Interpretazione delle Scritture Ebraiche

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bgaluppi
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Grazie Trizzi, almeno il v. 1b traduce l'infinito assoluto come comando, come ho capito io. La parte a) è resa sempre con delle domande. Il senso non cambia molto, tuttavia per scrupolo mi piacerebbe capire meglio.
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Deuteronomio Capitolo 24 דְּבָרִים
א כִּי-יִקַּח אִישׁ אִשָּׁה, וּבְעָלָהּ; וְהָיָה אִם-לֹא תִמְצָא-חֵן בְּעֵינָיו, כִּי-מָצָא בָהּ עֶרְוַת דָּבָר - וְכָתַב לָהּ סֵפֶר כְּרִיתֻת וְנָתַן בְּיָדָהּ, וְשִׁלְּחָהּ מִבֵּיתוֹ.
ב וְיָצְאָה, מִבֵּיתוֹ; וְהָלְכָה, וְהָיְתָה לְאִישׁ-אַחֵר.
ג וּשְׂנֵאָהּ, הָאִישׁ הָאַחֲרוֹן, וְכָתַב לָהּ סֵפֶר כְּרִיתֻת וְנָתַן בְּיָדָהּ, וְשִׁלְּחָהּ מִבֵּיתוֹ; אוֹ כִי יָמוּת הָאִישׁ הָאַחֲרוֹן, אֲשֶׁר-לְקָחָהּ לוֹ לְאִשָּׁה.
ד לֹא-יוּכַל בַּעְלָהּ הָרִאשׁוֹן אֲשֶׁר-שִׁלְּחָהּ לָשׁוּב לְקַחְתָּהּ לִהְיוֹת לוֹ לְאִשָּׁה, אַחֲרֵי אֲשֶׁר הֻטַּמָּאָה - כִּי-תוֹעֵבָה הִוא, לִפְנֵי יְהוָה; וְלֹא תַחֲטִיא, אֶת-הָאָרֶץ, אֲשֶׁר יְהוָה אֱלֹהֶיךָ, נֹתֵן לְךָ נַחֲלָה. {} ס



Ciao Antonio.

Il passo di Dvarim 2/1-4 che avete abbondantemente discusso è inserito in un contesto più ampio di quello considerato nella discussione , da sempre è stato utilizzato come testimonianza di un documento di divorzio nell’Antico Testamento , da queste poche parole sono state estrapolate molte conclusioni sullo scioglimento del matrimonio in una forma legale.

In realtà il passo in questione non si riferisce alle regole che riguardano scioglimento ,annullamento e invalidità del matrimonio, il testo è impegnato a sottolineare un caso specifico assolutamente particolare, l’eventualità che una donna possa risposare il suo ex primo marito in seconde nozze, questo è l’argomento centrale di Dvarim 24/1-4
Questo evento è oggi considerato piuttosto raro ma di una certa rilevanza nel mondo antico al punto di essere dalla Torah menzionato insieme ad altre mizvòt importanti .

Nella Torah non sono menzionate indicazioni specifiche che riguardano il matrimonio, escluso qualche raro riferimento , le norme che regolano il matrimonio in tutte le sue caratteristiche a partire dal fidanzamento sono ampiamente invece trattate nella Misnàh, allora ci si può porre la domanda: perché la Torah ha ritenuto di indicare a parte questa prescrizione e non lo ha inclusa nella Misnàh?
Forse la spiegazione la ritroviamo nelle parole che impegnano il testo in originale e nonostante che le traduzioni sia accurate e il senso compiuto sia attinente il testo ebraico Dvarim 24 nei primi quattro versi è simile a un paesaggio che può essere fotografato in bianco e nero o a colori, l’ immagine è la stessa ma l’effetto che suscita assolutamente diverso.
Alcune parole arcaiche confondono il nostro giudizio e la nostra morale comune e limita la comprensione dei significati originali, espressioni come “qualcosa di sconveniente” , “ è stata contaminata”, “abominio davanti al Signore” sono banalizzate dall’interpretazione frettolosa di chi cerca a tutti costi nel testo la spiegazione più facile e comprensibile.
Prima di analizzare il testo e provare con qualche spiegazione particolare occorre comprendere il significato del matrimonio ebraico, nell’essenziale.

