L'anima

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Michele
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Re: L'anima

Messaggio da Michele »

Un esempio di come il cielo sia polato, lo abbiamo con Ebrei 11
Ebrei 11:5

Per fede Enoc fu rapito perché non vedesse la morte; e non fu più trovato, perché Dio lo aveva portato via; infatti prima che fosse portato via ebbe la testimonianza di essere stato gradito a Dio.

e con 2Re 2

11 Mentre camminavano conversando, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elia salì nel turbine verso il cielo.

Il cielo potrebbe essere più popolato di quanto pensiamo.
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Gianni
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Re: L'anima

Messaggio da Gianni »

No, Gemello, non conosco il prof. Bacchiocchi.
Michele ci dà un esempio di lettura alla lettera, e senza neppur tener conto delle espressioni bibliche, come quella del carro che descrive poeticamente il temporale!
Il "carro" (di Dio, del fuoco) raffigura il temporale con i suoi fulmini e il rumoreggiare del tuono (in certe regioni italiane, quando tuona, si dice che gli angeli giocano a bocce): “Tu coroni l'annata con i tuoi benefici, e dove passa il tuo carro stilla il grasso. Esso stilla sui pascoli del deserto” (Sl 65:11,12; cfr. 18:7-15). Con questo concetto si può meglio comprendere il rapimento di Elia la cui scomparsa sarebbe avvenuta durante una tempesta (= carro): “Essi continuarono a camminare discorrendo insieme, quand'ecco un carro di fuoco e dei cavalli di fuoco che li separarono l'uno dall'altro, ed Elia salì al cielo in un turbine. Eliseo lo vide e si mise a gridare […]. Poi non lo vide più” 2Re 2:11,12). Tant'è vero che alcuni suoi discepoli vogliono andare a cercarlo pensando che il vento lo abbia gettato in qualche burrone: “Ecco qui fra i tuoi servi cinquanta uomini robusti; lascia che vadano in cerca del tuo signore, se mai lo spirito del Signore l'avesse preso e gettato su qualche monte o in qualche valle” (v. 16). Ciò corrisponde in pieno alla descrizione del Salmo: “[Dio] fa delle nuvole il suo carro, avanza sulle ali del vento; fa dei venti i suoi messaggeri, delle fiamme di fuoco [fulmini] i suoi ministri”. - Sl 104:3,4.
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francesco.ragazzi
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Re: L'anima

Messaggio da francesco.ragazzi »

Grazie Gianni,
Io credevo che dopo questa vita tutti sarebbero risuscitati anche in forza di questi versetti :

Eb 9:27 Come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio.-
Gv 5:29 quelli che hanno operato bene, in risurrezione di vita; quelli che hanno operato male, in risurrezione di giudizio.

La casistica che contempli è formata da coloro che avranno operato male, anzi malissimo e credevo che anche costoro sarebbero risorti per il giudizio.-
D'altronde Giudizio credo non sia condanna ma esame ed in ogni esame c'è chi supera e chi viene respinto, ma non credevo ci fossero anche i "non ammessi" agli esami !!!
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Michele
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Re: L'anima

Messaggio da Michele »

Se ci riflettete bene un attimo, riuscirete a comprendere che per logica, non ci potranno mai essere morti che risuscitano per essere condannati. Ma soltanto risorti in Cristo. Il resto è come se non fossero mai nati. E i riferimenti, dato che ve ne intendete, li troverete nel N.T. :)
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francesco.ragazzi
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Re: L'anima

Messaggio da francesco.ragazzi »

