Interpretazione delle Scritture Ebraiche

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Gianni
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Per capire le cose è bene averne prima una panoramica. Solo avendo chiaro il più ampio quadro d’insieme possiamo comprendere come vi è collocata una certa scena. C’è poi il fattore cronologico: solo quando non si conoscono gli antefatti siamo costretti a ricostruire (col rischio di sbagliare) gli avvenimenti. È di questi fattori che è composta la storia. Se non si ha la concatenazione degli eventi, con cause ed effetti, non si possono fare valutazioni e si avrà soltanto una cronaca invece della storia. Per capire ed interpretare la storia occorre la conoscenza di tutti gli antefatti, di tutti eventi e di tutte le loro motivazioni. Detto diversamente, occorre conoscere e capire il prima per comprendere il dopo.

Se si parte dall’attuale senza conoscere tutti gli antefatti, ne risulta una valutazione sbagliata; se poi si immaginano (senza minimamente conoscerli) gli antefatti sulla base dell’attuale, si distorce tutta la storia. In questo grave errore cadono, ad esempio, quei nostri non pochi connazionali - ignoranti e poveri di senno – che sono filopalestinesi: credono che la Palestina sia da sempre terra loro e non sanno neppure che la famosa Cupola della Roccia fu eretta dai musulmani dove più di un millennio e mezzo prima era stato eretto il Tempio ebraico. Gli stessi musulmani, i quali si vantano di Abraamo, sembrano ignorare che discendono da un prepotente mezzo egiziano cacciato via proprio da Abraamo.

Con queste indispensabili premesse, proviamo ora a valutare la storia relativa a Yeshùa e ai suoi discepoli. E – una volta per tutte – lasciamo da parte ciò che accadde a partire dal secondo secolo: ciò appartiene ad un’altra storia, una brutta storia che ci porta alla situazione religiosa attuale. Se vogliamo capire la storia di Yeshùa e dei suoi discepoli, è al primo secolo che dobbiamo fermarci, non ignorando nel contempo gli antefatti.

Ci sono dei punti fermi e indiscutibili:
- Yeshùa era un giudeo;
- Tutti i suoi discepoli erano ebrei (non giudei, ma ebrei);
- Saulo di Tarso, in quanto beniaminita, era un giudeo; fariseo ed intransigente, era cresciuto alla più alta scuola rabbinica del tempo.

E i giudei del primo secolo? Divisi in partiti (non sette, ma partiti) non vedevano di buon occhio i galilei, ebrei come loro, e disprezzavano i samaritani, che erano mezzi pagani. Il giudeo Yeshùa aveva scelto i suoi tra i galilei e non volle avere nulla a che fare con i samaritani. Occorre anche sapere come era mutata la condizione spirituale dei giudei. Dopo la distruzione del Tempio nel 587 prima dell’Era Volgare, furono esiliati in Babilonia: lì, senza più manifestazioni profetiche, non avevano altro che la Toràh, per cui si diedero con gran passione al suo studio, che era l’unica cosa che potevano fare. Non c’erano più profeti e gli scribi (esperti di Sacra Scrittura) presero il loro posto. Iniziava a svilupparsi ciò che avrebbe portato, secoli dopo, al rabbinismo.
Nel primo secolo vigeva la dottrina che la Toràh doveva essere applicata nel modo formale più rigoroso. Yeshùa, strenuo difensore della Toràh, si scontrò spesso con quella mentalità. Se da una parte diede un giro di vite alla Toràh per farla applicare più rigorosamente in senso vero (si veda il suo discorso sulla montagna), dall’altra rifiutò il modo ipocrita con cui se ne osservava solo la lettera senza badare all’essenziale (che può essere riassunto nel famoso scolare il moscerino per ingoiare il cammello).

E Paolo di Tarso? Fariseo fino al midollo, ebbe in odio Yeshùa e fece dello sterminio dei suoi discepoli la sua missione. Gli ci volle una chiamata diretta da parte di Dio perché capisse. Senza Paolo, i discepoli di Yeshùa sarebbero rimasti uno dei tanti partiti ebraici che convivevano con gli altri.
E poi? Poi ci fu la frattura. Dire con il giudaismo non è esatto: meglio dire con quel tipo di giudaismo (orgoglioso, molto formale, alquanto ipocrita). Considerato il netto rifiuto da parte dei giudei, la “buona notizia” fu estesa ai samaritani e ai pagani. Eppure, uno dei capisaldi della dottrina dei discepoli di Yeshùa era: Prima i giudei, poi i pagani. Va ripetuto: Prima i giudei, poi i pagani. Tale principio inderogabile fu coniato proprio da Paolo, l’apostolo dei pagani. E fu Paolo a spiegare che Dio continua ad amare gli ebrei perché sono il suo popolo, perché a loro ha affidato la sua rivelazione, perché a loro ha fatto dei doni e delle promesse; e che, va ribadito, tutto ciò è da parte di Dio irrevocabile. Paolo parla di intorpidimento mentale da parte di Israele e usa perfino l’arma della gelosia per farli riscuotere: se ora ci si rivolge ai pagani, dovrebbero essere gelosi e tornare in sé. In ogni caso assicura che Israele rimane il popolo di Dio e che i pagani vi sono solo innestati, rimarcando che è Israele che alimenta con la sua linfa gli innesti estranei e che è la radice ebraica che li sostiene (e non viceversa!).