Il matrimonio ebraico è di fatto un baratto, anticamente il marito comprava letteralmente la moglie, ovviamente la società di allora nonostante le apparenze era forse migliore di quella in cui oggi viviamo, il baratto prevedeva una trattativa che coinvolgeva entrambi le parti e fissava delle esclusive a garanzia di marito e moglie, le prime fasi iniziavano con i kidushin , un vero preaccordo in cui si fissavano le regole del matrimonio, infine il tutto veniva fissato nella ketubot , il contratto matrimoniale.
Esisteva il principio che se questo accordo era stato fatto da uomini, da uomini poteva essere sciolto.
In genere è il “ghet “che scritto dall’uomo scioglie il matrimonio, un documento scritto ” sefer kerirut”, il libro del taglio.
Questo veniva richiesto dalla Halachà per scoraggiare e sconsigliare il ripudio troppo frettoloso e pretestuoso per fini opportunistici, lo stesso ripudio richiedeva il consenso della moglie , a parte il caso di fornicazione, se l’uomo non voleva concedere il “ghet” il tribunale rabbinico lo poteva sanzionare fino al punto di imprigionarlo.
Perché dare il ghet ? Certamente per rendere la moglie non “agunah”, letteralmente incatenata, una specie di limbo che gli impedisce di riprendere una forma di vita famigliare con una seconda unione matrimoniale.
La Torah è una regola scritta, ma è la Misnàh quella che aiuta a definire le regole nella loro applicazione e su questo la Halachà fornisce da sempre il suo contributo, introducendo un giudizio e una nuova visione tra il testo scritto e quello orale, Shiunnàch afferma: “ L’ebraismo si fonda su un minimo di rivelazione, questa è la Torah scritta ed un massimo di interpretazione, la Torah orale.

La Torah e il suo contenuto è degli ebrei, il giudaismo rabbinico è l’analisi sistemica per esaminare i dettagli all’interno del contenuto .
Lo scopo è quello di smorzare le tensioni del testo ebraico interpretato alla lettera nelle normative che riguardano gli aspetti sociali come il matrimonio, il rapporto con le donne e altro, il ragionamento rabbinico è dunque basato sulla Halachà che trae insegnamenti dalla Misnàh che è importante quanto la Torah scritta.
Il terzo ordine della Misnàh che regolano i rapporti matrimoniali e poi tra uomo e donna sono diversi; Ketubòt , Ghittin, Quiddushin , Yebamot, ma attenzione ……! non bisogna isolare questi tre trattati dall’opera nel suo complesso destinata nel suo insieme a dare una visione molto più ampia della coesistenza sociale e religiosa, sesso,fidanzamento, matrimonio , divorzio, ripudio, annullamento, invalidità sono tutti aspetti del matrimonio , ingredienti che assumono significati diversi a secondo del contesto.
Il difetto di questa discussione è che spesso i contesti sono ignorati e ci si affida solamente all’uso di passi estrapolati dalle scritture , qualche volta anche mal tradotti e di conseguenza compresi parzialmente, storpiando i significati delle parole originarie, nel Vangelo la storpiatura è meno evidente, il testo scritto in greco è assai più vicino al nostro modo di comprendere , nel caso dell’ebraico la situazione è molto più complessa a causa della polisemia che rende possibile significati alternativi.
Quindi una buona traduzione deve anche includer il contesto in cui si svolge l’azione per evitare giudizi e affermazioni tematiche che sappiamo sono le più diffuse con l’esito di schierare le affermazioni suddividendole in positive e negative , chi vince? Chi ne pone di più.
Il contesto è lo scheletro su cui si appoggia la forma e si definisce l’immagine, non puoi isolare il viso dal resto del corpo, tutto il passo di devarim è inserito come la tela di un quadro nella sua cornice, il cui scopo è quello di sostenere l’opera.

