Interpretazione delle Scritture Ebraiche

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bgaluppi
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Ciao Noiman, espongo alcune mie considerazioni, così puoi aiutarmi a capire. La citazione che riporti è Is 56:1. Il concetto della salvezza di Dio inteso in senso passivo è molto profondo e deve essere compreso bene, perché risulta ovvio che Dio non ha bisogno di essere salvato nel senso che può essere comunemente inteso. Però, nonostante la lettura alternativa sia certamente fonte di ulteriore insegnamento, mi chiedo se in questo caso sia compatibile con il contesto del capitolo 56 e con altri passi della Scrittura.

Al v. 1 abbiamo due ordini del Signore che introducono tutto il discorso: “rispettate il diritto” (ossia l'ordinanza, מִשְׁפָּט mishpat) e “praticate la giustizia” (צְדָקָה zedaqah); poi spiega il motivo: “poiché la mia salvezza sta per venire, la mia giustizia sta per essere rivelata”. Il termine יְשׁוּעָה può essere inteso anche in senso generale di “benevolenza”, “prosperità”, dunque inteso come procedente da Dio in virtù del rispetto del diritto e della pratica della giustizia appena comandate. Ossia: chi rispetta il diritto e pratica la giustizia riceve prosperità che procede da Dio.

Al v. 2 dice: “Beato l'uomo che fa così”, ossia “che rispetta il sabato”, cioè “il diritto e la giustizia”, e riporta di seguito l'esempio del sabato e la prosperità (יְשׁוּעָה) di cui beneficeranno anche gli eunuchi e gli stranieri che si uniscono al Signore e onorano il giorno di riposo: “Io darò loro, nella mia casa e dentro le mie mura, un posto e un nome” (v. 5), “io li condurrò sul mio monte santo e li rallegrerò nella mia casa di preghiera”. È Dio che dà un posto nella Sua casa a chi pratica la giustizia, è Dio che conduce sul Suo monte santo, dunque è Dio che porta la prosperità. Mi pare che questa sia la “salvezza” di Dio, come conseguenza per il rispetto del giorno di riposo (e dunque del diritto e della giustizia).

Tornando alla lettura alternativa che propone Heschel, che certamente offre un insegnamento ulteriore, credo che debba essere presa in esame soltanto estrapolando la frase כי־קרובה ישועתי לבוא dal contesto. Se si esaminano le diverse letture possibili di questa frase in sé, possiamo trarne diversi insegnamenti; ma se la si esamina nel contesto, a me risulta chiaro che il testo sta parlando della salvezza di Dio, che procede da Dio, come è detto: “Io faccio avvicinare la mia giustizia; essa non è lontana, la mia salvezza non tarderà; io metterò la salvezza in Sion e la mia gloria sopra Israele.” (Is 46:13).

Shabbat shalom :-)
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Ciao Antonio è un piacere leggerti e certamente ti fornirò una risposta a questa tua parte della discussione. Hai giustamente detto che questo passo oltre essere possibile interpretarlo in modo alternativo va comunque considerato nel contesto generale del testo, qualunque versetto deve essere compatibile nel capitolo che lo contiene.
Questo è assolutamente vero ed è una regola importante base per l’interpretazione ebraica del testo, regola secondo la tradizione che pone dei limiti alla interpretazione troppo esuberante, "en mikrà yozé mi-ydé peshutò ", "un versetto non perde mai il suo significato letterale “
(TB Shabbat 63a , Yevamòt 24°) .
E provato che l’intero testo biblico in lingua ebraica contiene centinaia di anomalie testuali che si prestano all’interpretazione approfondita, altre centinaia di possibilità di lettura delle consonati non vocalizzate aprono scenari e significati nuovi per le altre affascinanti interpretazioni, di questo ne ho scritto in questa cartella, all’inizio.
Forme incomplete di scrittura , lettere aggiunte e altri segni sono come i semafori e segnali di stop che in un percorso ci invitano a fermarci , nel caso biblico a cercare una approfondita spiegazione.
Di esempi ne potrei citare molti, dall’inizio del libro di Bereshit fino alla fine del Tanach. Prima di proseguire e affrontare gli sviluppi del pensiero di Heschel riguardo il concetto di “salvezza” e le sue implicazioni sui mondi superiori, voglio portare alla tua attenzione un altro caso di anomalia testuale.
La parola del Signore fu rivolta a Moshè” Và dal Faraone re di Egitto e chiedigli che lasci andar via dal suo paese” Moshè replicò dinnanzi al Signore:”Ecco i figli di Israele non mi hanno ascoltato; come dunque il Faraone ascolterebbe me che sono balbuziente?. Il Signore parlò a Moshè e Aronne incaricandoli di recarsi dai figli di Israele e dal Faraone re d’Egitto, con l’ordine di far uscire i figli d’Israele dalla terra di Egitto”(smot 6/13) (esodo).