Il giudizio finale
Apocalisse 20:11 Poi vidi un gran trono bianco e Colui che vi sedeva sopra, dalla cui presenza fuggiron terra e cielo; e non fu più trovato posto per loro. 12 E vidi i morti, grandi e piccoli, che stavan ritti davanti al trono; ed i libri furono aperti; e un altro libro fu aperto, che è il libro della vita; e i morti furon giudicati dalle cose scritte nei libri, secondo le opere loro. 13 E il mare rese i morti ch'erano in esso; e la morte e l'Ades resero i loro morti, ed essi furon giudicati, ciascuno secondo le sue opere. 14 E la morte e l'Ades furon gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda, cioè, lo stagno di fuoco. 15 E se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco.
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Michele
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Re: L'anima

Messaggio da Michele »

Lo so, ma so anche che si è detto che tutti i morti stanno nella mente di Dio, ricordi e tutto quanto. Questo passo quindi stride con il concetto espresso. Se Dio contiene in se tutti i ricordi di tutte le persone vissute, che bisogno ci sarebbe del Libro della vita? E' un forte contrasto. E si sa pure che chi muore nel peccato, cessa di esistere, e la ricompensa del peccato è la morte, non ci sono altre vie di mezzo.
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Gianni
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Re: L'anima

Messaggio da Gianni »

Caro Francesco R., la tua osservazione mi ha spinto a indagare più a fondo il passo biblico da cui era dipesa la mia deduzione, la quale però era incerta perché io stesso avevo scritto: “Che alcuni pochi non saranno risuscitati sembra doversi dedurre dalle parole di Yeshùa stesso che parlò di ‘quelli che saranno ritenuti degni di aver parte al mondo avvenire e alla risurrezione dai morti’ (Lc 20:35), il che sembra mostrare che ci sono anche coloro che non meriteranno la risurrezione perché non “ritenuti degni”.
Ti prego di notare i condizionali: “Sembra (doversi dedurre)” e “sembra (mostrare che)”.
Tu ora mi fai notare, molto giustamente, che in Gv 5:29 la risurrezione (parliamo sempre di quella terrena e non di quella in cielo dei santi) riguarda sia “quelli che hanno operato bene” (che avranno una “risurrezione di vita”), sia “quelli che hanno operato male” (che avranno una “risurrezione di giudizio”).
Tu fai anche notare, sempre giustamente, che il giudizio non significa condanna ma valutazione. Nel mondo a venire vengono risuscitati tutti i morti e tutti verranno valutati. Ciò è in armonia con At 24:15 in cui si afferma che “ci sarà una risurrezione dei giusti e degli ingiusti”. Sarà dalla loro condotta durante il Millennio che alla fine si saprà se la loro risurrezione si è rivelata per la vita eterna o per la morte eterna.
Rimane dunque da capire come va inteso Lc 20:35, che – grazie alle tue osservazioni – ho esaminato più a fondo. Vediamolo insieme nel testo vero della Bibbia:
οἱ δὲ καταξιωθέντες τοῦ αἰῶνος ἐκείνου τυχεῖν καὶ τῆς ἀναστάσεως τῆς ἐκ νεκρῶν
oi dè katacsiothèntes tù aiònos ekèinu tychèin kài tès anastàseos tès ek nekròn
gli poi essenti stati stimati degni del mondo quello ottenere e della risurrezione quella da morti
Il mio errore, che mi aveva fatto ipotizzare (sebbene con formula dubitativa) che ci fossero degli indegni che non avrebbero meritato da risurrezione, è sorto dall’isolare questo versetto dal contesto e quindi da ritenere l’indegnità anteriore alla risurrezione, tanto da condizionarla. Le tue osservazioni mi hanno spinto però a considerare anche il contesto.
Alla fine del v. 35 e al v. 36 Yeshùa dice di questi risuscitati: “Non prendono né danno moglie; neanche possono più morire perché sono simili agli angeli e sono figli di Dio, essendo figli della risurrezione”. La frase chiave è “neanche possono più morire” che nel testo greco è più precisa: “Non infatti morire ancora possono” (traduzione letterale). Ora, questa frase non può essere detta di coloro che sono risuscitati e che poi mostrano di non esser stati degni della risurrezione; costoro, continuando a comportarsi male durante la risurrezione, saranno giudicati avversamente e condannati all’annientamento senza alcuna ulteriore opportunità. Di costoro non si può quindi dire che non “possono più morire”, perché di fatto moriranno e per sempre.
Ciò comporta che coloro che vengono ritenuti degni della risurrezione sono quelli che con la loro condotta mostreranno di esserne degni. Non prima di essere risuscitati ma dopo.
Va anche notato che il verbo καταξιωθέντες (katacsiothèntes) è un participio aoristo passivo. Il tempo aoristo non è legato al fattore temporale; la stessa parola “aoristo” viene dal greco ἀόριστος χρόνος (aòristos chrònos) e significa "tempo non definito". Nei modi diversi dall’indicativo (e nel nostro caso si tratta di un participio) indica solo l'azione puntuale, senza alcun riferimento al passato; l’aoristo indica un’azione temporalmente non determinata, concepita nella sua globalità.
Possiamo quindi a ragione dire che tutti saranno risuscitati, ma che solo coloro che se ne saranno mostrati degni avranno la vita eterna.
Devo perciò ringraziarti, Francesco, per le tue osservazioni.
A questo punto rimangono da rivedere i passi che avevo citato dopo la mia non corretta (se pur dubitativa) affrettata conclusione.

