Le fondamenta della terra.

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Harlock
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Le fondamenta della terra.

Messaggio da Harlock »

La credenza in una Terra piatta si trova nei più antichi scritti dell'umanità. Nella mitologia mesopotamica il mondo era descritto come un disco piatto galleggiante nell'oceano, separata dalle acque di sotto ed acque di sopra, e questa concezione fu la premessa per le prime mappe greche, come quelle di Anassimandro ed Ecateo di Mileto.

Leggevo l'affascinante libro di Giobbe, bellissimo libro sapienziale.

In particolare, quando YHVH compare dal turbine e gli replica, esordisce cosi' :

Giobbe 38

1 Il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine:
2 Chi è costui che oscura il consiglio
con parole insipienti?
3 Cingiti i fianchi come un prode,
io t'interrogherò e tu mi istruirai.
4 Dov'eri tu quand'io ponevo le fondamenta della terra?

Mi ha sopreso particolarmente il versetto 4 : si parla di fondamenta della terra.

Ma le fondamenta della terra esistevano solo in quell'errata concezione del mondo degli antichi citata in premessa, ovviamente lo standard al tempo in cui venne steso il testo (che duro' circa 5-600 anni secondo le tesi più accreditate).

Fortunatamente ora ben sappiamo che tali fondamenta non esistono, e non credo che quella frase si riferisca ad una ipotetica "base della società" o concetti similari (magari qualche studioso di ebraico puo' confermarmi o meno tale ipotesi) .

Insomma, se tale "svarione" è capibile per gli antichi non in possesso di conoscenze più valide, la cosa fa un attimino riflettere se sposiamo la tesi che quelle parole, quel testo sia ispirato da chi l'universo l'ha creato davvero e ben sapeva quindi com'era strutturato, ivi compreso il nostro bel pianetino azzurro, ed in quella frase "teoricamente" ha validato una concezione errata.

Come si puo' spiegare ? Grazie.
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emiliano
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Re: Le fondamenta della terra.

Messaggio da emiliano »

Infatti quelle "fondamenta" trovano oggi una spiegazione logica. La fisica spiega che l'universo è retto da "forze fondamentali", come forza di gravità, nucleare debole e nucleare forte e forza elettromagnetica. Queste sono le fondamenta che oggi conosciamo e che Dio ha "posto" per avere un universo stabile.
Il SIGNORE è il mio pastore: nulla mi manca.
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Harlock
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Re: Le fondamenta della terra.

Messaggio da Harlock »

Interessante come considerazione, ma potrebbe essere una concettualità che noi applichiamo con quelle parole ai tempi odierni forse snaturando il riferimento originale del testo ... Magari un esperto come Noiman potrebbe porre luce sulla faccenda...
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Gianni
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Re: Le fondamenta della terra.

Messaggio da Gianni »