Per ora, Shalom
Noiman
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bgaluppi
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Perché dare il ghet ? Certamente per rendere la moglie non “agunah”, letteralmente incatenata, una specie di limbo che gli impedisce di riprendere una forma di vita famigliare con una seconda unione matrimoniale.
Il difetto di questa discussione è che spesso i contesti sono ignorati e ci si affida solamente all’uso di passi estrapolati dalle scritture , qualche volta anche mal tradotti e di conseguenza compresi parzialmente, storpiando i significati delle parole originarie
Grazie Noiman. Le tue precisazioni confermano quanto ho compreso sul matrimonio. Yeshùa dice che il ghet è possibile solo in caso di fornicazione (“se ha trovato qualcosa di sconveniente”), caso in cui i due sono liberi di divorziare e risposarsi. È ovvio che se la fornicazione causava la legittimità dello scioglimento del vincolo coniugale, ambedue le parti potessero risposarsi, poiché lo scioglimento non può certo riguardare una sola parte! Tutto ciò è conforme a quanto ci hai scritto.

Dunque, davvero non capisco il proliferare di tante “strane idee” sulle parole di Yeshùa (certamente “stringate” e comprensibili solo se inquadrate nel contesto tradizionale), secondo cui il divorzio sarebbe proibito, o la donna non avrebbe comunque potuto divorziare dal marito né risposarsi in alcun caso ...

Se non si entra nel profondo della tradizione e degli usi e costumi della società ebraica antica, è davvero difficile comprendere appieno certe parti dei Vangeli, e il rischio è quello di costruire dottrine fantasiose sulla base di interpretazione personale.
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Si…… Antonio, il rischio di fraintendere è molto alto.

Riprendo dove ho interrotto.

La condizione di “agunah “ era per le donne la condizione peggiore seconda solo alla schiavitù, nel tempo in cui visse Gesù il problema era molto sentito e discusso, il confronto con i farisei non era una semplice discussione di piazza come siamo abituati a vedere nei film proiettati sotto Pasqua, non era neanche un confronto ostile come viene ancora affermato in qualche chiesa, nessun fariseo venne a tentare Gesù, oggi questo tipo di confronto è la caratteristica delle discussioni talmudiche nelle yeshivot , allora come oggi lo scopo è il confronto senza dogmi.
L’epoca in cui Gesù visse era difficile per il giudaismo, idee messianiche agitavano le menti nella ricerca di giustizia e rimedio al giogo romano, i farisei raccoglievano il codice etico dell’ebraismo e applicavano le norme della Torah orale per risolvere l’apparente durezza e rigore della legge scritta.
Nei Vangeli non si trovano normative specifiche riguardo alle donne e al matrimonio, nessuna norma è citata direttamente, qualche riferimento lo si riscontra negli scritti di Paolo e le parabole sono esempi di Halachà , se sbaglio correggetemi, è possibile che tutti personaggi descritti dai Vangeli seguissero legge giudaica.
Prima di considerare Dvarim 24/1-4 voglio ancora fare qualche osservazione sulla Misnàh .

Nonostante il maschilismo che caratterizzava l’epoca a cui ci riferiamo, la Misnàh è di fondo pragmatica e non affronta il problema secondo il nostro concetto di morale, in realtà da per scontato che la donna dipende dall’uomo, questa visione non deriva dalla semplice questione sociale che relega la donna su un livello inferiore , la base del ragionamento è la constatazione che la donna è sicuramente diversa dall’uomo e questa differenza trova ragione nei Cieli affermando che è la volontà divina a determinare questa condizione.
Quindi la Misnàh non mette in evidenza le cause, ma si impegna a rendere sostenibili i rapporti tra uomo e donna, ponendo tutta una serie di definizioni tra il puro e l’impuro, tra il santo e il profano, nella ricerca della santificazione.
La santificazione è una condizione di normalità, non è un pensiero coraggioso?

E’ curioso che di tante pagine che si occupano di regolamentare la condizione femminile, lo spazio dedicato al ruolo di madre è condensato in poche righe, questo significa che il responsabilità di essere madre non necessita di particolari attenzioni , questo stato è codificato in modo naturale e tranne rarissime eccezioni non può generare disordine sociale , la condizione quasi statica sospende la sessualità intesa come competizione e bramosia, la donna nel suo divenire può essere, nubile, vergine, promessa e maritata.