In Mt 12:31,32 Yeshùa dice che “la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata … a chiunque parli contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato né in questo mondo né in quello futuro”. Su questo passo può far luce 1Gv 5:16,17: “Se qualcuno vede suo fratello commettere un peccato che non conduca a morte, preghi, e Dio gli darà la vita: a quelli, cioè, che commettono un peccato che non conduca a morte. Vi è un peccato che conduce a morte; non è per quello che dico di pregare. Ogni iniquità è peccato; ma c'è un peccato che non conduce a morte”. Chi oggi commette “un peccato che conduce a morte” è impossibile che sia ricondotto di nuovo a pentimento, perché ciò richiederebbe di crocifiggere di nuovo Yeshùa, il che sarebbe una vergogna (Eb 6:4-8); lo stesso vale per coloro che praticano il peccato volontariamente dopo essere divenuti discepoli di Yeshùa (Eb 10:26-31). Costoro muoiono, per dirla cattolicamente, non in grazia di Dio. Nella risurrezione fanno quindi parte degli ingiusti.
Quanto a Gv 17:12, in cui Giuda Iscariota è detto “figlio di perdizione” (NR) o meglio di “distruzione assoluta” (ἀπώλεια, apòleia), qui, pregando Dio, Yeshùa gli dice: “Quelli che tu mi hai dati, li ho anche custoditi, e nessuno di loro è perito, tranne [Giuda]”. Costui si perse e perì, pagando il suo peccato. Giuda peccò contro il Figlio dell’uomo, peccato che può essere perdonato (Mt 12:32). Può egli pure rientrare negli ingiusti che saranno risuscitati.
Dio “è paziente”, “non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento”. - 2Pt 3:9.

Grazie ancora, Francesco R.. :)
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Re: L'anima

Messaggio da Michele »

Risuscitare tutti, significa resettare quello che si è stati nella vita. Quindi equivarrebbe a dire che una vita vissuta nel peccato equivale ad una vissuta nella santità. Se la remunerazione per il peccato è la morte, allora la risurrezione sembra non essere idenea:

1Giovanni 5,16

Se uno vede il proprio fratello commettere un peccato che non conduce alla morte, preghi, e Dio gli darà la vita; s'intende a coloro che commettono un peccato che non conduce alla morte: c'è infatti un peccato che conduce alla morte; per questo dico di non pregare.

Romani 6:23

Infatti il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.

