Nefesh, Ruach e Neshamà

Avatar utente
Eleazar
Messaggi: 508
Iscritto il: martedì 1 aprile 2014, 16:00

Nefesh, Ruach e Neshamà

Messaggio da Eleazar »

Compaiono spesso nell'antico testamento questi termini. Spesso vengono tradotti anima o spirito. Quale è il senso biblico di questi termini e che significato ha la parola anima alla luce delle scritture?
LA RELIGIONE E' L'OPPIO DEI POPOLI
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10118
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: Nefesh, Ruach e Neshamà

Messaggio da Gianni »

Domanda molto interessante, Andrea! Forse però non ti rendi conto di quanto studio richieda la complessità della risposta alla tua triplice domanda. Rispondo quindi in sintesi, e la lunghezza della mia sintesi (che sembra una contraddizione in termini) dovrebbe suggerirti quanto sia complessa la questione. Tieni presente che alla Facoltà Biblica abbiamo uno specifico corso articolato in 18 difficili lezioni. Una volta di più ciò mostra quanto la Bibbia non sia un libro facile che basti aprire e leggere.
Nell’antropologia biblica i tre termini che citi hanno diverso valore e, purtroppo, nelle religioni vengono confusi. Vediamoli.

La parola ebraica nèfesh (נפש) è una parola fondamentale nell’antropologia della Bibbia. Il lettore italiano la conosce nella sua traduzione di “anima”. La traduzione greca della LXX la rese con ψυχή (psüchè); nelle Scritture Ebraiche la parola nèfesh compare 755 volte e la LXX greca la rende con psüchè 600 volte. Il fatto che manchino all’appello 155 passi (in cui la LXX rende ovviamente l’ebraico nèfesh in altri modi) ci dice che già gli antichi avevano rilevato una diversità di significati in molti passi biblici.
Nel linguaggio ebraico la parola nèfesh fu usata senza alcun dubbio sin dall’inizio per definire l’essere umano. E con questo significato che appare per la prima volta applicata all’uomo nella Bibbia: “Dio il Signore formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne nèfesh vivente” (Gn 2:7). La prima volta in assoluto la parola nèfesh appare nella Bibbia è in Gn 1:20, applicata agli animali.
Qual è il significato di nèfesh in Gn 2:7? Di sicuro non quello di “anima”. Nèfesh è visto in stretta relazione con la forma complessiva dell’essere umano. La persona non ha una nèfesh: l’essere umano è nèfesh e vive come nèfesh.
Occorre sapere che il pensiero semitico considera una parte del corpo assieme alle sue particolari capacità o attività. Questa singola parte del corpo (presa per indicare la sua attività o capacità) a sua volta può essere assunta come segno distintivo di tutta la persona. Occorre quindi esaminare anche le singole parti.
Partiamo da questa immagine:
“Lo sheòl ha dilatato la sua nèfesh
e ha spalancato la gola senza misura”.
- Is 5:14, traduzione letterale dall’ebraico.
Nel classico parallelismo ebraico, qui presente, nèfesh viene ad avere valore sinonimo di “gola”. Infatti è detto che si dilata. Ciò significa che qui nèfesh assume il significato di “gola” o “bocca”. È per questo che Ab 2:5 può riferirsi all’uomo avido definendolo come “colui che ha reso la sua nèfesh spaziosa proprio come lo Sceol, e che è come la morte e non si può saziare” (TNM, con sostituzione di nefesh – presente nel testo ebraico - ad “anima”). Qui nèfesh indica l’organo della nutrizione con cui l’uomo si sazia.
Quanto naturale sia il passaggio per la mentalità ebraica tra la nèfesh-gola e il collo ce lo mostra il passo di Gna 2:5, che nell’ebraico suona: “L’acqua mi saliva fino alla nèfesh”.
Abbiamo visto che la nèfesh come collo e gola fa riferimento al bisogno dell’uomo: mangiare, bere, respirare, scampare dal pericolo. La parola nèfesh è quindi strettamente connessa anche a nozioni vitali come desiderare, bramare, aspirare, domandare, chiedere.
Questo ultimo è inequivocabilmente il caso di tutti quei passi biblici in cui la nèfesh umana viene situata al di fuori della persona stessa.
Si prenda Sl 35:25:
“Oh non dicano nel loro cuore: ‘Aha, la nostra nèfesh!’.
Non dicano: ‘Lo abbiamo inghiottito’”. – TNM*.
