Interpretazione delle Scritture Ebraiche

noiman
Messaggi: 2017
Iscritto il: domenica 20 aprile 2014, 22:41

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Dopo avervi citato una possibile interpretazione cristiana dell’incontro di Avrahàm con gli angeli ora provo a proporvi una interpretazione ebraica dello stesso testo, niente di speciale o straordinario ma una lettura connessa ai significati che il testo ebraico suggerisce attraverso le proprietà delle lettere impiegate che consentono la verticalizzazione e ampliano il significante, poi il confronto con l’interpretazione storica di quelli che non ci sono più ma hanno riflettuto e osservato, infine secondo l’esperienza del testo nel suo aspetto generale secondo le “millòot mafteàch” le parole chiave , le “ Ka-yozè bo mi-makòm achèr " “le somiglianze con un altro passo infine con:“ Davàr she enò mitparèsh bi-makomòu-mitparèsh be-makòm achèr “ “ “una parola (cosa) che non si spiega nel suo contesto trova la sua spiegazione in un altro contesto.” Questo impegna tutto il testo della Torah

Gli avvenimenti narrati dalla Torah sono cosi intensi e tortuosi che rendono di difficile comprensione il messaggio contenuto. I dialoghi, il detto e non detto, benedizioni e maledizioni, promesse e patti, si rincorrono nel testo quasi come una visione. La stessa apparizione della divinità che compare e scompare, a volta accompagnata da altri uomini , presumibilmente angeli.
Avrahàm riceve la visita di D-o presso il querceto di Mamré, nell’ora più calda del giorno, questa apparizione appare alquanto singolare, soprattutto sul modo in cui D-o appare. Seguendo letteralmente la traduzione del testo e considerandolo nel suo aspetto letterale e descrittivo, leggiamo:
וירא אלין יהוה באלני ממרא והוא ישב פתח-האהל כחם היום
Il Signore apparve presso le querce di Mamrè mentre egli era seduto all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno” (Bereshit,va-jerà 18/1)(genesi)
Il testo impegna il tetragramma con il significato che fu proprio D-o stesso a mostrarsi ad Avrahàm, il termine וירא “ vayerà“ “e vide” con cui inizia la parashà è suggeritore di altre interpretazioni si cosa e chi vide Avrahàm, questa parola è importante per i significati e per il numero di volte che compare, questa parte del libro di Bereshit è chiamata la parashà della visione perché il termine “vayerà” tradotto: “e vide” , è menzionato molte volte, la “visione” sembra essere il punto centrale e attraverso il vedere che giunge la rivelazione
“Avrahàm aveva novantanove anni quando il Signore gli apparve”…Avrahàm vede gli angeli, anche Lot vede gli angeli, la moglie di Lot anche essa guarda, ma lo fa in modo inopportuno e per questo viene trasformata in sale, Agar schiude gli occhi e vede il pozzo nel deserto, Avrahàm scorge il Monte Moriah da lontano, infine vede il montone che sostituirà Izchàk , il korban.
La visione è il palo portante di tutta questa parte del libro di Bereshit e la parola ebraica וירא “Vayerà “ compare molte volte e le traduzioni la riportano come “vide, apparve , scorse ecc.”

Il testo sembra volerci suggerisce che fu una visione in un tardo pomeriggio, quello era il terzo giorno da cui Avrahàm si era circonciso da solo all’età di novantanove anni, il giorno dove le ferita fanno più male e possiamo immaginare che egli fosse particolarmente debilitato, questo lo intuiamo dalle parole: “era seduto all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno”.
וישא עינים וירא והנה שלשה אנשים נצבים עלין וירא וירץ לקראתם מפתח האלהל וישתחו ארצה
”Alzò gli occhi ed ecco tre uomini erano la vicini a lui; come li vide, corse loro incontro dalla porta della tenda,si prostrò a terra e disse: ”Signor mio, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, ti prego, non passare oltre il tuo servo” (Bereshit, va-jerà 18/3.)(genesi) .

