Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Avatar utente
Giorgia
Messaggi: 1186
Iscritto il: martedì 9 dicembre 2014, 9:15

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Giorgia »

Letto! Grazie Gianni. :YMHUG:
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10154
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Sempre a tua disposizione, carissima! :-)
noiman
Messaggi: 2025
Iscritto il: domenica 20 aprile 2014, 22:41

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

30
8 Yom tamuz 5776

Shabbat Shalom Chaverim

Ci siamo interrotti e riprovo a fornire una possibile analisi e relativa interpretazione delle parole che introducono il Vangelo di Giovanni.
Chiedo scusa ai moderatori se non intervengo nella discussione apposita.

Parole come: “principio, la parola” e l’utilizzo del verbo” essere” ci inducono a riflettere e cercare il vero significato di quello che Giovanni voleva rivelarci in un epoca dove sappiamo che era predominante la cultura greca e il pensiero romano .
Come ho detto non può sfuggire al lettore che conosce l’ebraico una certa musicalità del testo di Giovanni scritto in ebraico, immaginiamo che il pensiero fu concepito in ebraico e poi riportato in greco.
Comunque sia queste parole vanno oltre al significato letterale , simile al profumo dell’essenza più pura che liberandosi nell’aria rivela il contenuto .
Confrontiamo queste parole con le altre sette parole cariche di significato che appartengono all’inizio del libro di Bereshit.
Ora cerco di fornirvi qualche elemento di riflessione , se qualcuno è in grado di aggiungere qualche osservazione sarà un piacere leggerlo.

בראשית היה הדבר והדבר היה את- האלהים והוא הדבר היה אלהים
“Bereshit haià ha-davàr ve-ha davar haià èt-Elohim ve- hù ha-davar haià Elohim”.
In principio era la parola, e la parola era con Dio, e la parola era Dio”essa era nel principio con Dio,”(Giovanni 1/1)

בראשית ברא אלהים את השמים ואת הארץ
bereshit baràh elohim et ha-shammaim ve-et ha-arez
”In principio, Dio creò i cieli e la terra”(
Bereshit 1/1) (genesi)


Totale 7 parole semplici , 28 lettere stesso numero di parole e di lettere che ritroviamo in esodo 20/1 , quando prima di annunciare le legge è scritto:
וידבר אלהים את כל הדברים האלה לאמר
Il Signore pronunciò tutte queste parole, dicendo così”.
Combinazione ? E’ assolutamente possibile, ma questa è la lingua santa dei cieli, i numeri finiti sono nello stesso infiniti e conducono all’UNO, la stessa parola צירוף “combinazione” e לשון “lingua “hanno lo stesso valore numerico 386.

Le sette parole richiedono di essere indagate attraverso lo studio dei segni, attraverso l’analisi della lingua ebraica che per sua natura può trova ulteriori significati in uno studio verticalizzato, vera alternativa a quello delle altre lingue che dispongono di un testo orizzontale e una sola possibilità di lettura.
Il pensiero occidentale considera tutto come sequenziale mentre queste sette parole sfuggono a questa regola, siamo sicuri che il significato originale sia quello che interpretiamo? Eppure le parole tradotte dicono che :
In principio, D-o creò i cieli e la terra”, Il soggetto e i verbi impiegati suggeriscono un percorso in cui la temporalità è sequenziale e progressiva.
Prima la terra , poi i cieli, e successivamente apprendiamo che lo spirito divino sovrasta le opere formate.
Nell’ebraico biblico soprattutto ( ma anche quello moderno ) la forma verbale è diversa da quella greca e latina e occupa praticamente due posizioni: l’azione conclusa e quella in fase di “divenire”.
La difficoltà di comprendere il significato della prima affermazioni scritta in genesi è certamente condizionata dal pensiero moderno che è figliastro del pensiero aristotelico.
Abbiamo letto che D-o creò i cieli e la terra, il nostro livello di comprensione ci persuade a pensare in termini fisici e astronomici , la terra come un mappamondo, gli oceani e i continenti, i cieli come spazio infinito contenitore a sua volta di altra materia, stelle, pianeti e altro; chi scrisse queste parole non intendeva sottolineare l’aspetto materiale, ma esclusivamente le due condizioni di esistenza, quella della terra intesa come luoghi e quella dei cieli che la sovrastano, i cieli erano per il l’autore di genesi il luogo dove esistevano le creature “celesti”.
Anche la terra appena creata è diversa da quella che noi pensiamo , il testo si affretta a precisare che essa era “tohu ve-bohù”.
Le parole del primo verso di Bereshit contengono delle espressioni che non sigillano la temporalità ma la mantengono sospesa.
Già molto tempo prima la questione dell’ordine temporale della creazione era discussa dai due grandi pensatori del giudaismo, Hillel e Shammay.
Shammay sosteneva che i cieli erano stati creati per prima secondo quanto afferma il testo, Hillel invece sosteneva che prima era stata creata la terra secondo il detto: “I cieli sono il mio trono e la terra lo sgabello dei Miei piedi” (Isaia 66/1)
A sua volta Shammay cita il passo: ”Io sono il primo e sarò Io anche l’ultimo. La mia mano ha fondato la terra e la Mia destra ha disteso il cielo, Io li chiamo ed essi si alzano insieme”( Isaia 48/13).e
Potremmo anche tradurre il testo come “ in principio D-o si mise a creare il cielo e la terra e mentre questo accadeva lo spirito di D-o percorreva la sua creazione nella stessa temporalità in cui essa fu creata, questa apparente temporalità è forse nascosta nelle parole :”Dio disse: “Sia la luce e la luce fu”.
Sette sono le parole: “ Principio, D-O, creò , comprese due particelle menzionate due volte את , “et” per i cieli , ואת e “ve-et” per la terra.
La prima parole è בראשית “Bereshit” è tradotta comunemente “In principio” ma come intendere il suo significato ?
Secondo il pensiero greco in principio, significa letteralmente “dentro il principio” considerando il principio una fase temporale, in latino il significato cambia in principium “ non significa “dentro il principio”, le stesse parole esprimono uno stato di luogo .E che cosa intendeva definire un autore di tremila anni prima?
Esiste forse differenza tra il principio inteso “per prima”, dal “principio” come lo concepiva chi scrisse l’opera, forse egli non si riferiva allo spazio temporale del prima o del dopo ma intendeva descrivere attraverso queste lettere qualche cosa di diverso da un fatto temporale.
Rambam scrive a proposito: ” Il mondo non è stato creato con un principio nel senso temporale del termine […] perché il tempo è esso stesso una delle cose create. Sta scritto:” In principio be-reshit “ dove “be”significa”in “, pertanto la vera traduzione di questo versetto è: “In origine Dio creò ciò che sta sopra e ciò che sta sotto”(”Maimonide-Guida ai perplessi, parte II, capitolo XXX).

