Interpretazione delle Scritture Ebraiche

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bgaluppi
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

:-)
Ok Gianni, sento Bruno.
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

“Malachim, gli “angeli” e il Nome”.

Esito nell’inserirmi in una discussione che ha come titolo “Satana nelle scritture ebraiche e greche”, la stessa definizione della cartella è già una forma di separazione, stiamo parlando di due mondi antichi che anche se confinanti nel tempo e nello spazio mostrano già dall’inizio una separazione essenziale , il conflitto tra il pensiero ebraico tradizionale e quello di matrice greca che era dominante già da qualche secolo in tutto il mondo antico, condizione che ha sicuramente influenzato coloro che scrissero i Vangeli.
Tutti oggi parlano di bibbia ma pochissimi possono disporre della possibilità di leggere anche solo in copia un testo originale, praticamente quasi nessuno ha l’accesso ai documenti conservati in biblioteche e musei blindati, i più bravi e qui ce ne sono alcuni provano a decifrare il greco “lingua sorgente” con vocabolari e grammatica per cercare di ritrovare un testo di destinazione che sfugga alle traduzioni disponibili, sappiamo che il greco antico come l’ebraico biblico sono di fatto lingue oggi estranee, nonostante questo primo serio impedimento ci riferiamo a decine di traduzioni che differiscono tra di loro in diverse parti sostanziali al punto che diventa quasi impossibile prendere delle decisioni testuali.
Traduzioni fatte da sconosciuti in più epoche con preparazione e competenza differente, sicuramente uomini di grande fede con storie personali dissimili e diversa onestà intellettuale.
Questo vale anche per le scritture ebraiche che nonostante la cristallizzazione del testo hanno prodotto molte forme di interpretazione favorite dalla possibile polisemia di una lingua che nella scrittura non era vocalizzata , di questa peculiarità della lingua gli esegeti antichi e moderni ne hanno fatto una base culturale chiamata “la civiltà del commento” .
Nella storia del giudaismo tradizione e rivelazione sono state sempre complementari , la cultura ebraica non ha fatto troppa distinzione tra la testualità e il suo commento, il risultato è un unico “corpus” dove la esegesi è assolutamente coesistente al testo originale, i due aspetti si intrecciano e si integrano in un unico pensiero che riduce di molto la temporalità e la logica della rivelazione come valore assoluto e consequenziale, l’opposto del pensiero greco per privilegia l’allegoria, chiave di lettura e comprensione dei testi omerici, per il pensiero ebraico antico non c’è un primo e un dopo nella Torah, definizione che apre scenari suggestivi della interpretazione su cui si baserà la speculazione cabalistica.

So benissimo che qualcuno potrà pensare che con questo metodo si può fare dire al testo qualunque cosa, in realtà a parte qualche eccezione il valore originale dell’ordine delle lettere non può essere sovvertito, di questo mi pare di avere già scritto qualche cosa nella cartella “interpretazione delle scritture ebraiche”.

Considerando che alcuni di voi ritengono le scritture ebraiche in una forma di sottomissione al N.T, volevo astenermi a introdurre materiale e riflessioni che già in partenza vengono mortificate dagli atteggiamenti di alcuni che ritengono di avere già in tasca la soluzione salvifica e sua relativa verità.

Questo che scrivo è dedicato a Antonio che con grande impegno sta affrontando praticamente da solo l’argomento più complesso che esiste nelle scritture, ho ridotto
di molto quello che avrei voluto postare.

Ho riletto con calma quasi l’intera discussione e ho ritrovato nelle parole di Dalila alcune osservazioni interessanti che mi ricordano una lunga serie di discussioni comparse qualche anno fa con una simpatica partecipante che credo oggi non ci scriva più almeno con il vecchio nickname.
Osservo che la materia angelica che anima la discussione rimane quasi sempre una caratteristica del pensiero cristiano che si deve confrontare con la madre ebraica e una matrigna greca che ha impregnato e compromesso il pensiero originale .
Bisogna anche considerare che gli ebrei vissuti nell’epoca del secondo tempio hanno vissuto esperienze diverse spesso soggette al pensiero che hanno modificato il “commento” pur lasciando inalterate le scritture eredità dei padri, di conseguenza sono scaturite interpretazione supplementari riguardo le manifeste o meno presenze angeliche o spirituali accanto a D-o, nonostante questo aspetto è rimasta indenne l’idea antica quasi centralizzata che ha impedito ogni sovrascrittura e interpretazione in chiave di adorazione delle presenze angeliche. Cosa non da poco !

