Il vocabolo ebraico (ebr. גַן ,gan) in Bereshit 2:15

SarimDavid
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Il vocabolo ebraico (ebr. גַן ,gan) in Bereshit 2:15

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Il vocabolo ebraico (ebr. גַן ,gan) in Bereshit 2:15

va-yiqakh [E-prese] yhwh-elohìm [yhwh-elohìm] et-ha-adàm [ha-adàm] va-yanikhehu [e-depose lui] ve-gàn [in-giardino] éden [in-Eden] le-‘ovdàh [per-servire essa] u-le-shomràh [e-per-proteggere essa] – Bereshìt 2:15

(ebr. לְעָבְדָ֖הּ) = le-‘ovdàh [per-servire essa]
(ebr. וּלְשָׁמְרָֽהּ) = u-le-shomràh [e-per-proteggere essa]
(ebr. בְגַן־) = ve-gàn [in-giardino]

Come emerge dall’ analisi del testo, “E prese yhwh elohìm l’adàm e depose lui in gan di eden per lavorare-essa e custodire-essa” – Bereshìt 2:15. I suffissi posti ai due verbi infiniti, “lavorare” e “custodire”, riferiti al giardino, gan, dovrebbero essere al maschile, come in italiano (anche in ebraico “giardino”, gan, è maschile) invece i due verbi li troviamo scritti al femminile, (ebr. לְעָבְדָ֖הּ , servire-essa) e (ebr. וּלְשָׁמְרָֽהּ , proteggere-essa).
A ben vedere, la parola ebraica, gan, “giardino”, inizia a comparire solo nel secondo racconto della creazione, esattamente “yhwh elohìm piantò un giardino(gan) in eden, a oriente, e vi pose l'uomo che aveva formato” – Bereshìt 2:8, (questa è la prima volta che il vocabolo gan compare nella Bibbia).
Nel primo racconto della creazione non si parla di gan ma di adamàh, “landa”. Il redattore finale di Bereshìt può aver utilizzato antichissimi documenti nel redigere il primo libro della Bibbia, trovandosi di fronte due versioni della creazione, fu molto rispettoso, anziché sceglierne una, le incluse entrambi nella sua redazione.

Una narrazione – quella più corta – riguardava l’albero della vita e il gan eden.
L’altro racconto – quello più lungo – riguarda l’ adamàh e il peccato.

Con grande rispetto, egli li incluse entrambi, cercando (lui o un copista) di unire i due temi. Il racconto dell’adamàh e del peccato è certamente quello primario, più rilevante, perché spiega la degenerazione della conoscenza che era stata data loro, producendo la perdita della nozione del vero e del falso con la quale erano stati originariamente creati.

Shalom!
Ultima modifica di SarimDavid il martedì 9 giugno 2020, 20:14, modificato 3 volte in totale.
SarimDavid
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Re: Il vocabolo ebraico (ebr. גַן ,gan) in Bereshit 2:15

Messaggio da SarimDavid »

Vi confermo che il termine (ebr. גַן ,gan), "giardino", presente in Bereshìt 2:15 è singolare maschile.

Riporto di seguito il vocabolo (ebr. גַן ,gan) "giardino" in tutte le sue forme:

(ebr. גַן , "gan"), (ebr. גַּנִּ֗ים "ganiym"), (ebr. "gannah'"), (ebr. גַנֹּ֖ת , gannòt)

Il termine (ebr. גַן , "gan") è singolare maschile - (presente in Bereshìt 2:15).
Il plurale di (ebr. גַן , "gan"), è (ebr. גַּנִּ֗ים "ganiym").
Il vocabolo "gannàh" è il singolare femminile di (ebr. גַנֹּ֖ת , gannòt)
Il vocabolo (ebr. גַנֹּ֖ת , gannòt) è il femminile plurale di "gannàh'"

Rabbi Mosheh ben Nahman, esegeta e cabalista non si sbagliava affatto affermando che (ebr. גַן ,gan) in Bereshìt 2:15 è maschile. Potete verificare:

va-yiqakh [E-prese] yhwh-elohìm [yhwh-elohìm] et-ha-adàm [ha-adàm] va-yanikhehu [e-depose lui] ve-gàn [in-giardino] éden [in-Eden] le-‘ovdàh [per-servire essa] u-le-shomràh [e-per-proteggere essa] – Bereshìt 2:15

(ebr. לְעָבְדָ֖הּ) = le-‘ovdàh [per-servire essa] - suffisso plurale
(ebr. וּלְשָׁמְרָֽהּ) = u-le-shomràh [e-per-proteggere essa] - suffisso plurale
(ebr. בְגַן־) = ve-gàn [in-giardino] - maschile singolare.