וידבר יהוה אל-משה ואל –אהרן ויצום אל- בני ישראל ואל-פרעה מלך מצרים להוצים את- בני-ישראל מארץ מצרים
La traduzione addomesticata che riportano alcune bibbie in genere è questa e con qualche variante :
Il Signore parlò a Moshè ed a Aronne e diede loro un incarico presso gli israeliti e presso il faraone di Egitto”
Meglio la Luzzi che traduce:”Comandò loro d’andare dai figlioli di Israele e da Faraone re d’Egitto”.

Perché l’ordine di fare uscire i figli di Israele va dato anche a Israele stesso e non solamente al Faraone? Se gli ebrei erano schiavi, come può dunque uno schiavo influenzare il suo padrone e condizionarlo? Ci sfugge qualche cosa?
Eppure le parole sono li scritte nel testo , abbiamo visto che qualche versione tradotta lo riporta, la traduzione dei settanta invece la omette, questo significa che gli eruditi ebrei che avevano l’incarico di tradurre il testo decisero di non complicarsi la vita e fecero finta di non vedere :
וידבר יהוה אל משה ואל אהרן ויצום אל בני ישראל ואל פרעה מלך מצרים להוציא את בני ישראל ....
(וארא ו- י)
Una buona traduzione è questa:
“Il Signore parlò a Moshè e Aronne incaricandoli di recarsi dai figli di Israele e dal Faraone re d’Egitto, con l’ordine di far uscire i figli d’Israele dalla terra di Egitto”(Esodo 6/10)
Questa affermazione è intenzionale e chi l’ha scritta voleva suggerci un ragionamento suppletivo, la richiesta è anche rivolta a Israele e per capire il perché è forse necessario riproporre cosa poteva essere la schiavitù degli ebrei in Egitto.
La schiavitù contrariamente alle rappresentazioni moderne non comprendeva “fruste e catene”, gli ebrei vivevano insieme agli egiziani ma nel lungo tempo in cui vissero in Egitto essi erano scaduti ai loro occhi e anche a se stessi, nei secoli le loro mansioni erano diventate sempre più umili , ai figli di Israel erano destinati i lavori socialmente più faticosi e ingrati come quello di impastare i mattoni.
Lo scivolamento dei figli di Israel verso il basso ha un inizio lontano, dallo morte di Josef assistiamo a un impoverimento progressivo, poi la diseguaglianza sociale, qualche cosa di simile avviene oggi con la distruzione del ceto medio che determina per molti uomini e donne una schiavitù morale e fisica, le prime gravi conseguenze sono ormai visibili a tutti, gran parte dei lavoratori del ceto medio non guadagna abbastanza per vivere la stessa esistenza che hanno goduto i loro genitori.
Assistiamo a figli che vivono con la pensione dei loro padri, capitali e proprietà svendute per coprire i disavanzi che si accumulano anno dopo anno.

Gli ebrei erano nella stessa condizione, il sistema piramidale dell’Egitto li aveva relegati nel livello più basso, solo di poco superiori ai veri schiavi, i prigionieri di guerra o le popolazioni dei confini che venivano regolarmente rapiti dalle loro terre dall’esercito egiziano.
E presupponi bile che gli ebrei vivevano insieme agli egiziani come oggi in Brasile e in altri luoghi vivono i poveri nelle favelas al confine con i ricchi che abitano in quartieri eleganti.
Il confine tra le due realtà non era netto come possiamo pensare, c’erano ebrei importanti che per gerarchia collaboravano con il potere centrale e godevano di grandi privilegi compresa la possibilità di avere a loro volta schiavi e schiave. Tutta Israele era diventata simile all’Egitto, gli oppressi a loro volta erano oppressori. Per cambiare questo pensiero occorreva una svolta totale.

