Due destini?

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Gianni
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Re: Due destini?

Messaggio da Gianni »

La parola ebraica פַּרְדֵּס (pardès) non è proprio ebraica ma adottata dal persiano pairidaēza (diventata in greco paràdeisos); la troviamo, ad esempio, al plurale פַרְדֵּסִים (fardesìm) in Ec 2:5. La troviamo anche, al singolare, in Cant in 4:13. Questa parola significa “parco / giardino”. In ebraico, però, “giardino” si dice gan (גַּן), ed è questo vocabolo che troviamo in Gn, dove è detto che Dio piantò un giardino (gan) in Eden. - Gn 2:8,9,15.
La parola “paradiso” religiosamente intesa non ha quindi nulla a che fare con la Bibbia ebraica. In essa si parla al massimo di “parco”, non di “paradiso”. Lo stesso termine ebraico pardès, adottato dal persiano pairidaēza indica un giardino, non il “paradiso” religiosamente inteso, e lo si trova negli scritti ebraici più tardi, non certo in Gn.
Il termine greco paràdeisos (derivato dal persiano pairidaēza), da cui il nostro “paradiso”, ricorre tre volte nelle Scritture Greche (in Lc 23:43; 2Cor 12:4 e Ap 2:7). L’unico abbinamento possibile con l’Eden è quello di Ap 2:7, in cui si parla del paradiso di Dio in cui c’è l’albero della vita. Essendo questo un testo di genere apocalittico, siamo di fronte a una metafora. In Lc 23:43 è Yeshùa a promettere il paradiso al malfattore accanto a lui nell’ultima ora della sua vita terrena. Escludendo che quello stesso giorno il malfattore sarebbe stato in paradiso insieme a Yeshùa, perché di fatto furono ambedue nella tomba, la domanda è: di che “paradiso” si trattava?
Fu solo la religione che, in tempi successivi a quelli biblici, creò l’idea di un paradiso celeste, del tutto assente nella Scrittura. Dante Alighieri diede poi il suo contributo, collocando il Paradiso, titolo della terza delle tre cantiche della sua Commedia, in un mondo immateriale ed etereo. Oggi i cattolici credono all’idea pagana di un paradiso in cielo; i protestanti, nonostante la Riforma, mantennero questa dottrina non biblica.
Vediamo ora 2Cor 24:4, in cui Paolo dice di essere stato “rapito in paradiso” dove “udì parole ineffabili”; in un versetto precedente (v. 2) dice trattarsi del “terzo cielo”; “se fu con il corpo o senza il corpo” lui non lo sapeva (v. 3). Da questo passo possiamo dedurre che il “paradiso” corrispondeva al “terzo cielo”. E qui la questiona si fa interessante.
Anticamente gli ebrei credevano all’esistenza di tre cieli: quello atmosferico sopra di noi, quello dello spazio celeste in cui sono collocate le stelle e quello oltre l’universo, in un’altra dimensione e in cui collocavano Dio. Gli esegeti ebrei vedono questi tre cieli nella primissima frase della Bibbia: “In principio Dio creò i cieli”. Essi fanno notare che la parola “cieli” è in ebraico שָּׁמַיִם (shamàym), che è un duale. In italiano abbiamo solo il singolare e il plurale, ma l’ebraico (e anche il greco) hanno il duale, che i usa per le coppie (due mani, due gambe, due occhi, eccetera). Per cui, essi dicono, Dio creò due cieli (shamàym, duale). E il terzo? Già c’era, perché era quello in cui stava Dio.
Possiamo accettare questa spiegazione per il passo paolino? Ben difficilmente, perché in tal caso non si capirebbe cosa ci farebbe un parco (“paradiso”) nel terzo cielo.
Il “terzo cielo” potrebbe essere inteso in senso orizzontale anziché verticale. Se consideriamo la cosa in senso orizzontale, si può far riferimento alle tre epoche menzionate da Pietro: “ [1] Esistettero dei cieli e una terra tratta dall'acqua . . il mondo di allora, sommerso dall'acqua, perì; mentre [2] i cieli e la terra attuali sono conservati dalla medesima parola, riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della perdizione degli empi . . . secondo la sua promessa, noi aspettiamo [3] nuovi cieli e nuova terra” (2Pt 3:5-13, passim; cfr. Ap 21:1; Is 65:17). In tal caso, la promessa di Yeshùa al malfattore pentito riguardava la sua resurrezione sulla nuova terra sotto i nuovi cieli. – Cfr. Ap 21:1-4.
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francesco.ragazzi
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Re: Due destini?