I suffissi posti ai due verbi infiniti, “servire” e “proteggere”, riferiti al giardino, (ebr. גַן ,gan), dovrebbero essere al maschile, come in italiano [(qui “giardino”, (ebr. בְגַן־), è maschile singolare)], invece i due verbi li troviamo scritti al femminile, (ebr. לְעָבְדָ֖הּ , servire-essa) e (ebr. וּלְשָׁמְרָֽהּ , proteggere-essa), perchè il narratore si sta riferendo all' adamàh (femminile) del secondo racconto, quello più lungo, e non al giardino”, (ebr. בְגַן־).

Nel primo racconto della creazione non si parla di (ebr. גַן ,gan) ma di adamàh, “landa”. Il redattore finale di Bereshìt può aver utilizzato antichissimi documenti nel redigere il primo libro della Bibbia, trovandosi di fronte due versioni della creazione, fu molto rispettoso, anziché sceglierne una, le incluse entrambi nella sua redazione.
Una narrazione – quella più corta – riguardava l’albero della vita e il gan eden. L’altro racconto – quello più lungo – riguarda l’ adamàh e il peccato.
Con grande rispetto, egli li incluse entrambi, cercando (lui o un copista) di unire i due temi. Il racconto dell’adamàh e del peccato è certamente quello primario, più rilevante, perché spiega la degenerazione della conoscenza che era stata data loro, producendo la perdita della nozione del vero e del falso con la quale erano stati originariamente creati.
Ultima modifica di SarimDavid il sabato 20 giugno 2020, 19:28, modificato 6 volte in totale.
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Gianni
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Re: Il vocabolo ebraico (ebr. גַן ,gan) in Bereshit 2:15

Messaggio da Gianni »

Sono d'accordo con SarimDavid. Lui mette al condizionale, ma io sono più probabilista: ci sono indizi (nel testo biblico) che il redattore finale di Bereshìt ha utilizzato antichissimi documenti nel redigere il primo libro della Bibbia; trovandosi di fronte due versioni della creazione, fu molto rispettoso e, anziché sceglierne una, le incluse entrambi nella sua redazione.
I racconti sono due. E se volete possiamo entrare nel dettaglio.
Perchè, Besàseà, dici che il racconto è uno solo? Sono due, e pure diversi tra loro.
SarimDavid
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Re: Il vocabolo ebraico (ebr. גַן ,gan) in Bereshit 2:15

Messaggio da SarimDavid »

Besàseà, caro... Shalom a te!
Gianni, provo a rispondere io al caro Besàseà

In tutta Bereshìt sono tanti gli indizi voluti dal redattore di Bereshìt - non sono errori di grammatica ebraica - per lasciare memoria scritta dei due (סֵ֔פֶר, sèfer) antichissimi in cui entrò in possesso. Questa chiave di lettura è confermata anche negli ambienti rabbinici.
Sono due narrazioni indipendenti che il narratore probabilmente trovò nell’antica raccolta (סֵ֔פֶר, sèfer) di cui accenna in Bereshìt 5:1 - qui viene citato “il sefer bereshìt”, cioè il “libro delle origini”. E’ assai probabile che il redattore biblico abbia usato una fonte letteraria a lui contemporanea da cui ha potuto attingere le informazioni che ha riportato: “Questo è il libro (סֵ֔פֶר, sèfer) delle generazioni (תּוֹלְדֹ֖ת , toledòt) di adàm”.
Molto anticamente il (סֵ֔פֶר, sèfer) era costituito da tavolette di argilla o di pietra o di metallo o di legno ricoperto di cera o da cocci (ostraca). Non è affatto escluso che in Bereshìt 5:1 il redattore faccia quindi riferimento a documenti antichissimi che aveva a disposizione, il che spiegherebbe anche i due racconti.

