Interpretazione delle Scritture Ebraiche

noiman
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

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Ritorniamo alla interpretazione ebraica delle scritture, scusate per questa divagazione ai limiti di OT, tra l’altro scritta pure male, messa giù su un tablet mesi fa durante un volo da Israele, poi un copia incolla inopportuno.
Scusatemi…..
Riprendo da dove avevo lasciato

Interpretazione ebraica è forse differente da una interpretazione non ebraica?
Se per interpretazione non ebraica intendiamo l’interpretazione cristiana, possiamo cercare di trovare in che cosa consistono le eventuali differenze ?
Questo lo tratteremo in seguito.

L’interpretazione ebraica ha mantenuto attraverso i tempi una impostazione “testocentrica”, un punto fermo nell’ebraismo per definire ogni speculazione ermeneutica con solo riferimento al testo scritto che secondo la tradizione è la verità rivelata, consegnata agli uomini come matanà, il dono divino che secondo la tradizione di oggi come di allora è contenitore di ogni cosa, secondo il detto talmudico: ”voltala e rivoltala poiché tutto è in essa”
Questa visione condiziona di molto l’interpretazione ebraica, per essere riconosciuta deve essere legata al testo e conforme alla tradizione, (questo l’ho già detto) ,una specie di garanzia che pone dei limiti interpretativi alla eccesiva speculazione nella ricerca dei significati, questa deriva ermeneutica la ritroveremo nell’ebraismo in epoca posteriore, soprattutto nei secoli medioevali e rinascimentali.

Nella interpretazione ebraica non è fondamentale la ricerca ne la speculazione della cosiddetta causa “prima”, neanche è delineato un “dopo”, non è contemplata la ricerca di modelli alternativi che spieghino il caos iniziale, non viene cercata la spiegazione supplementare su quello che era prima, quando terra e cielo erano “tohu ve bohu” .
Solo in epoche più recenti gli studi cabalistici si pongono il problema di definire il concetto di preesistenza, Safed ( erez Israel) è la culla del pensiero cabalista, in quel luogo che sembra la Svizzera per quanto è verde , sono vissuti i più grandi cabalisti e studiosi di Torah, in questo luogo le scritture verranno indagate tra il 1400 e il 1600 in questa nuova forma di pensiero speculativo nella ricerca dei significati nascosti che il testo ispira.

Nella ermeneutica dell’origine l’indagine del testo e dei significati non subisce ancora l’influenza del pensiero greco e della filosofia aristotelica, solo in seguito le due forme di pensiero contrapposte avranno scambi reciproci, nell’epoca successiva fu scritto il NT affine in parte il pensiero greco, il giudaismo subirà a sua volta l’influenza , questo aspetto lo rileviamo in diversi modi, soprattutto attraverso alcune aggiunte alla lingua ebraica che nella quotidianità si arricchisce di vocaboli e espressioni.
Nonostante questo l’ermeneutica giudaica si mantiene quasi indenne e impone una interrogazione delle scritture, tramite il “daràsh” “interrogare”, nel tentativo di comprendere il testo senza derive logocentriche,
La scrittura è la base, la sua interpretazione è l’orizzonte.
Il testo nasconde delle domande , l’interpretazione esige delle risposte che non sono incluse in esso, secondo la mistica ebraica tutte le domande possibili e le risposte possibili sono già state date a Moshè sul Sinai , attendono solo di essere consegnate agli uomini.
Dunque gli elementi di riferimento sono tre: La scrittura, la tradizione e l’interpretazione.
L’ermeneutica ebraica rimane impegnata nel “tirare fuori” dalle pieghe del testo i significati e le rivelazioni che non sono evidenti attraverso la lettura normale.

La Torah consegnata nella sua forma terrestre i ci sembra sigillata, ma attraverso lo studio essa si apre e si rivela in sempre nuovi contenuti e significati che a loro volta originano altri pensieri, una specie di DNA collettivo che mantiene questo pensiero attraverso gli spazi temporali, lo studio della Torah è come un capitale in cui gli interessi accumulati costituiscono un valore aggiunto che è di nuovo disponibile per essere incrementato, questo è fare “midrash”.
Lo studio comprende l’osservazione dell’aspetto letterale del testo, il” peshat” il significato evidente e letterale, poi lo studioso ermeneuta ricerca nelle parole il significante che sfugge alla prima lettura, ogni lettera viene impegnata nella ricerca verticale dei suoi significati, partendo dal presupposto che nessuna lettera che appartiene al testo è inutile, ripetizioni e contraddizioni comprese, lo studioso ricerca attraverso la polisemia delle radici ebraiche significati inediti, attraverso il testo ricerca associazioni, riferimenti cercando di allargare l’area semantica e trasformare i significati secondo il detto:” Una parola ha detto, due ne ho udite”.