Commenta Rav. Haim Cipriani:” […..]
la sofferenza non rende necessariamente migliori. Anzi, esiste un pericolo reale che chi soffre e non ha la possibilità di vedere ridotta la propria sofferenza non trova altro sfogo se non quello di schiacciare chi è ancor più debole di lui” [….] “ i figli di Israele sono stati corrotti interiormente dalla società egiziana, al punto da non volere rinunciare ai loro schiavi, proprio come l’Egitto non vuole rinunciare a loro

שלומ
נוימן
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Quando i genitori hanno successo nell’educazione dei loro figli, oltre essere partecipi nella soddisfazione generale , hanno ottenuto lo scopo che si erano prefissati, tutta la famiglia ne partecipa felice , se questo non avviene la responsabilità diventa collettiva, “i figli hanno i denti legati per causa dei loro padri”, aggiungo anche le madri.
Tutto questo è un insegnamento ma che non leggiamo direttamente nella Bibbia, la paternità di D-o, la secolarizzazione del pensiero greco, poi romano e cristiano lo esulano da un significato che forse era diverso all’inizio.
Essere padre e salvatore del figlio ha assunto un significato nuovo , il cristianesimo lo ha rivestito con nuovi abiti, la possibile reciprocità è stata annullata, l’autorità del padre è predominante, il figlio ridotto a un luogo minore.
Ma poi l’autorità del padre sembra messa in disparte , il figlio diventa lo strumento per la salvezza, questo nonostante che la preghiera “padre nostro” si rivolga all’Altissimo.
Grande argomento di consolazione in una società in cui il padre è l’espressione del potere e della discendenza, l’immagine del padre è ancora predominante anche se per la salvezza il cristianesimo si deve passare per il figlio.
Il padre carnale è lo specchio di un padre superiore ma che ha delegato il figlio per la salvezza spirituale dei cristiani.
La visione antropologa del padre e del figlio nell’ebraismo sfuggono a questa visione, il padre è senza rappresentazione, anche il divieto di nominarlo attraverso il nome esclude la sua figura nella rappresentazione e lo rende desiderabile ma non conoscibile e imitabile
La salvezza per D-o non è solo destinata all’uomo, ma comprende il concetto che D-o non può salvarsi nel suo mondo senza che le sue creature partecipino al progetto iniziale .Questo è un punto di osservazione nuovo , non “inedito”, perché anche altri pensatori ebrei e non ebrei si sono confrontati parecchio su questo pensiero.
Voi che ne dite…?
Noiman
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Il racconto di questa parte del libro di Bereshit ci narra la storia dei primi rapporti tra gli uomini al di fuori del Gan Eden, nonostante la grande presenza di particolari il racconto non va rinchiuso nel mondo delle favole dove i protagonisti sono esclusivi e se qualche cosa non viene menzionata vuole dire che non esiste.
Il redattore di questa parte del racconto non riferisce di altre presenze oltre ai due fratelli, ma il libro di genesi è un raccoglitore di insegnamenti che attraverso le sfumature del testo ci induce alla riflessione.
Scrive intelligentemente Akragas

Di domande ne possiamo fare diverse ma tutte hanno in comune un unico ed errato denominatore: una lettura del testo avente paradigmi mentali differenti da quelli del redattore. Questo è stato ribadito molte volte.
Forse quel passo in Genesi, come altre parti della Torà, non si preoccupa di rispondere alle domande che ci facciamo oggi noi con la mente logico-matematica , ma intende comunicare un insegnamento, giammai riportare un mero fatto di cronaca nera
.”

Questo significa che il racconto non va considerato pensando al particolarismo che come nelle favole esclude le altre presenze, se nel nostro testo non citate non si possono escludere, tutto questo è simile a un quadro dove sono ritratte delle immagini che appartengono al dipinto, questo non esclude che oltre alla capacità di rappresentazione del dipinto stesso non esistano altri paesaggi e figure che potevano essere nella mente del pittore.



Queste pagine ci raccontano la storia del primo omicidio della storia umana, ma il racconto non aggiunge molti particolari, l’offerta di Khaìn fu rifiutata quella di Hével fu accettata. La storia di Khaìn e Hével è singolare, il dialogo è esclusivo tra D-o e Khaìn, il fratello minore Hèvel in tutto l’episodio non ha voce, il narratore di Bereshit sembra ignorarlo
Il testo ebraico afferma che fu Khaìn ha portare il primo sacrificio della storia biblica:
una volta Caino portò i frutti della terra” Il testo in genere riporta un generico “una volta”, in alcune edizioni troviamo “di li a qualche tempo”, il testo ebraico suggerisce qualche cosa di piùימים מקץויהי significa letteralmente “al taglio dei giorni” , è possibile interpretare come al “momento del raccolto”.
Fu dunque Khaìn a prendere l’iniziativa di quando deve iniziare il sacrificio e solo dopo il fratello Hével lo segue. Nonostante che sia Khaìn ad avere l’iniziativa la sua offerta non viene accettata, forse perché la terra che lavorava Khaìn e i suoi frutti erano maledetti? abbiamo letto le parole:”il suolo sarà maledetto per causa tua”Tutta l’esistenza di Khaìn è legata alla terra, sappiamo egli non si legherà mai alla terra, il suo destino sarà di essere errante.
Quale era la differenza dei loro doni ?
I commentatori sottolineano che la differenza era nell’intenzione, Khaìn soffrì nel sottrarre la sua primizia mentre Hével era partecipe nello spirito del sacrificio a D-o e fece una offerta spontanea.
Questa interpretazione è sicuramente influenzata dalla cultura moderna che cerca assolutamente una spiegazione spirituale e di valore attraverso il racconto.