La parola ראשית Reshìt”è introdotta dalla lettera ב che non è solo un articolo con significato di “in” o “su’ “ inteso come complemento di stato di luogo ma anche come strumento e proposizione “con” “attraverso, per mezzo”.
Viene quindi grammaticalmente corretto affermare che l’espressione בראשית è traducibile “tramite il principio “ .
Ritornando a ראשית avendo escluso il significato temporale bisogna ripensarlo come ראש “rosh” capo, testa , sommità da cui derivano il senso del comando e quindi del “principio”
Fabre d’Olivet nel suo libro “la lingua ebraica restituita” precisa :”Questa parola nel posto dove in cui si trova, offre tre distinti sensi di lettura e interpretazione: uno proprio, l’altro figurato e il terzo geroglifico”.
Quindi il “principio” secondo il pensiero ebraico è la sapienza che presiede l’intero universo e la Torah la sua manifestazione, i mattoni intesi come le lettere dell’alfabeto ebraico che possono attraverso le proprietà combinatorie scrivere qualsiasi cosa, questa è la “chokmà” la saggezza, la prima delle sephirot.

La prima cosa che viene naturale in una lettura di un testo è quella di ricercare il soggetto, indispensabile per identificare l’azione.
Leggendo il testo di genesi ci sembra evidente che il soggetto è la terza parola אלהים , “Elohim” la nostra esperienza e cultura ci indica che è assolutamente logico attribuire al creatore il soggetto dell’azione, ma queste parole in origine furono scritte senza interruzioni e senza le vocali , quindi la lettura potrebbe essere diversa.
Il significato è contenuto nel significante? Oppure l’opposto? Bella domanda !
Chi è che ci scrive, da dove arriva questa affermazione ?
Se in alternativa proviamo a considerare che il soggetto è il Principio scopriamo un nuovo significato, un nuovo autore irriconoscibile diventa il soggetto e ci suggerisce una lettura differente : “ nel principio è stato creato Elohim” il PALAZZO , il verbo ברא “ è stato creato” è alla ricerca del suo creatore, il soggetto.
E una parola che ci fa pensare al movimento, l’espandersi di qualche cosa, un atto dinamico che è il cambiamento, potremmo anche leggere: Il PRINCIPIO creò la diversità, “Elohim” poi i cieli e la terra ?
E quindi corretto tradurre come è scritto nel Bereshit Rabbà: “In principio con Reshit creò Dio, il cielo e la terra”? E sostenibile testualmente e grammaticalmente?