Lo bashamàim “hi” “ Lei non è nei cieli” . Dunque dove è la Torah.
Proviamo a interpretare questo passo della Torah:

כי המצות הזאת אשר אנכי מצוך היום לא-נפלאת הוא ממך ולא- רחקה הוא : לא בשמים הוא לאמר מי יעלה-לנו השמימה ויקחה לנו וישמענו אתה ונעשנה: ולא-מעבר לים הוא לאמר מי יעבר- לנו אל-עבר הים ויקחה לנו וישמענו אתה ונעשנה: כי-קרוב אליך הדבר מאד בפיך ובלבבך לעשתו.
Poiché questo comando che oggi ti do, non è troppo alto per te, e inaccessibile per te, non è in cielo affinché tu debba dire:” chi salirà in cielo per noi per prenderlo e farcelo ascoltare che si possa noi metterlo in pratica. E neppure è al di la del mare, perché tu dica:”Chi passerà per noi al di la del mare per prenderlo e farcelo ascoltare? La parola è invece molto vicina a te: è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica” (Devarim- nazivim 30/11-14).(Deuteronomio)

Anche se non sembra attinente consideriamo una affermazione talmudica:

In quel giorno Rabbi Eli’ezer avanzò tutte le argomentazioni del mondo, ma esse non furono accettate. Egli disse loro:” se la halakhàh concorda con me, questo carrubo lo provi”. Al che il carrubo si sradicò e si spostò di cento cubiti da dove si trovava; alcuni dicono quattrocento cubiti. Essi risposero :” Un carrubo non può provare niente”. Allora egli disse:” Se la halakhàh concorda con me, che questo corso d’acqua lo provi”. Al che il corso d’acqua prese a fluire a ritroso. Essi risposero:”un corso d’acqua non può provare niente”. Allora egli disse:” Se la halakhàh concorda con me, che i muri della scuola lo provino”. Al che i muri della scuola cominciarono a vacillare. Ma rabbi Yehoshua “, li rimproverò e disse “Quando degli studiosi sono impegnati in una discussione halakhica, voi che centrate?”.Così i muri non crollarono , in onore di rabbì Yehoshua, ma neppure ritornarono a essere diritti, in onore a rabbì Eli’ezer; ancora oggi sono inclinati. Poi”gli disse: “se la halakhàh concorda con me , che ciò sia provato dal Cielo”.
Al di che si udì una voce celeste dire: “ perché discutete con rabbì Eli’ezer? . La halakhàh concorda sempre con lui”. Ma rabbì Yehoshua si alzò e disse “essa non è nel Cielo”. Che cosa intendeva dire con questo ? rabbì Yirmeyah rispose :” la Torah è già stata sul monte Sinai da Moshè. Non prestiamo alcuna attenzione ad alcuna voce celeste, perché già sul monte Sinai Tu hai scritto nella Torah “ Bisogna inclinare verso la maggioranza”. Rabbi Natan incontrò il profeta Elia e gli domandò:” Il Santo, che sia benedetto, che cosa fece in quel momento ?”. Egli rispose:” D-o sorrise e disse: “ I miei figli Mi hanno sconfitto, i miei figli Mi hanno sconfitto”.(
Bava Metzi’a 59b).

Il senso profondo di questo insegnamento e che il Santo ha consegnato la sua Torah scritta all’uomo , essa è “matanà” , un dono che non può più disporne e modificare, al massimo gli è consentito un insegnamento aggiuntivo tramite l’ispirazione per tutti quelli che dispiegano il testo e lo indagano.
I passo di dvarim: “Non è troppo alta e irraggiungibile” è la speranza per tante generazioni di studiosi che hanno cercato attraverso il tempo i segni per una interpretazione tra le interpretazioni.
Il testo consegnato all’uomo si è cristallizzato ,le lettere si sono organizzate per raccontare una storia e nella loro individualità formano l’insieme, una sola sottrazione o l’aggiunta di un segno il testo perde il significato originale.
Questo ci sembra impossibile e questo lo sa anche il lettore e lo studioso che conosce perfettamente l’ebraico, il “peshat” il significato letterale non cambia, ma l’aspetto profondo forse si, per ipotesi se a un numero incredibilmente esteso si aggiunge una sola unità cambia il significante , non è più quella di prima.