Ora, avendo ben presente questo quadro, è in questa situazione che va collocata la chiesa di fondata da Yeshùa, non dimenticando mai che la sua radice e la linfa che la alimenta sono e rimangono ebraiche.
Tutto il resto, dal secondo secolo in avanti è un’altra storia, una brutta storia che poco e nulla ha a che fare con la dottrina ebraica di Yeshùa.
Elena-M
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Elena-M »

Ciao a tutti :YMHUG:

Vi leggo sempre di corsa purtroppo!
Noiman ciaoooo
Ascolta quando dici: "Questo vale anche per lo shabbat che infiamma gli animi in tante discussioni.
Quindi ciascuno è giusto nella propria dimensione."

Cosa intendi dire che ciascuno è giusto nella propria dimensione?

Un abbraccio,penso di avere qualche giorno da dedicarvi :-) ...a presto ciaooooo
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Israel75
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Israel75 »

Anche se non sono credente o vivo nella mia dimensione di fede, non si può affermare che Yeshua prima e Paolo ai gentili dopo insegnarono ad ossevare un giorno diverso dal Sabato, è questo che stà scritto.

Come è storia romana il fatto che fù un imperatore pagano a imporre la già venerata domenica come giorno di stato ufficiale di culto "cristiano".321dc editto omonimo.

Ma ai posteri(ori) l'ardua sentenza..... :d
Shalom
(Giac 4:6) Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura (Is 10:33,Lc 18:14) dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili».
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bgaluppi
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

" Il sabato andammo fuori dalla porta, lungo il fiume, dove pensavamo vi fosse un luogo di preghiera; e sedutici parlavamo alle donne là riunite." - At 16:13
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Ancora un approfondimento riguardo le disposizioni noachide , (presunte o meno).

In realtà le leggi noachide si possono ritrovare nelle indicazioni della prima Chiesa
Renan E. scrive:”La legge imposta dalla chiesa dalle origini ai neoconvertiti dal paganesimo era pressappoco l’insieme dei precetti noachidi che venivano imposti a tutti i proseliti” .

Accanto a Israele che applicava la legge Mosaica nel suo pieno impegno e rigore vivevano altri popoli che vivevano secondo le leggi noachide , esempio i recabiti di cui ne parla Geremia (35) che cita come esempio di rettitudine e fedeltà a D-o, anche i gabaoniti praticavano una specie di legge mosaica alleggerita , erano stimati dagli ebrei, (citazione Benamozegh).
Il fenomeno era diffuso anche all’interno di Israele, Salomone ne censisce il numero stimato in oltre 150.000.
Anche successivamente accanto agli ebrei che praticavano il culto i noachidi che venivano considerati alla stregua di simpatizzanti potevano accedere alle sinagoghe del tempo nelle aree adiacenti sull’esempio del tempio di Gerusalemme che consentiva l’accesso ai gentili nella sua parte esterna (sempre da Benamozegh), come d’altra parte possiamo osservare nelle prime chiese cristiane quando ai catecumeni avevano un posto riservato vicino all’entrata.
Benamozegh in un suo trattato scrive:
La compatibilità dell’osservanza del sabato con la posizione legale è dimostrata non solo dalla legislazione rabbinica, ma anche dalla storia. Strano spettacolo, in verità, quello dei pagani che, senza divenire ebrei, osservano alcune pratiche dell’ebraismo, e particolarmente il sabato!I critici lo constano, senza tuttavia ricercarne la spiegazione.”molti di coloro che erano attratti dal mosaismo, scrive Renan, si limitavano ad osservare il sabato. Una uguale purezza di vita, uno stesso orrore del politeismo univano tutti quei piccoli gruppi di uomini pii dei quali i pagani superficiali si limitavano a dire:”Conducono una vita ebraica. Orazio, in una satira parla del “trentesimo sabato”, il che sembra indicare che fosse usanza dei pagani contare i Sabati [….] anche Seneca, nel libro contro le superstizioni, schernisce il Sabato ebraico che aveva non solo conquistato gli ebraizzanti, ma anche molti pagani”
Conclude Benamozegh osservando che il riconoscimento del sabato è stata la prima vittoria dell’ebraismo, la più sorprendente e duratura, che viene ancora oggi celebrato dal cristianesimo e dal’islam , io aggiungo : anche se con uno spostamento temporale e del significato.