IL PRINCIPIO fu l’inizio “Elohim” e poi l’inizio della molteplicità e lo spiegamento dei mondi: “Così il Santo, Egli sia benedetto, guardò la Torah e creò l’universo, come la Torah dice: In principio ( con Reshit) creò Dio e Reshit è la Torah, come dice :Il Signore mi ha posseduta nel principio(reshit) delle sue vie.” (Prov 8/22).
Capiamo a questo punto che il testo non fornisce notizie sull’ordine delle cose create, non c’è un prima e un dopo, lo “spirito di D-o sfiorava la superficie delle acque” , ma le acque non erano ancora state create. Ecco perché il testo è volutamente essenziale.

La mancanza di una certa logica temporale negli avvenimenti descritti nelle scritture ha sempre costituito una difficoltà. Questa particolarità da sempre è stata osservata dai maestri e pensatori che hanno da sempre affermato: “en muqdam umuchar ba Torah” “Non un prima e un dopo nella Torah “.
Rambam scrive a proposito: “Il mondo non è stato creato con un principio nel senso temporale del termine, come abbiamo spiegato, perché il tempo è esso stesso una delle cose create. Sta scritto:”In principio (be reshit), dove “be”significa :in; pertanto la vera traduzione di questo versetto è: in origine Dio creò ciò che sta sopra e ciò che sta sotto”(Guida ai Perplessi) capitolo XXX

Guardare la Torah ha un significato ampio e se vogliamo molto attuale, il Bereshit Rabbà offre un prezioso insegnamento:
”La Torah dice: ”Io ero lo strumento di lavoro del Santo, Egli sia Benedetto. Comunque un re mortale che costruisce il suo palazzo, non lo costruisce secondo il proprio criterio, ma secondo quello dell’architetto; e neppure questo lo realizza esclusivamente secondo il suo criterio, ma ha pergamene e tabelle, per poter sapere come deve eseguire le camere, come fare gli usci. Così il Santo, Egli sia Benedetto, guardò la Torah e creò l’universo, come la Torah dice:”In principio(con reshit) creò Dio” (Bereshit Rabbà I/1).
L’ermeneutica ebraica fornisce molte interpretazioni di queste 7 parole , alcune suggestive .
ll Tikkunè ha Zohar, afferma che la traduzione letterale di “Bereshit” significa “Egli creò il sei” ברה שית , forse perché la parola “Bereshit” è di 6 lettere ?
Oppure potrebbe essere anche possibile tradurre רא שיתב “creò il fondamento”?
Ma c’è sempre una diversa spiegazione, non essendo le lettere ebraiche vocalizzate lo stessa parola può essere letta come : “bareshit “ “dentro il principio “ la novità è che le lettere ברה שית possono significare che all’interno del principio fu creato il mondo.
Ci possiamo domandare che cosa è il principio , quale rapporto ha con la sapienza che entra nella creazione, il termine nella nostra lingua è limitativo, esiste forse un significato più ampio ?
E scritto in proverbi: יהוה קנני ראשית ררכו קדם מפעליו מאז “ Il Signore mi creò all’inizio del Suo procedere, prima ancora delle opere della sua creazione” (Prov. 8/22)
La sapienza pone un commento di se stessa, afferma che essa fu creata all’inizio della sua opera e non fu l’inizio della sua opera; la differenza ci sfugge, ma il significato dinamico ne fa una grande distinzione.
La sapienza diventa il principio della forza creatrice, la prima opera creata che precede la creazione e viene prima della ב “bet”, la prima lettera di בראשית , la “bet” ha significati molteplici, principalmente è “stato di luogo” ma anche per mezzo, quindi traducibile per mezzo di reshit che in questo caso sostiene l’azione.

Anche in Giobbe è scritto: ראה ויםפרה הכינה ונם חקרהאז
Allora (il Signore) la vide e la comprese; le diede una consistenza e ne scrutò il valore”(Giobbe 28/27).
Il testo ebraico usa l’espressione כינה che è traducibile come “creò” simile a בהכינו di Proverbi 8/27 dove è scritto “Quando creò i cieli io ero già presso Lui “
D-o crea i mondi mentre c’era la sapienza.
Ma sette sono le parole del primo versetto della creazione, mentre abbiamo visto che 6 sono le lettere ebraiche che compongono la prima delle parole: בראשית .
Quando studiavamo la matematica ci hanno insegnato che il numero 6 è il primo numero perfetto conosciuto , uguale alla somma dei suoi divisori (1,2,3), ma anche uguale al loro prodotto cioè ,(1x2x3), quindi doppiamente perfetto, il secondo dei numeri perfetti è il 28 che uguale alla somma di (1,2,4,7,14) , lo stesso numero delle lettere ebraiche che formano il primo versetto del Bereshit.

Lettere, numeri, matematica si intrecciano secondo un disegno del tutto particolare.
E casuale tutto questo? Possiamo pensare che le regole dei numeri che non hanno mai fine appartengono a un progetto fatto anche di numeri?
Queste considerazioni sui numeri e combinazioni di lettere ci incuriosiscono , questa parte del testo attraverso tramite le proprietà dei segni e il dinamismo della lingua ebraica sembra volerci suggerire una storia diversa che va indagata.
La tradizione afferma che nelle prime parole : in principio D-o creò” è contenuto il mistero di tutta la Torah stessa.