Una cosa che colpisce è lo slancio di Avrahàm nel accogliere i visitatori, questo era l’uso nei tempi in cui nel deserto potevano passare mesi prima di poter scorgere qualche persona non appartenente al proprio clan o nucleo famigliare, il testo vuole sottolineare il senso di accoglienza che aveva il patriarca nei confronti del prossimo.
No è scritto giunsero, ne apparvero, è solo scritto che egli alzò gli occhi e li vide, come in una apparizione , una visione, il testo parla di tre uomini ma egli non si rivolge ai tre al plurale ma solo al singolare:”Signor mio” ויאמר אדני , è la formula generico di saluto, che può essere rivolta a chiunque; è possibile che Avrahàm distinguesse tra i tre il Signore ?
Riprendiamo il testo ebraico dall’inizio:
וירא אליו יהוה באלני ממרא והוא ישב פתח האהל כחם היום: וישא עינין וירא והנה שלשה אנשים (Bereshit, va-jerà 18/1) (genesi) “Il Signore apparve presso le querce di Mamrè mentre egli era seduto all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno” Alzò gli occhi ed ecco tre uomini erano là vicini a lui”.
Il verbo ישב “ioshèv” sedeva, può essere anche letto come “sedette” nel tempo perfetto, Rashi commenta :”Abramo voleva infatti alzarsi in piedi, ma il Santo, Benedetto Egli sia, gli disse: ”Rimani seduto, mentre Io starò in piedi. Tu sei un segno per i tuoi figli che Io in futuro, starò in piedi nell’assemblea dei giudici, mentre essi rimarranno seduti, come sta scritto: ”Dio sta in piedi nell’assemblea di giudici”( salmo 82.
Notiamo anche che il verbo usato in questo verso con il significato divedere è וירא “” usato due volte nella forma passiva , (Nif’al), con il significato di “fu visto”, oppure “apparve”, questa costruzione temporale la ritroviamo anche nei passi successivi ; il testo fornisce l’impressione che tutto quello che Avrahàm vide era nel segno della visione.
Maimonide nel suo scritto Mishnè Torah , spiega che in molti casi in cui i profeti ricevono una visione o un messaggio sono posti in condizione di “sonnolenza profonda”, secondo Rambam la visione è una serie di immagini in cui gli spazi temporali si sovrappongono, gli avvenimenti che comprendono passato e futuro si ricollegano offrendo le loro spiegazioni e i nessi profondi che li legano, chi entra nella condizione divina della visione vive una realtà che non ha presente , passato e futuro. Secondo Rambam questo episodio della visita degli angeli e anche successivamente la legatura di Izchàk non avvennero nella realtà, ma solo nella mente di Avrahàm .
Questo è un’ipotesi molto ardita il testo che narra questi fatti è volutamente sobrio di particolari ma pieno di simboli significanti, simile ha una scritta sulla lapide dipinta da un pittore che condensa in poche parole una esistenza intera.
Abbiamo altri esempi nelle scritture che sono riconducibili a quello che è scritto nel libro di Bereshit, anche nel libro di bemidbar (Numeri) è scritto:
” E disse il Signore all’improvviso a Moshè e Haronne ed a Miriam: “Uscite tutti e tre verso la tenda della radunanza”, e uscirono tutti e tre. E discese il Signore nella Colonna di Nube e stette sull’entrata della tenda, e chiamò Aron e Miriam ed uscirono entrambi. E disse “ Ascoltate per favore le mie parole. Se ci sono profeti tra di voi, in visione Io, Il Signore, Mi faccio conoscere da lui, in sogno parlerò con lui. Non così è il mio servo Moshè, in tutta la mia casa egli è fedele . Bocca a bocca Io parlo con li, in una chiara visione e non per enigmi, ed egli guarda l’immagine del Signore; e perché non avete avuto timore di parlare contro il mio servo, contro Moshè?” (Bemidbar12/4-9) (numeri ).
Ovviamente questa interpretazione è stata criticata da altri grandi maestri e rabbini, Yizchak Abrabanel contesta questa affermazione e sostiene che tutto avvenne nella realtà, compreso il viaggio di tre giorni verso il monte Moriàh.
Nell’episodio che leggiamo troviamo un’altra cosa che ci induce a riflettere, quando nel versetto, leggiamo che Avrahàm vide tre uomini e ne distinse subito uno come D-o, ma è anche scritto che egli vide tre anashim”, uomini e abbiamo anche detto che il dialogo avvenne solo con uno di loro che il testo suggerisce che era il Signore.
Il midrash aggiunge che Avrahàm avendo compiuto la milà su se stesso è diventato un uomo in una condizione spirituale superiore, senza più il velo (la klipà) il prepuzio che rappresentava l’esteriorità egli può distinguere tra le tre presenze la figura di D-o.
E’ una visione interiore, ma per lui corrisponde alla realtà, egli ha il privilegio di vedere quello che per altri uomini è solo apparenza, sua moglie Sarah e tutti gli abitanti della casa vedono solo tre forestieri.
Il testo ebraico in Bereshit 19/1 narra che Lot scorge due malachim . Il testo è ripetitivo e sottolinea che come Avrahàm che stava sulla porta della tenda, Lot stava all’ingresso della città di Sdom e anche lui come li vide corse incontro a loro prostrandosi a terra: “ecco prego Signori miei, deviate verso la casa del vostro servo, passatene la notte, lavatevi i piedi e domani mattina presto riprenderete il viaggio”