In definitiva il pensiero ebraico ha sviluppato la legge data a Moshè sotto il Sinai e ne ha fatto il monoteismo un monolite, questo in contemporanea al mondo circostante che invece era assolutamente politeista e di conseguenza pagano, la stessa prima chiesa formata da ebrei che praticavano il culto millenario è presto deviata in una forma di paganesimo quando la figura di Gesù è di Maria sono diventati soggetti di adorazione, oggi assistiamo anche alla bibliolatria che è il modo errato di considerare le scritture .
Il mondo pagano basava il rapporto con la divinità esclusivamente sul lato di forza, il sistema piramidale dell’Egitto è un esempio di una società profondamente divisa in ranghi sociali a partire dall’apice della piramide occupata dal dio faraone , non include nei passaggi dall’alto al basso nessuna giustizia sociale ne eguaglianza tra gli uomini, Benamozegh osserva che anche il cristianesimo secondo l’opinione di E. Laurent predica solo l’eguaglianza religiosa (per citare le sue parole), e non si è mai sognato di far penetrare l’uguaglianza nell’ ordine civile e politico, concludendo la grossa novità nel mondo antico è la religione mosaica che legifera sulla condizione della famiglia, sul rispetto e la tutela del povero, include gli schiavi e anche i frutti della terra e il mondo animale.
Shalom
Noiman
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Armando Albano ci scrive che è sostenibile l’ipotesi che i profeti e uomini di D-o conoscessero la Torah in epoca anteriore a Moshè, per cercare di chiarire questo aspetto non rivelato apertamente nelle scritture aggiungo una considerazione connessa alla domanda: “dove sappiamo che sono esistite le leggi o prescrizioni noachide.
Ho scritto che Avrahàm, Noàch e altri profeti prima di Moshè conoscevano la Torah , anche se non era ancora “scesa dal cielo”essi applicavano alcuni dei suoi punti fondamentali l’ interpretazione sono le “mizvòt” ci sembrano estemporanee e anche facoltative.
Tutte le sette mizvòt erano di carattere negativo e impositive, la regola era ”non devi fare escluse tutte le mizvòt positive come :”devi fare”, anche il riconoscimento del D-o unico.
Non sono citati espressamente le regole del matrimonio , della procreazione, il rispetto dei genitori , tuttavia all’interno dei sette precetti si può ritrovare le implicazioni per una condotta meritevole , esempio attraverso il rifiuto dell’incesto, l’omicidio e il furto.
La stessa proibizione di nutrirsi di un animale vivo implica comportamenti umani che nella riflessione della osservanza includono anche il divieto di nutrirsi di sangue, una specie di “pit stop” che consente una riflessione supplementare all’atto della uccisione.
Il sangue è la vita di tutte le creature , l’insegnamento parte dal basso per giungere all’uomo che è responsabile della vita del suo prossimo, spargere il sangue di un uomo significa aver giudicato se questo deve vivere o morire, vero o falso, una prerogativa che richiede un giudizio e una presa di responsabilità.

Nella legge mosaica ciascuno di questi concetti viene arricchito attraverso la morale che pone distinzione tra l’omicidio intenzionale o accidentale, introduce concetti come l’eccesso di difesa,anche l’uccisione per mezzo dell’aborto.
Tutto questo si valorizza attraverso la rivelazione della legge orale. Lo scopo finale è la trasformazione delle responsabilità che individuali diventano collettive , poi la regola per una società .
La società è basata sulla famiglia , la famiglia ha come scopo la procreazione per il salvaguardia della discendenza, la prima condizione è l’applicazione del comandamento :
Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e diventeranno una sola carne”, ma tutto questo diviene possibile se si adempie al primo comandamento:”crescete e moltiplicatevi”.
Il talmud approfondisce questo concetto nella interpretazione che riguarda il noachide:
“Se un noachide, dopo aver destinato al suo schiavo una donna in schiavitù, si permette in seguito di avere rapporti con lei, sarà punito con la morte
(tb, trattato Melakim9, 8,Sanhedrin 57/a, e 58/b), Benamozegh nel libro dove ho tratto questa citazione scrive:
L’esempio addotto non offre forse una prova di equità sorprendente per quei tempi?Padrone e schiavo sono entrambi pagani, quest’ultimo tuttavia, per l’ebraismo gode dei suoi diritti inviolabili di marito, al pari del padrone, che si trova sotto la minaccia dell’estremo supplizio se osa oltraggiare i diritti del suo simile; questo è infatti il termine eloquente che utilizzano i rabbini in tale circostanza per designare lo schiavi”

Shalom
Noiman
ארמאנדו אלבנו
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

Caro Noiman. Io intendevo sapere il vostro parere su questa domanda di fondo: tutti gli uomini quando vengono concepiti (a partire da Adamo,i figli di Adamo e Noè che erano precedenti a Mose nel tempo della rivelazione ufficiale della torah) ricevono i comandamenti nelle coscienze?
noiman
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Iscritto il: domenica 20 aprile 2014, 22:41

Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Una possibile risposta per Armando Albano.