Messaggio da francesco.ragazzi »

Il giardino dell'EDEN (Primo Paradiso) potrebbe considerarsi "ombra" del Secondo Paradiso (Nuovi cieli e nuova terra), ombra in quanto nella preconoscenza di Dio il vero e solo Paradiso è il secondo nel quale abita la Giustizia in Eterno ! Tutto ciò che intercorre fra il primo ed il secondo potrebbe considerarsi un periodo di metamorfosi in cui l'umanità impara la Giustizia Divina grazie all'opera di riscatto compiuta da Yeshua il Figlio di Dio sotto la Sua amorevole guida .-
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Michele
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Re: Due destini?

Messaggio da Michele »

A questo riguardo mi sono chiesto, dove è stato Yeshu'a, nei tre giorni prima della risurrezione. Ed ecco che ho recuperato un certo discorso e lo propongo:

Codice: Seleziona tutto

Quando Gesù morì, discese nello Sheol (o Ades), il luogo dove vanno le anime dopo la morte.

In questo momento l’inferno non è abitato, perché le anime sono nello Sheol, il luogo dove le anime aspettano il giudizio di Dio. Il termine Sheol, nella Bibbia italiana, è stato tradotto con “soggiorno dei morti” : “Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire.” (1 Samuele 2:6)

Giona riporta quest’esperienza: “Io ho gridato al SIGNORE, dal fondo della mia angoscia, ed egli mi ha risposto; dalla profondità del soggiorno dei morti ho gridato e tu hai udito la mia voce” (Giona 2:2) 

Al momento della Sua morte Gesù è sceso nello stesso luogo di Giona, infatti Egli stesso disse: “Poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell’uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti” (Matteo 12:40)

L’apostolo Paolo scrisse: “Per questo è detto: «Salito in alto, egli ha portato con sé dei prigionieri e ha fatto dei doni agli uomini, Ora, questo «è salito» che cosa vuol dire se non che egli era anche disceso nelle parti più basse della terra».” (Efesini 4:8-9)

E Pietro: “Anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati, lui giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio. Fu messo a morte quanto alla carne, ma reso vivente quanto allo spirito.  E in esso andò anche a predicare agli spiriti trattenuti in carcere, che una volta furono ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava, al tempo di Noè, mentre si preparava l’arca” (1 Pietro 3:18-20)

Gesù è andato a “predicare” o per meglio dire, ad annunciare che tutto era compiuto, e che aveva sofferto ed era stato messo a morte come uomo, ma a differenza di ogni altro uomo… “Dio lo ha risuscitato il terzo giorno e volle che egli si manifestasse”  (Atti 10:40)

“(Davide) previde la risurrezione di Cristo e ne parlò dicendo che non sarebbe stato lasciato nel soggiorno dei morti, e che la sua carne non avrebbe subito la decomposizione. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato; di ciò, noi tutti siamo testimoni. (Atti 2:31-32) ancora una volta, in inglese è tradotto con “he was not abandoned to Hades…”

E non solo, “ha spogliato i principati e le potenze, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della croce” (Colossesi 2:15)


“Non temere, io sono il primo e l’ultimo, e il vivente. Ero morto, ma ecco sono vivo per i secoli dei secoli, e tengo le chiavi della morte e dell’Ades.” (Apocalisse 1:17-18)
 
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Israel75
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Re: Due destini?

Messaggio da Israel75 »

Però attenzione , spostando punti e virgole si può far dire al testo ciò che non dice. E' importante rendersene conto. Nel passo in questione Gesù dice "io ti dico ora" , sarai con me in paradiso...
Shalom
(Giac 4:6) Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura (Is 10:33,Lc 18:14) dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili».
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Michele
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Re: Due destini?

Messaggio da Michele »

"Ti dico ora", avrebbe già più senso. Qui si parla del "ti dico oggi". Perché specificare il giorno?
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Israel75
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Re: Due destini?

Messaggio da Israel75 »

Ma pèrchè è un modo di dire , nel senso di affermare che quello che si dice avviene ora. No?
Shalom
(Giac 4:6) Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura (Is 10:33,Lc 18:14) dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili».
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Michele
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Re: Due destini?