Qui il salmista immagina le parole dei suoi persecutori che già dicono: “Ah! La nostra nèfesh!”. Della nèfesh di chi si parla? Di quella del salmista. I suoi persecutori possono rallegrarsi e dire: “La nostra nèfesh! Lo abbiamo divorato!”. Qui il salmista è rappresentato come nèfesh dei suoi nemici. E non possiamo davvero pensare in termini di “collo” o di “gola” dei suoi nemici. Possiamo pensare qui al salmista-nèfesh solo come oggetto del desiderio, della bramosia dei suoi persecutori: un oggetto del loro godimento. Ottima la traduzione di NR: “Che non dicano in cuor loro: ‘Ah, ecco il nostro desiderio!’. Che non dicano: ‘Lo abbiamo divorato’”. TNM ricorre alla nota in calce: “Cioè, ‘Quello che le nostre anime volevano!’”, ma sbaglia bersaglio, perché non si tratta delle “anime” dei persecutori ma della nèfesh (l’ebraico ha il singolare) del salmista che essi volevano.
Da nèfesh come organo specifico del desiderare al senso più ampio di nèfesh come sede anche di altri sentimenti, il passo è breve. Ed ecco allora la nèfesh come sede degli stati d’animo.
Es 23:9 istruisce così Israele: “Non devi opprimere il residente forestiero, giacché voi stessi avete conosciuto la nèfesh del residente forestiero, perché diveniste residenti forestieri nel paese d’Egitto” (TNM*). Intendere qui nèfesh come “le condizioni di vita” (nota in calce di TNM) è troppo poco. In questo passo possiamo tradurre nèfesh con “animo”, perché qui non si fa riferimento solo alle necessità e ai bisogni del forestiero o alle sue “condizioni di vita”, ma a tutta la scala dei suoi sentimenti collegati al sentirsi estraneo e al temere il pericolo di essere oppresso.
Dal momento che – come si è visto – nèfesh indica la sede delle necessità vitali, senza il cui soddisfacimento la persona non può vivere, ne risulta la nèfesh indica in maniera evidente la vita stessa.
In Pr 8:35,36 il contesto induce a tradurre necessariamente in questo modo. Lì la sapienza personificata dice:
“Chi mi trova certamente troverà la vita . . . Ma chi mi perde fa violenza alla sua nèfesh; tutti quelli che mi odiano intensamente sono quelli che davvero amano la morte”. – TNM*.
Nell’antitesi con il periodo precedente nèfesh appare come sinonimo esatto di “vita”, e nel parallelismo con lo stico seguente nèfesh appare come il contrario esatto di “morte”.
Finora abbiamo visto molti casi biblici in cui si dice – alludendo ad aspetti diversi (bisogno, desiderio, sentimenti, sangue, vita) – che l’essere umano ha una nèfesh. Ma ci sono passi in cui la Bibbia dice che la persona è nèfesh.
Questo nuovo significato di nèfesh e la differenza con gli altri significati che abbiamo esaminato, viene chiarito soprattutto dal rapporto esistente tra vita e nèfesh, rapporto che abbiamo visto nello studio precedente.
Nelle espressioni in cui si dice che l’essere umano è nèfesh dobbiamo escludere che nèfesh assuma il valore di vita: è, infatti, proprio la vita che viene attribuita alla nèfesh. Quando la Bibbia dice che la persona è nèfesh non si indica ciò che uno ha, ma ciò che è, e a cui la vita viene attribuita.
Testi biblici di carattere giuridico tratti dal codice di santità provano che le cose stanno così.
“In quanto a qualunque uomo della casa d’Israele o a qualche residente forestiero che risiede come forestiero in mezzo a voi il quale mangi qualsiasi sorta di sangue, certamente porrò la mia faccia contro la nèfesh che mangia il sangue, e in realtà la stroncherò di fra il suo popolo”. - Lv 17:10, TNM*.
Qui è necessario tradurre nèfesh con “persona”, pur facendo attenzione al fatto che qui si parla di una nèfesh che mangia (cfr. v. 15). Comunque, spesso manca anche questa connessione. Lv 20:6 parla della nèfesh come della persona che si rivolge ai medium per avere rapporti sessuali.
Dato che nèfesh nei passi esaminati negli studi precedenti che riguardano nèfesh indica nulla di più che la persona, facilmente alla parola nèfesh si può sostituire il pronome personale o il pronome riflessivo. Il passaggio a quest’uso viene spontaneo.
“Ti prego, di’ che sei mia sorella, perché io sia trattato bene a motivo tuo, e certamente la mia nèfesh vivrà grazie a te”. – Gn 12:13, TNM*.
Il parallelismo delle due frasi nel passo precedente induce a intendere “la mia nèfesh” come una variante del pronome personale “io”. Pur traducendo come sopra, che è corretto, dovrebbe tuttavia rimanere chiara la differenza presente nel testo ebraico: l’“io” viene messo in rilievo dall’espressione “la mia nèfesh” che indica il centro della persona.
Non c’è una sola volta, nella Scrittura, un caso in cui si possa tradurre nèfesh con “anima”. I traduttori che scelgono “anima” per rendere nèfesh fanno davvero una scelta dissennata.