Il matrimonio è dunque l’adempimento al primo dei comandamenti del Cielo, il progetto è il divenire secondo un progetto di santificazione destinato alla trasformazione di due nature opposte, il Cielo è il garante che certifica l’unione in uno status di santità tramite il rituale matrimoniale, per annullare questa condizione uomini e donne dovranno produrre un documento valido che annulli il legame precedente.
Il libello del “ghet” ha quindi lo scopo di legittimare il cambiamento di stato, simile a un contratto che è valido giuridicamente solo con la presenza di almeno due testimoni, la morte del marito non prevede “ghet” , i Cieli si sono sostituiti ai testimoni e consentono alla donna una condizione pari all’annullamento del primo matrimonio.
Il “ghet” è il rimettere le cose a posto, cioè di consentire alla donna di risposarsi nella condizione legalità approvata dall’uomo e dai cieli, trasformando l’illegalità in legalità
Shalom
Noiman
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Riprendo dove mi ero interrotto.

Lo studio di Dvarim, 24/1-4 è stato argomento di una interessante discussione di sito biblistica.eu a fine 2013, ricordo che parte di questa discussione è stata successivamente pubblicata dalla facoltà di Biblistica, nella sezione “studi controversi”, n° 2, Dicembre 2014, ulteriori approfondimenti sono ancora disponibili nello studio del dott.Gianni Montefameglio, (N°3 dicembre 2014) con titolo: “ Il divorzio nel pensiero biblico “ in questa occasione l’argomento è stato ulteriormente approfondito, rimane quindi difficile proseguire con ulteriori considerazioni evitando le ripetizioni, tuttavia rimane ancora la possibilità di aggiungere qualche osservazione analizzando il testo originale e valutare alcuni aspetti interpretativi alternativi, sottolineando alcuni significati espressivi del testo nella ricerca di una interpretazione supplementare utilizzando il commento ebraico tradizionale che ha tra i suoi fini quello di colmare i silenzi e mitigare gli estremi particolarismi , per ultimo ridurre anche se non annullare i cosiddetti “incidenti testuali”, tutto questo senza cercare di invalidare o sovrascrivere le traduzioni comuni.

Una traduzione:

1 Quando un uomo prende una moglie e la sposa, allora avverrà, se non troverà favore nei suoi occhi, perché ha trovato in lei qualcosa di sconveniente, che le scrive una proposta di divorzio e la dà in la sua mano, e la manda fuori di casa,
2 e partì da casa sua, e andò e divenne moglie di un altro uomo,

3 e quest'ultimo marito la odia, e le scredita una legge di divorzio, e la dà in mano, e la manda fuori dalla sua casa; o se l'ultimo marito muore, chi l'ha portata a diventare sua moglie;
4 il suo ex marito, che l'ha mandata via, non può prenderla di nuovo per essere sua moglie, dopo che è stata contaminata; poiché ciò è abominio davanti al Signore; e non farai peccare la terra, che il Signore tuo Dio ti dà in eredità.


Prima di iniziare parliamo dell’aroma…! sapevate che la lingua ebraica ha una sua fragranza?
La lingua ebraica nonostante il limitato numero di parole del suo vocabolario e l’estrema povertà di fronzoli linguistici è una lingua che consente incredibili possibilità espressive , essenziale punto di unione tra il pensiero e un dispositivo di segni , generatore di significati semplici o complessi con poca attitudine alle frasi retoriche e alle fughe filosofiche, questa lingua consente a forma e contenuto di coincidere, il senso lessicale a braccetto con il senso contestuale non può essere spezzato dal “letteralismo “
Quando si legge in lingua originale nel libro di Shmot 20/1, una persona sensibile e pienamente padrone della lingua percepisce sensazioni che vanno oltre il testo , sono comunque delle sensazioni.
Leggendo in ebraico Dvarim 24/1-4 non può sfuggire un certo tono imperativo che il testo nella sua costruzione vuole trasmettere al lettore, un po’ come troviamo scritto sui giubbotti di salvataggio presenti negli scomparti degli aerei, istruzioni dettagliate per i passeggeri a fronte di una situazione di emergenza, in Dvarim 24/1-4 sembra intimare al lettore: ” in questa condizione questi sono i comportamenti da tenere”, la mancanza di altri dettagli e precisazioni non consentono deroghe, la condizione di proibizione è assoluta ed è diretta al primo marito. Tutto questo non è così evidente nelle traduzioni