Shalom
Noiman
Ultima modifica di noiman il martedì 16 maggio 2017, 22:55, modificato 2 volte in totale.
AKRAGAS
Messaggi: 1016
Iscritto il: domenica 1 febbraio 2015, 9:38

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da AKRAGAS »

Nella notte dei tempi coloro che sedevano nella sera accanto al fuoco immaginavano nel racconto di genesi 3 un uomo barbuto e un Adam nudo dietro a delle foglie di fico? Riconoscevano nel testo un D-o che cercava a piedi nel giardino un uomo creato a sua immagine e somiglianza?

Da quando la Torah, l'insegnamento Divino, è stata rivelata all'uomo, da Moshé fino ai giorni nostri, la Scrittura è letta pubblicamente affinché la comunità possa udire i suoni delle parole.
Questa tradizione non è una semplice usanza ma ha una sua funzione che solo il popolo prescelto ha saputo tramandare.
Come la creazione avviene con la parola di D-o così nelle parole scritte nella Torah viene rivelato il segreto del progetto del creato.
Ora, la lettura in silenzio produce delle immagini mentali ;siamo nella sfera della elaborazione dell'immagine visiva che riporta sempre a qualcosa di concreto.
La lettura ad alta voce, meglio direi il cantare la Torah, ci riconduce al vero senso delle parole scritte che solo la lingua ebraica può rivelare poiché in essa il D-o ha tradotto e relegato ciò che è inconoscibile infinito in suoni di parole finite. Nella sfera del suono della parola, quindi, gli scrittori del Libro comprendevano un significato che non può corrispondere necessariamente all'immagine mentale che si struttura oggi nel lettore moderno, peggio se legge in silenzio una traduzione.
Penso che nelle parole della Torà ci sia molto di più di quello che appare agli occhi...
c'è molto da imparare, almeno per me!
Grazie Noiman,mi hai fatto riflettere su concetti che forse ora ho compreso meglio.

Shalom :YMHUG:
noiman
Messaggi: 2025
Iscritto il: domenica 20 aprile 2014, 22:41

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

19
Riguardo la discussione aperta sul matrimonio nella bibbia, mi permetto di aggiungere qualche riflessione sul significato ebraico, ponendo interpretazione di alcuni significati che non sono sempre evidenti e neanche facilmente ritrovabili digitando in gooogle qualche parola chiave.
Scrivo nella cartella interpretazione ebraica perché di questo si tratta, tuttavia se qualche moderatore ritiene di spostare il mio intervento su la cartella appropriata non ho nulla in contrario.

L’ebraismo non è solo una religione, ma un modo di pensare assolutamente unico con il fine di esaltare l’assoluta individualità della presenza divina, il monoteismo è la base su cui si fonda il giudaismo, D-o è unico, ma impegnato attraverso questa creazione di riportare alla unicità passando attraverso le forme per ricondurre il molteplice a l’individualità assoluta.

Nella nostra dimensione il concetto di unicità non rappresenta assolutamente il valore assoluto, la singolarità è una definizione che si contraddice da sola , un numero è singolo , ma non rappresenta la singolarità assoluta che invece esiste nel mondo celeste dove c’è un solo singolo che racchiude la molteplicità in un significato che nessuna fisica terrestre può comprendere. Ma questo è un argomento complesso che non può essere affrontato in questa discussione.

Abbiamo appreso che Adam fu creato a immagine di D-o, maschio e femmina, questa affermazione ci induce a pensare che oltre al corpo fossero presenti anche due anime, la mistica ebraica afferma che all’inizio l’uomo e la donna erano un corpo solo , una sola anima ma erano voltati di schiena anche a livello spirituale, speculari e uniti dal progetto del creatore.
Solo dopo la separazione il Santo li pone di fronte, secondo la tradizione vengono distinte anche le due anime.
Quando si ritrovano faccia a faccia inizia per loro un nuovo percorso, secondo il progetto cosmico essi devono ritrovare una nuova unione e questo può solo avvenire fuori dal Gan Eden.
Questa unione è nel progetto della creazione :“l’Uomo si unirà a sua moglie e saranno una carne sola (echàd)”. Questa affermazione ricorda le prime sei parole dello shemà, dove è scritto: “Ascolta Israele, Il Signore Dio nostro è Uno”.
Il modello divino è unità e unicità , la creazione dell’uomo punta alla unità perfetta con il ricongiungersi alla parte femminile.
Lo Zohar commenta così:

“Il Re (D-o) cerca solo ciò che gli corrisponde. Perciò, il Santo, che Egli sia benedetto, risiede in colui che (come Lui) è uno. Quando l’uomo in perfetta santità, realizza l’uno, Egli (D-o) è in quest’ultimo. E quand’è che l’uomo viene chiamato uno? Quando un uomo e una donna sono congiunti intimamente. Vieni e vedi. Nel punto in cui l’essere umano, come maschio e femmina, si trova unito, badando che i pensieri siano santi, egli è perfetto e senza macchia e viene chiamato uno. L’uomo deve far si che la donna gioisca in quel momento, onde sia con lui un unico volere ed entrambi uniti debbono portare la mente a quella cosa. Così è stato insegnato: ” Chi non ha preso una donna è come se fosse una metà. Se però un uomo e donna si uniscono, se divengono uno, corpo e anima, allora l’essere umano viene chiamato uno e il Santo, che egli sia benedetto, prende dimora in quest’uno e genera per lui uno spirito Santo”.( Zohar III/81a).

Nel decalogo c’è un insegnamento, D-o disse אנכי “anochì” “Io sono” la prima parola afferma l’individualità , l’ultima è לרעך “lerècha” “il tuo prossimo”
Che potrebbe essere interpretato: “Io sono per il tuo prossimo”
L’uomo è un singolo, ma appartiene a una comunità, questo non è essere unici .

Nell’ ebraico il termine “ishiu’t” definisce la singolarità , attraverso la personalità. Proviene dalla radice “ ish” “uomo”. Ma la parola ישות ishiu’t” suggerisce il senso dell’astratto e anche di “essenza” “ishiu’t” può essere interpretato come “umanità”, anzi direi che ” enoshiu’t” è il termine corretto grammaticalmente.
Come si può superare la contraddizione tra il singolo e il molteplice…?
Ma l’ebraico attraverso la polisemia genera una parola simile che trova un altro significato sviluppando un secondo significato “ishut” significa anche “matrimonio, unione”.
L’uomo è un singolo non ha copie, ogni uomo “ è solo se stesso” diverso nella sua individualità e simile agli altri uomini, la sua identità si esprime attraverso la molteplicità che lo lega ai suoi simili.

I n ebraico איש "ish" è l’uomo la “yod” è lettera mediana , la prima del tetragramma, la donna è אשה possiede la lettera ה“he” la seconda lettera del nome di D-o, se vengono tolte queste lettere, rimane la parola “ésh” che il fuoco.

D-o volle la separazione , separò la donna dall’uomo secondo un progetto cosmico che ci è sconosciuto. Un percorso che inizia da Chavà , la prima donna che fu illusa dal serpente che gli insegnò che poteva decidere da sola.
Isciàh” accusò il serpente di averla corrotta , la Torah scrive: השיאני ואכל הנחש “ha-nachàs iscianì , ve-ochèl “ “Il serpente mi sedusse è mangiai ”affermazione che può essere scomposta nelle parole אני יש “ ièsh anì” che può essere tradotta come: “Ci sono Io” e sono separata nella mia coscienza.
Ishiu’t è la fiducia per il proprio compagno, il midrash commenta che quando la colomba inviata da Noàch trovò la terra asciutta non tornò più all’arca, pur avendo lasciato la sua compagna , da questo non ritorno Noàch seppe che presto la terra sarebbe stata asciutta, la colomba invece spiegano i maestri, non torna perché essa era “Ishiut” , la certezza che avrebbe ritrovato il suo compagno più tardi , questo introduce il secondo concetto la “devekut” che Antonio ha spiegato molto bene “devekùt” è l’attaccamento che predomina sul sentimento individuale, la base di ogni rapporto di coppia .

Ischiut” e “ devekùt” diventano i modelli futuri , un esempio di rapporto istituzionale e legale tra uomo e donna che D-o approva e benedice , non solo fisicità e soddisfazione sessuale, ma un sentimento altruistico in cui il bene comune è condiviso nella materialità e nella spiritualità, che corrisponde al modello celeste di unione perfetta.
Sarete una sola carne” …….“Li creò a sua immagine e somiglianza, maschio e femmina li creò”. Queste parole sono il ritorno all’unità, forse una creazione voluta duale e assolutamente plurale ma con il fine di ricostruire l’unità.
Concludo con le parole tratte dal libro di Dvarim:

ואתם הדבקים ביהוה אלהיכם חיים כלכם היום
Mentre voi , che rimanete attaccati al Signore vostro Dio, siete ancora oggi tutti vivi”( devarim-vaethchannan – deuteronomio 4/4).

