nel testo due volte , la ripetizione vuole sottolineare un aspetto o aspetti diversi, anche l’ordine degli uomini menzionati non segue l’ordine per nascita e per tribù, secondo Ramban l’ordine sottolinea la distinzione tra le tribù di Israele e sottolinea l’autorevolezza dei singoli uomini, Sforno invece ritiene che l’ordine sia reso in base all’anzianità, non utilizza il termine esploratore ma parla di uomini, nel testo appare un’altra stranezza, quando viene nominata la tribù di Josef vediamo che è unita alla tribù di Manasse , il referente indicato Gady, figlio di Susi, la tribù di Efraim e indicata tramite Yehoshùa, (Giosuè), figlio di Nun, in pratica il testo sembra voler separare la tribù di Efraim da Josef , Yehoshùa non viene collegato direttamente a Josef ma a Efraim.
Quasi come un voler prendere le distanze di Calev e Yehoshuà dagli altri uomini che in seguito parleranno male della terra di Israel, dei dodici uomini inviati a esplorare la terra di Canaàn sappiamo che si salvarono solo in due, proprio Giosuè e Calev, gli altri furono puniti dal D-o per la mancanza di fiducia.
Una anomalia testuale è fonte di ispirazione del midrash che osserva che “essi salirono nel Neghev (il verbo è al plurale) ma il seguito appare al singolare “ e giunse a Chevron” le traduzioni omettono questo dettaglio e traducono “giunsero” , significa che Calev giunse da solo?( Bemidbar 12/22).
Il midrash fantastica e immagina che Calev andò da solo a Chevron nel luogo dove erano stati seppelliti i patriarchi per richiedere loro sostegno , si immagina che questa richiesta fosse stata accolta e a sua volta ricevette il”magèen”, poi leggiamo che si ricongiunse agli altri.
La vicenda degli esploratori è emblematica e rappresenta pienamente le difficoltà che aveva Moshè .
וידבר יהוה אל משה לאמר: שלח לך אנשים ויתרו את ארץ כנען אשר אני נתן לבני ישראל ”
Dio parlò a Moshè dicendo:”manda per te degli uomini affinché esplorino la terra di Canaan”(Bemidbar- Shelach 13/1) (numeri).
Perché il testo scrive “ per te”forse voleva forse intendere ”per tua iniziativa” , per soddisfare il popolo che ansioso tra il deserto e le terre fertili aveva chiesto di inviare degli esploratori in avanscoperta (Dvarim 1/22- Deuteronomio).
Israele aveva assistito ai possenti miracoli che lo avevano tratto dall’Egitto, forse era la prima volta che dovevano fare qualche cosa per se stessi, sanno che Moshè non oltrepasserà il Giordano e quindi dubitano sul loro futuro.
Jonathan Pacifici in un commento alla parashàt di Shelàch- Lechà approfondisce questo aspetto:
Il popolo allora ragiona:dobbiamo piegare la negatività spirituale dei Cananei ma abbiamo bisogno di Moshè. Moshè però non entrerà nella Terra (ce l’hanno detto Eldad e Melad).Mandiamo allora degli esploratori che siano inviati da Moshè secondo il criterio che “shluchò shel adam kemotò”, l’inviato di una persona è come la persona stessa.
Per inciso secondo Rabbì di Sochathov il popolo ha un validissimo motivo per dipingere la missione a Moshè in modo tutto diverso. Secondo lo Zohar, Moshè sa già che egli non entrerà, ma lo sa per conto suo e non per la profezia di Eldad e Melad che non ha udito(così si evince che anche il talmud Sanedrhin 17°, che non finirono […] Quindi il popolo sa, ma non sa che Moshè sa; e Moshè sa, ma non sa che il popolo sa. Il popolo non permette allora di spiegare a Moshè la radice profonda della richiesta perché in questo modo lo avrebbero imbarazzato con il suo non-passaggio, di cui ignoravano che Moshè sapesse”
( Jonathan Pacifici).