Il racconto – quello più lungo – riguarda la (ebr. אֲדָמָה , adamàh) e il peccato.
Il racconto – quello più corto – riguardava l’albero della vita (ebr. עֵ֤ץ הַֽחַיִּים֙ , albero di "vite") e il gan in eden (ebr. גַּן־בְעֵ֖דֶן , gàn be-éden).

Con grande rispetto, egli li incluse entrambi, cercando (lui o un copista) di unire i due temi. Il racconto dell’ (ebr. אֲדָמָה , adamàh) e del peccato è certamente quello primario, più rilevante, perché spiega l’ingresso della corruzione nel mondo. Il racconto relativo all’albero della vita (ebr. עֵ֤ץ הַֽחַיִּים֙ , albero di "vite") e il gan eden (ebr. גַּן־בְעֵ֖דֶן , gàn be-éden) è secondario, perché subordinato alla trasgressione.
Il primo (quello dei 7 giorni, per intenderci) viene definito di "tradizione o scuola sacerdotale" (VI sec a.C.). Il secondo è attribuito a una scuola di saggi del X sec. a.C. ("Jahvista"): l'uno dice sinteticamente che D-o creò l'umanità il secondo spiega analiticamente come.

La certezza, caro Besàseà, non l' avremo mai, perchè arrivare a dire di aver capito tutto di Bereshìt equivale a dire di non aver capito nulla! E D-o ce ne guardi nel dire questo. Gli insegnamenti che la Torah ci dona sono immensi. Personalmente, la penso come Gianni, gli indizi ci sono e portano nella direzione dei due (סֵ֔פֶר, sèfer).

Ma c'è dell' altro che emerge dai due racconti "cuciti" dal narratore.
L’albero della vita (ebr. עֵ֤ץ הַֽחַיִּים֙ , albero di "vite"), fa la sua prima comparsa nel secondo racconto della creazione e non nel primo racconto della creazione. Il primo racconto della creazione ha lo scopo di presentare la grandezza dell' adàm, che giunge alla fine come re del creato, dopo che tutto è pronto per accoglierlo; si legge,“la terra asciutta faccia germogliare erba seminante seme, albero di frutto che faccia frutto secondo la sua specie, che abbià in sé il seme, sulla terra asciutta” – in Bereshìt 1:11. Mentre, nel secondo racconto della creazione l' adàm è il primo nel pensiero di elo-hìm; tutto il resto, la vegetazione (tra lui l’albero della vita) e animali sono creati dopo di lui e per lui:

“Quando HaShem elo-hìm fece la terra asciutta e (i- (due) cieli), non c'era ancora nella terra asciutta alcun arbusto del campo. Nessuna erba del campo era ancora spuntata” – Bereshìt 2:4-20

Nel primo racconto troviamo generici alberi da frutto,“la terra asciutta faccia germogliare erba seminante seme, albero di frutto che faccia frutto secondo la sua specie, che abbià in sé il seme, sulla terra asciutta” – Bereshìt 1:11.
A tali alberi fa riferimento Khavàh quando dice al serpente: “da frutto di albero di il giardino (gan) mangeremo” – Bereshìt 3:2.
È tra di essi che poi si nasconderà la prima coppia provando vergogna dopo la trasgressione commessa:
“E si nascose l’adàm e uoma di lui dalla presenza di HaShem elo-hìm in mezzo di albero del giardino(gan)” – Bereshìt 3:8.