Mi piace ricordare un pensiero tratto dal talmud.
L’angelo del Signore, preposto alla gravidanza prende una goccia (ovulo fecondato), e lo porta dinnanzi al Signore e dice dinnanzi a Lui:” Che ne sarà di questa goccia?, Forte o debole?. Intelligente e stupido? Ricco o povero?. Ma giusto o malvagio non viene detto, come quando dice Rabbì Channinà, il quale dice che “ tutto è nelle mani del Cielo, fuorché il timore del Cielo.” Nidda (16B).

Io ho ricevuto dai padri gli insegnamenti, parole di Torah , esattamente in ottemperanza al precetto ימוש ספר התורה הזה מפיך והגית בו יומם וליללה ..... “questo libro della Torah non si allontani mai dalla tua bocca, meditalo giorno e notte” ( Giosuè 1/8), il resto l’ho fatto tutto da solo e a D-o piacendo continuerò fino alla fine dei miei giorni.

Nessuno nasce con la Torah in testa, solo lo studio e la preghiera ti conducono nel suo mondo. Anche i profeti di Israel ottennero la conoscenza solo dopo aver desiderato e pregato, allora essa,…. la Torah è scesa dal cielo ma solamente per coloro che in purezza di spirito e onestà nelle intenzioni erano pronti a riceverla.
Per tutti gli altri, sottoscritto compreso , abbiamo dovuto attendere Moshè.
Noiman
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

In questa cartella dopo aver esaurito l’argomento su come possiamo ritrovare attraverso le scritture le “leggi noachide” introduco un breve riepilogo di uno studio che riguarda il racconto di Bereshit nel capitolo 25 , appartiene alla parashàt di toledot e narra lo scambio di primogenitura tra Izchàk e Esav, racconto che tutti noi conosciamo.


Izchàk pregò molto il Signore perché Rivkà era sterile, il Signore si lasciò supplicare e Rivkà rimase incinta
Il testo originale ויעתר יצחק ליהוה לנכח אשתו כי עקרה הוא ויעתר לו יהוה ותהר רבקה אשתו
(Bereshit- Toledot 25/21) (genesi).
La traduzione corretta può essere :“E Isacco supplicò il Signore di fronte a sua moglie perché era sterile, e il Signore si lascio supplicare da lui, che Rebecca sua moglie, divenne incinta.
Rashi osserva che Izchàck implorò il Signore di fronte a sua moglie, entrambi pregavano il Santo, ma dal testo apprendiamo che il Signore si lasciò supplicare solo da Izchàk , questo lo capiamo dalle parole לוויעתר “we-ye’ater lo
La preghiera di Rivkà non fu ascoltata?
Rashi offre la sua interpretazione:
Il Signore si lasciò supplicare da lui” da lui e non da “lei”. Infatti la preghiera di un giusto che è figlio di un altro giusto non è paragonabile alla preghiera di un giusto che è figlio di un empio
Questo concetto che fatichiamo a comprendere è il proseguo del disegno divino che prevede che ogni cosa stia nel posto giusto, questo avviene attraverso la separazione, anzi meglio la distinzione. La supplica di Rivkà è comunque accolta in riferimento alla intenzione di Izchàk.

E si completarono i giorni della sua gravidanza ed ecco gemelli nel suo ventre
(Bereshit-Toledot 25/24) (genesi).
Questa è una gravidanza speciale, attraverso le sue implicazioni nascerà Israele.
Anche speciale perché nei giorni in cui una futura mamma si dovrebbe godere la sua condizione leggiamo: “I feti si urtavano nel ventre ed essa disse, se questo mi avviene perché sono rimasta incinta?”
“ Se questo mi avviene perché sono rimasta incinta e andò a consultare il Signore” ( (Bereshit- Toledoth 25/22) Genesi).

L’espressione יתרצצו ו “wa-ytrotsatsu” , tradotta come “si urtavano” è di difficile interpretazione, Rashi fornisce un commento interessante, questa parola può essere scomposta in due significati, il primo è “correre” dalla radice רוץ , il Midràsh interpreta che essi quando Rivkà passava davanti alla casa dove si studiava la Torah, Jacov correva e urtava per uscire, quando invece essa passava davanti alla casa dell’idolatria era Esav a correre per uscire.
Una seconda spiegazione deriva dalla radice רצצ che significa anche spezzare, cioè che essi si urtavano per contendersi i mondi futuri.
Una terza possibilità su questo verbo nasce dall ’accoppiamento diverso delle lettere quindi “wa- ytrotsatsu” , le lettere rimescolate genererebbero l’espressione “ hittir tswwuy “ “ l’uno annulla l’altro”.
(David Banon- Midrasch, la lettura infinita”)
La risposta del Signore è emblematica:
Nel tuo ventre ci sono due nazioni, due popoli di dirameranno dalle tue viscere, una nazione sarà più forte dell’altra, ma la più grande servirà il più piccolo” (Bereshit 25/23).(genesi).