Per quanto mi pare di capire il cristianesimo ha subito una “insufflazione” e poi assimilato elementi che erano confinati nelle religioni dei popoli pagani fino a quel momento mantenuti a distanza dal severo monoteismo ebraico.

La presenza angelica era già contenuta e sviluppata nel pensiero rabbinico nell’epoca della compilazione della Misnàh e poi del midrash.

Ed ha detto Rabbi Jeoshua ben Levì: “Nell’ora in cui salì Moshè nell’eccelso dissero gli Angeli del Servizio dinanzi al Santo Benedetto Egli Sia: “Padrone del Mondo! Che ci fa un nato da una donna tra di noi? Disse loro: “È venuto a ricevere la Torà”.
( TB Shabbat , 89a).

Rabbi Shimon ha detto: “ nel momento in cui Dio si apprestava a creare il primo uomo, gli angeli che lo servivano si opposero, formando due gruppi: gli uni sostenevano che bisognava crearlo, gli altri invece che non avrebbe dovuto vedere la luce. Come è scritto: “misericordia e verità si scontreranno, giustizia e pace si urteranno” (Salmi 85/11.”L’amore diceva: “Che sia creato, perché ricompenserà il bene”; la verità diceva: “Che non sia creato, perché sarà tutto menzogna” . La giustizia diceva: “Che sia creato, perché sarà giusto” la pace diceva:”Che non sia creato, perché tutto sarà una lite”. Cosa fece Dio? Prese la verità e la gettò a terra, come è scritto: “ fu gettata a terra la verità”( Daniele 8/12). Allora gli angeli che lo servivano dissero: “l Signore dell’Universo, come Ti permetti di umiliare la Tua verità?” E Dio rispose: “ E’ dalla terra che la verità deve sollevarsi, come è scritto:” la verità germoglierà dalla terra “ (salmo 85/12) (….) Mentre gli angeli discutevano fra di loro, Dio aveva creato l’uomo. Disse loro:” Perché discutete ancora ? L’uomo è già stato creato”
(Bereshit Rabbà 8/5)


Possiamo quindi affermare che la presenza angelica era già presente , tuttavia per capire di più bisogna ricercare la matrice del pensiero originale nelle scritture ebraiche più antiche.
Prima di proseguire è utile chiarire il termine מלאך “malàch” tradotto abitualmente come angelo è assolutamente fuorviante dal significato originale che riconosceva il giudaismo.
La radice di questo nome deriva da le consonanti לכ “inviare”. I מלאכים sono quindi dei messaggeri che per incarico divino mettono in comunicazione i mondi superiori con quelli inferiori e in questo incarico D-o se ne serve.
Secondo il giudaismo quando questi esseri entrano nella nostra dimensione assumono una dimensione fisica, diventano uomini che mangiano e fanno tutto quello che fanno gli umani, esattamente come vide Avrahàm, Jacov e altri.
Pur essendo autonomi il loro nome è spesso associato a quello di D-o, ecco che compare l’Angelo del Signore” con una missione divina da compiere, questo lo capiamo leggendo le scritture.
E’ abbastanza raro che venga menzionato il loro nome, tuttavia sappiamo che “Micha’el e Gabri’el” “Rafa’el” vengono menzionati con un identificativo, in realtà il loro nome è connesso all’incarico per cui sono stati inviati, il nome è un appellativo della loro personalità i nomi hanno un aspetto “teoforico” e strettamente connessi secondo l’incarico che hanno ricevuto, rivelati nel mondo terrestre con una funzione ortopratica per agire nella dimensione materiale.
I loro nomi sono custoditi con molta attenzione , conoscere il Nome di una creatura celeste è come possedere e comprendere la loro profonda essenza e di conseguenza il loro potere, questo lo capiamo leggendo:” E l’angelo rispose: Perché chiedi il mio nome, esso è misterioso” (Giuda 13/18)
A Moshè dopo l’uscita dall’Egitto viene detto:
“Ecco io mando un malach davanti a te per custodirti sul cammino per farti entrare nel luogo che ho preparato. Abbi rispetto della sua presenza, dai ascolto alla sua voce e non ribellarti a lui, egli infatti non perdonerebbe la vostra trasgressione, poiché il mio Nome è in lui (Shmot-Mispatim 23/20).