Rùakh designa una forza della natura: il vento; e ciò in ben 113 casi sul totale dei 389 passi (378 in ebraico e 11 in aramaico) in cui il termine ricorre. In secondo luogo, rùakh viene riferito più spesso a Dio (136 volte) che agli uomini, agli animali e agli idoli (129 volte).
È importante chiarire il senso meteorologico di rùakh. Questo termine non significa aria come tale. Significa l’aria mossa.
Così, in Gn 1:2 spira sulle acque: “Il rùakh di Dio si muoveva sulla superficie delle acque” (TNM*). In Gn 3:8 “l’ora del giorno in cui soffia il rùakh” (TNM*, “la brezza”) è il momento in cui spira la fresca brezza passato il mezzogiorno. Per questo rùakh tremano le piante: “Il tremolio degli alberi della foresta a causa del rùakh”. – Is 7:2, TNM*, “vento”.
Applicato alle persone, il “vento” (rùakh) umano è innanzitutto il respiro. Per questo, non di rado rùakh sta in parallelo con neshamàh (נְשָׁמָה):
“Colui che dà alito [נְשָׁמָה (neshamàh)] al popolo su di essa [la terra], e rùakh a quelli che vi camminano”. – Is 42:5, TNM*, “spirito”.
Ora però dobbiamo considerare che il rùakh di Dio significa ancora di più che non il semplice “vento” vivificatore che poi diventa respiro dell’uomo.
“Mediante la parola di Geova [Yhvh, nella Bibbia] furono fatti gli stessi cieli,
e mediante il ruach della sua bocca tutto il loro esercito”.
- Sl 33:6, TNM*, “lo spirito”.
Rùakh sta qui come sinonimo di “parola”: entrambe provengono dalla bocca. In questo caso, tuttavia, rùakh è ben più che aria mossa. Il respiro di Dio è forza di vita creativa. Tra l’altro, su questo passo dovrebbero riflettere seriamente coloro che pensano di vedere nella “parola” di Gv 1:1 una presunta preesistenza spirituale di Yeshùa. La “parola” che in principio “era presso Dio e che era Dio” non è niente altro che quello che il testo dice: la parola di Dio. La parola creatrice di cui il salmo sopra ricordato parla. Fu questa parola che scese nell’uomo Yeshùa (Gv 1:14) e che gli fece dire le cose di Dio.
Ora si può parlare del rùakh come di un’invisibile natura autonoma che non necessariamente è pensata come rùakh di Dio, ma che comunque è interamente sottoposta al potere di Dio. In 2Re 19:7 Dio dice:
“Metto in lui [il re di Assur] un rùakh, e deve udire una notizia e tornare al suo proprio paese”. - TNM*, “uno spirito”.
Domandandoci cosa significhi rùakh, c’è un aspetto che non possiamo cogliere con sufficiente chiarezza. Abbiamo finora esaminato il sentiero tracciato da rùakh che dal respiro conduce allo spirito. È qui che la nostra capacità di cogliere il pieno significato di rùakh-spirito incontra una difficoltà, forse dovuta alla parola italiana che scegliamo nella traduzione: “spirito”. Probabilmente altre non ne abbiamo. Ma occorre capire il senso biblico di questo spirito-rùakh. Si tratta dell’organo del conoscere, del capire e del giudicare.
Col soffio del respiro va visto innanzitutto il movimento del sentimento. Quando la regina di Saba vide la sapienza di Salomone, il palazzo reale, i cibi, gli inservienti, il loro abbigliamento, gli olocausti nel Tempio …
… “allora non ci fu più rùakh in lei”. – 1Re 10:5, TNM*, “spirito”.
Ciò vuol dire: Allora le si fermò il respiro, perse il suo contegno e il suo autocontrollo.
L’assenza di rùakh caratterizza lo stato d’impotenza, di incontrollabile stupore. Nel rùakh si documenta il modo di pensare, la mentalità. Elifaz incolpa Giobbe: “Tu volgi il tuo rùakh contro Dio stesso” (Gb 15:13, TNM*, “spirito”), intendendo la sua agitazione, il suo malumore. La LXX, infatti, qui traduce rùakh con θυμόϛ (thümòs): “rabbia/ardore/passione”.
Ciò che è particolare del rùakh umano lo scopriamo partendo dal fatto che rùakh significa soprattutto il forte soffiare del vento e l’attività di Dio che dà vita e potenza. Lo abbiamo visto già partendo da Gn 1:2.
Così rùakh non solo è adatto a descrivere i cambi d’umore, ma più ancora ad indicare le energiche azioni della volontà.
Esd 1:5 parla di quegli esuli “di cui il [vero] Dio aveva destato il rùakh, per salire a riedificare la casa”, ovvero il Tempio gerosolimitano (TNM*, “lo spirito”). Rùakh sta qui per volontà. Che accanto alla volontà di edificare possa allo stesso modo venir intesa anche quella di distruggere, lo mostra Ger 51:11, dove si dice che Dio “ha destato il rùakh dei re dei medi, perché la sua idea è contro Babilonia, per ridurla in rovina”. - TNM*, “lo spirito”.