E bene chiarire il termine מלאך “malàch” tradotto abitualmente come angelo è assolutamente fuorviante da pensiero originario che scaturisce dal pensiero ebraico.
La radice originale di questo nome è לכ che significare “inviare”. I מלאכים sono quindi dei messaggeri che per incarico divino mettono in comunicazione i mondi superiori con quelli inferiori. E in questo incarico D-o se ne serve.
Essi quando entrano nella nostra dimensione spesso assumono una dimensione fisica adeguata, diventano uomini che mangiano e fanno tutto quello che fanno gli umani.
Pur essendo creature singole il loro nome è spesso associato a quello di D-o, ecco come compare l’Angelo del Signore” con una missione divina da compiere.
Questo lo capiamo leggendo le scritture. Essi non hanno quasi mai un nome, solo “Micha’el e Gabri’el” e “Rafa’el” vengono ricordati con un nome che è solo un appellativo della loro personalità. Questi nomi sono custoditi con molta attenzione :” E l’angelo rispose: Perché chiedi il mio nome, esso è misterioso” (giuda 13/18)
Gli angeli che visitano Avrahàm non hanno nome, solo in seguito la tradizione darà loro un nome.
Gli angeli possiedono nomi “teoforici” che sono strettamente legati alla loro missione, gli angeli sono inviati con una funzione ortopratica e operano nel mondo secondo le istruzioni ricevute, la loro presenza a volte sfugge, ricordiamo il malàch che è inviato per guidare Israele nel deserto:
“Ecco io mando un malàch davanti a te per custodirti sul cammino per farti entrare nel luogo che ho preparato. Abbi rispetto della sua presenza, da ascolto alla sua voce e non ribellarti a lui, egli infatti non perdonerebbe la vostra trasgressione, poiché il mio Nome è in lui (Shmot-mispatim 23/20)
L’espressione בקרבו שמי “shemì’be-qirb(b)o” “il mio Nome è in lui”, ci ricorda l’altra affermazione “Shluchò shel adam kemotò” L’inviato di una persona è come la persona stessa”, Idel afferma che “la divinità” si trova nel messaggero in virtù del Nome. La manifestazione angelica si trasforma nella necessità.


Ho fatto questa divagazione per introdurre una possibile interpretazione alternativa, e per fare questo ripropongo il passo di Bereshit:
וירא אליו יהוה באלני ממרא והוא ישב פתח האהל כחם היום: וישא עינין וירא והנה שלשה אנשים
Il Signore apparve presso le querce di Mamrè mentre egli era seduto all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno” (Bereshit,va-jerà 18/1)(genesi)
La lettura letterale ci impegna con la presenza del tetragramma a interpretare che D-o stesso insieme a gli altri malachìm è realmente presente presso il patriarca, tuttavia ho osservato che spesso l’impiego del Nome è associato nel linguaggio biblico a colui che l’ha inviato. La chiave di lettura potrebbe essere che il Signore apparve ad Avrahàm attraverso le figure celesti, secondo l’affermazione בקיבו שמי il mio nome è in lui contenuta nel libro di Shmot- mispatim 23/21)(esodo)