La prima parola, כי ,è una proposizione polisemica può significare “quando”, ma anche “oppure”, “qualora”, soggettiva , oggettiva , ipotetica, sostenibile anche il tradurre con “se” di qualora.
Salvatore Tarantino a riguardo pone la seguente osservazione :” La Scrittura ci dice che "se ella esce da casa sua e va e diviene moglie di un altro..." il primo marito non può riprenderla perchè si è contaminata. Il "se" introduce una ipotesi per spiegare un comandamento, e cioè quello di non potersi riprendere la moglie contaminata, e non indica affatto qualcosa di lecito.
Utilizzare questi versi per sostenere la liceità del secondo matrimonio della donna è una forzatura.”
Su questo ultimo punto concordo in pieno.

Siamo sicuri del nostro “senso interpretativo”?
Devarim 24/1-4 va considerato come una ipotesi o una condizione?

L’alternanza dei verbi perfetti e imperfetti è una chiave di lettura?
Ovviamente la lettura più comune è quella con il “se” ipotetico,
Il testo tramite alcuni passaggi sottolinea la consequenzialità delle azioni:
Quando un uomo prende una moglie e la sposa, allora avverrà, se non troverà favore nei suoi occhi”, in questo primo verso ritroviamo due condizioni che introducono una terza, il verbo imperfetto può assomigliare al nostro tempo verbale “condizionale”, tuttavia le parole sottolineano una condizione obbligatoria.

La parola ובעלה arricchita di un “mappiq”all’interno della ה, significa “prendere moglie”, la radice di questa parola è un generatore di significati semantici, l’uomo è “ba’al “, volgarmente il padrone, il significato di “uvè ‘alah è traslato è il “marito” inteso come condizione legale di una unione regolamentata e riconosciuto dalla società, non una concubina e il suo amante , “uvè’alah” raffigura l’unione tra due persone consenzienti che si riconoscono come soggetto giuridico.
Il secondo marito non viene indicato con lo stesso termine, l’uomo è “ish “, anche nell’espressione successiva leggiamo האיש האחרוןושנאה “ “e l’uomo altro ,odierà lei”, non troviamo ובעלה “ il marito”, le traduzioni disponibili non colgono queste sfumature, non evidenziano che solo il primo uomo è la figura essenziale che gode di un ruolo superiore , in definitiva entrambi gli uomini sposano la stessa donna , il secondo matrimonio è la conseguenza dell’insuccesso del primo matrimonio, lo capiamo anche quando il testo sembra volerlo sottolineare ulteriormente con le parole הרשון לא-יוכל בעלה “lo iuchal balah ha’rishon “ non può il primo marito” .
La traduzione della LXX (esempio) è assolutamente corretta nonostante non trovino spazio le estensioni semantiche della lingua di partenza più vaste di quelle della greco lingua di destinazione , in questo caso il greco, i non sottolineare la differenza tra le due figure maschili non è omissione o un rifiuto del traduttore, la scelta più semplice e opportuna , di questi esempi di traduzioni in bianco e nero ne troviamo moltissime.