Il neshamàh come contrassegno dell’uomo vivo a differenza di quello morto viene stabilito in Gb 27:3:
“Il mio alito è ancora tutto dentro di me,
e lo spirito di Dio è nelle mie narici”. – TNM.
La prima parola, tradotta “alito”, è nell’ebraico נשמה (neshamàh), che qui sarebbe meglio tradurre con “respiro”. La seconda parola, tradotta “spirito”, è רוח (rùakh), che qui sarebbe meglio tradurre con “alito”.
Quando si racconta del figlio malato della vedova di Sarepta, in 1Re 17:17, si dice che la sua malattia lo aveva talmente spossato che alla fine nessun neshamàh restava in lui, e così subentrò la morte. “Dopo queste cose avvenne che il figlio della donna, la padrona della casa, si ammalò, e la sua infermità fu così grave che non gli restò respiro [נשמה (neshamàh)]” (TNM). È evidente che qui la parola neshamàh sta ad indicare la vita. Quando non gli resta più respiro, muore.
Questo significato di “vita” è chiaro in Gs 11:11: “Colpivano tutte le anime [kol-hanèfesh] che erano in essa col taglio della spada, votando[le] alla distruzione. Non si lasciò nessuna cosa che respirava” (TNM). “Cosa che respirava” è un giro lungo per tradurre נשמה (neshamàh). “Non si lasciò nessun respiro” è una traduzione letterale che mal si comprende. “Non vi restò anima viva” di NR rende l’idea ma non è letterale. Una buona traduzione potrebbe essere: “Nessuna vita fu risparmiata”, in cui neshamàh assume il significato di “vita”.
Avatar utente
Eleazar
Messaggi: 508
Iscritto il: martedì 1 aprile 2014, 16:00