Concludo con un brano del Talmud che riflettere su quello che era il mondo nei tempi del diluvio, non vi sembra che questo sia ancora attuale da qualche parte del mondo?
Shalom

Poi Lemech prese due mogli. Il nome della prima era Adah e il nome della seconda era Silla “(bereshit4/19) – commento del Bereshit Rabbà :
" Disse rav. Azarjah in nome di R.Jehudah ben Shimon “Cosi facevano gli uomini della genealogia del diluvio:ognuno prendeva due mogli, una per la discendenza e l’altra per il coito. Quella che era destinata alla riproduzione era come vedova durante la sua vita; quella destinata al coito beveva dei liquidi che procuravano la sterilità per non generare, e stava presso il marito adornata come una prostituta”

שלום וחג שבעות
נוימן
Questa notte è Shavuòt, la tradizione ci impegna a studiare e commentare la Torah per tutta la notte fino all’alba, cosa che sto facendo da questa mattina all’alba.

Posso anche rispondere a Sandro48 che pone una domanda che avrebbe potuto rispondere da solo.

Il passo citato del Talmud sottolinea che l’umanità nell’epoca del diluvio era corrotta, l’umanità è definita in modo generico, non è Israele e neanche il popolo ebraico che non era stato ancora inventato.
A quanto pare non hai ancora assimilato i concetti base delle scritture, devi forse ricominciare da capo e non affrettarti in affermazioni che non hanno alcun senso.
Quindi non sono d’accordo in nulla,poi…. perche scrivi maschilista con la maiuscola?
Shalom
Noiman
Ultima modifica di noiman il domenica 14 maggio 2017, 21:02, modificato 2 volte in totale.
noiman
Messaggi: 2025
Iscritto il: domenica 20 aprile 2014, 22:41

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

21 parte
Una delle prime cose che ho imparato nella vita è sforzarsi ogni giorno di essere coerente con se stesso, nelle relazioni con il prossimo, nel lavoro e anche nello studio Riguardo a quest’ultimo e contrariamente a quello che qualcuno può pensare non è tutta la mia vita, sono quasi quarant’anni che studio le scritture e i testi della tradizione ebraica ma vi assicuro che ho altri mille interessi (sapevate che colleziono le figurine Panini……?) , studiare vuole dire applicarsi, poi sacrificarsi e porsi degli obiettivi e fare ogni cosa possibile per raggiungerli .
Questo è un modo di pensare che diventa metodo e influisce anche su tutti gli atteggiamenti collegati in qualche modo alla praticità della vita, compresa la capacità di creare le opportunità di successo e di conseguenza il benessere, ritengo che studiare Torah sia molto più difficile che comprendere il bilancio astruso di una grande società quotata in borsa, ecco perché forse gli ebrei diventano più ricchi facilmente.
Certamente non posso assomigliare a chi ha scritto queste parole, ma posso fare di tutto per aspirare ad assomigliarci.

Le acquisisce chi conosce il proprio posto, chi è contento di ciò che ha, chi fa un argine alle proprie parole, e non attribuisce i propri meriti a se stesso. È amato, ama i rimproveri, ama la rettitudine, si allontana dagli onori, non si vanta del proprio studio, non gode nel dar pareri, è disposto a condividere le pene del suo compagno, lo giudica sempre dal lato buono, lo avvia alla verità, alla pace, si concentra nello studio, domanda e risponde, ascolta ed aggiunge. Colui che studia allo scopo di insegnare, e riporta un detto citando per nome la fonte. Impari infatti che chiunque riporti un detto a nome della sua fonte avvicina la redenzione nel mondo, come è detto: ”Riferì Ester al re a nome di Mordekhai”
Misnàh Pirke Avot, Massime dei Padri, capitolo 6

Ieri sera ho passato la serata a riflettere sulle due affermazioni di Marco, la prima era rivolta a Sandro 48 “Sul tuo decadimento mentale dietro a cose ebraiche ci avrei scommesso. E' un mondo che a noi non ci appartiene.”
La seconda era diretta a me: “Noiman per l'ennesima volta non odio gli ebrei, come devo dirtelo”. Questo mi ricorda una cosa che avevo letto da qualche parte: “ Io non sono antisemita, è colpa tua che sei ebreo” .
Forse il buon Marco si riferiva al significato della parola “odio” nelle scritture di de VT e del NT che sicuramente significa “amare di meno”.

Poi ho concluso che non c’è problema di coerenza, questo è un passo successivo del pensiero organizzato che è sempre lento e veloce, forse in questo caso è sempre solo vincente il pensiero veloce, comunque sia la ricerca della coerenza nel pensiero e nelle affermazioni è il passo successivo, prima è necessario risolvere i problemi che nascono molto prima e in tempi lontani.
Mi sono anche chiesto cosa ci fa Marco in un forum di discussioni bibliche se ha già tutte le risposte in mano, forse per fare il guardiano a suo fratello?

Oggi per ora non si può più convertire il proprio prossimo se questo non è condiscendente, ma se Marco fosse vissuto in un’epoche prima del XX secolo sarebbe stato un ottimo esempio di persecutore delle minoranze e dei diversi.