In tutto questo esiste una fase temporale ?
Questa situazione incresciosa non ha una temporalità, un marito può inciampare in questa situazione anche dopo molti anni di matrimonio, scoprire nella moglie qualche cosa di indecente è senza alcuna data di scadenza.
לא תמצא-חן בעיניו
Lo timtzà ken be’eynav” , “non trova grazia nei suoi occhi” compare quaranta volte nel Tanach e ancora presente nell’ebraico moderno ,
כי-מצא בה ערות דבר
ki matzà va ervàth davar”,”Poiché ha trovato in lei cosa sgradevole “ è una affermazione generica.
Prima di proseguire in questa analisi dobbiamo considerare il matrimonio nel mondo antico che implicava aspetti sociali e sentimenti oggi ridimensionati nella società moderna, in primo una unica morale tra gli aspetti civili e religiosi, le conseguenze di un cattivo matrimonio avevano implicazioni gravi e potevano compromettere la famiglia e la discendenza, la legittimità del “figlio primogenito” designato alla successione paterna, l’erede del nome , del casato e della tribù, da non confondere con quello del “figlio maggiore”
Secondo il nostro pensiero riduttivo, “ervàt davar” qualche cosa di sconveniente rappresentava una condizione talmente disonorevole e grave da non poter essere menzionata, non poteva riferirsi alla mancanza di verginità della donna, questo aspetto era già definito nei kidushin e neanche all’adulterio, in tal caso la donna sarebbe stata lapidata.
L’espressione ערות דבר, la ritroviamo solo in dvarim 23/14.
כי יהוה אלהיך מתהלך בקרב מחנך להצילך ולתת איביך לפניך והיה מחניך 4קדוש ולא-יראה בך ערות דבר ושב מאחריך
Poiché il Signore Dio tuo che passa nel tuo accampamento per porre i nemici tuoi davanti a te , sarà il tuo accampamento Santo e non veda tra te qualche cosa indecente e ti abbandoni”.
Il riferimento è alle norme igieniche (le feci umane ) che rendono impuro l’accampamento che D-o percorre.
Il paragone è forte , l’espressione “ervat davar” appartiene al livello più basso nella scala dei valori, simbolicamente rappresenta il massimo contrasto nei confronti del suo opposto , la purezza.
L’espressione indica una situazione talmente infima, una sorpresa disgustosa per chiunque, Dvarim 24/1-4 lascia al primo marito l’incomodo dell’ervat davar”, il secondo marito non è coinvolto in questa condizione, il suo eventuale ripudio è assolutamente generico, nel caso che la prenda in odio”, espressione che consente una grande libertà di scelta nella causa.
Ritornando a כי-מצא בה ערות דברpossiamo riscontrare che ערות compare molte volte nel libro di vaikrà,”ervat” è la nudità in riferimento ha comportamenti sessuali illeciti.
ערות אביך וערות אמך לא תגלה אמך הוא לא תגלה ערותה
la nudità di tuo padre e la nudità di tua madre non scoprirai , di tua madre non scoprirai la nudità”( vaikrà 18/7), in riferimento all’incesto, le traduzioni in genere addolciscono il significato “Non recherai oltraggio a tuo padre avendo rapporti con tua madre, :è tua madre e non scoprirai la sua nudità” la ripetizione non è casuale e pone una distinzione sulle relazioni sessuali incestuose, distinguendo le unioni tra consanguinei e affini, Dante Lattes commenta che l’incesto è un grande peccato , la sua gravità aumenta secondo il grado di parentela, “zimmàh , scelus” , dissolutezza e sensualità perversa, definizioni che concentrano tutti atti sessuali desiderati o commessi nei confronti di madre, figlia e nipoti, “thèvel” riguarda rapporti con la nuora.
La ripetizione di vaikrà 18/7 comprende l’ipotesi di una seconda madre o della prima che rimasta vedova.

Dvarim 24/1-4 descrive una situazione specifica posta a salvaguardia del primo marito , il secondo marito e la donna appaiono collaterali nel divieto, il testo pare unidirezionale e non contempla la possibilità che sia l’uomo a essere incestuoso e sua moglie scopra una relazione proibita,apparentemente maschilista senza difese per la donna che in qualche situazione ha dovuto subire rapporti incestuosi per violenza o coercizione, il nostro relativismo ci scuote profondamente nella coscienza e impegna la nostra morale garante tra pari rapporti uomo e donna.
Dvarim23/1-4 sembra non porsi un problema di giustizia o di morale, si limita a porre un divieto assoluto affinché il primo marito che ha ripudiato la moglie non possa risposarla in una unione che D-o non approva..
In attesa delle conclusioni vi saluto.
Fine terza parte.
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Buongiorno, Noiman. Ho alcune domande.