Questa Torah fatta di lettere contigue è una “immagine” della Torah celeste che per essere completa e decifrabile necessita della” somiglianza” , come uno scheletro la cui aggiunta di carne e di pelle genera una forma mutevole, ecco perché la Torah orale come, carne, nervi e muscoli va ha completare la Torah scritta, per questo motivo era vietato metterla per scritto, solo nella sua forma orale poteva accettare il confronto attraverso la discussione , lo studio e la sua descrizione .
Attraverso lo studio si arricchiva di significati e rendeva più facile la comprensione della Torah scritta, ogni volta che un insegnamento veniva accettato dalla alachà questo andava a completare un progetto che nasceva di pensieri antichi di coloro che per primi hanno discusso lo stesso argomento o passo della scrittura. Questa è la Mishnàh.

Come avviene la trasmissione di questo prezioso libretto di istruzioni?
Tutto sembra previsto:

“Hanno insegnato i maestri:” Come [è stato] l’ordine [della consegna] della Mishnà (la Torah orale) Moshè l’ha studiata dalla bocca della Forza. Entrava Aronne [nella tenda di Moshè sedendogli di fronte] e Moshè gli insegnava [ shanà “ripetuto”] il suo passo. Si spostava Aronne e si sedeva a destra di Moshè. Entravano i suoi figli (di Aronne) e Moshègli insegnava loro il passo. Si spostavano i suoi figli, Elazar sedeva alla destra di Moshè ed Itamar alla sinistra di Aronne” Rabbi Jeudà dice “ Aronne torna sempre alla destra di Moshè. “Entravano i settanta anziani e Moshè gli insegnava il loro passo. Gli anziani si spostavano e entrava il popolo e Moshè gli insegnava il loro passo. Aronne aveva [assistito] quattro ripetizioni, i suoi figli a tre, gli anziani a due ed il popolo ad una. Moshè se ne andava ed Aronne insegnava loro il suo passo. Aronne se ne andava ed i suoi figli gli insegnavano il loro passo. I suoi figli se ne andavano e gli anziani gli insegnavano il loro passo. Tutti avevano [assistito] a quattro [ripetizioni] (TB Eruvin 54b).

Questa è la “shalshèlet ha- qabbalàh , la catena della ricezione …. (il termine cabalàh significa , ricevimento…non è il caso di cercare altri riferimenti!) e questa va a completare la Torah “she-be-a’alpéh “ la Torah orale
Torah she-bi ktav
Shalom
Noiman
Ultima modifica di noiman il domenica 14 maggio 2017, 19:34, modificato 2 volte in totale.
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Gianni
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Caro Noiman, hai fornito informazioni esatte e preziose. Da parte mia non mi resta che fornire alcuni esempi di errori da parte degli scribi. Porto due esempi.

In Gv 19:29 viene dato da bere a Yeshùa sulla croce mediante una spugna inzuppata di aceto: “C'era lì un vaso pieno d'aceto; posta dunque una spugna, imbevuta d'aceto, in cima a un ramo d'issopo, l'accostarono alla sua bocca” (Gv 19:29). Ora si legga Mt 27:48: “Uno di loro corse a prendere una spugna e, inzuppatala di aceto, la pose in cima a una canna e gli diede da bere”.
Abbiamo in tutte e due le versioni una spugna imbevuta l’aceto. Ma per Giovanni essa è posta in cima a un ramo d'issopo, mentre per Matteo è posta in cima ad una canna.
Ora, un ramoscello d’issopo non può servire per sollevare una spugna inzuppata, in quanto non è abbastanza lungo e non ha consistenza; serve infatti per spruzzare l'acqua, non per elevare un peso quale quello di una spugna inzuppata.
Qui siamo in presenza di un evidente errore dello scrivano. Si tratta di un errore chiamato diplografia (ripetizione errata di una sillaba (op, nel nostro caso). Così, dall'originale ΰsso (“lancia”), si giunse a üssòpo (“issopo”) per l’errore di un copista che copiò due volte la stessa sillaba op (le parole nei manoscritti erano tutte attaccate):
ὑσσώπῳπεριθέντες
üssopoperithèntes
L’originale era evidentemente üssoperithèntes scritto tutto attaccato, come ha ben spiegato Noiman. Le due parole sono üsso perithèntes: “ad una lancia posta attorno”. Lo scriba, ricopiando, raddoppiò la sillaba op (diplografia) e ne venne fuori l’attuale lezione. Si tenga anche presente che le lance erano lì a disposizione dei soldati.