Caro Harlock, tentare di conciliare Bibbia e scienza è sbagliato in partenza. Questi tentativi vanno sotto il nome di concordismo e appassionarono coloro che il passato leggevano la Bibbia alla lettera invece di studiarla seriamente.
La Bibbia non è un libro di scienza. Gli scrittori ispirati si esprimevano secondo le apparenze e le concezioni del loro tempo. Questo fatto non tocca minimamente il messaggio biblico. Con questo in mente, si può esaminare serenamente la cosmologia della Bibbia. Questa cosmologia non è per niente un trattato astronomico in linea con le più recenti scoperte scientifiche né, tanto meno, le anticipa. Non è neppure una negazione dell’astronomia che possa essere presa a dimostrazione che la Bibbia sbagli. Niente affatto. È solamente un’indicazione di ciò che la gente del tempo credeva.
Riguardo alla cosmologia biblica, non ne troviamo una sola e unica nella Sacra Scrittura, ma diverse.
Il mare, attorniante la terra, incuteva un certo timore agli ebrei:
“Quelli che scendono al mare nelle navi,
facendo commercio su vaste acque, sono quelli che hanno visto le opere di Geova e le sue meravigliose opere
nelle profondità; come egli dice [la parola] e fa sorgere un vento tempestoso, così che fa levare
le sue onde. Salgono ai cieli, scendono alle profondità.
A causa della calamità la loro medesima anima si strugge.
Vacillano e si muovono in maniera instabile come un ubriaco,
e anche tutta la loro sapienza è confusa”. - Sl 107:23-27, TNM.
Gli ebrei pensavano che all’estremità del mare vi fossero “le isole delle nazioni”:
“La popolazione delle isole delle nazioni si sparse nei loro paesi,
ciascuno secondo la sua lingua, secondo le loro famiglie, nelle loro nazioni”. - Gn 10:5, TNM.
“Non sobbalzeranno le isole?”. - Ez 26:15, TNM.
Più oltre, gli ebrei pensavano ci fossero le “montagne eterne”:
“Colli di durata indefinita”. - Dt 33:15, TNM.
“I monti eterni furono frantumati; i colli di durata indefinita si inchinarono”. - Ab 3:6, TNM.
Queste “montagne eterne” erano dette anche “colonne del cielo”:
“Le medesime colonne del cielo si scuotono”. - Gb 26:11, TNM.
Nella concezione dell’epoca, queste “colonne del cielo” sostenevano la solida volta del firmamento. Entro la volta celeste vagano gli astri tra cui anche il sole che gira attorno alla terra:
“È come lo sposo [il sole] quando esce dalla sua camera nuziale;
esulta come un uomo potente per correre nel sentiero.
Da un’estremità dei cieli è la sua uscita,
e il suo giro [completo] è fino alle loro [altre] estremità;
e non c’è nulla di nascosto al suo calore”. - Sl 19:5,6, TNM.
“Anche il sole ha rifulso, e il sole è tramontato, e viene ansimando al suo luogo da dove rifulgerà”. - Ec 1:5, TNM.
Sotto la terra si trova una specie di carcere sotterraneo (sheòl) destinato ad accogliere i trapassati:
“Le vie dello Sceol sono la sua casa; scendono alle stanze interne della morte”. - Pr 7:27, TNM; cfr. Ez 26:19,20; Is 14:9.
Questa cosmologia non è però sempre consistente: talora la pioggia viene fatta scendere dalle nubi esistenti in cielo. - Dt 33:26; Gb 36:27 e sgg..
I cieli sono tre, oppure, nel giudaismo più tardivo, sette (Testamento di Levi 3). A quale idea aderisce Paolo? In 2Cor 12:2 egli dice di essere stato rapito in estasi “al terzo cielo”. Forse aderiva alla seconda idea; egli, infatti, identifica il “terzo cielo” con il “paradiso” (v. 4), che era diverso dal cielo divino.
Talora la terra, anziché essere presentata come disco, è ritenuta un quadrilatero con quattro angoli:
“Certamente alzerà un segnale per le nazioni e raccoglierà i dispersi d’Israele;
e radunerà gli sparsi di Giuda dalle quattro estremità della terra”, “Dall’estremità del paese”. - Is 11:12;24:16, TNM.
Anziché farla poggiare su colonne, a volte si è anche pensato che fosse sospesa nel vuoto:
“Fa scuotere la terra dal suo luogo, così che le sue medesime colonne vacillano”. - Gb 9:6, TNM.
“Egli distende il nord sullo spazio vuoto,
sospende la terra sul nulla”. - Gb 26:7, TNM.
Si vede quindi come la presentazione biblica del cosmo sia ben diversa dall'attuale, meglio conosciuta oggi grazie alla cosmonautica e alla ricerca spaziale. Tuttavia le scoperte più recenti non possono servire per denigrare la Bibbia, la quale aveva qualcosa di ben più importante da insegnarci. Dovrebbe anzi farci riflettere il fatto che nella Bibbia vi sono varie presentazioni cosmologiche, anche presso il medesimo autore. A meno di tacciarlo d’incongruenza e di controsenso, occorre concludere che egli non dava eccessiva importanza alle sue affermazioni cosmologiche, che spesso erano solo dei dati poetici per meglio sottolineare il suo insegnamento spirituale. Di esse si serviva secondo le concezioni del tempo, quale mezzo espressivo per formulare verità spirituali riguardanti Dio, la sua potenza e il suo intervento nella storia umana.
Se usiamo l’argomentazione (del tutto giusta) che la Bibbia non è un libro di scienze, dobbiamo usarla fino in fondo. Questo comporta che non dobbiamo pretendere (secondo la moderna visione occidentale delle cose) che tutto quanto scritto nella Bibbia sia assolutamente in armonia con la scienza attuale. La Scrittura non ha per nulla bisogno di questa difesa da parte nostra. Voler forzare il testo biblico per dimostrare che la Bibbia sia “moderna” e che sostenga la vera scienza è un sintomo che caratterizza una fede malaticcia, afflitta da quella malattia (che, se non curata, tende a diventare cronica) che è il credo religioso. La fede non è un credo dottrinale. Il vero intendimento della Scrittura deve partire dal presupposto che – proprio perché la Bibbia non è né un trattato di scienza né un libro di storia – Dio parla all’umanità, e lo fa impiegando esseri umani che, ispirati, mantengono pur sempre non solo la loro mente, ma anche la loro mentalità.
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Harlock
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Re: Le fondamenta della terra.