1 Tessalonicesi
13 Non vogliamo poi lasciarvi nell'ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza. 14 Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui. 15 Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti. 16 Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; 17 quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore. 18 Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.
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Re: L'anima

Messaggio da Michele »

Vediamo che definizione ne danno:

Codice: Seleziona tutto

Soprattutto negli insegnamenti della Torah, nell'Ebraismo, nella letteratura rabbinica classica, è possibile trovare diverse descrizioni dell'anima dell'uomo. In quanto entità celeste, l'anima è la parte della persona che mantiene la purezza e, dopo la morte, anche quando macchiata da gravi guasti o da peccati, comunque possibilmente da espiare anche in vita attraverso la Teshuvah intesa come pentimento nel ritorno del penitente a Dio, essa può sostare nel Ghehinnom per essere purificata completamente dalle conseguenze delle proprie trasgressioni e dall'istinto cattivo cui fu soggetta in vita: se non compiuta in vita, la purificazione dopo la morte nel Ghehinnom avviene nell'immersione nel fiume di fuoco Dinur e nella neve celeste, simboli metaforici dell'espiazione. Dopo la purificazione completa ogni anima può quindi ascendere al Gan Eden dove sono presenti molti livelli secondo i meriti e la natura dell'anima che vi giunge.

Le anime esistono ancor prima di essere poi unite al corpo e costituire gli individui del Mondo come vediamo; per aver preso parte al Mondo spirituale prima della nascita, come Adamo ed Eva nel Giardino dell'Eden, gli individui vi sono protesi ed ispirati istintivamente. Nel trattato del Talmud di Niddah è scritto che prima della nascita Dio obbliga l'anima a giurare di non trasgredire le Mizvot. Inoltre, prima della nascita, l'anima viene portata da Dio dinanzi al Gan Eden per vedere le anime degli Zaddiqim lì presenti e poi dinanzi al Ghehinnom dove sente chi lì viene punito riconoscere e richiamare la Misericordia divina.(proveniente da Wikipedia)
e ancora

Codice: Seleziona tutto

Nella Bibbia ebraica vi sono più termini che, anche nelle elaborazioni successive delle varie religioni, sono stati collegati al concetto di anima.

Saadiah Gaon e Maimonide spiegano il classico insegnamento rabbinico sull'anima nel confronto e tramite la critica alla filosofia neo aristotelica. Il primo sostiene che l'anima è quella parte dell'uomo che è costituita di desideri fisici, emozioni e pensiero.[28] Nella Guida dei Perplessi il secondo intende l'intelletto sviluppato privo di "sostanza", natura intrinseca dell'anima; invero esiste un aspetto dell'anima, definito desiderio, che è oltre l'intelletto, lo trascende ed è rivolto a Dio così intensamente da essere paragonato al momento in cui, ai piedi del monte Sinai durante la proclamazione dei dieci comandamenti, l'anima dei figli di Israele li lasciò momentaneamente per l'effetto straordinario dell'esperienza divina estatica: è il desiderio estatico disinteressato rivolto a Dio al di là dei benefici ricevuti.
« L'anima si manifesta nella persona come Neshamah, il soffio vitale, la coscienza; Ruach, lo spirito, l'emozione; e Nefesh, l'integrazione del corpo, il nutrimento dell'anima. Le tre manifestazioni dell'anima accendono la persona come il fuoco illumina una lampada, Nefesh come lo stoppino, Ruach come l'olio e Neshamah come la fiamma, come sta scritto: Lo spirito dell'uomo è una fiaccola del Signore che scruta tutti i segreti recessi del cuore (Prov20,27) »
(Zohar)

Nella Qabbalah e nello Zohar (un trattato di mistica) l'anima è vista come composta da tre elementi basilari, Nefesh, Ruach e Neshamah, in rari casi con l'aggiunta dei più elevati Chayyah e Yechidah. Ruach e Neshamah sono parti dell'anima non presenti dalla nascita ma si creano lentamente col passare del tempo. Il loro sviluppo dipende dall'agire e dalle credenze dell'individuo mentre Chayyah e Yechidah si trovano solo negli Zaddiqim. Di esse si dice che esistano in forma completa negli individui spiritualmente avanzati. Essi sono solitamente spiegati in questi termini (la tabella vuole solo essere indicativa senza i canali che invece presenta il diagramma delle Sefirot):