Il secondo caso riguarda la nota frase di Yeshùa in Lc 18:25: “È più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio”.
Che mai c’entra un cammello con la cruna di un ago? Per dare senso a questa frase senza senso si sono tentate spiegazioni improbabili, come quella di dire che la cruna di un ago sarebbe stata una porta cittadina.
In verità siamo in presenza di un errore compiuto da uno scriba. Tale errore si chiama itacismo.
“Cammello” si dice in greco kàmelon e “fune” si dice kàmilon.
Si noti la parola κάμηλον (kàmelon) e, in modo particolare la η (ê lunga). Questa e lunga (eta) si pronunciava “i” (come nel greco moderno), esattamente come la iota (ι, i). “Itacismo” indica, infatti, la lettura di “i” al posto di “e” (dal nome della e lunga greca: eta). Quindi si scriveva kàmelon e si leggeva kàmilon. Il fatto è che kàmelon significa “cammello” e kàmilon significa “fune”. Il copista ha scritto evidentemente come leggeva (forse sotto dettatura), creando l’assurdo del cammello. La frase più ovvia è: “È più facile che una fune passi per la cruna di un ago che […]”.

Come si arriva a stabilire il testo genuino? Lo fanno i critici testuali, che sono i veri esperti dei manoscritti.

Va inoltre detto che le Scritture Ebraiche (Tanàch) sono state trasmesse in modo più accurato.
Gli scribi ebrei (soferìm) erano copisti molto diligenti nel loro lavoro ed estremamente meticolosi, al punto di contare non solo le parole che copiavano ma persino le lettere. Erano attentissimi: consistendo l’ebraico unicamente di consonanti, l’omissione o l’aggiunta di una sola lettera spesso poteva trasformare un vocabolo in un altro. Se si accorgevano del minimo errore, anche di una sola lettera, perfino se mal scritta, l’intera sezione del rotolo veniva tagliata via e sostituita con un’altra priva di errori, ritenendo la prima inadatta all’uso sinagogale. Essi leggevano ad alta voce ogni parola prima di scriverla. Scrivere una sola parola a memoria era considerato un grave peccato. Se dovevano mettere delle note, non lo facevano mai nel testo ma ai margini della pagina o alla fine del testo. L’insieme di queste piccole annotazioni si chiama masora.
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bgaluppi
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Noiman, davvero un ottimo commento. Molto interessanti le citazioni dei (cosiddetti) padri della chiesa. Per i motivi da te elencati, in alcuni casi è molto importante esaminare il testo utilizzando tutti i parametri ermeneutici, onde non restare fuorviati. Un versetto della Scrittura Greca che spesso viene citato per dimostrare l'esistenza pre-umana di Yeshua è 1Gv 4:2:

"ogni spirito, il quale riconosce pubblicamente che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio" (NR).
πᾶν πνεῦμα ὃ ὁμολογεῖ Ἰησοῦν Χριστὸν ἐν σαρκὶ ἐληλυθότα ἐκ τοῦ θεοῦ ἐστίν

Sembrerebbe che il testo dica che Gesù Cristo è venuto nella carne. In base a ciò, per venire nella carne, Yeshua doveva 1) già esistere in altra forma, 2) essere già il Cristo. A parte il fatto che tale interpretazione contraddice il pensiero ebraico e il Tanack, vediamo adesso perché non regge neppure testualmente. La TILC traduce correttamente: "Gesù è il Cristo venuto nella Carne": questa traduzione permette un'interpretazione diversa, conforme al resto della Scrittura. Gesù è, ossia "ha incarnato" il Cristo; quindi non pre-esiste necessariamente prima della vita umana, ma "viene ad esistere" nel momento in cui Dio stabilisce che sia necessaria la comparsa del Messia. Non è Yeshua a "venire" nella carne, ma il Messia, e Yeshua lo diventa. Infatti, non è Yeshua a preesistere nella mente di Dio, ma il Messia.

affinché crediate che Gesù è il Cristo (Gv 20:31)
Ἰησοῦς ἐστὶν ὁ χριστὸς

Qui, Giovanni, come in altri casi che compaiono nella Scrittura (cfr. At 9:22) utilizza articolo e verbo ausiliare: Gesù è il Cristo.