Messaggio da Harlock »

Gianni, intanto Ti ringrazio per l'articolata risposta che mi ha fatto riflettere su diversi punti.

Gli autori ispirati, quindi mantengono la loro mentalità dell'epoca ed è quindi logico dedurre che pure la fonte ispiratrice (Dio) l'abbia rispettata : non sempre è stato cosi', in quanto la mentalità dell'epoca antecedente alla rivelazione era politeistica, ed è stata stravolta da una Verità che l'ha scardinata fin dalle radici.

Ovviamente non avrebbe avuto nessun senso per quei popoli ricevere nozionismo scientifico al di la della loro portata, ma "suona" quantomeno strano una sorta di "disinteressamento" da parte dell'unica fonte generatrice proprio nella sua opera massima a noi conosciuta, ovvero la creazione, cosi' forte da avvalorare una tesi rivelatasi poi cosi' totalmente errata e "passata" come autentica parola di YHVH che parla (o sembra parlare) in prima persona nel libro di Giobbe.

Ovviamente questo nulla va ad intaccare ciò che è il messaggio biblico e relativa Verità, ma resta un piccolo dubbio sull'operato dell'uomo, anzi degli uomini (perchè ben sappiamo che gli autori ad esempio del libro di Giobbe sono molteplici) che ci hanno fatto pervenire quei testi : tutto ciò che leggiamo nella Bibbia, ogni singolo versetto, è stato veramente ed unicamente ispirato e rivelato da Dio ?
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Gianni
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Re: Le fondamenta della terra.

Messaggio da Gianni »

Caro Harlock, rivelazione e ispirazione sono due fenomeni diversi che non dobbiamo confondere tra loro.
La rivelazione consiste nel manifestare qualcosa che prima era nascosto. Vari sono i mezzi con cui Dio può rivelare se stesso: l'opera del creato, la storia, la parola.
Dio si costituituì un popolo (Israele) per attuare la sua redenzione; ad esso ha inviato i suoi profeti. Questa rivelazione divina raggiunse la sua pienezza in Yeshùa, figlio di Dio, che ne costituisce l'atto culminante. Essa fu simultaneamente attuata con atti e con parole.
La parola è il mezzo efficace con cui noi possiamo comunicare i nostri sentimenti: possiamo conoscere ciò che Geremia provava dinanzi a Gerusalemme che sta per essere distrutta dalle sue parole a singhiozzo che esprimono il dolore da lui provato: “Le mie viscere! Le mie viscere! Sento un gran dolore! Le pareti del mio cuore! Il mio cuore mi freme nel petto! (Ger 4:19). Con la parola possiamo insegnare, manifestare la nostra cultura, comunicare i nostri risultati, esprimere le nostre idee, manifestare i nostri suggerimenti, dare le nostre disposizioni. Anche Dio, se vuole comunicarci qualcosa, deve scegliere delle parole umane che noi possiamo comprendere. Deve agire nella stessa maniera di un missionario che adatta il vangelo ai popoli di cultura meno progredita, o di un catechista che adatta la parola di Dio alla comprensione di un bambino. Si tratta di condiscendenza divina, bene espressa dal Crisostomo nel suo commento a “Dio passeggiava sul far della sera”: “Consideriamo che solo per la nostra debolezza la Sacra Scrittura ricorre ad un umile linguaggio, per operare la nostra salvezza in modo degno di Dio” (Crisostomo , In Gn 3:8 Omelia 17 PG 53,135). Parlando della creazione di Adamo commenta: “Non prendere le parole in senso umano, ma attribuisci alla debolezza umana lo stile materiale. Infatti se la Scrittura non impiegasse tali parole, come potremmo apprendere i misteri ineffabili?” (Crisostomo , In Gn 2 Omelia 12 PG 53,121). Per attuare questo, Dio ha adoperato degli uomini, che ha costituito suoi profeti, come leggiamo nella Lettera agli ebrei: “Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1:1,2). È evidente che il profeta non ha bisogno che tutto gli sia rivelato. Egli poté narrare da solo dei fatti a lui noti quando ne fu testimone (Gv 1:14) o quando li studiò personalmente. In questi casi non ebbe bisogno di una speciale rivelazione. Quando Giovanni o Matteo scrivevano dei fatti relativi a Yeshùa ai quali avevano assistito, non avevano bisogno di una speciale rivelazione. Tutt'al più necessitavano di un aiuto dello spirito santo per non dimenticare ciò che avevano udito e che era necessario per illuminare gli uomini e suscitare in essi la fede: “Lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto” (Gv 14:26). Luca studia le fonti, interroga i testimoni oculari, per cui non aveva bisogno di una rivelazione per narrare i risultati dei suoi studi: “È parso bene anche a me, dopo essermi accuratamente informato di ogni cosa dall'origine, di scrivertene per ordine” (Lc 1:3). La rivelazione era invece necessaria per ciò che il profeta non poteva conoscere per conto suo.
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Harlock
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Re: Le fondamenta della terra.