Queste parole sono state dette a Rivkà per bocca di un profeta, nella affermazione è citato anche il futuro quando si riferisce ai “leumin” “popoli”.
I due gemelli hanno la medesima radice, si rincorrono nel ventre materno, intrecciati come i due alberi del giardino, proiettati in direzioni opposte, Jacov rappresenta l’albero della vita, Esav , l’albero della conoscenza.

Il Bereshit Rabbà commenta queste parole per bocca di Rabbi Nehemiàh :
Rebecca era degna di dare origine a 12 tribù, come sta scritto:”Le disse il Signore: Due popoli stanno nel tuo ventre” Due popoli (due) , e due nazioni (quattro), l’uno sarà più forte dell’altro: (sei); e il minore servirà il maggiore (otto) ,E quando giunse il tempo di partorire aveva due gemelli nel ventre: quello che uscì per prima era rossiccio: (11); poi uscì suo fratello (12) .
(Bereshit Rabbà 58/7).

Questa parte di Bereshit ci fa riflettere sul perché ancora prima di nascere esistono destini diversi, essi sono gemelli, non sono ancora nati ma già il loro destino è segnato dalla elezione di uno di loro, meglio una consacrazione che non è sostenuta da una base meritocratica o secondo le proprie azioni, ma in relazione al piano divino.
Questa osservazione non sfugge all’apostolo Paolo che Vangelo scrive:
Non tutti i discendenti di Israele sono Israele, ne per il fatto che sono progenie d’Abramo son tutti figlioli di Abramo”( Epistola ai Romani 9/7).

וימלאו ימיה ללדת והנה תומם בבטנה
Il periodo della gravidanza si compì, essa aveva nel ventre due gemelli”.
Il testo specifica che Izchàk aveva setta anni quando essi nacquero.
Nel testo originale la parola gemelli תומם compare scritta in modo difettivo, è omessa la א .
I maestri interpretano che uno di questi era malvagio.
Il primo che usci era rosso, tutto come una pelliccia e lo chiamarono Esav. Poi uscì suo fratello che teneva con la mano il calcagno di Esav e lo chiamarono Jacov”(Bereshit -Toledot 25/25).(genesi).
E’ curioso che il nome Esav derivi dalla radice “laasot””il fare”, il significato questa è stato interpretato che Esav nacque come un uomo fatto, “asùi” cioè “ completo” nel significato che era nato peloso come un uomo adulto.
” ויצא הראשון “”vajezà ha- rishòn” E’ uscì il primo”, la giusta lettura possibile è “uscì per primo”
Apparentemente la differenza tra uscire per primo o essere il primo è molto poca, la Torah che utilizza ciascuna lettera per il giusto significato suggerisce una distinzione, essere il primo o uscire per primo a parte il significato consequenziale include un valore aggiunto: ” uscire per primo” non significa solo essere il primo, la temporalità è secondaria al significato qualitativo.
Secondo il punto di vista umano Esav è il primogenito, ma il testo sembra attraverso le parole di voler porre una riserva.
Tutte le future vicende di Esav e Jacov saranno vissute sul confronto tra elezione e primogenitura.
Il midrash ha fantasticato e interpretato per molti secoli la primogenitura di Esav rispetto a Jacov, la tradizione sostiene che ad essere fecondato per prima fu Jacov e nella lunga lotta nel ventre materno Esav che era materialmente più forte ebbe la meglio nei confronti del fratello che non rassegnato seguì Esav nel ventre materno afferrandolo per un calcagno, quasi come stabilire una continuità nella nascita.
Tutta la loro vita è un perenne confronto che inizia nel ventre materno e termina con la fuga di Jacov a Charan per evitare di essere ucciso da Esav.
Gli eventi del capitolo della parashà di Toledòt ci riportano indietro nel tempo a Khàin e Hevel, leggiamo che il primogenito era Khàin ,anche il primo a portare le offerte della terra , Hevel il minore porta per secondo le offerte porgendo il primogenito del suo gregge.
Sappiamo che il Signore accettò l’offerta del secondogenito e rifiutò quella di Khàin.
Le vicende dei primogeniti continuano, Ismaèl il primogenito di Avrahàm viene allontanato preferendo il secondo figlio, Izchàk.
Ancora Moshè viene scelto da D-o al posto del fratello maggiore Aaron.
Vedremo in seguito che Izchàk benedice Jacov invece di Esav, la stessa primogenitura passerà poi da Jacov da Ruben, poi a Josef.
Samuele si affida per volontà di D-o a David che a sua volta elegge Shlomò come suo erede, nonostante che non fosse primogenito.

