Testo e canone della Bibbia

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Gianni
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Testo e canone della Bibbia

Messaggio da Gianni »

La parola “Bibbia” deriva dal greco τὰ βιβλία (ta biblìa), che è il plurale di βιβλίον (biblìon), “libretto”. Ta biblìa (τὰ βιβλα) significa quindi “i libretti”. Bìblos era anche il nome greco della città fenicia di Ghebal, famosa per la produzione di carta di papiro (pianta dal cui interno si ricavava una specie di carta). “Bibbia” è quindi una raccolta di “libretti”. Perché questo plurale? Per il fatto che la Bibbia non era all’origine un libro unico. Sebbene oggi la Bibbia costituisca un libro unico, in realtà essa è composta da più libri (libretti, appunto).

Il nome greco ta biblìa (i libretti) era già in uso nel 2° secolo della nostra èra. Ne troviamo anche traccia nella stessa Sacra Scrittura: “Io, Daniele, meditando sui libri” (Dn 9:2). Questo passo è reso così nella traduzione greca: ἐν ταῖς βίβλοις (en tàis bìblois, “nei libri”; LXX). Nel 1° secolo della nostra èra Paolo scriveva a Timoteo: “Quando verrai porta . . . i libri, specialmente le pergamene” (2Tm 4:13); nel testo greco originale: τὰ βιβλία (ta biblìa, “i libretti”). Sebbene spesso siano tradotte con “rotolo/i”, le parole βιβλίον (biblìon, “libretto”) e βίβλος (bìblos, “libro”) compaiono più di 40 volte nelle Scritture Greche. La parola greca τὰ βιβλία (ta biblìa), che è un plurale, fu poi usata in latino come singolare: bìblia. Da questa parola latina (traslitterata dal greco) deriva parola italiana “Bibbia”.

I nomi che gli ebrei davano alla Bibbia
Sebbene il nome Bibbia sia comunemente usato, tale espressione è moderna. Come era chiamata anticamente quella che noi oggi chiamiamo “Bibbia”? Mt 21:42 riferisce una frase di Yeshùa (Gesù) in cui egli si riferisce alla Bibbia chiamandola “Scritture”. Il greco è γραφαί (grafài). – Cfr. anche Mt 21:42; Mr 14:49; Lc 24:32; Gv 5:39; At 18:24, Rm 15:4.
In Rm 1:2 Paolo le chiama “sacre Scritture” e in 2Tm 3:15,16 prima le chiama “sacri scritti” (ἱερὰ γράμματα, ierà gràmmata) e poi “Scrittura”, al singolare (γραφή, grafè). Il termine compare sia al singolare che al plurale. Il plurale è appropriato, dato che si tratta – come abbiamo visto – di un insieme di singoli libretti. Il singolare è pure appropriato, dato che quei libretti consituiscono alla fine un testo unico. L’aggiunta dell’aggettivo “sacra” o “sacre” è del tutto biblico.
Sulla base di questi passi biblici possiamo dire che le espressioni “Scrittura”, “Sacra Scrittura”, “Scritture” e “Sacre Scritture” siano del detto appropriate.

La prossima volta parlerò della Bibbia ebraica, espressione che un ebreo – a ragione – non accetterebbe, perché la Bibbia è di per sé ebraica. Delle Scritture Greche ne parleremo comunque, alla fine.

Quella che noi chiamiamo Bibbia, gli ebrei la chiamano Tanàch. La prossima volta vedremo perché e cosa significa.
scapin michele
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Re: Testo e canone della Bibbia

Messaggio da scapin michele »

Si Gianni grazie per la tua pazienza , continuiamo questa riflessione :-)
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Gianni
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Re: Testo e canone della Bibbia

Messaggio da Gianni »

Il nome che gli ebrei danno oggi a quella che noi chiamiamo Bibbia è Tanàch (תנך). Si tratta di un acronimo: questa parola è infatti formata dalle iniziali ebraiche di tre altre parole ebraiche. Le tre iniziali sono: T (ת), N (נ), Ch (ך). Le tre parole sono:

Ta ת תורה Toràh Insegnamento
Na נ נביאים Neviìm Profeti
Ch כ > ך כתובים Ketuvìm Scritti

La lettera כ (k) con cui inizia la parola ketuvìm diviene finale nella nuova parola Tanàch, per cui assume la forma ך e si pronuncia come la j spagnola.
Questa triplice ripartizione è corretta? Sì. Questa suddivisione in tre blocchi è ricordata in Geremia, dove per accanirsi contro i profeti, si dice che “la legge [Toràh] non perirà dal sacerdote né il consiglio dal saggio [Ketuvìm] né la parola dal profeta [Neviìm]” (Ger 18:18, TNM). La medesima triplice autorità appare in Ezechiele, dove tra le sventure profetizzate si dice che “la gente realmente cercherà la visione dal profeta, e la legge stessa perirà dal sacerdote e il consiglio dagli anziani”. - Ez 7:26, TNM.
Questa suddivisione fu usata anche dall’ebreo Yeshùa (Gesù) che disse: “Si dovevano compiere tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, nei profeti e nei Salmi” (Lc 24:44), stando qui “salmi” per l’intera sezione degli altri scritti, essendone la parte più corposa.
Il Tanàch fu scritto quasi interamente in ebraico, tuttavia ci sono poche sezioni scritte in aramaico. Queste sono: Esd 4:8-6:18;7:12-26; Ger 10:11; Dn 2:4b-7:28.
Le Scritture Ebraiche costituiscono circa i tre quarti dell’intera Bibbia accolta dai cosiddetti cristiani.
Nel Tanàch o Scritture Ebraiche sono annoverati 39 libri. Gli ebrei univano però alcuni di questi libri e quindi ne avevano solo 22 o 24, ma il materiale era sempre quello. Non bisogna dimenticare che si trattava di rotoli, non di pagine rilegate come nei libri moderni.

Toràh (Insegnamento). Questa sezione della Bibbia ebraica (Tanàch) è costituita dai primi cinque libri delle Scritture Ebraiche ed è detta anche Pentateuco (parola derivata dal greco e che significa “cinque libri” - pente in greco significa “cinque”, tèuchos significa “libro”). Normalmente Toràh è tradotta con “legge”, ma in ebraico significa “insegnamento”.
Il vocabolo Toràh (תורה) è tradotto generalmente con “Legge”. È un grave errore originatosi con la pessima traduzione che ne è stata fatta dalla LXX greca. Tanto per cominciare, la parola “legge” in ebraico è חק (khoq). Per la prima volta troviamo questa parola in Gn 47:26: “Giuseppe ne fece una legge [חק (khoq)], che dura fino al giorno d'oggi”. Il vocabolo Toràh (תורה) significa invece “istruzione/insegnamento”.
I due termini li troviamo, ben distinti, nel Sl 94:

v. 12 “Beato l'uomo che tu correggi, o Signore, e istruisci con la tua toràh [תורה]”
v. 20 “Il trono dell'ingiustizia ti avrà forse come complice? Esso, che trama oppressioni in nome della legge [חק (khoq)]?”

Si noti, al verso 12, che viene detto beato chi è istruito dalla Toràh. La legge regola, l’insegnamento istruisce. Non si istruisce con la legge.

La prossima volta parleremo dei Neviìm (Profeti).
Domande od osservazioni sono bene accette.
AKRAGAS
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Re: Testo e canone della Bibbia

Messaggio da AKRAGAS »

Un piccolo commento

Il fatto che il Tanách costituisca circa i 3/4 dell'intera Bibbia accolta dai cosiddetti cristiani non dimostra già l'enorme rilevanza che possiede?