L’espressione בקרבו שמי “shemì’be-qirb(b)o” “il mio Nome è in lui”, ci ricorda l’altra affermazione “Shluchò shel adam kemotò” l’inviato di una persona è come la persona stessa, Moshè Idel afferma che “la divinità” si trova nel messaggero in virtù del Nome, la manifestazione angelica diventa azione.
Questo passo è stato interpretato dal cristianesimo come la rivelazione che l’angelo del Nome è l’annuncio della venuta di Gesù Cristo, Filone identifica il logos come il Figlio, aiutato anche il valore gematrico di “ben” “figlio” , Eliahu e Yaho’el, nel pensiero ebraico la visione ipostatica dell’angelo del Nome è comunque molto limitata, nessun angelo ha liberato Israele dall’Egitto, tutto il racconto della Hagadàh di Pesach attribuisce il miracolo alla volontà divina e al popolo sorretto da Moshè.

Spesso nel testo il malàch appare affiancato dal tetragramma stabilendo una profonda connessione, esaminiamo un caso:
In Shmot 24/1 leggiamo:
”E a Moshè disse:”Sali verso il Signore insieme con Aron,Nadav e Avihu e settanta anziani di Israele”, il talmud si pone la domanda chi è che invita Moshè a salire verso il Signore, questa domanda sorge spontanea leggendo il testo che evidenzia il soggetto, una buona spiegazioni sarebbe l’enfasi della affermazione stessa, come se un padre dice al figlio:” Su dai! vieni da me”, ma questo non si adatta per nulla al senso generale della scrittura.
Fine prima parte
Noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Il talmud commenta così:

Una volta un min [ un eretico] disse a R. Idith: “Stà scritto:”Il Signore disse a Mosè: “Sali verso il Signore [ nel testo originale il tetragramma] Avrebbe dovuto dire però:”Sali verso di me” R. Idisth rispose: “Era Metratron (colui che ha detto questo, il cui nome è come quello del suo signore, perché stà scritto :”Il mio nome è in lui” (shmot 23/21) (esodo) .”Se però le cose stanno così (rispose il min), dovremmo adorarlo !”Lo stesso passo, però, rispose R.Idith dice:”Non ribellarti a lui” vale a dire, non Mi confondere con lui.”ma se le cose stanno così, perché sta scritto: “Egli non perdonerebbe la vostra trasgressione” R. Idith rispose. “In verità non possiamo accettarlo nemmeno come messaggero, perché sta scritto:”E gli disse :”se il Tuo volto non camminerà con noi,non farci partire da qui”[shmot 33-15] .
(TB Sanhedrin 38b).
La figura angelica viene accettata come guida e la sua immagine non viene venerata , i malachim appartengono a un livello superiore, alcuni esaurita la loro missione svaniscono nel loro nome , altri mantengono il ruolo e la presenza
Metratron è uno di questi, la tradizione vuole che esso sia stato l’Enoch terrestre, nel libro di Bereshit Enoch è solo menzionato, sappiamo che D-o lo prese con “se ” , qualcuno sostiene che egli dovette morire per disporre della sua anima.
Le leggende si sono attraverso i secoli arricchite e appesantite, il mondo askenazita più degli altri ebrei nella golah ha sviluppato e tratto un immaginario basato dai testi apocrifi, sopratutto i libri di Enoch, (almeno due) dove l’argomento angelico è determinante e ulteriormente approfondito dalla mistica ebraica.

Metratron sarebbe diventato un angelo , spogliato del corpo terrestre avrebbe assunto il ruolo angelico, in alcune tradizioni esso compare nella creazione a fianco di D-o, questo avviene prima che il Nome divino dell’angelo fosse congiunto a Enoch, Metratron sarebbe addirittura preesistente alla creazione stessa, testimone della formazione, è chiamato l’angelo della presenza, il suo retaggio divino è posto poco inferiore a quella di D-o, dalle parole del libro di Enoch troviamo scritto:
" Egli [il Santo]... mi chiamò, יהוה קתן " YHWH Qatan il piccolo D-o " alla presenza della sua intera famiglia nell'alto, com'è scritto, "il mio Nome è in lui" »
Nel libro di Enoch, (Sefer Hekalòt) un testo poco conosciuto e tradotto leggiamo:

"Gli ho concesso parte della mia maestà[ è D-o che parla] della mia magnificenza e del splendore della mia gloria, che saprà il trono della mia gloria e l’ho chiamato con il mio nome, il piccolo YHWH, principe della presenza divina, conoscitore dei segreti. Gli ho rivelato ogni segreto come un padre, gli ho svelato ogni mistero [….] Ho preso settanta dei miei nomi e l’ho chiamato con quelli per accrescere il suo onore” (da Odeberg - Enoc- Sefer Hecholòt), (Moshè Idel).
L’ascensione al cielo e il ruolo di figlio accanto al padre sono una forma di adozione, su questo argomento potremmo scrivere per molte pagine che riguardano la “filiazione” dal punto di vista ebraico
Ho affermato che il Nome è la definizione di un incarico, Metratron possiede il nome del Signore, ma non è il Signore , questo lo possiamo intuire se consideriamo il nome simile a una immagine riflessa da uno specchio, ma noi sappiamo che l’immagine è solo trasferita .
Conferire il proprio nome è un trasferimento di potere e di sovranità, il midrash “ l’Alfabeto di Rabbì Akiva menziona Metratron:

Farà scendere Enoch figlio di Jared, il cui nome è Metratron, e le quattro chayyòt sotto le ruote del carro del suo trono, scosterà il suo trono e farà risalire lo Sheòl “.

Non stiamo divagando, anche se il riferimento è tratto dai libri apocrifi e dallo studio ebraico di due millenni altri riferimenti li possiamo ritrovare un po’ ovunque nel Tanach , soprattutto nei profeti anteriori e agiografi, in questo caso stiamo parlando di presenze celesti accreditate dalle scritture.
Il nome Metratron è di difficile spiegazione, sembra più di origine greca che ebraica, i suoi sinonimi hanno valenze comuni ma che includono anche significati gematrici, questo aspetto non può certamente essere ignorato , le analogie tra alcuni nomi e gli attributi di Metratron sono sorprendenti , una vera piattaforma per lo studio delle assonanze linguistiche e numeriche del Nome inteso come suggeritore di significato ermetico, יהואל “Yaho’el , è l’angelo che ricopre un ruolo speciale perché contenitore del Nome di D-o, “il mio Nome è in Lui” il nome del Santo è “El Yàh”e “Hù”, “ in Lui” , da non confondere con D-o stesso , la gematria del nome è 52, esattamente come בו “ben”, figlio e come אליהו, “Elyahu”.

Yaho’el, perché era la guida del nostro antenato Abramo e gli insegnò tutta la Torah come è detto:”cominciò Mosè ad esporre questa Torah” (Devarim 1/5), (Dt 1/5), הואיל משה באר, “ho’yil Moshè be’er” הואיל, “Ho’yil” sono le lettere permutate di יהואל, “Yaho’el”, mentre משה באר, Moshè be’er sono le lettere (della espressione ebraica) שהבראם, She Avrahàm”(che Abramo) perché il nostro antenato Abramo aveva cinquantadue anni quando ricevette la Torah [….] e anche 52 è la gematria di Yaho’el [….] Yaho’el è l’angelo che chiamò Moshè nostro maestro affinché salisse al cielo nel trattato di Sanhedrin. E mi è stato detto “a Moshè disse di salire verso YHWH, (Shmot 24/1), tuttavia egli avrebbe dovuto salire verso quell’angelo il cui nome è come il nome del suo Signore, “verso YHWH, le cui lettere sono Yaho’el”
Tratto d M.I. pag 151)
Questo è scritto a fine del 1200 da rabbi Nechemyàh ben Shelomò, in un trattato cabalistico , ( Commento ai settanta nomi di Metatron) , il numero 52 oltre alla associazione citata è anche collegato a “ha -adam” con valore gematrico di 50, l’autore associa questa differenza numerica alla affermazione “lo hai fatto poco meno di un Elohim” la differenza maggiore tra il DNA umano e quello della scimmia accentua la differenza sul piano metafisico.
La differenza gematrica è anche sul piano della conoscenza, 52 infatti sono le porte della conoscenza, ma “Ha Adam” riceve la chiave per solo 50 porte, secondo il detto il Nome è il suo potere, sappiamo anche che la gematria di והיה è 26, la metà di 52 il ma anche il doppio di 26, il valore del tetragramma, il Nome , Moshè Idel considera che l’espressione “ Là hanno posto il mio nome” compare esattamente 52 volte nella Torah , esattamente la parola nuvola.
Scusate tutta questa spiegazione che sembra eccessiva, non avevo intenzione di tediarvi, su questo argomento ho scritto qualche anno fa uno studio di alcune decine di pagine che elabora ulteriormente l’argomento del significato dei nomi e le loro implicazioni nella ermeneutica ebraica.
Ora una ultima divagazione O.T che collega il mondo della presenza angelica con il Nome conosciuto o sconosciuto che possiedono i presunti “angeli”
Il verbo essere in ebraico è come un gioco, la presenza o una omissione di una lettera produce il tetragramma, ….D-o si fa chiamare אהיה“ io sarò” ma il popolo lo può chiamareיהיה “ui sarà.l”, quando sarà aggiunta la ו “vav” mediana e unita al nome “ sarà” leggeremo il nome יהוה, uno dei 70 nomi .
Un’altra singolarità è la forma difettiva della parola שמי לעלם “ il mio nome e perpetuo (cioè per sempre).
Rashi nel suo commento al Shmot ci fa notare che essa appare scritta senza la ו “vav”, e per questo si potrebbe dare un nuovo significato alla frase.
Infatti la radice למ(ם) potrebbe comporre la parola להעלים “leha’alìm”, nascondere.
Allora l’affermazione potrebbe essere letta come “Tieni nascosto il mio nome” .
Un nome che non un nome,indovinello teologico ? Oppure che si scrive in un modo e si legge in un altro.