Nel secondo racconto invece leggiamo che “HaShem elo-hìm fece spuntare dal suolo (ebr. אֲדָמָֽה , adamàh) ogni albero piacevole per vista e buono per cibo, e albero di le vite (ebr. עֵ֤ץ הַֽחַיִּים֙ , albero di "vite"), in mezzo di il giardino(gan) e albero di la conoscenza di bene e male (ebr. עֵ֕ץ הַדַּ֖עַת ט֥וֹב וָרָֽע, albero della conoscenza del bene e male)” – Bereshìt 2:9.
Ora, si noti che in Bereshìt 2:9 è l’albero della vita (ebr. עֵ֤ץ הַֽחַיִּים֙ , albero di "vite") ad essere in mezzo al giardino, mentre in Bereshìt 3:3 è l’albero interdetto a trovarsi in mezzo al giardino, e quest’ ultimo è chiaramente l’ “albero della conoscenza del bene e del male” (ebr. עֵ֕ץ הַדַּ֖עַת ט֥וֹב וָרָֽע, albero della conoscenza del bene e male).
Come spiegare queste apparenti divergenze?
È evidente che ogni albero cresce unicamente nella min-ha-adamàh (מִן־הָֽאֲדָמָֽה, in-la-landa). Anche l’ “albero della conoscenza del bene e del male” (ebr. עֵ֕ץ הַדַּ֖עַת ט֥וֹב וָרָֽע, albero della conoscenza del bene e male) – su cui è imperniata l’intera narrazione – cresce quindi nell’(ebr. אֲדָמָה , adamàh), nella landa. La frase “ma da frutto di lo albero che (sta) in mezzo di il giardino(gan)” – Bereshìt 3:3 e, che riguarda l’ albero vietato va perciò letta “l’albero che (sta) in mezzo di il giardino(gan)”, cioè in mezzo all’ (ebr. אֲדָמָה , adamàh). Del resto, l’ “albero della vita” (ebr. עֵ֤ץ הַֽחַיִּים֙ , albero di "vite") occupa nella narrazione un posto secondario.
È comunque evidente che esso si trovava nel “gan eden”, perché “HaShem elo-hìm mandò via lui da gan eden” – Bereshìt 3:23, proprio perché non si cibasse dei suoi frutti e vivesse per un tempo indefinito (ebr. לְעֹלָֽם , le-olàm).

Faccio notare che la frase “e fece spuntare HaShem elo-hìm dal suolo (ebr. אֲדָמָה , adamàh) ogni albero piacevole per vista e buono per cibo, e albero di le vite (ebr. וְעֵ֤ץ הַֽחַיִּים֙ , albero di "vite") in mezzo di il gan, e albero di la conoscenza di bene e male (ebr. עֵ֕ץ הַדַּ֖עַת ט֥וֹב וָרָֽע, albero della conoscenza del bene e male).” – Bereshìt 2:9, nella parte finale “e l'albero di la conoscenza di bene e male” suona quasi fuori posto, estranea. Molto probabilmente fu inserita dal redattore per giustificare il successivo versetto, “ma da albero di la conoscenza di bene e male (ebr. עֵ֕ץ הַדַּ֖עַת ט֥וֹב וָרָֽע, albero della conoscenza del bene e male) non mangerai da esso” – Bereshìt 2:17.
Adàm è legato alla landa, all’(ebr. אֲדָמָה , adamàh) - da cui è tratto e a cui deve tornare - da cui prende il suo stesso nome (adàm). Nel gan eden (ebr. גַּן־בְעֵ֖דֶן , gàn be-éden) commette la sua trasgressione e da lì è cacciato, rimandato nell’(ebr. אֲדָמָה , adamàh) che ora è maledetta. Inoltre, pare evidente dai due racconti che l’adàm sia stato creato per lavorare l’ (ebr. אֲדָמָה , adamàh), quindi anche prima della trasgressione esso lavorava già, probabilmente in una dimensione simile alla nostra o la nostra stessa dimensione. Ovunque si trovasse l’adàm, sulla terra asciutta o in altro luogo, questo ambiente era pieno di vegetazione di cui bisognava prendersi cura e lavorarlo,“e formò HaShem elo-hìm il adàm con la polvere del suolo(adamàh) e insufflò in narici di lui alito di vite: e fu il adàm respiro vivente” – Bereshìt 2:7, e ancora “E piantò HaShem elo-hìm il giardino(gan) in eden, a oriente. E pose là il adàm che aveva formato” – Bereshìt 2:8. Il testo attuale del redattore di Bereshìt conserva due narrazioni indipendenti che egli probabilmente trovò nell’antica raccolta (סֵ֔פֶר, sèfer) di cui accenna in Bereshìt 5:1.