Messaggio da Harlock »

Caro Gianni, se ho ben capito quindi l'intero dialogo che sostiene YHVH in risposta a Giobbe è stato in pratica "simulato" dagli autori biblici sotto ispirazione dello stesso.

Con il termine ispirazione si intende una particolare eccitazione della mente, della fantasia o del sentimento che spinge un individuo a dar vita ad un'opera.

Quindi, non essendo il dialogo frutto di una rivelazione diretta, mi sembra di intuire che non dobbiamo tenerne conto letteralmente con riferimenti precisi all'esegesi o paradigmi scientifici ma solo nel contenuto complessivo e spirituale.

Mi chiedo allora, è comunque possibile da parte di un autore ispirato far pronunciare a Dio delle frasi che egli non ha direttamente rivelato in un ipotetico dialogo in prima persona ?

Non è lo stesso errore di Elifaz ?
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Gianni
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Re: Le fondamenta della terra.

Messaggio da Gianni »

Caro Harlock, gli studiosi più recenti poggiano sull'intento prettamente spirituale della Sacra Scrittura, sganciando la Bibbia dalla scienza. Seguendo una tesi, già insegnata da Agostino e da Tommaso, accolta in seguito dal Galileo, i teologi più moderni insistono sulla necessità di guardare all'intento dello scrittore. Una nuova realtà può essere vista sotto aspetti e angolature diverse e conseguentemente presentata in forme differenti. Si consideri l'arcobaleno: per lo scienziato è frutto di rifrazione dei raggi di diverse lunghezze d'onda, per cui la luce viene così scomposta nei suoi elementi. Se lo scienziato sbaglia in questa valutazione compie un errore. L'artista e il romanziere descrivono invece la bellezza incomparabile di tanti colori ed esprimono la piacevole sensazione che ne ricevono. Anche se la loro descrizione non si accorda con la scienza, non vi è alcun errore, perché essi non intendono presentare un'opera scientifica, ma solo le proprie sensazioni estetiche. L'errore ci sarebbe solo se sbagliassero nel comunicare le loro sensazioni di gioia o di tristezza suscitate da quei colori. Il teologo non ammira nell’arcobaleno né il lato scientifico, né il lato estetico, bensì la bellezza di Dio che l’ha creato. Egli vi vede un segno di pace tra Dio e l'uomo; vi rinviene come una promessa di non voler più mandare un diluvio devastatore. Vi vede la misericordia divina dopo il pericolo di un tremendo temporale. Se sbaglia nella descrizione scientifica non compie un errore. L'errore vi sarebbe solo se errasse nel suo campo specifico, se la presentazione dell'amore misericordioso di Dio non fosse vera. Solo questa valutazione è garantita dall'ispirazione divina.
Giobbe può descrivere goffamente l'ippopotamo:
“Guarda l'ippopotamo [il testo ebraico ha Beemòt, non ippopotamo]
che ho fatto al pari di te;
esso mangia l'erba come il bue.
Ecco la sua forza è nei suoi lombi,
il suo vigore nei muscoli del ventre.
Stende rigida come un cedro la coda;
i nervi delle sue cosce sono intrecciati insieme.
Le sue ossa sono tubi di bronzo;
le sue membra, sbarre di ferro.
Esso è il capolavoro di Dio;
colui che lo fece l'ha fornito di falce,
perché i monti gli producono la pastura;
là tutte le bestie dei campi gli scherzano intorno.
Si sdraia sotto i loti,
nel folto dei canneti, in mezzo alle paludi.
I loti lo coprono della loro ombra,
i salici del torrente lo circondano.
Straripi pure il fiume, esso non trema;
rimane calmo, anche se avesse un Giordano alla gola.
Potrebbe qualcuno impadronirsene assalendolo di fronte,