Salmi 1

1 Beato l'uomo che non cammina secondo il consiglio degli empi,
che non si ferma nella via dei peccatori;
né si siede in compagnia degli schernitori;
2 ma il cui diletto è nella Torah del SIGNORE,
e su quella legge medita giorno e notte.
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Gianni
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Re: Testo e canone della Bibbia

Messaggio da Gianni »

Vero, Akragas. Giusta rilevazione la tua. Ma l’enorme importanza del Tanàch va ben oltre questo dato percentuale.
Immagina per un momento che il Tanàch non ci sia, che non sia mai esistito. In che situazione saremmo?
Gli ebrei sarebbero solo un popolino cocciuto redivivo dal passato, senza arte né parte. Mentre i popoli antichi producevano l’arte, la scienza, la filosofia e tanto altro, che facevano gli ebrei? Se non ci fosse il Tanàch dovremmo dire che causavano solo rogne.
E il “Gesù” dei cosiddetti cristiani che fine farebbe? Senza il Tanàch sarebbe considerato un pazzo esaltato, un piccolo e trascurabile fenomeno palestinese, e il cosiddetto Nuovo Testamento sarebbe, senza il Tanàch, una trascurabilissima storiella di quel fenomeno, che pochi conoscerebbero.
Togli il Tanàch e nulla ha più senso.
Personalmente mi indigno moltissimo quando sento dire – perfino da teologi! – che “il Nuovo Testamento fa luce sul Vecchio Testamento”. A parte la scorrettezza del termini “testamento”, è esattamente il contrario. Infatti, il Tanàch sussiste anche senza le Scritture Greche, ma le Scritture Greche senza Tanàch sarebbero come una capanna di canne costruita sulla sabbia e senza fondamento.

“La Toràh di Yhvh è perfetta”
Sl 19:7; v. 8 nel testo ebraico.
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Israel75
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Re: Testo e canone della Bibbia

Messaggio da Israel75 »

È utile farlo presente , sicuramente chi ha nel cuore la Legge lo sente che senza di essa non ci sarebbe stato nessun Messia .
Del resto Gesù disse che senza credere agli scritti di Mosè a lui non si sarebbe potuto credere. :-) :-) :-)
Shalom
(Giac 4:6) Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura (Is 10:33,Lc 18:14) dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili».
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Gianni
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Re: Testo e canone della Bibbia

Messaggio da Gianni »

Ed eccoci alla sezione della Bibbia chiamata Neviìm (Profeti). Questa sezione comprende i profeti e viene così suddivisa:

Profeti anteriori

Yehoshùa (Giosuè)
Shoftìm (Giudici)
Shmuèl I e II (Samuele)*
Melachìm I e II (Re) *

Profeti posteriori
Yeshayà (Isaia)
Yirmeyà (Geremia)
Yechezkel (Ezechiele)
Libro dei Dodici Profeti * (Os, Gle, Am , Abd, Gna, Mic, Na, Ab, Sof, Ag, Zc, Mal)


* Nella Bibbia ebraica costituiscono ciascuno un libro unico


I 12 profeti sono anche detti “Profeti Minori”, non per importanza, ma per la minor lunghezza
dei loro scritti rispetto ai profeti “maggiori” (Isaia, Geremia ed Ezechiele) che hanno scritti più lunghi.


Va notato che la sezione dei Profeti era divisa in due: anteriori e posteriori. Un’ulteriore suddivisione dei Profeti Posteriori è quella tra Profeti Maggiori e Profeti Minori. Non si faccia l’errore di ritenere i minori come meno importanti; il termine sta ad indicare solo l’estensione dei loro scritti.


Lascio spazio a domande o osservazioni. La prossima volta vedremo la terza sezione della Bibbia: Ketuvìm (Scritti).
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Giorgia
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Re: Testo e canone della Bibbia

Messaggio da Giorgia »

Bella bella! Mi piace questa discussione!

Gianni, una domanda. Spesso oltre alle chiamare vecchio e nuovo testamento le due sezioni della Bibbia, li ho sentito chiamare anche patti. Hai idea del perché? E se questa dicitura ha motivo di esistere?