Il racconto dell’ (ebr. אֲדָמָה , adamàh) e del peccato è certamente quello primario, più rilevante, perché spiega la degenerazione della conoscenza che era stata data loro, producendo la perdita della nozione del vero e del falso con la quale erano stati originariamente creati. Per cui si è passati da categorie oggettive, come la distinzione tra vero e falso, a categorie soggettive come la distinzione tra buono e cattivo. Il racconto relativo “all’albero della vita e il gan eden” è secondario, perché subordinato alla trasgressione.
L’insegnamento finale che ci possono offrire i due racconti è che l’essere umano, senza suo merito, fu portato in un luogo a stretto contatto con elo-hìm, come ci fa capire il narratore biblico in Bereshìt 3:5; in quel luogo, l’adàm si lasciò sfuggire la magnifica prospettiva che aveva davanti trasgredendo “E vide la donna che buono lo albero come cibo e che desiderabile esso agli occhi e piacevole lo albero per rendere perspicaci. Allora prese da frutto di esso e mangiò” – Bereshìt 3:6. Fu poi da lì cacciato “E mandò via lui HaShem elo-hìm da gan di eden, per coltivare la landa(adamàh) che era stato preso da là” – Bereshìt 3:23; condannato ad una vita penosa e al divieto di accedere all’ albero della vita (ebr. עֵ֤ץ הַֽחַיִּים֙ , albero di "vite").

Gianni, tu cosa ne pensi?
Grazie

Shalom!
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Gianni
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Re: Il vocabolo ebraico (ebr. גַן ,gan) in Bereshit 2:15

Messaggio da Gianni »

SarimDavid, leggendoti mi pareva molto spesso di leggere pagine mie. Concordo, quindi.
Non sono invece convinto delle attribuzioni alle fonti sacerdotale, yavista, elohista, deuteronomista e così via. Spesso in alcuni singoli versetti vengono individuate fino a quattro fonti! Mi sembra davvero esagerato cercare di spaccare il capello in quattro.

A chi è appassionato di questi temi ricordo che tra i biblisti ci sono gli specialisti di Gn 1-3. A livello mondiale si contano sulle dita di una mano. Mi viene in mente un paragone con la medicina. Se i biblisti sono come come i medici generici, gli specialisti sono come i cardiologi, gli psichiatri, i diabetologi, i ginecologi e così via. Poi ci sono gli iridologi, di cui sanno poco i medici stessi. Ecco, l'iridologia è un po' come Gen 1-3: assomma tutta la diagnostica possibile perchè in ciascuna delle due iridi è rispecchiata una metà del corpo umano.
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matteo97
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Re: Il vocabolo ebraico (ebr. גַן ,gan) in Bereshit 2:15

Messaggio da matteo97 »

David, permettimi di porti una domanda off-topic, sei di madrelingua ebraica? Ad ogni modo ti muovi bene tra i concetti biblici. Posso chiederti anche quanti anni hai?
France
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Re: Il vocabolo ebraico (ebr. גַן ,gan) in Bereshit 2:15

Messaggio da France »

Leggendo La tua voce ho udito - Viaggio nel libro della Genesi (1-11)
Sguardo a Sion
Il racconto è uno solo cambia la prospettiva.
Un breve stralcio:

L’incrocio non è un semplice ornamento di retorica. La forma dello schema suggerisce un capovolgimento, il primo di tanti altri che seguiranno.
Qui, in effetti, la prospettiva si rovescia: il racconto dei sette giorni si è concluso, e ora inizia una storia diversa, che non è un semplice seguito della precedente, ma una narrazione animata da una vita autonoma. Rivedremo la creazione dell’uomo, ma da un altro punto di osservazione. La Genesi userà altre immagini, un altro linguaggio, altri simboli, per comunicare un messaggio nuovo.
Il primo racconto ci ha mostrato l’ordine del cosmo così come Elohim l’ha stabilito attraverso il suo volere incontrastato. All’interno di tale ordine, all’essere umano è stata conferita una dignità senza pari. L’umanità è stata elevata al di sopra delle altre specie in quanto immagine terrena del Creatore.
Il secondo racconto ci porterà più in basso, a toccare con mano un’altra sfaccettatura dell’esistenza. Vedremo l’uomo nella sua umiltà, nella sua crescita, nella ricerca di sé e dell’altro. Non è più la storia del cosmo e del suo pinnacolo, ma quella di una creatura che scopre il mondo intorno a sé.
Il punto di vista è capovolto: non più “cielo e terra”, ma “terra e cielo”.
Le voci dei critici moderni si sollevano per coprire ogni suggestione di sacralità. Parlano di documenti, tradizioni, contraddizioni. Riconducono i due racconti a due fonti diverse, in contrasto tra loro. Vedono la Genesi come l’unione ibrida di testi separati, messi insieme in un solo libro quasi fossero
[28]
ingranaggi incastrati a forza .
Pur riconoscendo alla critica i suoi grandi meriti, noi non seguiremo questa
via. Noteremo invece come la Torah sia simile a un dipinto realizzato con tinte eterogenee, contrasti, stili differenti. A osservarlo da vicino si può rimanere perplessi, ma facendo un passo indietro, guardando tutto l’insieme, si scopre un disegno armonioso, un quadro coerente. Ma è necessario saper guardare, spogliarsi dei preconcetti, altrimenti l’opera d’arte non arriverà ai nostri occhi.
In precedenza abbiamo conosciuto la Divinità con il nome di Elohim, il Giudice, il Potente; ma questo è soltanto un titolo, una qualifica.
Ora appare anche un nome proprio: Y-H-V-H, quattro lettere avvolte nel mistero, circondate da un’aura inviolabile. Il verbo “essere” ne costituisce la
[29]
radice: “Egli sarà” (yihyèh) è la forma più vicina al Nome .
La pronuncia esatta è sepolta nell’oblio: le consonanti stanno lì da sole, e le vocali – in ebraico mai messe per iscritto –, hanno smarrito il loro suono nei deserti devastati della Terra di Israele, in un passato ormai lontano due millenni.
Ci rimangono teorie, ricostruzioni, ipotesi.
Per proteggere l’onore delle quattro lettere nell’era buia dell’esilio, il popolo del Patto ha rinunciato a pronunciare il nome del suo Dio. Tuttora lo s’invoca chiamandolo “Signore” (Adonai), o altrimenti, fuori dalla preghiera, si impiega un termine in sostituzione: HaShèm, cioè “il Nome”, come a dire: «Sappi, tu che leggi o che ascolti, che qui, dietro l’eufemismo della riverenza, c’è il Nome sacro, il Nome per eccellenza». Ci adegueremo a questa convenzione, pur senza dimenticarci che il testo originale menziona il vero nome di Dio laddove la traduzione parla di HaShem.
Nel racconto dei sette giorni, il titolo Elohim compariva da solo. Il Creatore si manifestava come il Giudice, il sommo potere che metteva ordine nell’universo, autoritario, quasi impersonale, persino distante.
Qui però non basta più. Il testo ora ci chiama a incontrare la Divinità più da vicino, nel suo rapporto diretto con le creature, nella sua dimensione personale. Abbiamo bisogno del Nome, del suo “Io sarò”, il costante e imperscrutabile “esserci” di Dio.
SarimDavid
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Re: Il vocabolo ebraico (ebr. גַן ,gan) in Bereshit 2:15

Messaggio da SarimDavid »

Shalom a tutti!

OGGETTO: Il vocabolo ebraico (ebr. גַן ,gan) in Bereshit 2:15".

va-yiqakh [E-prese] yhwh-elohìm [yhwh-elohìm] et-ha-adàm [ha-adàm] va-yanikhehu [e-depose lui] ve-gàn [in-giardino] éden [in-Eden] le-‘ovdàh [per-servire essa] u-le-shomràh [e-per-custodire essa] – Bereshìt 2:15

(ebr. לְעָבְדָ֖הּ) = le-‘ovdàh [per-servire essa] - suffisso plurale
(ebr. וּלְשָׁמְרָֽהּ) = u-le-shomràh [e-per-custodire essa] - suffisso plurale
(ebr. בְגַן־) = ve-gàn [in-giardino] - maschile singolare.