Stessa cosa in 1Gv 5:1: "Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio"
Πᾶς ὁ πιστεύων ὅτι Ἰησοῦς ἐστὶν ὁ χριστὸς ἐκ τοῦ θεοῦ γεγέννηται, con articolo e verbo essere. Ma spesso questo non accade (cfr. Flp 2:11):

"E ogni giorno, nel tempio e per le case, non cessavano di insegnare e di portare il lieto messaggio che Gesù [è] il Cristo." (At 5:42)
πᾶσάν τε ἡμέραν ἐν τῷ ἱερῷ καὶ κατ' οἶκον οὐκ ἐπαύοντο διδάσκοντες καὶ εὐαγγελιζόμενοι τὸν χριστὸν Ἰησοῦν

Qui il verbo essere è sottinteso. Vediamo cosa accade in At 18:28, in cui il verbo essere è all'infinito:

"testimoniando ai Giudei che Gesù era il Cristo"
διαμαρτυρόμενος τοῖς Ἰουδαίοις εἶναι τὸν χριστὸν Ἰησοῦν

Tradotto letteralmente si potrebbe fraintendere così: "[Paolo si dedicò completamente alla Parola] testimoniando ai Giudei essere il Cristo Gesù". In questo modo, sembrerebbe che Paolo stia affermando di essere il Cristo Gesù... Stessa cosa identica accade in At 18:28.

Per finire, la Scrittura conferma la corretta traduzione della TILC di cui sopra:

Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso (At 2:36)
καὶ κύριον αὐτὸν καὶ χριστὸν ἐποίησεν ὁ θεός, τοῦτον τὸν Ἰησοῦν ὃν ὑμεῖς ἐσταυρώσατε

Yeshua è stato costituito come Cristo da Dio stesso, non lo era già. Quando? Con la risurrezione, e ciò è confermato inequivocabilmente da Rm 1:4: "dichiarato Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santità mediante la risurrezione dai morti; cioè Gesù Cristo, nostro Signore", e da Eb 5:9: "reso perfetto, divenne per tutti quelli che gli ubbidiscono, autore di salvezza eterna" (cfr. Eb 7:28). Se viene reso perfetto (ossia completo, tramite la risurrezione, significa che prima non lo era). Pertanto, tornando a 1Gv 4:2, la corretta traduzione è necessariamente:

"ogni spirito, il quale riconosce pubblicamente che Gesù è il Cristo venuto nella carne, è da Dio".
noiman
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

18 parte
L’intervento di Armando nella cartella “Questa è la legge “ offre una occasione per introdurre di una interpretazione ebraica a un passo importante di levitico:
לא-תקם ולא- תטר אתבני עמך ואהבת לרעך כמוך אני יהוה
Non vendicarti e non conservare rancore verso i figli del tuo popolo, e amerai il tuo prossimo come te stesso, Io sono il Signore” (vajkra 19/18) (levitico)

Questo è uno dei 613 precetti che …….( qualcuno in questa discussione che si crede cristiano intelligente ha definito lettera morta e definisce poveretti quelli che credono di salvarsi tramite le 613 mizvòt.) …… scusate l’esternazione !

Da questo passo Gesù trae ispirazione e riconferma questa definizione nel Vangelo dove è scritto “AMERAI IL SIGNORE DIO TUO con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: AMERAI IL PROSSIMO TUO come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”.(Matteo 22)
Rabbi Gesù, Yeshua come scrivete tutti voi conosceva le scritture de padri.

Queste parole che apparentemente sembrano semplici e scontate nella
lettura letterale, ma se rivisitate tramite il pensiero ebraico possono aggiungere molti significati. Questa affermazione è di carattere universale , in entrambi i testi VT e NT le parole raccolgono e testimoniano la moralità e la saggezza del pensiero biblico e per l’ebraismo da queste parole dipendono tutte le altre 612 mizvòt.
Anche le parole raccolte nel Vangelo confermano questo pensiero e lo arricchiscono in altri significati.