Questo è assolutamente l’ultimo intervento su l’argomento “Marco”, chiedo domani o quando vogliono i moderatori di spostarlo nella apposita cartella.
Detto questo, cercherò di riprendere il tema dell’interpretazione ebraica delle scritture ebraiche
Colgo l’occasione di incoraggiare Sandro nello studio con un sentito Mazal Tov.
Shabbat shalom.
Noiman
Ultima modifica di noiman il domenica 14 maggio 2017, 21:09, modificato 2 volte in totale.
AKRAGAS
Messaggi: 1016
Iscritto il: domenica 1 febbraio 2015, 9:38

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da AKRAGAS »

Ciao, Noiman.
Ciò che hai scritto possiede grande valore per me e credo anche per coloro che sono capaci di apprezzarlo.
Se puoi, continua così.
Grazie di cuore.
stella
Messaggi: 4009
Iscritto il: giovedì 3 aprile 2014, 17:44

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da stella »

Anche da parte mia ....grazie NOIMAN :-)
l,anima mia. ha sete del Dio vivente
Avatar utente
Gianni
Site Admin
Messaggi: 10154
Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
Località: Viareggio
Contatta:

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Mi associo. :-) (Intanto il Talmud in ialiano è già esaurito; è introvabile. Ho sentito la Giuntina: lo stanno ristampando e ... sorpresa, chi lo acquista non è, in maggioranza, ebreo).
noiman
Messaggi: 2025
Iscritto il: domenica 20 aprile 2014, 22:41

Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

22
Avevo scritto che il termine odiare utilizzato nelle scritture ha una doppia valenza , qualcuno però ha preferito ignorare il vero significato della parola odio e riconoscerlo solo nel suo significato da vocabolario Treccani definito solo nel suo significato nefasto , questo ha consentito ad alcuni di giustificare le parole di Gesù per continuare a perseguitare il prossimo non cristiano, altri causa questa incomprensione rimangono tuttora stupiti e imbarazzati della durezza delle espressioni di Cristo e in qualche modo ne prendono le distanze.
Ma questa espressione è da comprendere escludendo il pensiero greco che tuttora influenza la lettura e comprensione del testo, sia moderno che antico.
Pensiamo come i greci, scriviamo come i greci , secoli di filosofia e di insegnamenti secondo Platone e Aristotele non ci permettono di comprendere la logica ebraica con cui furono pensate e poi scritte tutte le opere del VT e del NT

Umberto Eco (con l’augurio:תהיה נישמתו צרורה החים .)
scriveva a proposito:
Il pensiero cristiano si basa su un Antico Testamento scritto in ebraico, e un Nuovo testamento scritto in gran parte in greco. S. Agostino ignora l’ebraico e ha una conoscenza alquanto del greco. Il suo problema quale interprete delle scritture, è di capire cosa il testo divino volesse veramente dire e del testo divino egli conosce solo le traduzioni latine. L’idea che si potrebbe ricorrere all’ebraico originale gli sfiora appena la mente, ma la respinge perché non si fida degli ebrei, che potrebbero avere corrotto le fonti per cancellarne i riferimenti al Cristo venturo” . ( da la ricerca della lingua perfetta Umberto Eco pag 20).

Apprendiamo dal libro di genesi che Khàin era cattivo e Hével era buono , per logica possiamo anche affermare che Khàin non era buono ed Hével non era cattivo, per noi le due affermazioni coincidono nello stesso significato, se invece che due personaggi biblici essi fossero allievi di una scuola superiore sulla base di una di queste affermazioni avremmo potuto assegnare dei voti di condotta , punire Khàin perché era meno buono di Hével o promuovere Hével perché era meno cattivo di Khàin
Ciascuno di noi ha la sua preferenza per un Khàin cattivo e un po’ meno per Khàin non buono, questo è il pensiero greco, ma quanto era la distanza tra Khàin e Hével? Abramo cercò di salvare la città di Gomorra cercando di trovare almeno cento giusti, poi scese a novanta , infine si dovette fermare a dieci giusti? Voi quale percorso mentale avreste seguito ?

L’interpretazione cristiana e ebraica delle scritture del Tanach è stato argomento di confronto già nei primi secoli dell’era volgare, grandi maestri dell’ebraismo si sono confrontati con le massime autorità cristiane del tempo.
Alcune di queste dispute teologiche sono celebri e hanno impegnato le migliori menti del tempo.