Rimane anche da osservare che quando Hével fa sua offerta, si parla di primizia, mentre dell’offerta di Khaìn, è scritto che egli portò solo dei frutti della terra, da cui si può dedurre che potevano essere degli scarti, il testo sottolina : “ Khaìn portò dei frutti della terra”, non è scritto che egli porto i suoi frutti, quelli da lui coltivati e neanche che egli portò delle primizie. Il concetto di primizia” reshit” apparirà solo in seguito, poi codificato e mizvà quando ci sarà il Miskàn.
Il midrash ha molto fantasticato riguardo l’offerta di Khaìn, il Tanchumà immagina che egli portò come offerta degli scarti e non dei frutti dei campi commestibili , qualcuno ha affermato che essi fossero dei semi di lino.
Le due offerte non potevano essere mischiate essendo proibite la mescolanza, sha’atnez , la lana del pastore e il lino del contadino.
Una domanda che ci si può porre , perché era richiesta questa offerta?
Il midrash afferma che l’offerta era il preludio di Pesach , ma noi sappiamo che non esisteva ancora l’Egitto e non era ancora nato nessuno dei profeti ,la tradizione sostiene che la Torah è stata già stata scritta e comprendeva già il korban di Pesach .
Il testo originale utilizza per entrambe le offerte il termine מנחה “ minchàh” che più tardi sarà codificato come l’offerta generica dei vegetali.
L’unica differenza che possiamo notare è la pluralità delle offerte di Hével, i primogeniti del suo gregge e delle loro parti più grasse, ma fu Khaìn il primo a portare le offerte.
La distinzione che ci può venire in mente è che la stessa parola può significare un dono e anche una offerta, la differenza è forse che un dono è più difficile da rifiutare, l’offerta è nella condizione per essere rifiutata.
Sarà il rifiuto della minchàh di Khaìn a fare la differenza , questo dimostra che qualche cosa nell’offerta di Khaìn non ha funzionato.
Forse è venuto a mancare il rituale che è la forma ufficiale della presentazione di ogni offerta, la garanzia che esso venga accettato e non rifiutato, tutta la bibbia ebraica è impegnata nel rilevare e sottolineare le forme e le azioni che devono accompagnare l’offerta degli uomini alla divinità, oppure Khaìn si aspetta di essere gratificato da D-o mentre suo fratello Hével non si aspetta nulla in cambio.
Il problema è complesso perché se Khaìn riceve un premio per aver fatto il suo sacrificio Hével che non si è posto la necessità della ricompensa sarebbe sminuito, ma ci sembra che D-o non abbia intenzione di introdurre ancora un legale rapporto tra offerta e ricompensa.
Il testo parla di מנחתו “minchatò” “la sua offerta” in epoche successive questa parola sarà in riferimento all’offerta dei prodotti vegetali, mentre non appare ancora nel testo il”korban” , le offerte animali, in questa parte di Bereshit il testo utilizza esclusivamente “minchàh”, l’origine di questa parola deriva dal verbo להניח “lehaniàch” deporre.
Deporre invece che consegnare dilata i significati e implica che l’offerta che viene presentata è facoltà del destinatario di rifiutarla, offrire e dare anche se sembrano quasi sinonimi possiedono un significato diverso, quello che le separa è la distanza tra chi offre e di chi riceve. Dunque il dare e offrire sembrano la stessa facciata del sacrificio, la restituzione di qualche cosa che si riconosce come non appartenente per diritti inalienabile ma che il dono concesso all’origine .
E’ possibile interpretare che Hével intendesse l’offerta come un dono, Khaìn come un sacrificio ?
La morte dei figli di Haronne, Nadav e Avihu sono un esempio di possibile inosservanza di questa procedura, essi agirono in forma individuale escludendo il rituale a cui ci si doveva attenere.
Ci si può comunque sempre chiedere se entrambi i fratelli si aspettavano una ricompensa alle loro offerte; su questo punto il testo non dice nulla, ma è logico pensare che forse Khaìn intese il dono come uno scambio dimenticando che il dono non può essere contraccambiato automaticamente.
Aggiunge Moshè Halbertal: “l’esclusione della possibilità di dare è fonte di violenza più profonda del senso di privazione che deriva dal non ricevere”.
L’insegnamento classico che ci è stato insegnato riguardo al precetto di sacrificio e offerta è l’azione virtuosa e disinteressata, la separazione dall’egoismo e dalla materialità. Tuttavia nel racconto di Bereshit questo concetto non è evidente, ma nelle azioni dei due fratelli possiamo scorgere l’anticipo di quello che sarà la regola per il mondo futuro.
Il trauma del rifiuto, e il suo esito violento sono alla radice del rituale in quanto protocollo di avvicinamento che tenta di colmare l’abisso dell’offerta. Perché il rifiuto è inerente all’avvicinamento? Uno sguardo più aperto al problema rivelerà un’altra relazione tra violenza e sacrificio, questa volta sotto l’aspetto della messa alla prova, la relazione tra il sacrificio e amore”( Moshè Halbertal).
Da questo concetto nasce il termine korban” che trae origine dal verbo lekarev “avvicinare “
Il racconto ci suggerisce che i due fratelli erano molto diversi e che rappresentavano i due modelli dell’esistenza umana del tempo: i pastori che allevavano le greggi e coloro che coltivavano la terra.
Forse c’era già il seme della gelosia tra il pastore nomade che occupa la terra senza seminare, libero di spostarsi nella ricerca di pascoli nuovi in contrasto con il contadino che era legato fisicamente alla sua terra e soffriva ogni giorno la fatica di un lavoro pesante , spesso scarso nella raccolta del frutto.