o prenderlo con le reti per forargli il naso?”. - Gb 40:15-24.
Giobbe però non errò scientificamente, poiché da tale descrizione popolare egli voleva trarre lo spunto per esprimere la grandiosa potenza di Dio sapiente. - Gb 38.
L'insegnamento spirituale della Bibbia non è presentato in forma astratta, come talora facciamo noi oggi (maniera occidentale), ma è inquadrato nella vita e nel mondo, che vengono descritti come appaiono ai sensi in funzione di una didattica spirituale. Il sole sembra sorgere e tramontare, spostarsi nel cielo, mentre la terra pare starsene immobile. Se l'acqua scende dal cielo deve ben esserci – nel pensiero degli ebrei del tempo – un deposito delle acque al disopra del cielo. Questi dati non sono però ciò che la Bibbia vuole insegnarci, ma costituiscono solo la cornice entro cui il dato spirituale s’inquadra. Quel che importa è il quadro, non la cornice. Per donare un messaggio spirituale comprensibile, Dio non poteva fare altrimenti. Doveva ben parlare secondo il linguaggio dell'epoca, secondo le conoscenze scientifiche del tempo, altrimenti non sarebbe stato capito. Il rivelare cognizioni scientifiche moderne, in quell'epoca sarebbe equivalso a screditare lo stesso messaggio spirituale. C’è da riflettere su questo paradosso, ma è la verità. Immaginiamo di trovare, nel testo citato di Gb (in cui Dio dà una lezione della sua superiorità all’umano Giobbe) una descrizione scientifica in linea con le conoscenze attuali. Immaginiamo che invece di usare il linguaggio goffo ma comprensibile dell’epoca, il testo dicesse più o meno così:
‘Guarda Beemòt. Voi lo chiamate così, ma che nome è? Forse una derivazione del termine egiziano per “bue d’acqua”? O forse un termine d’origine assira che significa “mostro”? O sarà mica un plurale intensivo del vostro termine ebraico behemàh che gli studiosi ritengono significhi “bestia grossa” o “bestia enorme”? Il suo nome scientifico è “ippopotamo” e sarà chiamato hippopotamus amphibius. Ecco, guarda l’hippopotamus amphibius … è un mammifero enorme, dalla pelle spessa, quasi senza pelo, che frequenta fiumi, laghi e acquitrini. Ha gambe corte, mascelle enormi e testa grossa, che si calcola possa pesare fino a una tonnellata. Le mascelle e l’apparato dentario sono così potenti che con un morso solo può trapassare la corazza di un coccodrillo. Un ippopotamo adulto può essere lungo 4-5 m e pesare 36 q. Essendo un anfibio, nonostante la sua prodigiosa mole può muoversi con relativa rapidità sia nell’acqua sia fuori. Si nutre di piante d’acqua dolce, erba, canne e cespugli, ingerendo ogni giorno oltre 90 kg di vegetazione per riempire il suo stomaco, che ha una capienza di 150-190 litri. La pelle, specie quella del ventre, è estremamente spessa, quindi in grado di resistere a urti e scorticature mentre l’ippopotamo si muove su stecchi e sassi nel letto dei fiumi. Le narici situate strategicamente alla sommità del muso, e gli occhi in alto sulla fronte, permettono all’hippopotamus amphibius di respirare e di vedere anche quando è quasi completamente sommerso. Quando s’immerge, le orecchie e le narici si chiudono completamente. Anche mentre dorme, quando nel sangue l’anidride carbonica raggiunge un certo livello, l’animale emerge automaticamente in cerca d’aria fresca e poi s’immerge di nuovo. Ecco, guarda l’hippopotamus amphibius’.
Che dire? Sarebbe stato preso sul serio il messaggio biblico? Etologi, biologi, glottologi e critici forse gioirebbero. Giobbe e gli ebrei del tempo sarebbero rimasti perplessi. Resa inverosimile la cornice scientifica contestabile, sarebbe divenuto incredibile anche l'insegnamento spirituale incontestabile.
