Libro di Giobbe

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Gianni
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Re: Libro di Giobbe

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Nella Bibbia c'è una progressione di intendimento circa la retribuzione.

Nelle Scritture Ebraiche la retribuzione fu inizialmente intesa in senso collettivo, poi in senso più individuale (pur rimanendo sempre nella sfera terrestre).
SENSO COLLETTIVO (INIZIALE)
“Punisco l'iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso bontà, fino alla millesima generazione, verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti”. - Es 20:5,6.
“Al tempo di Davide ci fu una carestia per tre anni continui”. Dio è interpellato. Il “debito di sangue che pende su Saul e sulla sua casa, perché egli fece perire i Gabaoniti” va pagato. - 2Sam 21:1-5.
SENSO INDIVIDUALE (POSTUMO)
“Non si metteranno a morte i padri per colpa dei figli, né si metteranno a morte i figli per colpa dei padri; ognuno sarà messo a morte per il proprio peccato”. – Dt 24:16.
“Non appena il potere reale fu assicurato nelle sue mani, egli fece morire quei suoi servitori che avevano ucciso il re suo padre; ma non fece morire i figli degli uccisori, secondo quanto è scritto nel libro della legge di Mosè, dove il Signore ha dato questo comandamento: ‘Non si metteranno a morte i padri per colpa dei figli, né si metteranno a morte i figli per colpa dei padri; ma ognuno sarà messo a morte per il proprio peccato’”. - 2Re 14:5,6.
“Perché dite nel paese d'Israele questo proverbio: ‘I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati?’”, “Chi pecca morirà”. - Ez 18:2,4.
“In quei giorni non si dirà più: ‘I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati’”. – Ger 31:29.

La retribuzione per il bene ed il male era sempre vista come attuata sulla terra. Solo a partire dalla prima metà del 2° secolo E. V. iniziò a manifestarsi la credenza di sanzioni spirituali ed eterne. Ma – lo si noti bene -, siamo nel secondo secolo dell’Era Volgare. Tutta la Bibbia era già stata scritta, Yeshùa aveva compiuto il suo ministero ed era stato resuscitato, tutti gli apostoli erano già morti. Vuol dire questo che quelle credenze in un aldilà erano sbagliate? Non esattamente. Nei Salmi delle intuizioni c’erano già state. Paolo parla chiaramente di un aldilà. Yeshùa stesso lo aveva prefigurato. Ma dal secondo secolo il sano insegnamento biblico fu inquinato da idee prese dal paganesimo, e s’inquinò sempre più fino all’attuale degenerazione cattolica che cataloga l’aldilà in infermo, purgatorio e paradiso.
Il progresso biblico fu dovuto a persone (come Daniele) che, sotto la guida dell’ispirazione divina, seppe vedere una realtà più profonda di quella materiale e semplicemente terrestre. Giobbe va collocato in un’epoca in cui la retribuzione individuale terrestre sembrava cozzare con l’esperienza quotidiana.

Sviluppo posteriore al libro di Giobbe: retribuzione spirituale dopo la morte.
La risposta all’enigma del male rimane nascosta in Dio. C’è. Ma è differita.
L’ultima visione di Daniele svela che vi è un eterno destino riservato ai giusti e ai peccatori:
“In quel tempo sorgerà Michele, il grande capo, il difensore dei figli del tuo popolo; vi sarà un tempo di angoscia, come non ce ne fu mai da quando sorsero le nazioni fino a quel tempo; e in quel tempo, il tuo popolo sarà salvato; cioè, tutti quelli che saranno trovati iscritti nel libro. Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno; gli uni per la vita eterna, gli altri per la vergogna e per una eterna infamia. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento e quelli che avranno insegnato a molti la giustizia risplenderanno come le stelle in eterno”. – Dn 12:1-3.
Le Scritture Greche, esplicitando i poemi sul “servo sofferente” (Is 53:1-12), ne donano la soluzione presentando il valore espiatorio e redentore della sofferenza.
“Mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi . . . [Dio] mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi . . . tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita . . . la morte regnò, da Adamo fino a Mosè, anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire . . . Riguardo al dono non avviene quello che è avvenuto nel caso dell'uno che ha peccato; perché dopo una sola trasgressione il giudizio è diventato condanna, mentre il dono diventa giustificazione dopo molte trasgressioni . . . Dunque, come con una sola trasgressione la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così pure, con un solo atto di giustizia, la giustificazione che dà la vita si è estesa a tutti gli uomini . . . per l'ubbidienza di uno solo [Yeshùa], i molti saranno costituiti giusti . . . come il peccato regnò mediante la morte, così pure la grazia regni mediante la giustizia a vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore”. – Rm 5:6-19, passim.
“Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture” (1Cor 15:3). “Siamo giunti a questa conclusione: che uno solo morì per tutti, quindi tutti morirono; e ch'egli morì per tutti, affinché quelli che vivono non vivano più per sé stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro” (2Cor 5:14,15). “In lui abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati”. - Col 1:14.
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Puoi trovare utili informazioni nello studio di un biblista della Facoltà Biblica, pubblicato qui:

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