Non esiste un dialogo tra i personaggi, all’invito che fece Avrahàm di riposarsi sotto la quercia , rinfrescarsi e mangiare, la risposta dei tre uomini fu “fa pure come hai detto”.
Ci si è sempre chiesto perché tre angeli dovessero apparire ad Avrahàm riceve la visita dei tre uomini perche il Santo è l’amico speciale, quasi un socio a cui non si nascondere i propri piani e intenzioni:”Il Signore disse: ”Posso io tenere celato ad Avrahàm ciò che sto per fare?(Bereshit- vaierà) 18/17 (genesi).
E nonostante che la strada verso Sodoma sia ancora lunga, essi non possono rifiutare il suo invito. La loro presenza è indispensabile per i compiti che essi devono assolvere secondo quello che gli è stato affidato.
Il midrash arricchisce questo episodio dando il nome e un ruolo a questi angeli: Rafa’el gli cura la ferita della milàh , da Rafa’el prenderanno nome i “rofè” i medici , Micha’el gli annuncia la nascita di Izchàk, Gabri’ el lo informa della imminente distruzione della città di Sodoma.
Sarah è all’interno della tenda e ascolta le parole di Avrahàm e dei forestieri, ma non è scritto che li vide, il testo originale si limita a dire che ella udì solo la voce di suo marito e la frase pronunciata dal visitatore: “Tornerò da te di qui un anno e allora tua moglie Sarah avrà un figlio” Sarah non aveva più la regola delle donne da molto tempo, essa rise dentro di sé, pensando all’impossibile; un pensiero, ma il visitatore era speciale e percepì questo pensiero e disse :” Perché Sarah ha riso pensando:E proprio vero, che io così vecchia, possa partorire?C’è qualcosa di impossibile per il Signore?
Il Bereshit Rabbà offre il suo commento: “E rise Sara nel suo intimo dicendo (fra sé). E’ una delle cose che hanno cambiato per il re Tolomeo; e rise Sara fra i suoi parenti dicendo: “Dopo essere sfiorita avrò piacere […] Disse: La donna fin che partorisce i figli possiede begli ornamenti, ed io dopo essere sfiorita avrò ancora ornamenti?, come tu dici: “E ti adornerai con ornamenti (Ez. 16/11) . La donna finchè partorisce i figli ha i suoi periodi regolari, ed io dopo essere sfiorita avrò ancora periodi regolari ? Ma mio marito è vecchio. Rabbi Jehudàh dice: “Macina e non emette” Disse Rabbi Jehudàh bar Shimon:” voi vi ritenete giovani? E stimate vecchi i vostri compagni, ma io sono vecchio per fare miracoli?
(Bereshit Rabbà XLVIII, 17) .


וימהר אברהם האהלה אל-שרה ויאמר מהרי שלש סאים קמח סלת לושי ועשי עגות
“ E corse Abramo verso la tenda da Sarah e le disse “presto, prendi tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce”(Bereshit vayerà18/6) (genesi)
Ma prima Avrahàm aveva già offerto del pane ai tre forestieri e subito dopo egli corre da Sarah per ordinarle di preparare l’impasto per fare delle focacce, questo anteporre il pane ha le focacce è per farci capire che il pane fatto da Sarah è speciale.
Avrahàm presenta le mazzòt agli angeli, egli compie la mizvà di Pesach prima ancora che gli ebrei fossero schiavi in Egitto, questo lo capiamo quando dice a Sarah,””sbrigati” questo sbrigati non era riferito alla necessità di anticipare il pane agli ospiti, ma nella necessità di impedire alla farina di diventare “chamez” cioè di lievitare. Allora era Pesach , lo deduciamo anche perché perché Avrahàm corse a prendere un animale da macellare che doveva rappresentare il Korban. I patriarchi non sono comandati eppure essi eseguono le mizvot.
Poi il testo continua con una affermazione che sembra l’esatto contrario di quello che sarà un regola di Moshè ricevuta sul Sinai, quella di consumare latte e carne insieme, ma come Avrahàm celebra Pesàch con gli inviati dai cieli e poi presenta loro carne e latte insieme?
ויקח המאה וחלב ובן-הבקר אשר עשה ויתו לפניהם והוא-עמד עליהם תחת העץ ויאכלו
“prese poi della crema e del latte, il vitello che aveva preparato e pose tutto dinnanzi a loro, essi mangiarono mentre egli stava in piedi vicino a loro sotto l’albero”(18/8)
Anche a questo è possibile fornire una risposta, non mancherà l’occasione.
Bene …..a questo punto posso anche chiudere la discussione, ovviamente se il nostro Sandro 48 non ha nulla da obbiettare .
Poi se qualcuno sarà disponibile ad affrontare altri esempi di interpretazione delle scritture ebraiche sarà sempre un piacere leggerlo, Sandro ha modificato il titolo della discussione per consentire a chiunque di poter fornire il proprio contributo, Noiman ha fatto il possibile per sostenere questa discussione che è complessa, sarebbe un piacere che altri continuassero e intervenissero per portare un valore aggiunto, perché io so ( me lo ha insegnato mio nonno materno) , che si può imparare da tutti e sempre.
Shalom
Noiman
____________________________________________________________
Ultima modifica di noiman il domenica 14 maggio 2017, 21:27, modificato 2 volte in totale.
marco
Messaggi: 2277
Iscritto il: mercoledì 2 aprile 2014, 18:47