    Nèfesh (נפש in lingua ebraica) indica l'uomo come essere vivente. Nel canone ebraico la parola nèfesh ricorre 754 volte, la prima delle quali in Genesi 1.20. La costituzione dell'uomo come "Nefesh" è descritta in Genesi 2,7:

« Dio il Signore [YHWH] formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici l'alito vitale e l'uomo divenne un'anima vivente.[41] »

    Riguarda la parte inferiore e le "funzioni animali" dell'anima ed è compito degli individui renderla divina, anche vincendo contro la cattiva inclinazione, lo yetzer arà, e non esserle più attaccato. Si riferisce agli istinti e funzioni vitali. Si trova in tutti gli uomini. Affine alla concezione della psiche è all'origine della natura fisica e riguarda soprattutto la vitalità del corpo, l'istinto, la psicologia più semplici e l'intelletto, la consapevolezza dell'esistenza e della Presenza divina nel Mondo e la facoltà di donare ed aiutare (cfr Ghemilut Chassadim): esse sono definite distintamente Nefesh Behamit, l'anima "animalesca", Nefesh Ha'sichlì, l'anima intellettuale, e Nefesh E-lokit, l'anima divina. Il livello di Nefesh haChayyah può essere raggiunto con lo studio approfondito della Torah.

    Il nefesh non si identifica con il soffio di vita che proviene da Dio, ma indica il respiro. In questo senso l'essere animato [Nèfesh], quando ne viene incluso dopo la morte, è compreso nel luogo identificato con il Gan eden o Paradiso e con lo Sheol o Inferi. Si dice che al momento della morte nefesh rimanga con il corpo sino al definitivo completamento di esso nella tomba anche nel legame con Ruach e Neshamah: Nefesh, principalmente legata al corpo rimasto senza vita, si riunisce poi con le altre anime della persona deceduta già giunte alla destinazione prestabilita anche se una sua parte resta assieme al corpo: questo non esclude l'unità di ciò che viene definito "anima" in quanto la percezione ultraterrena della persona deceduta riguarda il proprio coinvolgimento nell'Unità divina.

    Presente ancora un'interpretazione secondo cui anche gli oggetti inanimati e quindi la Natura sono dotati di una sorta di nefesh non paragonabile però a quella degli animali o a quella degli esseri umani, essa è infatti minore e con modalità riconoscibili differenti.

    Ruach (ebr. רוח): il termine Ruach, da cui Ruach haQodesh (Spirito Santo), è in greco pnéuma e in latino spiritus. Pnèuma deriva dal verbo pnèo, che significa "respirare" o "soffiare", e si ritiene che anche l'ebraico rùach derivi da una radice che ha lo stesso significato, ed indica l'alito vitale comunicato da Dio all'uomo. Per Ruach Chayim Nishmat si intende lo spirito "succhiato dalla Shekhinah". Abramo Abulafia fu a conoscenza del mistero del Ruach Ruchot.

    L'anima mediana, o spirito. Essa consiste nelle virtù morali e nella capacità di distinguere il bene dal male. Nel linguaggio moderno è analoga alla psiche o all'ego. Riguarda principalmente le emozioni.

    Ruach può essere raggiunta con lo studio della Torah e l'osservanza delle Mizvot.

    Ruach assume la sembianza del corpo della persona quando era in vita, il Talmud infatti narra episodi in cui vennero viste persone decedute.

    Neshamah (ebr. נשמה): è l'anima superiore, il sé più elevato. Essa distingue l'uomo da tutte le altre forme di vita. Riguarda aspetti più elevati dell'intelletto e permette all'uomo di godere e beneficiare dei livelli superni della vita dell'aldilà.[42]

    Questa parte permette una consapevolezza maggiore dell'esistenza e presenza di Dio ed è stretta alla sapienza delle modalità divine.