Non viene mandato un numero qualunque di guerrieri, ma solo “uomini segnalati” figli e i capi tribù di Israele, lo sappiamo anche perché essi sono nominati, attraverso l’espressione “tutti quegli uomini” , significa che essi erano rinomati.
La loro missione è militare, devono perlustrare il paese e misurare le forze del nemico, l’ordine di Moshè è una richiesta di informazioni dettagliate, quanti abitanti vi dimorino, se sono forti e quanto armati , le città se sono aperte o fortificate, particolari su come è il territorio , coltivabile o meno, notizie riguardo la vegetazione, i pozzi d’acqua, ecc
L’espressione וראיתם את הארץ מה הוא “ui’tem et ha’arez ma hu “ “ guarderete il paese come è ”, è una richiesta che include anche un giudizio, la capacità di osservare anche quello che sfugge a una normale esplorazione, significa andare oltre all’osservazione del turista.
La richiesta di Moshè non mette forse in dubbio quello che essi sapevano già o immaginavano ? Non aveva egli affermato che la terra era buona? Ma aveva anche previsto che avrebbero trovato anche un popolo fortificato.
Sappiamo che essi partono per la loro missione, vagano 40 giorni in Cana’an , al loro ritorno si presentano ad Aronne e Moshè e riferiscono un racconto in cui ogni aspetto è scoraggiante, parlano di giganti , di città fortificate.
Apprese queste notizie il popolo si abbandona allo sconforto e si dispera, solo Calev e Giosuè cercano di rassicurarli che tutto è possibile attraverso la fede e l’aiuto di D-o.
Leggendo con attenzione il testo non ci può sfuggire che il loro racconto inizia in modo positivo , riferiscono di una terra fertile e sottolineano l’abbondanza dei frutti, ma subito dopo descrivono città molto grandi e fortificate, il popolo ascolta e si agita spaventato dalla descrizione, deve intervenire Calev che positivamente afferma:”Potremmo salire e conquistarlo, perché potremo affrontarlo e vincerlo”(Bemidbar- Shelàch 13/30) (numeri), gli esploratori a loro volta incalzano anticipano il loro giudizio:”Non potremmo salire contro quel popolo, poiché esso è più forte di noi” la loro intenzione palese è di dissuadere del tutto il popolo alla conquista e per rincarare aggiungono un particolare decisivo:
Il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo, è un paese che divora i propri abitanti, e tutte le persone che abbiamo vedute in esso sono di misure straordinaria, colà vedemmo i Nefilim figli di Anàk di razza gigantesca; ci pareva di essere delle locuste ai nostri occhi e tali dovevamo sembrare a loro”.
Il loro racconto è intenzionale , non si limitano a fare solo una relazione di quello che hanno visto e accompagnano il racconto con il loro giudizio che è già a priori negativo, la loro conclusione è che quella terra non è conquistabile, per rafforzare le loro affermazioni mostrano dei frutti della terra che per le loro dimensione abnormi dovrebbero convincere il popolo, “Giunsero nella valle di Eshcol e tagliarono colà un tralcio e un grappolo d’uva. Lo portarono su una stanga in due; poi delle melagrane e dei fichi”.
Rashi nel suo commentario pone la domanda :”Le parole:”portarono con una stanga”non implicano già che erano “in due”?. Qual è dunque il significato delle parole”in due”?Esse significano con due stanghe?Come andarono le cose?
Otto esploratori presero un grappolo, uno prese un fico e un altro una melagrana. Giosuè e Calev non presero nulla, perché gli altri erano unicamente animati dall’intento di diffondere una calunnia, dicendo “Come i frutti della terra sono straordinari al pari di questi, così sono i suoi abitanti!”.
(Rashi- Commento al libro di Bemidbar).
Inoltre capiamo rileggendo il testo che il resoconto della esplorazione doveva essere fatto solamente a Moshè e non al popolo, in qualunque esercito questa è la prassi, ma le cose non andarono così, lo capiamo dalle parole“ Andarono e si presentarono a Moshè e ad Aronne […] e fecero rapporto a loro e a tutta la comunità dei figli di Israele e fecero vedere i frutti del paese”
In realtà se consideriamo la traduzione esatta del testo ebraico troviamo un significato diverso: וילכו ויבאו אל משה “Andarono e vennero da Moshè e Aronne ….. e fecero rapporto a loro e a tutta la congrega” (Bemidbar-Shelàch 13/26) (numeri), il loro incarico è andato oltre i limiti ,si sono trasformati prima i consiglieri e poi in giudici.
Il loro peccato è dunque un peccato di maldicenza, lo stesso peccato che ha compito Miriam la sorella di Moshè nel episodio che conclude il capitolo precedente.
Rimane ancora una ultima osservazione da fare, Moshè rinominò come un file il nome di Giosuè,. ???
Se è si ! Niente nella Torah può essere cambiato, ma spostato si.
Noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Grazie, Noiman, per la tua bella e interessante trattazione su Yehoshùa. Hai sottolineato, tra l’altro, l’importanza che il nome ha nel Tanàch, cosa poco compresa dagli occidentali. Noi diciamo che una persona ha un nome, nella Scrittura si afferma invece che la persona è il suo nome. Nel suo nome c’è il suo destino di vita.

Personalmente sono affascinato da Yehoshùa per la sua continuativa fedeltà a Moshè.

Pubblicherò il tuo articolo. :-)
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Gianni ti ringrazio, :YMHUG: se me lo consenti ti invierò a breve sulla tua mail il testo completo in word di questo commento a Bemidbar 13, quello postato sul forum è una versione alleggerita, nel nuovo studio ci sarà anche l’elenco delle fonti utilizzate, in uno studio biblico è sempre necessario fornire i riferimenti che si utilizzano, anche i tuoi studi sono stati importanti per elaborare alcuni concetti, credo di averli salvati tutti e alcuni anche stampati, le fonti vanno trattate con attenzione anche se si tratta di solo di trarne uno spunto orientativo tratto dalla letteratura disponibile a tutti , in genere basta citare dove si è trovata la fonte, se poi si tratta di usare le parole di un altro studioso è importante sottolineare il testo estratto evidenziandolo con virgolette (nel mio modo di procedere anche con corsivo o grassetto), aggiungendo nelle note la fonte precisa in modo che sia verificabile, tutto questo è completamente lecito, se ci sono diritti di autore allora bisogna chiedere l’autorizzazione.
Ma quando esamini sul web alcuni siti che sono già ostili a un qualche cosa ti accorgi che le fonti non sono sempre citate e spesso se lo sono appaiono sovvrascritte per offrire una conclusione preconfezionata, ma questa è un’altra storia.
Inserirò a breve un esempio di come si può fare un commento mantenendo queste regole riconosciute e valide nel mondo accademico.

I capelli sani non fanno nodi e non serve un pettine speciale sciogli nodi, chi trova nodi magari sta spazzolando la propria testa e pensa che sia di qualcun altro, esiste a riguardo una simpatica discussione ispirata dal talmud su chi si deve lavare la faccia quando due escono da un camino.
Nella mia cucina non si ruba dal frigorifero altrui, gli ingredienti sono semplici e genuini e non si usano conservanti , tutti i piatti sono cucinati per essere graditi.
Se poi qualcuno non li gradisce può sempre cambiare ristorante. :-??
Ghemar Chatimà Tovà!

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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Todà,Noiman. Aspetto il tuo scritto. :-)
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