Messaggio da Michele »

Credo che tu abbia preso un lapsus, infatti se davvero quello che ha detto avviene ora, allora saresti della mia stessa idea. Cioè, che la virgola vada messa dopo.
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Eleazar
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Re: Due destini?

Messaggio da Eleazar »

Gianni mi hai preceduto sulle considerazioni della parola paradiso. Occorre ricordare, quando si legge la parte greca delle scritture, che sono EBREI a parlare. Al tempo di Yeshua gli EBREI avevano già un loro retroterra culturale,composto sia dalla legge che da tradizioni farisaiche.
Quindi occorre pensare a che significasse la parola pardes(paradiso) per gli EBREI di QUEL tempo.
NOn è possibile compiere un'anilisi di queste parole di Yeshua sulla croce(o palo),e della parte greca in generale, senza tener conto del retroterra culturale ebraico di QUEL tempo e della koinè(quindi non greco classico)parlata dai discepoli.

Noi dobbiamo togliere il filtro di duemila, sottolineo duemila, anni di dottrine sedicenti bibliche basate su tradizioni pagane con fortissimi influssi greci, latini e poi barbari,ovvero nordici.

Non so se mi sono spiegato a sufficenza.
LA RELIGIONE E' L'OPPIO DEI POPOLI
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Gianni
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Re: Due destini?

Messaggio da Gianni »