אמר רבי אבא בר ממל אמר ליה הקב"ה למשה שמי אתה מבקש לידע לפי מעשי אני נקרא, פעמי שאני נקרא באל שדי, בצבאות, באלקים בה, כשאני דן את הבריות אני נקרא אליקים וכשאני עזשה מלחמה ברשעם אני נקרא צבאות, וכשאני תולה על חטאיו של אדם אני נקרא אל שדי, וכשאני מרחם על עזלמי אני נקרה ה', שאין ה' עלא מדת רחמים שנאמר ( שמות לך) ה'ה' אל רחום וחנון, הוי אהיה אשר אהיה אני נקרא לפי מעשי ''
שמות רבה פרשה
Ha detto Rav Abba bar Mamal: “Ha detto Kodòsch Baruch -Hu a Moshè tu chiedi di conoscere il mio nome, io sono chiamato in base al mio agire, a volte sono chiamato El Shaddày, Zvaòt (delle schiere), Elo-im, HaShem , il nome, quando siedo in giudizio delle creature sono Elohim, quando vado in guerra contro gli empi sono “delle schiere”, e quando sospendo il giudizio per i peccati dell’uomo sono El Shaddày, quando perdono in eterno sono Ha Shem, perché Ha Shem non si usa se non per l’attributo della pietà come è detto in Esodo33, HaShem Ha-Shem, Dio Pietoso e Longanime, quindi anche Sarò quel che Sarò è un appellativo rispetto a quello che compio”.(Shemot Rabbà Parashà3).
Un commentatore ha scritto che per Moshè conoscere il Nome di colui che lo mandava era la possibilità di compiere prodigi e miracoli, non confondere la conoscenza del nome con poter fare miracoli, il potere del nome è solo associativo al nome , per agire ha bisogno del suo consenso.
Conferire il Nome assume il significato esteso di concedere qualche cosa di se, Moshè Idel commenta che come si legge in Bereshit 2/7, il nome è come il soffio, una aggiunta sostanziale.
Questo significa in qualche modo condividere la divinità.
“Poi che si è affezionato a Me lo salverò. Lo esalterò perché ha riconosciuto il Mio Nome, egli mi invocherà ed Io lo esaudirò, sarò con lui nel momento dell’angustia, lo libererò e gli darò onore … “ (tehillim 91/14) (salmi).

Prima di concludere e dopo aver leggermente approfondito la relazione tra “angeli, malach bisogna ancora fare un’ultima osservazione, soffermandoci ancora sul celebre passo di Shemòt .
Ecco io mando un malach davanti a te per custodirti sul cammino per farti entrare nel luogo che ho preparato. Abbi rispetto della sua presenza, da ascolto alla sua voce e non ribellarti a lui, egli infatti non perdonerebbe la vostra trasgressione, poiché il mio Nome è in lui” ( Shmot-Mispatim 23/20.)

L’inviato apparentemente è anonimo ma dalla affermazione abbiamo compreso che egli condivide in qualche aspetto il Nome di D-o, questo fa un distinguo e percepiamo l’esortazione come ipostatica, l’azione dell’angelo custode e guida appare come un surrogato di D-o, le parole “ ascoltarlo e non ribellarsi” hanno un aspetto paternalistico, il verso 21 è dichiarazione divina di amore e custodia di Israele come ritroviamo molte volte nel testo biblico, ma esiste una differenza sostanziale , non è D-o a condurre il popolo e neanche Moshè ma un essere sovrannaturale in una forma inconsueta in un singolare dualismo con D-o .
Moshè Idel suggerisce che questa affermazione può essere accostata a una altra espressione presente in Isaia ומלאך פניו הושיעם “umalàch panaw “ l’angelo del suo volto li salverà”(63/9), il nome divino è descritto come qualche cosa che viene ceduto o prestato per uno scopo, con la differenza che non esiste una reale separazione tra la divinità del Nome e il suo messaggero, la divinità si trova nel messaggero in virtù del Nome, direi che è un concetto veramente straordinario.
Concludo con Rabbi Aqiva