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da marco »

noiman ha scritto:E faranno per Me un santuario ed Io risiederò in essi” Attenzione, non è scritto in esso , in genere le traduzioni riportano: ”risiederò con loro” e non trasmettono bene il pensiero originale in ebraico che amplia di molto il significato.
Caro Noiman leggerti mi ha suscitato un gran tenerezza. Dico vero. Il popolo ebraico rassomiglia ad una persona che desidera ardentemente un bicchiere d'acqua. Conosce tutte le misure del contenitore: altezza, larghezza e capienza. Percepisce la bellezza del liquido, ne conosce pure le molteplici proprietà, ma non ha occhi per vedere, che ciò che tanto desidera, è alla sua portata. Sono consapevole che questa cecità è volere Divino, ma sono altrettanto convinto che se un ebreo chiede e disidera conoscere Cristo questa richiesta non verrà elusa. I Cristiani sono ben consapevoli di essere già tempio spirituale, infatti, nei loro cuori dimora Cristo e Dio.
Rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Gv 14,23
Anche Pietro nella sua lettera descrive questo concetto: Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo.1Pt 2,4/5
noiman ha scritto:“Non ha detto in esso, ma in “essi, per insegnare che la presenza Divina non risiede nel santuario a causa del santuario, ma al contrario a causa di Israele poiché “Essi sono il tempio del Signore”(rav Issakhar Bar Henburg- Zeidà Laderech).

Questo andava bene prima della venuta di Cristo. Con Cristo cambia tutto. Lo descrive Pietro nella sua lettera: Ma voi siete una stirpe eletta, un regale sacerdozio, una gente santa, un popolo acquistato per Dio, affinché proclamiate le meraviglie di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua mirabile luce; voi, che un tempo non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi, che non avevate ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia.
noiman
Messaggi: 2017
Iscritto il: domenica 20 aprile 2014, 22:41

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

28

Dopo i numerosi vostri commenti ricevuti su questa cartella(scherzo!) sono rimasto colpito dalla discussione : “Chi e cosa è la Parola” e ho pensato che era possibile riflettere su questo passo di Giovanni e confrontarlo con un’altra importante affermazione che introduce il libro di Bereshit .

Bagaluppi scrive :” Gv 1:1 dice che "Nel principio era la parola, e la parola era con Dio e la parola era Dio". La parola era Dio. Secondo l'idea cristiana, la parola sarebbe Yeshúa, che, quindi, sarebbe anche Dio”.

Sarebbe stato opportuno affrontare questa discussione nella sua cartella dedicata, ma ritengo opportuno offrire una possibile interpretazione dal punto di vista ebraico in questo spazio che riguarda lo studio delle scritture ebraiche anche se questo passo importante appartiene al Vangelo, in seguito capirete il perché.