Vi pongo un quesito sperando di ricevere una risposta convincente.

Perchè il noto Dizionale di ebraico biblico, il "Brown-Driver-Briggs" afferma che il sostantivo (ebr. גַן ,gan), in Bereshit 2:15, è femminile? Vi riporto la descrizione che ne dà:

גַּן [noun masculine Song of Solomon 4:12 & ( Genesis 2:15) feminine enclosure, garden (Late Hebrew id., גַּנָּה Arabic , Ethiopic Assyrian ginû COT Gloss, also gannatu Dl Proverbs 84; Aramaic גִּנָּא, גִּנְתָּא, ; Phoenician פר אגנן אם צץ[צ] CIS i, 165,11 & p. 232f. birds of enclosure (domestic fowls) or of wing) — absolute גַּן Genesis 2:8 3t.; construct id. Genesis 2:15 19t.; with article הַגָּן Genesis 2:9 9t., but כַּגַּן Lamentations 2:6; suffix גַּנִּי Song of Solomon 4:16; Song of Solomon 5:1, גַּנּוֺ Song of Solomon 4:16; Song of Solomon 6:2; Plural גַּנִּים Song of Solomon 4:15 2t. — garden as enclosure Lamentations 2:6 (simile); הַיּוֺשֶׁבֶת בַּגַּנִּים Song of Solomon 8:13; compare Song of Solomon 4:12 (figurative of, bride גַּן נָעוּל); g. of herbs (יָרָק) Deuteronomy 11:10; 1 Kings 21:2; figurative of bride, g. of plants, fruits, and spices Song of Solomon 4:16 (twice in verse); Song of Solomon 5:1; Song of Solomon 6:2 (twice in verse) compare מַעְיַן גנים Song of Solomon 4:15; g. of (king's) house) 2 Kings 21:18 = גַּןעֻֿזָּא 2 Kings 21:18,26; גַּן הַמֶּלֶךְ 2 Kings 25:4; Jeremiah 39:4; Jeremiah 52:7; Nehemiah 3:15, compare בֵּית הַגָּן) 2 Kings 9:27 (at Jez-reel ? but this perhaps].
https://www.studylight.org/lexicons/heb ... 5cxu5fk6is" onclick="window.open(this.href);return false;

Due rabbini di mia conoscenza stanno controllando, ma sono convinti che (ebr. גַן ,gan) sia maschile. Il suo femminile è (ebr. ghinnà).
Io ho controllato su un dizionario (ed. Prolog) e conferma che è maschile.
Ho controllato altri tre dizionari e uno su tre afferma che (ebr. גַן ,gan) è m. f.

Se leggo dall' ebraico il versetto Bereshit 2:15 è scritto "gan" e non (ebr. ghinnà). Quindi è maschile.
Uno dei più noti dizionari al mondo, il "Brown-Driver-Briggs", scrive che la parola (ebr. גַן ,gan) in Bereshìt 2:15 è femminile, perchè si riferisce a un recinto.

Grazie in anticipo a chi mi risponderà

Shalom!
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Gianni
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Re: Il vocabolo ebraico (ebr. גַן ,gan) in Bereshit 2:15

Messaggio da Gianni »

Nell’ebraico moderno (israeliano) gan è maschile. Anche in quello biblico; il suo plurale è ganìm.
In Ger 31:12 e in Is 58:11 lo troviamo con un aggettivo maschile: gan ravèh, “giardino irrigato”. Il femminile di ravè è ravàh, che troviamo in Dt 29:18, anche se qui è sostantivato.
SarimDavid
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Re: Il vocabolo ebraico (ebr. גַן ,gan) in Bereshit 2:15

Messaggio da SarimDavid »

Shalom!

Gianni, caro, ha poca valenza se nell’ebraico moderno (israeliano) la parola (ebr. גַן , gan) è maschile.
E' corretto il riferimento che fai ai due versetti, Ger 31:12 e Is 58:11 , che dimostrano che il nome (ebr. גַן , gan) ha funzionalità maschile. Ma è anche femminile. Ha doppia funzionalità. Compare in diversi versetti come femminile plurale (ebr. גַנֹּ֖ת , gannòt).