È tutto ispirato nella Bibbia? Anche l'espressione scientifica? Ma sì. Ma solo indirettamente. Se scegliamo un pittore che ha a disposizione certi colori, certi mezzi espressivi, accettiamo pure questi suoi colori e questi suoi mezzi, altrimenti ne ricercheremmo un altro più conforme ai nostri gusti. Così Dio, ispirando l'autore di quell'epoca, ne accolse pure tutti i mezzi espressivi e tutte le sue cognizioni scientifiche che usa come strumento per un più efficace insegnamento spirituale. Se Dio avesse voluto esprimersi scientificamente, non sarebbe stato capito! Di più, egli non avrebbe potuto esprimersi nemmeno con i dati della scienza attuale, poiché anche questa sarà rettificata da scoperte future. Già. Quindi Dio doveva o accettare l'espressione popolare sempre vera, o parlare in modo da non poter essere mai inteso, poiché la scienza è sempre in continuo sviluppo. Anche noi oggi siamo obbligati a esprimerci secondo le apparenze: s’incontra uno che sembra povero e gli si dà l'elemosina, e si tratta forse di un milionario che occulta il suo denaro per avarizia. Ci si sente più tranquilli perché ci cammina accanto sulla strada, in divisa, un appartenente alle forze dell’ordine; e magari si tratta di un ladro, così travestito per meglio truffare.
Credeva lo scrittore a questa presentazione della scienza? Certamente! Ma non è rivelato ciò che l'Autore pensa al riguardo, ma solo ciò che egli insegna. Ora egli non ha insegnato l'astronomia o la scienza, bensì solo il messaggio spirituale che vi sta racchiuso.
La Bibbia, descrivendo le realtà come appaiono, non presenta degli errori scientifici, ma solo delle convinzioni arcaiche sorte in un'epoca pseudoscientifica, usate come mezzo espressivo per insegnare verità spirituali ispirate da Dio. “Guardiamoci dunque” – scrive il Courtade – “dal voler confrontare le assunzioni dei libri sacri con quelle dell'astronomia, della geologia, della biologia. Non vi può essere questione né di opporle né di armonizzarle. A volte esse coincidono materialmente, ma non coincidono sempre e non sono mai dello stesso ordine. Gli scienziati di oggi che si scandalizzassero della Sacra Scrittura sarebbero vittime della stessa illusione dei loro antenati del Medio Evo, che speravano di trovare in esse un aiuto”. - Courtade , Ispiration DB S IV, pagg. 520-528, la citazione è a col. 543.
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Harlock
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Re: Le fondamenta della terra.

Messaggio da Harlock »

Ti ringrazio moltissimo Gianni, ottima spiegazione !
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matteo97
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Re: Le fondamenta della terra.

Messaggio da matteo97 »

A proposito di questo interessantissimo tema mi viene in mente che diverse religioni hanno una concezione letterale dei giorni della creazione sostenendo che l'universo sia stato compiuto in sei giorni (il creazionismo della giovane terra o YEC in inglese). Inutile dire che questa supposizione trova il suo contradditorio nelle recenti scoperte scientifiche che confutano che la terra abbia solo 6.000 anni. Ma c'è di più: se veramente Dio avesse voluto esprimersi in termini scientifici come avrebbe dovuto farlo? Avrebbe dovuto esprimersi nei termini comprensibili a un'antico ebreo che aveva una concezione limitata e piuttosto statica del creato o a quelli dell'uomo moderno?
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