Tu fai notare che Dvarìm 24:1-4 “descrive una situazione specifica posta a salvaguardia del primo marito”, situazione che definisci “apparentemente maschilista senza difese per la donna”. Fai inoltre riferimento a situazioni incestuose.

Domanda. È corretto dire che la costruzione delle frasi di Dvarìm 24:1, con i due prefissi ky e im, indicano un periodo ipotetico? “Quando/qualora … se …”. Te lo domando perché sembrerebbe che qui Moshè stia regolando una situazione possibile e non stabilendo una nuova norma. Intendo dire che ho l’impressione che di fronte ad una pratica già in atto, Moshè si limiti a vietare al primo marito di riprendere con sé la moglie che aveva ripudiato.

Domanda. Certamente la società ebraica del tempo era maschilista (del resto, anche la società occidentale lo è ancora oggi in tutto il mondo!), ma non ti pare che la norma biblica di Dvarìm 24:1-4 salvaguardi in certo qual modo la donna, impedendo che sia trattata come una merce? Pur ammettendo il divorzio, non ti sembra che se ne regoli l'uso in modo da renderlo meno facile e in modo da salvaguardare la dignità della donna?

Domanda. In Dvarìm 24:1-4, tu dici, si fa riferimento all’incesto. Può essere. Tuttavia, la “indecenza di cosa” (עֶרְוַת דָּבָר) ha dato luogo ad un’ampia halachà: la scuola di Hillel, tollerante, aumentò le ragioni, come, ad esempio, il bruciare un piatto di pietanze (cfr. G. Flavio); R. Aqiba ammetteva come motivo sufficiente l'incontrare una ragazza più bella della propria moglie; la più rigida scuola di Shammai vi riconosceva invece solo l'adulterio (Ghittìm 9:10; cfr. Mt 5:32;19:9). La questione non ti sembra tuttora insoluta?

Grazie, Noiman :-) , se vorrai aiutarmi a capire.
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Ciao Gianni.


E’ mia opinione che in questo contesto כי ,” ky” che introduce il dvarim 24 esprime una condizione certa, la cosiddetta protasi, la preposizione אם “im” è preceduta da un verbo impostato al futuro, si può leggere al condizionale ,come apodosi ? (ho letto il tuo lavoro “ Le frasi ipotetiche ebraiche” ) , un buon studio, (solo da correggere alcune “mem sofit” ).
Concludendo mi sembra che le proposizioni hanno diverse letture legate al contesto e definiscono una situazione ipotetica o una certezza, אםè presente nella seconda parte del testo è ha la funzione di “legiferare “, qualora si ponesse la condizione di doverlo fare.

Senza assolutamente creare una griglia statistica ,se esamini Dvarim 20/1 troverai scritto -תצא למלחמהכי “quando uscirai per la guerra “,difficilmente può essere tradotto con il “se”, il traduttore nel passo successivo (2), riporta “Quando sarete vicini alla battaglia” in realtà è scrittoוהיה כקרבכם “e sarà in voi il avvicinarsi
La condizione ipotetica invece è ben presente in dvarim 20/12 dove אם “im”è “se”
ואם-לא תשלים עמך ועשתה עמך מלחמה וצת עליה
Ma (se) non pace farà con te, e farà guerra con te la assedierai”
כי-תצא למלחמה על-איבך ונתנו יהוה אלהיך בידך ושבית שביו
Quando uscirai per la guerra contro i tuoi nemici, darà il Signore Dio tuo nella mano tua e prigionieri saranno di lui”(21/10).
La traduzione con il “se” di כי è caratteristica della nostra lingua, ma spesso (vedi esempio in Dvarim 18/1 e 9 ) , i traduttori preferiscono utilizzare “quando“
Shalom
Noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Grazie, Noiman.
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Ciao Gianni, non credo di averti convinto, sono consapevole che la mia interpretazione è sul filo di lana , una tra le tante possibili , scelta tra i molti modi di testare i possibili significati, so anche che alcuni grandi studiosi e pensatori non sono d’accordo.
Concordo con te che il precetto è a salvaguardia della donna ripudiata per motivi pretestuosi e ingiusti, tuttavia dvarim 24/1-4 è un divieto imposto al primo marito che non può riprendere la prima moglie.
Le scuole di Hillel e Shammai sono sfide teologiche sfruttate dai commentatori di ogni tempo, nelle loro derashòt usavano spesso argomenti estremi per stimolare il “commento”, la provocazione era un metodo molto diffuso , l’esagerazione e l’estremizzazione era un modo per fare “audience” , un pò’ come il piatto di lenticchie e la primogenitura di Esav .
Concludendo
Il primo marito desidera avere delle progenie, nel mondo antico il matrimonio aveva come scopo principale la procreazione e subito dopo era necessità sociale per risaldare e rafforzare i legami tra famiglie, tribù e clan, l’aspetto sessuale anche se importante era secondario.
Il Bereshit Rabbàh racconta:
Poi Lemech prese due mogli. Il nome della prima era Adah e il nome della seconda era Silla “(Bereshit 4/19).
“ Disse rav. Azarjah in nome di R.Jehudàh ben Shimon “Cosi facevano gli uomini della genealogia del diluvio:ognuno prendeva due mogli, una per la discendenza e l’altra per il coito. Quella che era destinata alla riproduzione era come vedova durante la sua vita; quella destinata al coito beveva dei liquidi che procuravano la sterilità per non generare, e stava presso il marito adornata come una prostituta”.