Ma tutto questo pensiero può subire un ribaltamento se pensiamo che Khaìn avesse compreso la profonda affinità tra gli animali che vivevano sulla terra, consapevole che era vietato di cibarsi di carne , la scelta di offrire dei vegetali è una forma di coerenza incompresa ?
Hével invece considera che gli animali sono stati dati all’uomo in potere, il destinare uno di essi in sacrificio è adempire alla volontà divina nella creazione.

ואל- קין ואל- מנחתו לא שעה ויחר לקין מאד ויפלו פניו
“”Non gradì Khaìn e il suo dono. Ciò rincrebbe molto a Khaìn che rimase abbattuto
(Bereshit 4/5) la traduzione letterale è che Khaìn cadde sul suo volto, questa espressione va oltre al significato comune, cadere con il volto nella polvere biblicamente è il massimo della delusione , lo sgomento assoluto, le traduzioni ufficiali addolciscono di molto questa sensazione .
Questa difficoltà nella comprensione è notata da D-o e offre a Khaìn una possibilità.
הלוא אם תיטיב שאת ואם לא תיטיב לפתח חטאת רבץ ואליך תשוקתו ואתה תמשל בו (Bereshit 4/7).
Se agirai bene potrai andare a testa alta.(sarai perdonato) , ma se non agirai bene, il peccato sta in agguato alla porta,esso ha desiderio di te, ma tu puoi dominarlo(il peccato sta spiandoti alla porta e i suoi desideri son volti a te, ma tu lo devi dominare)” .

Nel testo appare per la prima volta la parola peccato חטאת , in una insolita forma al femminile e non concorda con רבץ espressione rara che esprime il concetto di “acquattarsi” come fanno i predatori quando si preparano all’assalto della preda, questa parola implica una serie di concetti che riguardano il “peccato” diverso dal peccato secondo il cristianesimo , “ il peccato” è piuttosto un anticipo premonitore alla violenza che si sarebbe scatenata da li ha poco.
L’espressione “lapptàch atta’t robètz “ tradotto letteralmente “alla porta sta accovacciato il peccato, possiede un significato più simbolico che descrittivo, לפתח significa all’apertura, cioè il punto di passaggio che tramite il libero arbitrio e la propria coscienza ci conduce a destini diversi.
L’avvertimento è quasi un consiglio precauzionale, nella lettura ci sembra quasi di percepire nelle parole di D-o una nota di disagio e si rivolge a Khaìn con parole che assomigliano a una esortazione quasi consolatoria .
Le parole che usa il Santo sono, molto diverse da quelle rivolte a Adamàh che si nascondeva nel giardino dopo aver mangiato del frutto proibito: ”Perché ciò ti è rincresciuto, perché sei rimasto abbattuto?(Bereshit 4/3). Questa è la seconda domanda che il Signore pone, l’intera frase è una esortazione a reagire in positivo ,
“Esso ha desiderio di te” תשוקתו “ verso te la sua brama” è la stessa che abbiamo letto in Bereshit 3/16.
תשוקתך “ avrai desiderio di tuo marito”, dove il desiderio è inteso come sentimento per il possesso.
Riconsideriamo ancora una volta le parole e proviamo a cercare un nuovo senso
Se agirai bene potrai andare a testa alta.(sarai perdonato) , ma se non agirai bene, il peccato sta in agguato alla porta,esso ha desiderio di te, ma tu puoi dominarlo(il peccato sta spiandoti alla porta e i suoi desideri son volti a te, ma tu lo devi dominare”
La consequenzialità del pensiero occidentale considera scontato per deduzione le parole “se agirai bene” in riferimento al bene, ”ma se non agirai bene, il peccato sta in agguato” e questo ci sembra una condanna.
Khaìn avrebbe secondo queste parole in ogni caso la possibilità di essere salvo dalle conseguenze , “se non agirai bene, il peccato sta in agguato …… ma tu puoi dominarlo, viene offerta a Khaìn una seconda opportunità e sappiamo egli non sarà in grado di cogliere.
fine prima parte
Noiman
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