“ Il faraone chiese loro: chi vi ha mandato da me, risposero ”Il Dio degli ebrei ci ha mandato da te per dirti “manda il mio popolo a servirmi nel deserto. Il faraone allora replicò. Quale è il nome del vostro dio, quale è la sua forza, la sua potenza, su quante nazioni, quante terre, quante città regna. Quante guerre ha già combattuto e vinto ?
Quante nazioni ha conquistato, quante città ha espugnato. Quanti soldati, cavalieri e cocchi ufficiali l’accompagnano quando esce in battaglia ? Risposero: della sua forza e della sua potenza è pieno il mondo, la sua voce cesella fuoco e fiamme, le sue parole sbriciolano le montagne, il suo trono sono i cieli e la terra il suo poggiapiedi, il suo arco è fuoco, e le sue frecce, fiamme, la sua lancia è una torcia, il suo scudo le nubi il fulmine la sua spada, non ferro. Egli foggia monti e colline, crea spiriti e anime, mette pace fra il fuoco e l’acqua, crea il cielo da nulla e con la sua parola dispiega la terra, con la sua favella forma le montagne e con la sua sapienza avvolge l’embrione nel ventre della madre, ricopre il cielo di coltri e fa scendere la rugiada e pioggia.
Con il suo detto fa germogliare la terra, alimenta e fa prosperare il mondo dalle corna di “re’em” alle uova di pidocchio……
Tratto da “ AlfaBeta di Rabbì Aqiva “

Noiman

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bgaluppi
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Ciao Noiman, ho trovato questa lettura sul Forum di Consulenza, che riporto.

“C'è infatti una tradizione che dice che l'uomo fu creato nel quinto giorno come corpo animale, poi successivamente il suo corpo venne modificato ed infatti la radice "עשה" esprime l'aggiunta di una caratteristica o una modifica a qualcosa già creata prima. La caratteristica è la donazione della ragione e questo può anche essere espresso con il verbo ledamot al piel o anche all'hifil con la decadenza della "he" nell'interpretazione al singolare. Il plurale (se così si vuole interpretare) si rivolge (secondo la tradizione) al padre e la madre che mettendo al mondo i loro figli donano loro l'educazione che consiste nello sviluppo della ragione.”.

Purtroppo il testo non cita la tradizione specifica, quindi mi chiedevo se tu la conosci e la sapessi indicare.
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Non conosco questa tradizione, esiste una letteratura sterminata raccolta in decine di opere, alcune note altre meno note, letteratura mistica, il midrash di fatto è il commento alle scritture, un immenso serbatoio di ragionamenti di spiegazioni per la comprensione del testo biblico, magari qualcuno del forum può essere di aiuto.

Riguardo il fatto che ‘uomo sia creato il quinto giorno, mi pare in contrasto con il testo biblico che afferma che furono create solo le creature di mare e di cielo”
La radice עשה esprime il concetto di “fare” , verbo che è multiforme in molti dei binyanim, l’indeterminato , לעשות gerundio, infinito è presente in Bereshit 1 in diverse coniugazioni, nel capitolo 2 a fine del versetto 4, in una frase veramente impegnativa
כי בו שבת מכל-מלאכתו אשר ברא אלהים לעשות
poiché in esso cessò da ogni suo lavoro che creò Elohim facendo”.

Riguardo “ledamot” sarebbe meglio leggere in originale questo termine, letta come l’hai scritta sembra il verbo confrontare, ma non ho identificato la radice della parola, può essere molte altre cose.
Ho letto oggi quanto scritto su Bereshit 20 e su Elohim, molto interessante, purtroppo non riesco a seguire le discussioni come vorrei e nel caso avessi qualche cosa da aggiungere, considerati gli spazi che posso dedicare arriverei sempre in ritardo.

Noiman
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bgaluppi
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Infatti, mi sembrava un'interpretazione inusuale. Anche al v. 21, dove parla di "tutti gli esseri viventi che si muovono", può fare riferimento solo agli esseri viventi acquatici, perché subito dopo dice "che le acque produssero in abbondanza secondo la loro specie".

Si, la discussione su Elohim e su Abramo è molto interessante. Non preoccuparti Noiman, quando avrai tempo. :-)
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Grazie Antonio, per il resto mi rileggo ancora una volta le discussioni su gli ultimi argomenti e proverò ad aggiungere qualche aggiunta a conferma delle discussioni.