Grazie!
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Gianni
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Re: Testo e canone della Bibbia

Messaggio da Gianni »

Sebbene d’uso comune perfino tra studiosi, teologi ed esegeti, le due espressioni “Vecchio Testamento” e “Nuovo Testamento” sono del tutto errate.
L’errore è sorto dalla non comprensione della traduzione in latino che la Vulgata fece del passo di 2Cor 3:14. In NR suona così: “Sino al giorno d'oggi, quando leggono l'antico patto, lo stesso velo rimane, senza essere rimosso”. Nella Vulgata è: “Obtusi sunt sensus eorum usque in hodiernum enim diem id ipsum velamen in lectione veteris testamenti manet”. L’espressione latina veteris testamenti è al genitivo (del); il nominativo è testamentum. “Per ignoranza della filologia del latino più tardo e volgare, una volta si supponeva che testamentum, con cui la parola è resa sia nelle prime versioni latine che nella Vulgata, significasse ‘testamento’, mentre in realtà significa anche, se non esclusivamente, ‘patto’” (cfr. Edwin Hatch, Essays in Biblical Greek, Oxford, 1889, pag. 48). Giovanni Diodati, un traduttore della Bibbia del 17° secolo, cadde nell’errore e tradusse così il passo: “Le lor menti son divenute stupide; poiché sino ad oggi, nella lettura del vecchio testamento, lo stesso velo dimora senza esser rimosso”. Martini fece lo stesso errore. In latino testamentum significa “patto”, ma in italiano è tutt’altro. La lezione (con “lezione” si intende la lettura di una parola o frase in un manoscritto così come è scritta in originale) dei manoscritti qual è? Nel testo greco la parola usata è διαθήκη (diathèke) che - come in tutti i 32 casi in cui ricorre nel testo greco – significa “patto”. Si noti Sl 83:5: “ stringono un patto contro di te [Dio]”. La traduzione greca della LXX usa per “patto” il proprio il vocabolo diathèke (διαθήκη) (nella LXX il passo è in 82:6). Ora, qui nessuno si sognerebbe di dire che i nemici hanno fatto testamento contro Dio.
Si noti ora cosa afferma un’enciclopedia biblica: “Avendo la LXX reso ברית [berìt] (che non significa mai testamento, ma sempre patto o accordo) con διαθήκη tutte le volte che ricorre nel V. T., si può naturalmente supporre che gli scrittori del N. T., nell’adottare tale parola, intendessero trasmettere la stessa idea ai loro lettori, la maggioranza dei quali conoscevano bene il V. T. in greco. . . . Nel passo, indubbiamente difficile, di Eb ix, 16, 17, la parola διαθήκη secondo molti commentatori deve assolutamente significare testamento. D’altra parte, però, si può far notare che, oltre a ciò che è stato appena detto circa il consueto significato della parola nel N. T., la parola ricorre due volte nel contesto, in casi in cui il suo significato deve necessariamente essere uguale alla traduzione di ברית [berìt], e nell’incontestabile senso di patto. - Cfr. “διαθήκη καινή”. - John McClintock e James Strong. Cyclopedia of Biblical, Theological, and Ecclesiastical Literature, Grand Rapids, Michigan, ristampa del 1981, vol. II, pag. 544.
In ogni caso il contesto stesso del passo fa escludere che la parola diathèke (διαθήκη), “patto”, possa riferirsi a tutta la Bibbia ebraica, perché – dopo aver detto che “quando leggono” rimane un “velo” - il versetto successivo (v. 15) dice: “Fino a oggi, quando si legge Mosè, un velo rimane steso sul loro cuore”. Con “Mosè” si fa riferimento ai soli primi cinque libri della Bibbia, quelli appunto che contengono “l’antico patto”.
Dato che “Vecchio Testamento” è un’espressione errata, ne consegue che pure quella derivata di “Nuovo Testamento” è errata.
Le Scritture si possono quindi dividere più correttamente in Scritture Ebraiche e Scritture Greche, facendo riferimento alle lingue in cui queste due parti furono scritte.
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Giorgia
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Re: Testo e canone della Bibbia

Messaggio da Giorgia »

Grazie Gianni, ora mi è più chiaro!
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