Qualcuno potrebbe anche osservare che quanto è scritto in vajkrà in riferimento al “prossimo”, potrebbe rivelare l’ aspetto nazionalista del popolo ebraico e indurci a considerare “il “prossimo “appartenente al popolo ebraico, escludendo ogni altro uomo.
Il testo va sempre considerato nel suo insieme , ogni parola è impegnata nel significato e nel significante, quando leggiamo l’ultimo verso troviamo scritto a conclusione אני יהוה , Io sono il Signore”, la definizione è assolutamente generica , non è scritto “ Io sono il D-o di Israele” il espressione impegna il D-o della creazione.
Il talmud afferma già da molto tempo che gli uomini sono tutti uguali:
Perché quando un re vuole coniare delle monete le fa tutte identiche, mentre D-o, pur creando l’uomo con il marchio di Adamo,” non crea nessuna creatura simile all’altra”, e perciò conclude il passo, ogni uomo può e deve dire “ per me è stato creato il mondo”. Se io sono irripetibile, sono importante e prezioso” TB (Sanhedrin 37).

Da questa affermazione possiamo trarre un primo insegnamento: la distruzione di una sola persona equivale alla distruzione di un mondo intero , al contrario la conservazione di una sola vita equivale a mantenere in vita tutto un mondo.
Con la creazione di un solo uomo senza razza o colore della pelle il creatore ha voluto porre una seconda importante affermazione : affinché nessuno possa dire “ mio padre e superiore al tuo”.
Quale idea è più universale di questa?
Quando il Santo ha dato le leggi a Israel ha strizzato l’occhio a tutti gli uomini del mondo, quelli già vissuti e riconsegnati ai cieli, quelli che non sono ancora giunti, secondo il detto:
“Io sono il Signore che ha creato i cieli e la terra e tratto l’uomo dalla polvere del suolo” .
Il Bereshit Rabbàh commenta questo passo:
Nel giorno nel quale Dio creò Adamo [….] tre miracoli furono fatti in quello stesso giorno: nello stesso giorno furono creati, si congiunsero ed ebbero dei figli” Ben Azai disse:”Questo è il libro delle generazioni di Adamo, è una grande regola della Torah. Che tu non dica:”Dal momento che sono stato disprezzato, sarà disprezzato il mio compagno con me, dal momento che io sono stato maledetto sarà maledetto il mio compagno con me. Disse Rabbi Tanhumah:”Se hai fatto ciò, sappi che tu disprezzi : “Ad immagine di Dio lo fece”(Bereshit rabba XXIV -7).

La citazione che ci scrive Armando: “Ama il prossimo tuo: egli è come te! Non fare a nessun altro ciò che non ti piace; questa è la Torah intera e tutto il resto non è che spiegazione: Va e impara” è tratta dal Talmud (Shabbat 31) scritta in aramaico . Per comprenderla bene nei significati occorre ampliare la parte in cui compaiono le parole citate da Armando:
“Un gentile venne dinnanzi a Shammai e gli chiese”Convertimi a condizione di insegnarmi l’intera Torah mentre sono su in piede solo” Shammai lo spinse via con il regolo da costruttore che aveva in mano: Costui (il gentile) venne dinnanzi Hillel (pose la stessa domanda) e questi lo converti. Gli disse Hillel prima di convertirlo: “Ciò che ti è odioso non farlo al tuo prossimo:Questa è la vera Torà ed il resto è spiegazione. Vai e studia”.(TB Shabbat 31a)
Vai è studia non è che l’inizio di un percorso difficile che comprende anche l’interpretazione. Hillel ha convertito un gentile ( non nel senso che ha la conversione per il cristianesimo) , la sua risposta include anche il tempo in cui uno può reggersi in equilibrio su un piede solo, Hillel è consapevole che quando costui avrà entrambi i piedi a terra dovrà iniziare un percorso interiore di apprendimento che durerà tutta la vita per rendere applicabile il precetto.
Shammai invece usa il regolo da costruttore per allontanarlo, il maestro come un moderno ingegnere sa che stare su di un piede solo è un errore grave nella stabilità e che va contro il principio dell’equilibrio tra le forze, esattamente come Hillel e Shammai, maestri di due scuole di pensiero nello studio della Torah consentono allo studioso di approfondire attraverso il confronto.
Ritorniamo al testo ebraico di vajkrà e rivediamo il vero significato in una traduzione leggermente diversa da quella comune.