Il Vangelo di Giovanni in ebraico è :הבשורה אשר ליוחנן tradotto letteralmente si legge come :“abesoràh ascher le’Iochànan, il Vangelo di Giovanni.
Sappiate che come le scritture ebraiche sono state tradotte in tante lingue anche il N.T è stato tradotto dal greco in ebraico.
Dispongo di una rara edizione ottocentesca dei Vangeli in lingua ebraica, (magari in seguito vi racconto la storia incredibile di questo libro) , li troviamo scritto:
ברשית היה הדבר והדבר היה את- האלהים והוא הדבר היה אלהים
Bereshit aià ha-davàr ve-ha davar aià èt-Elohim ve- hù ha-davar aià Elohim”.

Sappiamo che il testo originale fu scritto in greco, ma nell’epoca in cui i cristiani erano ebrei ci si può chiedere in quale lingua e in quale cultura furono pensate?
Leggendo il prologo di Giovanni in lingua ebraica mi è venuta in mente una antica affermazione che sostiene che la creazione scaturì attraverso un gioco di parole, le lettere in cui significato e significante coincidevano nell’Uno si vestirono di materialità e divennero Torah in cui il primo versetto molto simile diventa chiave di lettura nella ricerca di significati.
Iochànan pronunciò queste parole , poi qualcuno le scrisse e noi oggi le leggiamo, nelle traduzioni, ma cosa intendeva esprimere?
La musicalità delle parole in ebraico è assordante, le parole si ripetono e dialogano tra di loro in una specie di musicalità, come le poesie in rima ma che nella traduzioni perdono il loro effetto, intuiamo che esse si rivestono di significati e richiedono di essere comprese nel messaggio originale e vi dico che assolutamente ricordano le prime parole del libro di genesi dove è scritto
בראשית ברא אלהים את השמים ואת הארץ
bereshit baràh elohim et ha-shammaim ve-et ha-erez
”In principio, Dio creò i cieli e la terra”


Shalom

Noiman
__________________________________________________________________
Ultima modifica di noiman il domenica 14 maggio 2017, 21:29, modificato 2 volte in totale.
marco
Messaggi: 2277
Iscritto il: mercoledì 2 aprile 2014, 18:47

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da marco »

Carissimo Noiman finalmente hai compreso che il mio linguaggio non è offensivo, come non lo è mai stato, ma semmai, fideistico. Però la mia fede non è bigotta, la sento viva dentro di me e, mi disseto di lei, nella S.Scrittura.
Sono convinto che non si può comprendere appieno la S.Scrittura mettendo da parte la fede.
Ti ripeto che non sono antiebraico, credo e ripeto ciò che gli Apostoli ci hanno lasciato. Non posso modificare ciò che c'è scritto solo per non essere accusato di essere antiebraico.
Shalom.
noiman
Messaggi: 2017
Iscritto il: domenica 20 aprile 2014, 22:41

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

29
“Considerato che tutti hanno commentato , anche io voglio fare una domanda a Noiman.

Ho letto nella Parashat Noach che il termine ebraico tevà (arca) significa anche parola come le tevot sono le parole e le lettere della Torah.
Pertanto, quando leggiamo che D-o disse a Noach di entrare nell'arca , il significato nascosto di tali parole scritte corrisponde al rifugiarsi nella parola della Torah in modo che l'uomo possa salvarsi da ogni diluvio(occlusione del mondo).
Se ne deduce che anche la preghiera essente parola rivolta a D-o è il mezzo per trovare riparo.

Avresti da aggiungere qualcosa a questa sintesi?”

Shalom
AKRAGAS

Ciao Akragas

Il racconto di Noàch e del diluvio universale è ricco di contenuti nonostante l’estrema sobrietà del testo non aiuti a identificarli subito, anche se stimola la nostra fantasia e immaginazione. Come nel racconto di Avrahàm commentato è attraverso le parole e le connessioni che si riesce ad approfondire.
Il diluvio è anche il racconto definito dai cabalisti come una seconda creazione, come nella prima compaiono alcuni importanti significati che vanno approfonditi attraverso le parole ebraiche.
Tevah che citi è una di queste , la polisemia della radice amplia di molto il campo semantico, essa può anche significare “la parola” esattamente come “davar “ è utilizzata da Giovanni nello stesso significato.
D-o disse ad Noàch di entrare nell’arca, che è un luogo fisico e significa salvare se stesso e la natura che gli è stata affidata, הטבע “ ha-tevà” è la natura, questa parola ha lo stesso suono della parola תבה “tevà” una è scritta con la ת “tav” l’altra con la lettera ט “tet” questo ci induce a riflettere, questa parola si ripropone con un nuovo significato e le sue implicazioni, il valore numerico delle due parole “la natura” הטבע e אלהים Elohim è di 86 e questo suggerisce ulteriori connessioni.
Di tutte le creature quelle che dovevano entrare, si presentarono maschio e femmina, come Dio aveva comandato. Poi il Signore chiuse dietro di lui” (Bereshit 7/16).