Sandro 48 ha aperto questa discussione con il titolo “interpretazione ebraica delle scritture ebraiche” la definizione è troppo specifica , forse solo adatta in una yeshivà in qualche parte del mondo, il limite è la definizione stessa.
Conoscendo il limite di questa discussione , fino ad oggi vi ho descritto come funzionano alcuni metodi ermeneutici che il giudaismo utilizza per studiare le scritture ebraiche, e vi ho un paio di esempi di interpretazione con qualche passo tratto dal talmud che ha qualcuno non è piaciuto, ora se si vuole possiamo modificare il titolo della discussione e riscriverlo come ”l’interpretazione delle scritture ebraiche” e quindi consentire a chiunque di poter commentare e aggiungere preziose osservazioni.
Riguardo ai testi di Geremia, Isaia e altri agiografi esiste già un’ampia letteratura sulla differenza di interpretazione dei testi tra il cristianesimo e il giudaismo, potete tramite il web approfondire i temi del confronto.
Più interessante è forse ritrovare nella parte che riguarda la Torah alcuni di questi aspetti di confronto tra le due possibili interpretazioni. Per fare questo occorre mantenere inalterato il significato letterale nella sua traduzione e da questa base è lecito sviluppare l’interpretazione attraverso la speculazione dei significati e la ricerca nelle parole di contenuti aggiuntivi.
Ricordo a proposito una discussione sulla presenza di elementi della trinità cristiana nel nome אלהים, e nella stessa cartella una ardita interpretazione dello Spirito Santo all’interno del significato del termine רוח, vento-spirito.
La Torah è un lungo racconto che narra la storia che inizia dalla prima umanità , poi le vicende del popolo ebraico, tutta la narrazione si svolge attraverso lo spazio temporale di qualche millennio, nel racconto guerre, conquiste e le storie personali dei protagonisti si intrecciano con le norme giuridiche, leggi morali e comportamentali , dettagli riguardo il culto e descrizioni dettagliate di oggetti e luoghi come costruzione del miskan , la parte mistica e speculativa sul divenire dell’uomo e di Israele è assai contenuta rispetto ai libri dei profeti posteriori e degli agiografi che completeranno l’opera nel suo insieme: questo è il Tanach.
Quindi vi propongo un esempio di interpretazione di un capitolo del libro di Bereshit
Che chiunque può commentare, con il solo limite di mantenere inalterato il significato letterale del testo:
Il Signore gli apparve presso le querce di Mamrè mentre egli era seduto all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. Alzò gli occhi, ed ecco tre uomini erano là vicini a lui; come li vide, corse loro incontro dalla porta della tenda, si prostrò a terra, e disse: Signor mio, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, ti prego, non passare oltre al tuo servo. Si prenderà un po' d'acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero. Prenderò un pezzo di pane, vi ristorerete, poi proseguirete, giacché siete passati presso al vostro servo. Essi risposero: Fa' pure come hai detto. Abramo corse verso la tenda da Sara e le disse: Presto, prendi tre seà di fior di farina, impastala e fanne focacce. Corse poi all'armento, prese un vitello tenero e bello, e lo diede al garzone che si affrettò a prepararlo. Prese poi della crema e del latte, il vitello che aveva preparato, e pose tutto dinanzi a loro; essi mangiarono mentre egli stava in piedi vicino a loro sotto l'albero ( Bereshit 18/ 1-8)

Questo parte tratta dal libro di Bereshit, da il titolo alla parashàt di Vaikrà “ "e vide” da sempre questi pochi versetti biblici sono stati grande argomento di studio e di riflessione , questo episodio che anticipa di poco la distruzione di Sodoma e Gomorra ha da sempre attratto i commentatori di ogni fede per la sobrietà del racconto, poche parole per raccontare un avvenimento straordinario , in altre parti della Torah per narrare avvenimenti molto meno importanti sono state utilizzate molte pagine con abbondanza di particolari.

Il capitolo 18 di Bereshit per l’estrema sobrietà del racconto e la sua essenzialità si presta molto bene a una analisi del significato letterale, attraverso la presenza di alcune parole chiave ebraismo e cristianesimo hanno sviluppato ciascuno attraverso la propria ermeneutica del testo e attraverso queste parole sono state ritrovate altre analogie che ciascuna fede è stata fonte di interpretazione a sostegno della dottrina delle; le parole chiavi e gli appoggi testuali ,i cosiddetti “asmachtà” traducibili letteralmente come “appoggio” di cui vi ho già parlato sono stati la base di partenza per la ricerca di significati.
Questo approccio al testo è lecito, tuttavia la differenza tra le possibili interpretazioni ebraiche e cristiane partono da presupposti diversi, il cristiano deve fidarsi della migliore traduzione disponibile, il giudaismo oltre al significato del testo trae ispirazione dal percorso verticale che la lingua ebraica consente per la ricerca di significati aggiuntivi , infine può utilizzare la tradizione, Misnàh , Talmud e Midrash, il dialogo mai interrotto tra vivi e morti , esperienze che costituiscono la base di partenza per nuove interpretazioni, questo tipo di esperienza non c’è nel cristianesimo perché le scritture del VT e NT non sono mai state indagate con questo metodo per cui l’aspetto fideistico prevale su quello ermeneutico.
Lascio a voi la parola.
Un saluto
Noiman.
Ultima modifica di noiman il domenica 14 maggio 2017, 21:13, modificato 2 volte in totale.
Rispondi