לא-תקם ולא- תטר אתבני עמך ואהבת לרעך כמוך אני יהוה
Le parole כמוךואהבת לרעך “ vea ’havta lere’acha chàmocha “ sono traducibili “e amerai per il tuo prossimo come per te stesso”לרעך è traducibile :“amerai per il tuo amico”
Grammaticalmente ci saremmo aspettati che comparisse il complemento oggetto che avrebbe sicuramente precisato l’attribuzione del verbo. La particella את inserita nel testo avrebbe condotto l’espressione in questo modo: ואהבת את רעך “ve-havta et re’acha” “amerai l’amico tuo” nella relazione io- esso, soggetto-oggetto, questo ce lo fa notare anche Martin Buber, che commenta : la soppressione di את è un valore aggiunto e sostituisce “esso” con il “tu”.
La relazione tra i simili cambia radicalmente , il prossimo è la copia di se stessi ed esige di essere considerato con il rispetto di un figlio di D-o.
L’ordine delle lettere attraverso questa variazione grammaticale è l’impalcatura su cui si regge tutta la Torah , l’amore per il prossimo è la parte centrale, nessuna Torah terrestre può essere osservata se non si accetta questo presupposto.
Amare il prossimo è limitativo, forse l’insegnamento è amare per il prossimo”?
Amare per il prossimo è forse superiore ad amare il prossimo?
Queste parole ci rivelano che amare se stessi è un accrescimento personale che poi va esteso al nostro prossimo, ci si ama per amare e poi per trasmettere questo valore aggiunto.
Shalom
Noiman
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Ultima modifica di noiman il domenica 14 maggio 2017, 19:39, modificato 2 volte in totale.
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Giorgia
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Giorgia »

Ma che bello è leggervi? E' proprio vero che la conoscenza è la cosa più affascinante che esista sulla terra!!! :YMHUG:

Anche se non intervengo (la mia ignoranza mi impone il silenzio dello studente :ymblushing: ), sappiate che leggo ogni parola con estremo interesse tutto questo argomento, che trovo estremamente interessante e utile! :-)
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bgaluppi
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Ma che ignoranza, Giorgia... Tu dimostri sempre non solo di conoscere la Scrittura, ma anche di comprenderla. Il fatto che io sappia analizzare un po' di greco non fa certo di me un conoscitore della Scrittura. Noiman e Gianni sono maestri, noialtri siamo tutti allievi. :-)
noiman
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Abbiamo già parlato di ripetizioni, la Torah è un testo che racconta storie accadute nell’arco di qualche millennio se includiamo il libro di Bereshit , tuttavia non è un libro di storia, parla anche di scienza nel senso che noi attribuiamo, ma non è un libro di scienza. Contiene regole e leggi che D-o impartisce agli uomini, ma non è un libro di legge.
La lettura è impegnativa anche nelle traduzioni più addomesticate, ci sono interi capitoli che nella lettura appaiono veramente difficili da comprendere, questo a causa delle incomprensibili ripetizioni di avvenimenti e descrizioni che ci sembrano superflue e inutili al nostro modo di pensare e scrivere che è ridotto all’essenziale , queste ripetizioni nei testi , ci sembrano ciondoli inutili che ci distraggono e distolgono da racconto.
Queste parti in genere sono bypassate , anche lo studioso un lettore smaliziato raramente ci si sofferma.
Eppure le ripetizioni nella bibbia hanno il loro significato che non è dovuto alla sola meticolosità , sappiamo che in quel tempo scrivere era una impresa titanica, pochissimi erano in grado di ricopiare testi e ancora meno quelli in grado di ricopiarli comprendendone i significati, la carta o pergamena era difficile da fabbricare, rara e costosa, alla luce di questo perché sprecare tanta pergamena per ripetere parti che erano già state scritte.
Di questo se ne sono già occupati i maestri sono nate due scuole di pensiero; rav. Aqiva sosteneva che ogni parola della Torah ha un sua importanza e se questa viene ripetuta il suo significato si arricchisce e va indagato suppletivamente.
Rabbi Isma’el invece sosteneva che le ripetizioni sono stili di scrittura e la Torah parla la lingua degli uomini.
Le ripetizioni hanno da sempre confuso i traduttori e nello scorrere del tempo i traduttori perdevano le capacità di interpretare le parole originali, questo perché l’ebraico sembra una lingua povera ma in realtà ha la caratteristica di essere una lingua che attraverso le radici è in grado di sviluppare una grande quantità di sinonimi , che sono significati aggiunti spesso intraducibili.
In seguito vi porterò qualche esempio di traduzioni difficili.