seconda parte

Come Adamàh e Chavà i figli non si parlano, Khaìn parla con D-o ma il dialogo è unidirezionale, non c’è una risposta.
Khàin parla con suo fratello Hével , ma non sappiamo cosa si dicono, il testo è laconico:
ויאמר קין אל-הבל אחיו “va- yomer qayn el Hével achiw” “ disse Khaìn a Hével suo fratello”, forse Khaìn afferma che il mondo non è basato sulla giustizia e privo di amore, Hével forse sostiene il contrario perché la sua offerta è stata accettata, tutto questo lo possiamo immaginare ma biblicamente sarebbe una aggiunta, ammettendo che questo sua stata la domanda non sappiamo quale risposta diede Hével, quello che leggiamo è una frase senza contenuto, Hével in tutto il racconto di Bereshit rimane muto, solo Khaìn parla e supponiamo che l’altro ascolti, uno possiede tutta la parola, l’altro la subisce.
In ebraico la radice אלמ ha un duplice significato, le stesse lettere possono essere lette come אלם “ilem” che significa muto, dalla stessa radice nasce la parola אלימות che significa violenza.
Quale è l’insegnamento ?
Forse la mancanza di comunicazione? Khaìn non riceve risposta .
Abbiamo considerato molti elementi e c’è il rischio di sovrascrivere una storia diversa e forzare attraverso il testo l’insegnamento che si può trarre dal racconto.
Oltre il senso letterale e quello narrativo è possibile ritrovare un insegnamento profondo anticipatore di tutto quello che avverrà sul Sinai.
I concetti su cui dobbiamo meditare sono tanti, la preferenza di D-o, il principio della primogenitura, l’offerta e il suo significato, la gelosia, la depressione che genera in violenza, la differenza sociale, (pastori, contadini), in fine il sangue e l’omicidio, la prima delle infinite uccisioni che racconteranno i libri del Tanach e in tutti i libri di storia
Le parole successive sono drammatiche: “ Caino alzò la mano contro suo fratello e l’uccise
La parola “Hével” il nome del fratello di Khaìn acquista il suo vero significato, Hével è il respiro breve e fugace come è stata la sua vita, ancora una volta la Torah esprime attraverso i nomi la sofferenza di una storia che è già stata scritta ma non rivelata, Qòhelet impiega questa parola molte volte, sempre con il significato di respiro, come essenza della vita, le traduzioni sostituiscono “Hével” con vanità, il termine compare ben cinque volte nello stesso versetto come il valore della lettera ה che l’iniziale del nome הבל
Un breve respiro che sembra provvisorio e fugace, figlio del primo respiro che D-o ha consegnato all’uomo che viene sottratto dal primo omicidio della storia dell’uomo.
Prima di concludere questo ragionamento che riguarda l’ordine delle offerte e il sacrificio è possibile rivedere ancora una volta il testo attraverso il pensiero speculativo che interpreta che Khaìn offri in realtà il sacrificio perfetto, quello di un essere umano, avendo compreso che Il Signore preferiva gli esseri viventi ai vegetali.
Ma forse tutto questo può apparire esagerato.