Il marito scopre che sua moglie ha avuto un rapporto incestuoso, (immaginiamo con un suo fratello o parente consanguineo), non disponendo delle prove basate sul DNA è assolutamente probabile che da questa unione incestuosa possa nascere un figlio senza la sua discendenza, elemento che era importantissimo allora più di oggi l’infrazione che mina il matrimonio avviene per sottrazione, all’uomo viene negato di avere una sua discendenza nell’istituto che è il matrimonio.
Nel caso del secondo marito l’elemento dell’incesto viene meno.
Ecco una possibile spiegazione delle parole “poiché questo è abominio davanti il Signore”

Rimane ancora una peculiarità, tra le conseguenze dello scioglimento del matrimonio per grave violazione , come“ervat davar” l’accordo di matrimonio viene sciolto per “giusta causa”, ne consegue che la donna perde il diritto alla dote portata, in questa situazione la donna lascia la casa coniugale con solo le vesti che indossa , la sua dote viene trattenuta dall’uomo, da non confondere con il corredo nuziale, nella dote sono comprese le ricchezze che secondo gli accordi matrimoniali ( ketubàh) ha portato nella casa del marito, questo valore può essere anche molto alto nel caso che siano incluse terre, diritti di pascolo e altri beni materiali, in caso di scioglimento del matrimonio per giusta causa e per estrema gravità la donna è costretta a lasciare ogni cosa, escluso i doni ricevuti successivamente al matrimonio , compreso il diritto alla eredità.
Nel caso che la prima moglie ritorni al primo marito esiste l’ipotesi che costui goda di ulteriori vantaggi e arricchimenti ricevendo la dote contemplata nel secondo matrimonio, soprattutto qualora la moglie ereditasse per diritto di successione nel caso di morte del secondo marito. Questa condizione anche se molto improbabile deve essere considerata nonostante l’aspetto collaterale .
Come già scritto lo scopo di dvarim 24/1-4 è quello di completare quello che era già stato legiferato precedentemente, siamo quasi alla fine del libro di dvarim, nella suddivisione tradizionale mancano solo 10 capitoli alla fine di questo libro, Dvarim “parole “, l’ultimo della Torah .

Fine terza parte.
Noiman
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Gianni
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Caro Noiman, non è del tutto vero che non mi hai convinto. Tu stesso dici di essere consapevole che la tua interpretazione è sul filo di lana, una tra le tante possibili. E io non la trascuro di certo. Mi pare comunque che concordiamo sul fatto che il precetto è a salvaguardia della donna ripudiata per motivi pretestuosi e ingiusti, anche se Dvarim 24:1-4 è un divieto imposto al primo marito che non può riprendere la prima moglie (a me, pare proprio per questo).
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