Tutto questo ci porta a riflettere che nella Torah e nelle scritture successive gli avvenimenti non sono mai scontati , nulla è determinato dal ruolo ufficiale, ci sembra di intravvedere attraverso le mille vicende che tutto avviene secondo un principio spirituale profondamente legato alle qualità spirituali del singolo.

Un insegnamento trasversale ci indica che il primogenito non ha il diritto per nascita, ma viene legittimato attraverso la sua qualità e attraverso le sue azioni anche tutto questo deve ancora accadere, perché abbiamo già affermato che: “non esiste un prima e un dopo nella Torah”.
Questo è un pensiero completamente opposto a quello delle popolazioni circostanti che riconoscevano nel primogenito una speciale “forza divina” derivante dal potere degli dei che esprimevano nel loro desiderio attraverso la scelta del seme umano.
Il primogenito veniva innalzato a dio stesso, l’esempio degli egiziani è lampante, non per niente D-o colpisce i primogeniti di Egitto con l’ultima piaga, per spezzare il culto della primogenitura.
La vendita della primogenitura a Jacov è l’insegnamento che questo privilegio è desacralizzato e può essere ceduto in caso che egli non sia meritevole.
La primogenitura aveva un significato molto diverso che attribuisce il pensiero moderno, essere “bechor” , il primogenito “degno” nella sua posizione una responsabilità maggiore con implicazioni profonde nella dimensione materiale, temporale e spirituale.
Il primogenito deteneva il potere governativo e l’autorità spirituale , esso doveva guidare la propria stirpe e sostituire a suo volta il patriarca, questo sia nell’ambito familiare che in quello collettivo.
Questo includeva la ricerca della qualità contraria al comune diritto di primogenitura.

Esav è una figura inquieta e istintiva, amante della caccia e delle donne, sposa due donne cananee all’età di quarant’anni, egli sa che questo è fonte di dispiacere per suo padre, come volesse rimediare sposa una terza donna del paese di Aram, visse la vita con ingordigia e di fatto ebbe tre mogli.
Oggi diremmo che era un balyan yadùa, uno che se la spassa senza porsi troppi problemi, il testo biblico utilizza sapientemente questa figura per consegnarci degli insegnamenti.

“E cucinò Jacov una minestra, e venne Esav dal campo ed egli era stanco. E disse Esav a Jacov: Versami un po’ di questo rosso rosso perché sono stanco, per questo fu chiamato Edom
(Bereshit-toledot 25/29-30) (genesi).
Ci si è sempre chiesti perché Jacov dovette prepararsi una minestra da solo, non c’erano forse i servi che potevano lavorare per lui? La tradizione orale insegna che quello fu proprio il giorno in cui fu seppellito Avrahàm, la minestra costituiva il pasto rituale di “avelùt”.
L’inizio di questo capitolo ha uno spazio temporale tutto particolare , sappiamo che sono in vita Avrahàm, Izchàk e Jacov, anche se il testo ha affermato che Avrahàm era stato seppellito nella grotta di Machpelà dai suoi due figli.
Giunge Esav dalla caccia e dice al fratello Jacov:
“Prego fammi inghiottire un po’ di questo rosso rosso” non sembra distinguere il pasto di “Avelut” da una minestra normale, è molto stanco , non si sofferma su quello che è successo , il suo unico desiderio è di sfamarsi.
L’espressione “rosso, rosso” nelle traduzioni viene in genere sostituita con “questa roba rossa”, ma il testo invece riporta מן האדם האדם הזה “rosso, rosso questo” il senso che aveva fretta di mangiare (era uso raddoppiare le parole per esprimere questo concetto).
Rashi aggiunge :
Avrahàm morì proprio quel giorno, per non vedere il traviamento di Esaù, figlio di suo figlio. Altrimenti non avrebbe avuto la “felice vecchiaia” [Bereshit 15/15) ] che gli aveva promesso il Santo Benedetto Egli sia, e perciò il Santo gli abbreviò l’esistenza di cinque anni. Isacco, infatti, visse centottanta anni , mentre Abramo solo centosettantacinque. anni “.