Esiste un profondo insegnamento nel racconto di Bereshit , Khaìn è il primogenito: ”Ho acquistato un uomo con Dio” le parole implicano il possesso che include la terra, il raccolto e la ricchezza.
Per la prima volta assistiamo al confronto diretto tra due uomini e fratelli, possiamo anche scorgere il confronto per la primogenitura .
Khaìn , il primogenito viene rifiutato da D-o, Abrahàm ripudia il suo primogenito Ismaèl e sceglie Izchàk che ha sua volta benedice Yakov invece che Esav, Yakov viene punito quando Rachèl viene sostituita dalla sorella più grande Lea, figlia maggiore di Labano , per una strana forma di giustizia e reciprocità per quando fu sostituito Esav di fronte a Izchàk morente.
Ancora in seguito Yacov benedirà Efraim invece che Menashè.
In seguito apprendiamo che non sarà Haronne a liberare Israel dall’Egitto, ma il secondogenito Moshè.
Samuel sceglie David, che ha sua volta sceglie Shlomò affinché esso diventi suo erede.
Il primogenito nella storia ebraica molto spesso messo da parte oppure il suo ruolo è limitato, con un ribaltamento delle storie personali all’ultimo minuto.
Pinchas Lapide pone una interessante osservazione:
Caino e Abele non erano nemici, ma piuttosto estranei l’uno all’altro, il che spesso è peggio. Tutti ne conosciamo le conseguenze. Il primo uomo che ebbe un fratello, lo uccise. E il fratricidio[….] Fa parte della roccia primitiva il fatto che il primo vero, profondo dialogo sulla terra sia stato un dialogo religioso che ha causato il primo spargimento di sangue. .

Significativamente, non si è trattato di una gara su chi amasse di più Dio, ma si è trattato di una domanda anti biblica su chi Dio amasse di più. Si è trattato, in realtà, di una domanda schizofrenica che in seguito avrebbe aspramente diviso Chiesa e Sinagoga e causato una ecatombe di sangue”.

Ritroviamo subito dopo questi avvenimenti ancora il sacrificio e le implicazioni per altre storie.
Noàch usci dall’arca insieme ai suoi figli e le mogli dei suoi figli uscirono anche tutti gli animali secondo la loro razza, questa precisazione è un rafforzativo che pone il testo per sottolineare che ciascuno di essi si sarebbe riprodotto in modo legale tramite unioni all’interno della propria specie .
Noàch costruisce un altare al Signore, stranamente la radice che è tradotta comunemente come “costruire è sostituita con un’altra che esprime il concetto di esaminare, considerare.
Noàch dopo aver costruito l’altare offrì olocausti sull’altare.

Il Bereshit Rabbà commenta: “Perché mi ha comandato il Santo, Egli sia benedetto, di abbondare in animali puri, più che impuri, se non per offrire con essi un sacrificio subito?(Bereshit Rabbà , XXXIV/9).
Rashi commenta:
“Noàch disse tra sé: Il Santo benedetto Egli sia, mi ha comandato di far entrare nell’arca sette paia di questi, solo perchè potessi poi offrirne in sacrificio.”

Questa è la seconda volta che in Bereshit si parla di sacrificio, il testo ci dice che furono scelti degli animali puri, ci sembra di interpretare che questo è un sacrificio di gratitudine per esseri tutti scampati alla distruzione e alla morte, gli animali sacrificati rappresentano una specie di restituzione delle vite salvate.
D-o gradisce l’olocausto e fa una promessa:
Il Signore ne odorò l’odore soave; quindi il Signore disse in cuor suo: “Io non tornerò più ha maledire il suolo a causa dell’uomo, perché l’inclinazione del cuore dell’uomo è malvagia fin dalla sua adolescenza; e non tornerò più a colpire ogni essere vivente come ho fatto”(Bereshit8/21) (genesi).

Da quando studio il libro di genesi, questa frase mi ha sempre creato imbarazzo, soprattutto dove D-o sembra gradire l’odore della carne bruciata, definita addirittura come profumo. Una traduzione più precisa sostituisce la parola “odorò” con: “ E aspirò il Signore l’aroma soave”.
Questo passo in genere non viene spiegato dai commentatori del passato Rashi , e il Bereshit Rabbà non si soffermano su questo particolare che a noi invece provoca disagio e disgusto, quello del sacrificio degli animali.
L’odore della carne bruciata che sale fino a D-o ci ha sempre lasciati sgomenti, le parole ריח הניחח”reach ha-nichoàch” tradotte come “ l’odore che riposa ” nel tempo in cui fu scritto il testo originale erano già comprese con il significato che D-o accettava la volontà di chi compieva il sacrificio senza impegnare direttamente le sue narici .
Dunque D-o non gusta la carne ma apprezza il suo odore. La carne bruciata diventa cenere , la forma e la materia vengono annullate, il fuoco separa la materia scomponendola nella sua matrice originale e viene accettata da D-o perché essa ritorna a lui nella sua forma originale che solo D-o può apprezzare e riconoscere.
Solo la onniscienza del Santo può distinguere le singolarità delle particelle del sacrificio a lui gradito e distinguerle da altri sacrifici e scomposizioni della materia terrestre.
L’odore che si riposa è dunque ricondurre la materia in uno stato simile a quello primordiale che dopo essere bruciata risale al cielo per riposarsi nel mondo spirituale da cui tutto fu tratto. Per gli antichi la cenere rappresentava la materia nel suo stato originale ”golmy” lo stato primordiale dove non esistono più forme.
Quindi D-o non si nutre della carne dei sacrifici, al massimo esso annusa , una parola che possiede più di un significato semantico che sfugge alle lingue diverse dall’ebraico. “il profumo riposante” o l’odore riposante” è l’apprezzamento divino per la materia che ritorna alla sua origine.
Forse nel sciogliere la forma la materia si riposa divenendo invisibile.