Ora considero interessante occuparci di ripetizioni, nel libro di Bereshit e Shmot sono tante, ma la più interessante è quella che troviamo nel libro Bemidbar-Nasò (7/1- 89). (numeri).
Moshè ha terminato la costruzione del Santuario, dopo averlo consacrato accetta l’offerta di tutti i capi delle tribù di Israele . E impressionante leggere per ciascuna tribù l’elenco delle offerte portate al Santuario. Per ciascuno dei 12 capi tribù, viene menzionato il suo nome , la sua discendenza, e l’elenco delle offerte che per 12 volte è quasi identica: “Un vassoio di argento del peso di centro trenta sicli, una bacinella d’argento che pesava settanta cicli, peso in uso nel Santuario, pieni di fior di farina per l’offerta farinacea. Una ciotola del peso di dieci sicli d’oro, piena di profumo. Un giovane toro, un montone, un agnello nato nell’anno per olocausto, un capro quale sacrificio come chattati. Per sacrificio di shelamim due tori, cinque montoni, cinque caproni, cinque agnelli nati entro l’anno.”
Questa descrizione è quasi identica per ogni capo tribù ed è ripetuta 12 volte e si conclude con le parole:” Questa è l’inaugurazione dell’altare nel giorno in cui venne unto” ma il testo continua con un riassunto che rinumera ogni cosa consegnata.
Tutto questo impegna 72 versi, ogni capo tribù con la sua offerta occupa 6 versi.
Il riepilogo impegna altri 16 versi per un totale di 88 versi che corrispondono a 176 versi la metà esatta della parashà di Nasò che è la più lunga della Torah.

Ma sappiamo che l’ordine dei versetti e le relative numerazioni è di molto posteriore, come anche la marcatura degli spazi tra che oggi definiamo capitoli.
Questo può sfuggire al lettore che legge le traduzioni nella lingua differente dall’ebraico, chi si mette mai a contare…! ma era conosciuto da chi leggeva il testo originale senza spazio regolamentato. Non contavano, ma sapevano.
L’insegnamento è che ciascuna tribù in base al suo rappresentante attraverso la ripetizione affermava l’unicità della sua offerta, oggi la ripetizione di un testo è limitato a un copia e incolla, al massimo a lamentarsi sarebbe un “toner”.

Shalom
Noiman
Ultima modifica di noiman il domenica 14 maggio 2017, 20:35, modificato 2 volte in totale.
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Gianni
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Noiman, ci stai aprendo ad un mondo affascinante. Dire così è probabilmente troppo; diciamo che lo stai facendo intravvedere, il che non è poco per chi proviene da un certo cristianesimo parolaio in cui il credo religioso viene prima dello studio della Parola.
“Un tempo le scritture erano ricordate a memoria, parola dopo parola”. Ne danno testimonianza anche le Scritture Greche, in cui troviamo centinaia di citazioni dal Tanàch fatte dai loro scrittori.
A proposito, una caratteristica particolare della Bibbia ebraica è il parallelismo (che può essere simmetrico, antitetico oppure progressivo). Il parallelismo non è semplicemente una bella figura retorica ebraica: era un efficace metodo mnemonico.
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Giorgia
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Giorgia »

Gianni, scusa la mia ignoranza, cosa intendi per parallelismo?
Più si va avanti e più mi rendo conto di quanto poco so...

Da quello che ho letto fino ad ora, posso vedere che quelle che noi occidentali chiamiamo superficialmente "tradizioni" hanno un significato profondo. Ogni singola cosa ha un significato. A partire dai nomi.

Noi a volte parliamo di tradizioni, specie in seno alla chiesa cattolica. Ma è facile vedere la differenza tra tradizioni insegnate da Dio, e quelle inventate dall'uomo.

Nelle parole di Noiman è possibile sentire, quasi toccare, l'enorme rispetto di questo popolo per Dio e per la Sue parola. Di sicuro non è un caso che Dio abbia scelto questo loro!
Questo argomento è un arricchimento notevole per chi come me, vive una realtà distante anni luce dalla loro.

Grazie ancora!
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Gianni
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Ciao, Giorgia. Nell'allegato tratto del paralleliso ebraico. Buona lettura! :-)
Allegati
5. Il metro e il parallelismo della poesia biblica.pdf
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