Perché le lenticchie? Forse perché esse sono rotonde simili a una ruota che gira affine al lutto, le lenticchie non hanno bocca per parlare e così chi è in lutto non deve parlare.
L’episodio delle lenticchie in cambio della primogenitura è stato l’esempio per millenni di come un individuo può barattare una cosa cosi importante per un “niente”
Questo episodio è ormai diventato un luogo comune, il midrash che è un commentario della Torah ci racconta una sua interpretazione per consentirci di rivedere questo episodio con altri occhi.
“Rientrò Esav dal campo e vide il volto di Jacov avvilito. Gli disse: Che fai?Disse lui: Non lo sai che Avrahàm nostro nonno è morto? Io faccio dei cucinati e preparo il pasto di avelut. Disse a lui Esav: I miei amati e i miei odiati sono morti allo stesso modo, Avrahàm è morto e Nimrod è morto, e che me ne faccio della primogenitura?”
(Midrash Tanchuma)
Dal commento di Jonathan Pacifici:
Esav soffre per la morte di Avrahàm. L’unica mizvà a lui cara, quella nella quale superava Jacov era proprio l’onore per i genitori, immaginiamo l’onore che portava al nonno. Ma è proprio in occasione della morte di Avrahàm che si delinea la differenza tra i due fratelli. Jacov è avvilito. Ma si rimbocca le maniche e capisce la Halachà necessita qualcuno che prepari il pasto di avelut per Izchàk. Esav è stanco. Il dolore di Esav, come la sua stanchezza sono atrofizzanti. Morto l’uomo, muore l’idea. Che me faccio io della primogenitura se il giusto muore come il malvagio? E ricordiamo che qui entrambi hanno diciassette anni. Quanto è dolorosa sulla bocca di un diciassettenne la frase, “io vado a morire”. Questa incombenza dell’idea del trapasso che non troviamo neanche nell’anziano Izchàk che al massimo dice: Sono invecchiato e non conosco il giorno della mia morte.”
Fine prima parte
Shalom
Noiman
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Quello che leggiamo nel seguito del racconto è la benedizione che Izchàk impone ai suoi figli.
La lettura di questa parte del libro di Bereshit per alcuni aspetti è sconvolgente, in quel giorno assistiamo a un camuffamento delle intenzioni, a fare la differenza sono gli aspetti materiali come gli odori, il tatto , i suoni ,tutte sensazioni fisiche, leggiamo:
La voce è quella di Jacov e le mani sono le mani di Esav” , la frase è emblematica ,riassume tutto quello che è successo , perché strappare la benedizione del patriarca al primogenito Esav per favorire Jacov?
Il racconto è drammatico ma possiede una certa forma di comicità.
E forse per questo che tutti ricordiamo l’episodio dello scambio di una minestra di lenticchie per il diritto di primogenitura.
Izchàk chiama suo figlio Esav e lo manda a cacciare nei campi una preda affinché egli la cucini, sappiamo che la cacciagione è il suo piatto preferito , in cambio gli promette che sarà benedetto prima di morire.
Rivkà ode quello che si sono detti Izchàk e Esav e incita al Jacov a fare un sotterfugio per anticipare Esav. E’ forse una buona madre?
Prendi di la due buoni capretti”.
I messaggi si mischiano, il primo di Izchàk :“ Prendi le tue armi, la faretra e l’arco, va in campagna, prendimi della caccia” il testo è affermativo e contiene nel comando una esortazione: “aguzza, ti prego le tue armi”, perché Esav doveva affilare le sue armi? il Bereshit Rabbà commenta:
Affinchè tu non mi faccia mangiare “nèbelòt o erefòt”cioè animali non idonei, morti per cause naturali o uccisi non in conformità alle regole alimentari”.
Questo è un altro esempio di come fossero già conosciute le mizvòt riguardo la casherut.
Questo viene affermato perché immaginiamo che Izchàk conoscesse assai bene l’indole di suo figlio , sospetta che esso avrebbe potuto cercare una scorciatoia.
La raccomandazione è sostenuta dalla frase “portami della caccia” , sottointesa come animali liberi della campagna.
Il testo originale ci parla attraverso i significati e i segni che come le anomalie testuali dei segni che vanno interpretati oltre al giudizio banale di un errore postumo di un copista.
E’scritto:
וצא השדה וצודה לי צידה
Esci in campagna e caccia per me una cacciagione”(Bereshit –Toledot 27/3) (genesi).
צידה “tzaid” significa cacciagione e appare con una lettera ה “he” ,valore numerico 5 ,che apparentemente ci sembra impropria.
Una spiegazione si può ritrovare nella tradizione orale che definisce le 5 regole che riguardano l’uccisione degli animali.