Non dobbiamo dimenticare che nel mondo di Noàch era praticato il sacrificio umano, la Torah ha sempre proibito questa pratica, il sacrificio di animali che ci fa orrore pare essere il giusto compromesso, senza dimenticare che ancora oggi gli animali vengono sacrificati nelle arene e ogni giorno milioni di esseri vengono scannati per riempire i nostri frigoriferi.
A riguardo del divieto nel mondo adamitico ci cibarsi di carne, nel nuovo mondo questo divieto viene sostituito :”Ogni essere che è vivo vi servirà da cibo, non mangiate carne ha la sua vitalità, il suo sangue” (Bereshit 9/3-4) (genesi)
“La caccia è aperta”

Shalom
Noiman
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Tutti tacciono e non so se è un buon segno considerando che le anime che partecipano a questo forum sono spesso conflittuali riguardo l’interpretazione delle scritture.
Il mio commento è sicuramente in chiave ebraica, quello che vi scrivo è quello che risulta dalla mia esperienza di almeno due lustri su i vari argomenti che impegnano i testi originali.
La scrittura è un trappolone micidiale che ci induce a interpretare le singole parole e il racconto nel suo insieme alla maniera del “Mulino Bianco” dove i personaggi sono
come attori di storie mute, spesso prive di senso pratico, attori loro malgrado.

Osservazioni su come Khàin abbia potuto avere discendenti in un mondo di tre sopravissuti mi rendono perplesso, oppure come faceva il Santo a camminare le giardino senza bagnarsi dall’impianto di irrigazione mi fanno sorridere.
Siamo sicuri di studiare lo stesso racconto ?

Domani è il mio compleanno.
Shalom
Noiman
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bgaluppi
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Caro Noiman, associandomi a Mattia, concordo con la tua critica. Purtroppo la Scrittura viene spesso letta come se fosse un testo storico e chi la legge lo fa senza interrogarsi sul significato; pur contenendo informazioni storiche, soprattutto relative al popolo di Dio, non è tanto la storia l'oggetto centrale, quanto l'insegnamento che ogni racconto contiene. Ma siccome questo messaggio non passa quasi mai, spesso è necessario rispondere a chi chiede “ma Caino dove l'ha trovata una moglie?”. Stasera ho letto a mia figlia la storia di re Davide che sconfigge Goliat e guida gli Israeliti alla vittoria. Alla fine, le ho spiegato che il racconto ci insegna ad avere fiducia in Dio in ogni situazione e affidarci a Lui, a non avere paura di nulla e di nessuno, anche se a volte ci troviamo a fronteggiare nemici più grossi di noi, perché “Il Signore protegge tutti quelli che l'amano” (Sl 145:20) e “Il Signore è colui che ti protegge; il Signore è la tua ombra; egli sta alla tua destra. Di giorno il sole non ti colpirà, né la luna di notte. Il Signore ti preserverà da ogni male; egli proteggerà l'anima tua. Il Signore ti proteggerà, quando esci e quando entri, ora e sempre.” (Sl 121:5-8). La cosa bella è che mia figlia non mi ha detto: “babbo, ma i giganti non esistono!”. :-)

Buonanotte a te.
Tichico
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Tichico »

Sperando in google traduttore.........Auguri.
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Gianni
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Mi associo. Auguri anche da parte mia, carissimo Noiman! :-)
stella
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da stella »

da parte mia un mare di auguri caro NOIMAN...ti piace navigare?...
ecco una splendita giornata sul un lago ... :-) il mio regalo ....
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l,anima mia. ha sete del Dio vivente
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