Re: Nefesh, Ruach e Neshamà

Messaggio da Eleazar »

Grazie per la risposta. Mi chiedo da dove provenga la traduzione anima e che significato aveva allora la parola anima. Un uomo del ventunesimo secolo che legge la parola anima, le da un significato proveniente da un substrato di credenze con forti influenze romane, elleniche e babilonesi.Tale substrato culturale si è formato in secoli di dottrine mutuate vicendevolmente tra chiese cristiane e popolazioni pagane.
Quindi, al tempo della settanta, che significato aveva psichè ed il latino anima?
LA RELIGIONE E' L'OPPIO DEI POPOLI
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10118
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: Nefesh, Ruach e Neshamà

Messaggio da Gianni »

Caro Andrea, è indubbio che il significato attribuito alla parola “anima” non deriva dalla Bibbia ma dalla filosofia greca adottata dal pensiero religioso pagano. Già il filosofo greco Platone, citando Socrate, parla di anima che si separa dal corpo e che, se è pura, si unisce all’invisibile e immortale divino (cfr. Fedone, 80,81). Siamo nel 5° secolo prima di Yeshùa. Con la traduzione greca dei LXX siamo al terzo secolo prima di Yeshùa, in pieno ellenismo. Si tenga presente che la LXX annovera anche diversi libri apocrifi, respinti dagli ebrei ed esclusi dal canone ebraico. Tra le diverse infedeltà della LXX al testo originale ebraico della Bibbia va ricordata, ad esempio, quella relativa alla parola “Toràh”, che in ebraico significa “Insegnamento” e che la LXX trasformò in “Legge”, facendo una scelta dissennata. Tra l’altro, ciò permette a diverse religioni cosiddette cristiane di parlare di abrogazione della Legge. Se fossero consapevoli che stanno in effetti affermando – in modo blasfemo quanto assurdo – che sarebbe stato abrogato l’Insegnamento di Dio!, forse un pochino (forse) riuscirebbero a vergognarsi. Un po’ la stessa cosa accadde con la parola ebraica nèfesh. In verità, il greco psychè, fatto corrispondere dalla LXX all’ebraico nèfesh, indica il fiato, il fiato della vita, la forza vitale che anima il corpo e si mostra nella respirazione degli animali e degli umani; la vita e quello in cui c’è vita, l’essere vivente; la sede dei sentimenti. La parola assunse però la connotazione datale dalla filosofia greca.
Il fatto che la parola greca è presente anche nelle Scritture Greche si spiega unicamente con il fatto che la prima chiesa usava quella versione.
Lo stesso identico errore fatto dalla LXX è perpetuato dai traduttori che traducono usando il termine “anima”. Cattolici e protestanti capiscono conformemente alla loro dottrina, che è quella del paganesimo. Chi non accoglie tale dottrina, come la Watchtower, deve apporre note su note e scrivere pagine e pagine per spiegare cosa s’intende.
Come tradurre allora la parola nèfesh? È davvero difficile, perché abbiamo a che fare con il pensiero ebraico. Nel modo di pensare ebraico una parte del corpo era a volte presa per il tutto e viceversa; in più, poteva indicare la funzione. Quando leggiamo del “braccio di Dio”, non abbiamo difficoltà a capire che si sta parlando della forza di Dio, perché anche nel nostro pensiero il braccio può indicare la forza. Ma quando leggiamo nella Bibbia che la persona saggia ha il cuore a destra, entriamo in confusione. Per capire dovremmo sapere che il cuore è la nostra mente e che la destra era il posto riservato alla persona più vicina al re; solo allora capiamo che si sta dicendo che la persona saggia usa bene la sua mente e che il suo corretto modo di pensare funge da alleato.
A quanto pare, non ci resta che tradurre di volta in volta la parola nèfesh con il senso che ha nel contesto; a volte è il corpo, altre la gola, altre il desiderio, altre la vita, altre è semplicemente un pronome, e così via.
Difficile? Certo che sì. E chi ha mai detto che la Sacra Scrittura sia facile? Lo era per gli ebrei, fossero anche stati contadini e pescatori non istruiti, perché era scritta nella loro lingua e nel loro modo di pensare.
trizzi74
Messaggi: 775
Iscritto il: martedì 1 aprile 2014, 17:36