    La Torah insegna che durante il giorno santo del Sabato ogni Ebreo riceve un'anima aggiuntiva che lo fa entrare nella solennità di questo giorno, chiamato patto tra Me ed i figli d'Israele e giorno della fede: in ebraico il nome dell'anima supplementare dello Shabbat è Neshamah yeterà, aspetto eccelso della Neshamah che permette di legarsi alla comprensione ed alla percezione spirituali ed intellettuali più alte della fede, della Torah nei suoi segreti più nascosti, l'approccio delle quali si fa più sottile ed ampio anche nel godimento consapevole della delizia di questo giorno santo e buono. La concessione della Neshamah yeterà permette quindi all'Ebreo di legarsi a Dio ed alle Sue parti eccelse delle fonti spirituali e questo sia spiritualmente sia intellettualmente; Neshamah è anche collegata a Nefesh ed a Ruach ma nello Shabbat essa si eleva infatti vengono aperti tutti i cancelli superni della Torah.

Molti studiosi del Talmud ritengono che l'infusione dell'anima nell'embrione avvenga non prima del quarantesimo giorno.
Chi ne abbia il privilegio può raggiungere Ruach a partire dall'età di 13 anni e Neshamah dai 20 anni di età, come già detto Nefesh è già presente anche alla nascita.

Si ritiene che Nefesh risieda nel fegato, in ebraico kaved, Ruach nel cuore, lev, e Neshamah nel cervello, moach: le iniziali di queste tre parole formano la parola melekh che significa re e riguarda il livello raggiunto dalla persona in cui vi siano le tre anime suddette e che permette di essere considerata come un re per il grado di sapienza, conoscenza ed intelligenza, per la consapevolezza ed il controllo delle emozioni e degli istinti.
L'anima pervade comunque tutto il corpo.

Secondo i Mequbbalim di ogni epoca l'anima è prevalentemente spirituale ma, poiché pervade tutto il corpo, assume in esso e per esso prerogative sensoriali quali l'udito, la vista, l'olfatto e tutte le facoltà inerenti, come ancora il discorso, in corrispondenza al corpo in quanto espressioni del legame tra i due; anche il movimento del corpo, come ad esempio quello degli arti, avviene grazie alle funzioni intermediarie e sorto nel legame e dall'apporto dell'anima.
Anche il tatto e la percezione tattile sono resi possibili grazie al pervadere dell'anima tutto il corpo; oltre a ciò il riso e la vera gioia sono irradiazioni dell'anima.[43]

Chi capace e particolarmente elevato spiritualmente può elevare Nefesh oltre il livello semplice della vitalità delle funzioni vitali fisiche ed includerla in modo completo nella santità, la Qedushah.

Nello Zohar si dice che, dopo la morte, si dissolve l'apporto di Nefesh al corpo pur restando ad esso legato per un periodo, il Ruach si trasferisce in una sorta di stato intermedio dove è sottoposto ad un processo di purificazione ed entra in una specie di "paradiso transitorio", mentre Neshamah ritorna alla sua fonte divina. Si ritiene che dopo la resurrezione Ruach e Neshamah, anima e spirito, si riuniscano in una forma definitiva trasmutata.

Questi tre livelli sono necessari per giungere alla ricezione di quelli della profezia. La Sefirah principalmente correlata a Nefesh è Malkhut, le sei, da Chessed a Yessod, a Ruach mentre Binah a Neshamah; talvolta la correlazione avviene tra Binah e Nefesh, Tiferet e Ruach, Malkhut e Neshamah.

Con riferimento all'anima soffiata nelle narici del primo uomo, Adamo, lo Zohar insegna che la Neshamah derivò dalla Shekhinah Superiore, Ruach è legato a Zeir Anpin mentre Nefesh venne dalla Shekhinah Inferiore.