Il Signore chiuse la porta è una espressione suggestiva che rafforza il senso generale , la salvezza è per tutte le creature pure e impure, la natura ( mi col-basar) di ogni carne diventa collaborativa, il piano di salvezza è attraverso la tevàh , Elohim è il traghettatore.
Quando leggiamo che il Signore chiuse la porta dietro di lui, se proviamo a spostare il soggetto ci sembra addirittura leggere che H. stesso entra per ultimo e sigilla la porta come nella prima creazione.
Shalom
Noiman
Ultima modifica di noiman il domenica 14 maggio 2017, 21:32, modificato 2 volte in totale.
marco
Messaggi: 2277
Iscritto il: mercoledì 2 aprile 2014, 18:47

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da marco »

Ah... se un giorno lo potessimo fare davvero e dal vivo. :-)
Caro Noiman la cecità è volere di Dio. Bisogna solamente accettarla. Un cuore pentito che accetta la punizione in verità non la vedrà. Perché Dio è Misericordioso e pronto ad accogliere la pecorella smarrita. Il buon Pastore quando ritrova la sua pecorella non la ammazza di botte per essersi allontanata ma se la carica a dosso e la riporta all'ovile. Ma per accadere questo la pecorella deve belare facendosi riconoscere tra i rovi, dove si era impigliata.
Radunerò io stesso il RESTO delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho lasciate scacciare e le farò tornare ai loro pascoli. Ger 23,3
Questo recupero è incominciato 2.000 anni fa con Cristo, sforzati di far parte di questo "resto", devi solo volerlo, devi belare.
Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.
Lc 15,3-7
Mi scuso se sono andato OT, mi premeva far conoscere questo aspetto delle Scritture Ebraiche a Noiman.
Caro Noiman se ti va possiamo aprire una cartella in cui cercherò di farti aprire gli occhi su Yeshùa, con la benedizione di Dio. Ci sono due scuole di pensiero, in linea di massina, una afferma che ci sarà il Millennio dove tutti sarete risuscitati e avrete la possibilità di credere in Cristo; un'altra, ed è la mia, crede che tutto si gioca in questa vita, l'unica che abbiamo a disposizione. Ecco perché mi preme la tua persona. Se insisto, sembrando a volte antiebraico, è solo per il tuo bene.
Un abbraccio di cuore caro Noiman. :YMHUG:
Avatar utente
Giorgia
Messaggi: 1186
Iscritto il: martedì 9 dicembre 2014, 9:15

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Giorgia »

Sono contenta che vi siete chiariti, ma suggerirei di non insistere su questo tema, in quanto è un tema sul "filo del rasoio" e non vorrei dover di nuovo ricominciare a "censurare" o "non censurare" parole.

Se Noiman è d'accordo a sentire le tue idee, vi chiederei di farlo in privato. Qui sul forum non vogliamo convertire né tanto meno convincere nessuno.

Grazie.
Avatar utente
Annika
Messaggi: 198
Iscritto il: martedì 27 ottobre 2015, 8:04

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Annika »

Visto che non mi avete ancora cancellata, Giorgia, ma che state aspettando??! approfitto per una breve nota a Marco.
Vorrei dirti che ti sbagli di grosso.
Secondo le Scritture, tutte, ma in questo caso prendiamo le Lettere di Sha'ul-Paolo, fariseo, tribù di Beniamino: "i doni e la chiamata di D-o sono irrevocabili" per il suo Popolo. (Egli stesso continuava ad osservare la Torah; quelli che lui esenta sono i cristiani-gentili).