In Bereshìt 2:15 (ebr. גַן , gan) scritto così dovrebbe essere maschile, secondo me: è il contesto che ci porta a considerarlo maschile. Ma non è evidente. La prova del nove è quando (ebr. גַן , gan) va al plurale: se va in (ebr. גַּנִּ֗ים "ganiym") è maschile. Se va in (ebr. גַנֹּ֖ת , gannòt) è femminile. Oppure, lo si vede dall' aggettivo maschile o femminile al quale (ebr. גַן , gan) si riferisce.

Cito alcuni versetti in cui (ebr. גַן , gan) è maschile e femminile così si capisce tutto.

La parola (ebr. גַן , gan) nel versetto seguente va al maschile plurale (ebr. גַּנִּ֗ים "ganiym"): «Fontana-di [מַעְיַ֣ן] giardini [גַּנִּ֔ים] pozzo-di [בְּאֵ֖ר] acque [מַ֣יִם] vive [חַיִּ֑ים] e-scaturenti [וְנֹֽזְלִ֖ים] dal-Libano [מִן־לְבָנֽוֹן]». (Cantico dei Cantici 4:15) | Qui la parola (ebr. גַן , gan) è maschile.

La parola (ebr. גַן , gan) nel versetto seguente va al maschile plurale (ebr. גַּנִּ֗ים "ganiym"): «La-risiedente [הַיוֹשֶׁ֣בֶת‪‬‪‬] nei-giardini [בַּגַּנִּ֗ים] compagni [חֲבֵרִ֛ים] stanti-in-ascolto [מַקְשִׁיבִ֥ים] di-voce-tua [לְקוֹלֵ֖ךְ] fà-ascoltare-me [הַשְׁמִיעִֽינִי]». (Cantico dei Cantici 8:13) | Qui la parola (ebr. גַן , gan) è maschile.

La parola (ebr. גַן , gan) nel versetto seguente va al femminile plurale (ebr. גַנֹּ֖ת , gannòt): «Come-torrenti [כִּנְחָלִ֣ים] si-estendono [נִטָּ֔יוּ] come-giardini [כְּגַנֹּ֖ת] su [עֲלֵ֣י] fiume [נָהָ֑ר] come-gli-àloi [כַּאֲהָלִים֙] piantò [נָטַ֣ע] HaShem [HaShem]». (Numeri 24:6) | Qui la parola (ebr. גַן , gan) è femminile.

La parola (ebr. גַן , gan) nel versetto seguente va al femminile plurale (ebr. גַנֹּ֖ת , gannòt): «In [אֶל־] giardino di [גִּנַּ֤ת] noce [אֱגוֹז֙] sono-sceso [יָרַ֔דְתִּי] per-vedere [לִרְא֖וֹת] di-verzure [בְּאִבֵּ֣י] la-valle [הַנָּ֑חַל] per-vedere [לִרְאוֹת֙] se-ha-gemmato [הֲפָֽרְחָ֣ה] la-vite [הַגֶּ֔פֶן] sono-fioriti [הֵנֵ֖צוּ] i-melograni [הָרִמֹּנִֽים]». (Cantico dei Cantici 6:11) | Qui la parola (ebr. גַן , gan) è femminile.

La parola (ebr. גַן , gan) nel versetto seguente va al femminile plurale (ebr. גַנֹּ֖ת , gannòt): «[...] nel-cortile-di [בַּחֲצַ֕ר] giardino-di [גִּנַּ֥ת] padiglione-di [בִּיתַ֖ן] il-re [הַמֶּֽלֶךְ]». | (Ester 1:5) | Qui la parola (ebr. גַן , gan) è femminile.

Questo ci conferma che (ebr. גַן , gan) ha doppia funzionalità, maschile e femminile. Il dizionario di ebraico biblico, il "Brown-Driver-Briggs" - uno dei più noti dizionari al mondo di ebraico biblico - dice il vero quando afferma che il nome (ebr. גַן , gan) è sia maschile sia femminile.

Shalom
SarimDavid
Ultima modifica di SarimDavid il giovedì 11 giugno 2020, 17:52, modificato 1 volta in totale.
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