Re: Nefesh, Ruach e Neshamà

Messaggio da trizzi74 »

Caro Gianni,nella nuova versione della TNM ( per ora solo in inglese) la parola "anima" è stata spesso sostituita da altri termini tra le quali "persona vivente" in Genesi 2:7 nella cui nota in calce è stata inserita la traduzione alternativa "anima". Sono state introdotte altre migliorie come:

La parola "longanimità" è stata sostituita dalla parola "pazienza".

Il sostantivo ebraico chèsedh precedentemente tradotto con "amorevole benignità" è stato sostituito da "amore leale".

In Esodo 3:15 si leggerà "Io Diverrò ciò che Sceglierò di Divenire" invece di "Io Mostrerò d'Essere ciò che Mostrerò d'Essere".

Invece della parola "seme" sarà usato il termine "discendenza" o "progenie", come in Genesi 3:15.

In Giovanni 17:3 non si leggerà più "acquistare conoscenza" bensì "vengano a conoscere".

I termini originali Ades e Sceol saranno tradotti con "la Tomba" (per esempio in Atti 2:27).

Il termine ebraico tradotto precedentemente "reni" quando avrà un significato simbolico sarà reso con "emozioni più profonde" (come in Salmo 7:9) o "pensieri più intimi" (come in Rivelazione 2:23).
"Le religioni sono sistemi di guarigioni per i mali della psiche, dal che deriva il naturale corollario che chi è spiritualmente sano non ha bisogno di religioni."
Carl Gustav Jung
noiman
Messaggi: 2001
Iscritto il: domenica 20 aprile 2014, 22:41

Re: Nefesh, Ruach e Neshamà

Messaggio da noiman »

Ciao Gianni, volevo inserire una "emoticon" quella di approvazione, ma a quanto pare non mi compare .
Comunque :) ti saluto.
Noiman
noiman
Messaggi: 2001
Iscritto il: domenica 20 aprile 2014, 22:41

Re: Nefesh, Ruach e Neshamà

Messaggio da noiman »

137
Ultima modifica di noiman il sabato 11 ottobre 2014, 11:33, modificato 1 volta in totale.
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10118
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: Nefesh, Ruach e Neshamà

Messaggio da Gianni »

Noiman ... :)
Avatar utente
Eleazar
Messaggi: 508
Iscritto il: martedì 1 aprile 2014, 16:00

Re: Nefesh, Ruach e Neshamà

Messaggio da Eleazar »

Gli ebrei odierni credono nell'anima immortale? Se si, si può dire che hanno mutuato tale dottrina dal paganesimo?
LA RELIGIONE E' L'OPPIO DEI POPOLI
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10118
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: Nefesh, Ruach e Neshamà

Messaggio da Gianni »

Direi piuttosto dall'ellenismo. Ma su ciò ti risponderà meglio Noiman. :)
Rispondi