Pensavo già da marzo di inserire una riflessione su come il testo originale ebraico può diventare suggeritore di insegnamenti che le traduzioni non sono in grado di fornire, ora vi posto questo brevissimo studio.

Quando Sarah muore a Kiryat Arbà in terra di Canan,(Bereshit 23/1), Avrahàm vuole renderle omaggio e seppellirla ma è un nomade e non possiede una sua terra, sappiamo che nonostante che egli disponesse di ricchezze notevoli e armenti, servi e serve era un forestiero in un paese straniero, la sua esistenza non dipendeva da nessuna nazione, la popolazione che abitava quelle terre erano i Chittej, gli Hittiti che da molti secoli dominavano quel paese, quindi la condizione di Avrahàm era quella di uno straniero che per comprare una proprietà doveva chiedere il permesso ai veri possessori della terra, questo concetto è un anticipo della forma di legalità per il possesso di una terra, una patria a cui legare l’esistenza, concetto che sarà sviluppato nel tempo ma nel racconto biblico era ancora alla ricerca di una condizione e definizione, l’espressione גר-ותשב “gher toshav” (Bereshit 23/4) significa “dimorante straniero, la stessa espressione la possiamo ritrovare nel libro di vaykrà (levitico) a proposito della terra che anche se posseduta era solo un una concessione , il vero proprietario è D-o.
והארץ לא תמכר לצמתת כי-לי הארץ כי-גרים ותושבים אתם עמדי
La terra non sarà venduta definitivamente, poichè la terra è mia, e poiché voi siete stranieri e abitatori presso di me”(Vaikrà- Be’har Sinai , 25/23).
La richiesta di Avrahàm è accolta e non solo, i Chittej riconoscono in Avrahàm un grande uomo e leggiamo dal testo gli offrono i luoghi e i migliori sepolcri, ma la richiesta di Avrahàm è singolare, egli chiede di seppellire Sarah, in un luogo particolare una grotta chiamata Machpelà di cui proprietario è Efron , posta secondo la tradizione di fronte al querceto dove egli ricevette la visita dei malachim, leggiamo che Avrahàm è disposto ad acquistare la grotta per l’intero suo valore, alla richiesta Efron risponde in uno strano modo :”No! Signor mio, ascolta, ti darò il campo e ti cedo anche la grotta che in esso si trova in presenza dei figli del popolo mio”.(Bereshit 23/11)
Capiamo che non si tratta di una semplice proposta tra un acquirente e un venditore, non è una banale trattativa immobiliare, l’espressione אברהם לפני עם הארץוישתחו
Avrahàm si prostrò alla gente del paese “ assume il significato che si trattava delle autorità legalmente riconosciute che governavano il regno, questo significa che per cedere ufficialmente una terra a uno straniero occorreva il suggello ufficiale dei giudici e governanti del paese, autorità che Avrahàm riconosce.
Il testo è curioso, Avrahàm sta per fare una sua offerta ma Efron lo anticipa con la richiesta di 400 shekel, una cifra considerata enorme a quel tempo anche solo per una sepoltura.
וישמע אברהם אל-עפרון וישקל אברהם לעפרן את-הכסף אשר דבר באזני בני-חת ארבע מאות שקל כסף עבר לסחר
E ascoltò Avrahàm Efron e pesò Avrahàm a Efron l’argento che promise agli orecchi dei figli di Chet, quattrocento sicli d’argento…..(23/16)
Alcuni aspetti del testo ebraico sono fonte di ispirazione e studio, il nome עפרון “Efron”compare molte volte nel racconto, ma quando leggiamo “e Avrahàm acconsenti a Efron” il nome compare scritto in forma incompleta עפרן, viene omessa la lettera ו, senza la “waw” il valore della parola Efron perde 6 di valore e diventa 400, come gli shekalim con cui fu pagato il campo.
Una riflessione… è ovvio che tutto il racconto è destinato a fornire un insegnamento supplementare che va oltre il solo aspetto letterale, solo chi è in grado di distinguere la differenza testuale può considerare l’aspetto morale e le implicazioni successive.
L’avidità umana di chi tiene in possesso un altro uomo che per necessità è costretto a dover chiedere, ma il numero 400 corrisponde anche a רע עין, “ra’ayin” l’occhio malevole, 400 è anche il numero degli uomini con cui Esav viene incontro a Jacov .
Anche questo è insegnamento?
noiman
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bgaluppi
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Certamente. E grazie per averlo condiviso.
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Che tipo di lettori siete?