Anche secondo Chaim Luzzatto (Derech haShem) anche alcuni non-ebrei possono giungere sino al livello di Neshamah.

Shneur Zalman sul Tanya (Iggheret haQodesh, 5), come anche Chaim Vital ed il Raaya Meheimna, un trattato cabbalistico pubblicato assieme allo Zohar, aggiungono due parti ulteriori all'anima umana: Chayyah e Yechidah. Gershom Scholem scrive che essi sono considerati i livelli più sublimi della cognizione intuitiva e si trovano solo in pochi individui eletti:

    Chayyah (ebr. חיה): chiamata anche Neshamah di Neshamah è la parte dell'anima che permette la consapevolezza della forza della vita divina stessa;

    Yechidah (ebr. יחידה): il livello più elevato dell'anima, nella quale si raggiunge la più intima unione con Dio; anche secondo l'Arizal in Yechidah non è presente il male.

    Secondo Chaim Luzzatto (138 Aperture di Saggezza) Nefesh, Ruach e Neshamah sono i livelli di luce celeste esterno, intermedio ed interno mentre Chayyah e Yechidah riguardano la luce circondante (cfr Chalal e Mondo futuro).

Quelli dell'anima sono livelli cui l'uomo può generalmente accedere nel corso della propria vita per gradi ed elevazioni nella coscienza, nella consapevolezza, nella spiritualità e nella santità. Dio dona Nefesh al principio della vita dell'individuo ed è compito di essa dirigere la propria interiorità, le proprie intenzioni, le proprie azioni ed i propri coinvolgimenti verso la spiritualità nell'atto di portare l'aspetto materiale verso la meta della spiritualità. Una volta raggiunto ciò e purificatosi in questa predisposizione Dio lo prepara per ricevere Ruach che domina Nefesh e gli permette di conseguire intenzioni più elevate con una coscienza più ampia; la persona così elevata attraverso Nefesh e Ruach, ormai raggiunte le dinamiche e le forme del servizio spirituale per Dio, se questo sarà buono e corretto, può raggiungere Neshamah che, un livello più alto, comunque secondo la natura della persona stessa, è ancora più santo e domina gli altri livelli. Il livello di Neshamah permette di raggiungere Binah ed in tale individuo sono predisposte le attitudini e le modalità delle Sefirot: solo così egli potrà essere definitivamente nominato adorato del Santo Benedetto Egli sia.
I progressi e le ascese spirituali vertono anche sul miglioramento nella buona inclinazione, lo yetzer tov, ed il dominio di quella cattiva per arrivare a non cedervi più.

In coincidenza con le Haqqafot un Siddur Sefardita con le Tefillot dei giorni di Sukkot contiene dei riferimenti a tutte le cinque anime.

I maestri ebrei spiegano che durante il sonno l'anima giunge a Dio divenendo così purificata nuovamente, ritemprata e "pulita" sino a quando ritorni con il risveglio dell'individuo; questo aspetto è diverso dalla morte ed effettivamente l'anima rimane comunque continuamente legata al corpo.

Nell'unione tra anima e corpo, nel bene, vi sono soprattutto Qedushah, purità, pace e sapienza, intelligenza e conoscenza e quindi la verità: queste vengono vissute quindi nel legame con le Sefirot ed infatti ve ne sono qui alcune citate.
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Michele
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Re: L'anima

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Codice: Seleziona tutto

L'anima, costituisce con lo spirito (Pneuma), la parte del nostro essere che sfugge all'ordinaria osservazione e controllo umani: è il regno spirituale. Tanto è vero che alla morte lo spirito si diparte dal corpo: "E Gesù, avendo di nuovo gridato con gran voce, rese lo spirito"; " E lapidarono Stefano che invocava Gesù e diceva: Signore Gesù, accogli il mio spirito" .
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