Semplicemente noi abbiamo oggi due Patti: l'Antico Patto e il Nuovo Patto. Ma NON nel senso che il Nuovo Patto espelle quello Antico (questa era la vecchissima decrepita e oggi rinnegata "teologia della sostituzione" sia cattolica che protestante). Il senso è che ci sono 2 Patti equivalenti e paritari... sembrerebbero questi i piani di HaShem :-)
I miei fratelloni ebrei li intendono come 1Patto con Am Israel e 1Patto coi goyim tramite Noah - leggi noachidi o noachiche che dobbiamo rispettare per far parte del mondo a venire. Mentre noi cristiani intendiamo che ci sono 2 Patti nel senso che 1 è sempre con Am Israel e l'altro è il Patto Nuovo (cioè Secondo e dipendente dal Primo) tramite il Mashiach riconosciuto, con valenze un pò differenti da quello atteso da Israele, da alcuni ebrei (gli Apostoli) i quali hanno deciso poi di far accedere anche i Gentili-goyim, come da ordini di Gesù e dello Spirito.

Quindi alla fine, pur non concordando sul Mashiach, e sulle caratteristiche che dovrebbe avere o non avere, praticamente concordiamo nella sostanza con la visione ebraica - nel senso che l'accesso alla Salvezza (o come la si voglia chiamare) è per tutti. Riconosciuta sia da una parte che dall'altra.

Con la raccomandazione che il Secondo Patto, essendo innestato sul Primo, deve portare rispetto (nonché amore e gratitudine) al Primo, senza il quale non esisterebbe.
Questa non è una teoria mia. Queste sono Scritture, oltre che l'attuale teologia cristiana. Ma se non vuoi studiare teologia e complicati documenti e tavoli di studio ebraico-cristiani, comunque è sufficiente la Bibbia per comprenderlo. Io ad esempio lo compresi dalla Scrittura, e solo dopo ho studiato i documenti teologici e continuo a seguire gli esperti di fama internazionale in materia.

Il card. Lustiger disse, cito a memoria, all'incirca: "La vocazione di Israele è di portare Luce ai goyim, e il cristianesimo è il mezzo per farlo". Cioè tradotto: noi ci mettiamo a disposizione di Israele perché porti avanti la sua missione. E questa collaborazione è la nostra missione.
Questo è lo svolgersi storico. Sul fatto ontologico non ci entro che altrimenti facciamo notte.

Quello su cui concordiamo è quindi oggi: collaborazione tra i 2 Popoli, perché ogni popolo e ogni singola persona ha la sua propria missione da adempiere - ringraziando gli altri che la stanno adempiendo.
I cristiani seguono il Vangelo (e la parte di AT che ci sta dietro, rivolta ai Gentili). Vangelo proveniente da un figlio del popolo di Israele.
Gli ebrei seguono la Torah.
Guai se non la seguissero. Li devi solo ringraziare. Punto.
Se devi annunciare il Vangelo lo annunci alle Genti, alle Nazioni. E comunque sappiamo bene tutti, sia ebrei che cristiani, che è sufficiente che una persona faccia la volontà di D-o (cioè si comporti bene, con determinati parametri morali e di giustizia) per essere ammessa nel mondo a venire. In pratica, il Vangelo è una responsabilità e una chiamata per chi lo conosce a mettersi al servizio del bene dell'umanità. La testimonianza del Vangelo di Cristo è solo questa: servizio.
(Testimonianza significa appunto servizio e non andare a convincere gli altri su chi sia o no il Messia. Devi solo convincere te stesso a lavorare per il bene del mondo).

Ohè! Mi dovete ancora cancellare??!
Eddaiiii , su !
Ultima modifica di Annika il lunedì 16 maggio 2016, 11:01, modificato 2 volte in totale.
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10141
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

:-)
Avatar utente
Israel75
Messaggi: 1934
Iscritto il: mercoledì 26 marzo 2014, 16:27

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Israel75 »

Desidererei anche io si rimanesse in tema (dico a Marco) per favore :-) :-) :-) , qui si interpretano le scritture ebraiche in chiave prettamente ebraica.

Ci sono molte cartelle nel forum per le altre cose.

E comunque Paolo & C erano tutti Ebrei osservanti (a parte Luca).
Shalom
(Giac 4:6) Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura (Is 10:33,Lc 18:14) dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili».
Rispondi