Entrambi i fratelli sono impegnati nel preparare per il padre una vivanda gustosa, ma comprendiamo che esse sono diverse nel concetto e nell’essenza.
Rivkà chiede a Jacov di prendere due capretti , ripete l’ordine due volte, perché?
Nell’inganno c’è anche la possibilità di sostituire della selvaggina con un animale domestico , un quasi perfetto camuffamento dei sapori e dell’aspetto.
”Affinchè tu non mi faccia mangiare “nèbelòt o erefòt”.
Tutto sembra semplice, le pietanze cucinate saranno perfette, ma occorre che Izchàk mangi quella giusta.
Jacov dice alla madre:
Ecco , mio fratello Esav è un uomo peloso, mentre io sono un uomo di pelle liscia””Forse mio padre mi palperà e io apparirò ai suoi occhi come uno che si prenda gioco di lui; attirerò così sopra di me una maledizione e non una benedizione”
La risposta è una completa assunzione di responsabilità, Rivkà risponde :”Ed io attirerò su di me la maledizione “
L’inganno si completa quando Jacov coperto dei vestiti di Esav si presenta a Izchàk con la vivanda gustosa appena cucinata.
Izchàk è cieco e chiede:
Chi sei figlio mio? Jacov disse a suo padre: “Sono Esav tuo primogenito, ho fatto come mi hai detto; su siediti deh! E mangia della mia caccia per darmi poi la tua benedizione”.
E’ curioso che il testo impieghi il termine “ anochi” che significa “io sono” lo stesso che leggiamo nei dieci dibberot.
Il significato della frase assume una forma di solennità , scrive Rashi:
Io sono colui che ti porta il cibo, ed Esav è il tuo primogenito “(Rashi).
Il racconto diventa quasi comico e ci ricorda la favola del lupo e Cappuccetto Rosso.
Izchàk è incredulo è diffidente e pone una domanda:
Come hai trovato la caccia così presto?”
”La risposta di Jacov è pronta:
“Gli rispose “ Il Signore tuo Dio me la fatta capitare davanti agli occhi”(Bereshit 27/20).
Questa affermazione di Jacov ricorda le parole in Bereshit , quando Avrahàm alzò gli occhi e vide sul monte Moriàh un montone impigliato per le corna in un rovo.
Il nome del Signore appare nel racconto nominato solo questa volta e scritto attraverso una menzogna.
Il senso di questa parole possono essere interpretate come una seconda reinvestitura, con l’aiuto del Signore riceverò la tua benedizione, Non sapremo mai se quello che è avvenuto è vero o una bugia di Jacov.
Bisogna anche ricordare che la radice su poggia il nome עקב “Jacov” può anche significare “inganno”, una cosa nata “storta”.
Questo dovrebbe essere sufficiente a Izchàk per convincersi che è proprio Esav, invece manca un particolare, Izckàk sa che Esav non avrebbe mai pronunciato il Nome del Santo e tutto questo potrebbe smascherare l’inganno ma egli sembra ignorarlo e dice a Jacov:
Avvicinati affinché io ti palpi figlio mio, per accertarmi se sei davvero mio figlio Esav o no”.
Jacov si avvicina al padre e lo tocca , leggiamo:
La voce è quella di Jacov, ma le braccia sono quelle di Esav”da Bereshit- Toledòt 27/22).
Nonostante questa affermazione così evidente il testo afferma che egli non lo riconobbe perché aveva le braccia pelose come il fratello e lo benedisse.
Tuttavia il testo indugia e sembra indicare un ripensamento , Izchàk fa ancora una domanda:
Sei proprio mio figlio Esav?”
La risposta è : ויאמר אני “Sono Io” , non è scritto :“io sono Esav”
L’inganno è completo, ma siamo sicuri che di questo si tratti?

Le parole, la voce sono quelle di Jacov, ma le braccia sono quelle di Esav, può essere interpretato che in quel momento il mondo e la discendenza di Avrahàm erano sul punto di essere affidate a due poteri contrapposti, il primo quello spirituale attraverso lo studio della Torah, il secondo quello dell’aspetto materiale del dominio e della spada.
Perché non leggiamo la stessa affermazione al contrario :
“la voce non è quella di Jacov, ma le braccia sono quelle di Esav”.
Izchàk poteva essere prudente, invece fa la sua scelta e privilegia di fatto la voce e sceglie Jacov.
Il pensiero ebraico compie tutta una serie di speculazioni, il mondo sarà dominato dalla voce e le mani di Esav domineranno malgrado anche loro.
Disse rabbì Abba bar Kahanà.:
Non ci sono stati nel mondo filosofi come Bilam ben Beor e Avnimus il filatore, presso il quale si radunavano tutti gli idolatri. Gli domandarono: possiamo forse riuscire a sconfiggere Israele? Egli rispose: Andate in giro per le loro sinagoghe e per i loro luoghi di studio; se troverete lì dei piccoli bambini che cinguettano con le loro voci studiando, non riuscirete: Così infatti gli ha promesso il loro patriarca, “ la voce è la voce di Jacov”: fino a quando la voce di Jacov si ode nelle loro sinagoghe e nei loro luoghi di studio, le mani non sono di Esav. Altrimenti “le mani, sono le mani di Esav” e voi potrete distruggerli (Bereshit Rabbà 65/20).
Fine seconda parte
Noiman
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