Dopo qualche mese di assenza riprendo a postarvi qualche osservazione nella cartella
“interpretazione delle scritture ebraiche” iniziando con una domanda, voi come leggete la Bibbia?

La prima banale definizione:
I lettori della bibbia possono essere raggruppati principalmente in credenti o non credenti , è una prima definizione semplicistica e non immune a critica, ma in realtà sappiamo che a parte qualche eccezione tutti hanno avuto nella loro vita una esperienza di fede che anche se assopita o ignorata influenza la lettura, quindi la definizione tra credenti e non credenti è una realtà, niente di definito ma piuttosto come in una scala di grigi rende possibile una grande scelta di collocazione di ciascuno che affronta il testo biblico.
La seconda suddivisione la possiamo fare tra lettori istruiti e uomini semplici, questo valore non dipende dal titolo di studio, esistono persone non particolarmente istruite che riescono ottenere risultati in letture che altri con dottorati e super lauree non raggiungono, poi importante è la collocazione temporale di ogni lettore che si è dovuto confrontare con il pensiero dominante del proprio tempo, Voltaire certamente non leggeva la bibbia come nello stesso spazio culturale nostro.

Istruiti tanto o poco una ulteriore suddivisone è connessa al mondo della cultura, storici hanno letto e ritrovato l’interpretazione che narrava la storia di un popolo, i filosofi ricercando la spiegazione alla causa, uomini di chiesa attraverso la fede.


La prima divisione poi contiene un secondo sottogruppo, lettori cristiani e lettori ebrei e anche su questo possiamo fare qualche considerazione, il lettore cristiano legge l’Antico T. alla luce del N.T. la lettura è profondamente incentrata sulla figura salvifica di Cristo, il lettore ebreo a sua volta legge il testo come la verità che D-o ha voluto consegnare all’uomo ed è perennemente alla ricerca delle interpretazioni supplementari
La differenza tra le due letture implica un’altra considerazione, il lettore ebreo anche quando legge il testo ebraico in traduzione è esposto alla cattiva o inesatta traduzione, poi se nel caso conosce l’ebraico e può accedere al testo originale non è detto che sia in grado di comprendere i semitismi arcaici e il significato originale di espressioni che appartengono a semantiche differenti soffocate dai riferimenti teorici e consequenziali del pensiero greco .
Succede che significati emotivi e essenziali siano sovrastati dai termini occidentali e dalla deduzione filosofica, questo modo di pensare era già conosciuto da Rambam che visse la stessa contraddizione in epoca medioevale e dovette confrontarsi con il pensiero arabo, la tradizione ebraica e la cultura medievale.
Il cristiano è un politico, l’ebreo è un utopista, il primo è proteso nella ricerca del suo obbiettivo, il secondo impegnato a voltare e rivoltare la dottrina della legge per scoprire che “tutto vi è già compreso” secondo il versetto di Abh 5/25.
Il cristiano è tutto proteso verso l’esterno e rischia di volatilizzarsi nei singoli raggi lontano dal principio del messaggio originale, l’ebreo chiuso nel contenuto originale , accumula e sovrascrive il pensiero attraverso la continua interpretazione.
Il primo è impegnato nel suo divenire, il secondo nel “rimanere se stesso” .

Lo stesso testo biblico è considerato dai cristiani ispirato, per gli ebrei secondo la tradizione dettato da D-o, il pensiero cabalistico va oltre e considera le lettere ebraiche come fonte di rivelazioni che spiegano i mondi passati e futuri, lo studio della Misnàh e del Talmud completano l’opera, il midrash aggiunge valori al testo, l’haggadàh è l’aspetto leggero dello studio, ma su tutto prevale la Misnàh che un tempo era conservata attraverso uno straordinario processo memonico.
Il pensiero ebraico scaturisce da un minimo di rivelazione, la Torah scritta e un massimo di interpretazione orale che a differenza del testo scritto non può essere fraintesa perché solo attraverso la spiegazione e il commento rimane dinamica e portatrice di verità.
A voi la parola.
Noiman
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Gianni
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Analisi interessantissima, Noiman.

Hai esposto le non poche e varie difficoltà che ogni lettore della Bibbia si trova a dover affrontare.
Se si rende conto di tali difficoltà, può tentare di iniziare il cammino. Se non se ne rende conto è già fuori strada.

Tra tante incertezze, una cosa però è certa, assolutamente certa: chi legge il cosiddetto Nuovo Testamento deve sapere che può capirlo unicamente alla luce della Bibbia ebraica.
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