Caro Andrea, ti sei spiegato benissimo. Anzi, ciò che dici è una regola fondamentale dell’ermeneutica biblica: per capire la Scrittura occorre calarsi nel modo di pensare ebraico. Da ciò deriva anche che è solo attraverso il cosiddetto Vecchio Testamento che si può capire il cosiddetto Nuovo Testamento. Uno dei grandi errori che fa la cristianità è di spiegare le Scritture Greche attraverso la sua teologia posteriore alla Bibbia e non attraverso la Bibbia ebraica.
Un esempio di questo assurdo modo di procedere è dato proprio dalla cattiva comprensione di 1Pt 3:19.
Il passo biblico di 1Pt 3:18-20, che è spesso così mal compreso, dice:
“Cristo ha sofferto una volta per i peccati, lui giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio. Fu messo a morte quanto alla carne, ma reso vivente quanto allo spirito. E in esso andò anche a predicare agli spiriti trattenuti in carcere, che una volta furono ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava, al tempo di Noè, mentre si preparava l'arca”.
Se Yeshùa nello spirito è andato nell’Ades prima della sua resurrezione, vorrebbe dire che ci è andato con l’"anima" (nella Bibbia la cosiddetta "anima" è il corpo) e quindi la parola “spirito” verrebbe usata con due significati diversi nello stesso versetto: “In esso [nello spirito, che qui sarebbe anima=corpo, secondo la teoria] andò anche a predicare agli spiriti [non anime] trattenuti in carcere” (3:19). Questo non è possibile. “Spirito” non può avere due significati diversi, a maggior ragione nello stesso versetto!
La proclamazione della vittoria di Yeshùa non avviene prima della sua resurrezione, ma per mezzo della resurrezione!
Solo Yeshùa è stato glorificato sopra tutti.
a) “Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre”. - Flp 2:9-11.
b) Anche nell’Apocalisse solo Yeshùa è in grado di aprire il libro dai 7 sigilli, dopo che nessun altro vi era riuscito (Ap 5:1-14): “Degno è l'Agnello, che è stato immolato, di ricevere la potenza, le ricchezze, la sapienza, la forza, l'onore, la gloria e la lode” (v. 12), “all'Agnello, siano la lode, l'onore, la gloria e la potenza, nei secoli dei secoli”. - V. 13.
c) Paolo descrive il trionfo di Yeshùa prendendo l’immagine del condottiero vittorioso che torna in patria dopo la vittoria trascinando dietro al suo carro trionfale i capi dei nemici sconfitti, ridotti in schiavitù: “Salito in alto, egli ha portato con sé dei prigionieri e ha fatto dei doni agli uomini” (Ef 4:8; cfr Sl 68:18). “Questa potente efficacia della sua forza egli l'ha mostrata in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla propria destra nel cielo, al di sopra di ogni principato, autorità, potenza, signoria e di ogni altro nome che si nomina non solo in questo mondo, ma anche in quello futuro. Ogni cosa egli ha posta sotto i suoi piedi”. - Ef 1:20-22.
Chi sono i principati, le autorità, le potenze e le signorie? “Il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti” (Ef 6:12). Si tratta di esseri spirituali demoniaci.
Secondo la cosmologia del tempo, Yeshùa, per salire al cielo, doveva attraversare i luoghi celesti in cui risiedevano gli angeli malvagi che si erano ribellati a Dio: “Ha spogliato i principati e le potenze, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro”. - Col 2:15.
Anche Pietro ricorda il trionfo di Yeshùa dopo la sua resurrezione: “Asceso al cielo, sta alla destra di Dio, dove angeli, principati e potenze gli sono sottoposti”. - 1Pt 3:22.
È questo, allora, ciò che vuole insegnare Pietro? Fa anch’egli uso di questo simbolismo della proclamazione? Pare proprio di sì.
• Tali idee erano diffuse nell’ambiente giudaico dei primi discepoli di Yeshùa.
• Il libro di Enoc (apocrifo del 2° secolo a. E. V.), che si rifà a Gn 6:1-4, parla di alcuni angeli detti “i vigilanti” o anche solo “spiriti”, che poco prima del Diluvio si accoppiarono con donne terrene dando origine a dei giganti, e che con le loro rapine e violenze corruppero l’umanità. Ne seguì una duplice punizione: gli uomini perirono nel Diluvio ad eccezione di Noè e della sua famiglia; i giganti furono uccisi nel Diluvio, ma dai loro corpi si smaterializzarono gli spiriti cattivi che tormentano il genere umano. Questi angeli colpevoli, che non possono morire, furono imprigionati (probabilmente nel secondo cielo). Là, infatti, li pone il Testamento di Levi, che, al pari del testo pietrino, li chiama “spiriti”. “[Nel secondo cielo] vi sono tutti gli spiriti di quei che [vissero] senza legge; vi sono confinati per loro punizione” (Test. Levi 3:2). È là, infatti, che li trova Enoc quando ascende al cielo: “E gli uomini mi presero” – dice Enoc – “e mi portarono al secondo cielo, e mi mostrarono dei prigionieri custoditi in attesa del giudizio eterno. Io vidi gli angeli condannati che piangevano. E dissi agli uomini che stavano con me: Sono coloro che apostatarono dal Signore, che non ascoltarono la voce del Signore, ma che presero consiglio dalla propria volontà “. - 2Enoc 7:1-3.
• Clemente di Alessandria ritiene che ci siano degli angeli malvagi prigionieri nell’aria vicino alla terra: “Le catene nelle quali gli angeli malvagi sono ora confinati sono l’aria vicino alla nostra terra, ed essi si possono ben dire incatenati, poiché sono impediti dal riavere la gloria e la felicità che perdettero”. - Aelucubrationes in Ep. Judae.
• Secondo questo testo apocrifo (Enoc) Enoc fu inviato al cielo per proclamare a questi angeli la loro punizione eterna, il decreto della loro condanna. Arcano dice: “Enoc, pur essendo uomo, agì come inviato di Dio verso gli angeli e fu trasferito”. - Adv. Haer. 4,16,2.
• Persino nel libro biblico canonico della Lettera di Giuda, si ha l’assimilazione di tale idea. Questa idea faceva parte dell’ambiente giudaico della prima congregazione dei discepoli di Yeshùa. “Profetizzò Enoc, settimo dopo Adamo, dicendo: ‘Ecco, il Signore è venuto con le sue sante miriadi per giudicare tutti; per convincere tutti gli empi di tutte le opere di empietà da loro commesse e di tutti gli insulti che gli empi peccatori hanno pronunciati contro di lui’” (Gda 14,15). “Egli [Dio] ha pure custodito nelle tenebre e in catene eterne, per il gran giorno del giudizio, gli angeli che non conservarono la loro dignità e abbandonarono la loro dimora”. - Gda 6.
• Era credenza diffusa che gli angeli decaduti si fossero accoppiati con femmine umane (donne) generando i "giganti": “Avvenne che i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e presero per mogli quelle che si scelsero fra tutte”, “In quel tempo c'erano sulla terra i giganti, e ci furono anche in seguito, quando i figli di Dio si unirono alle figlie degli uomini, ed ebbero da loro dei figli”. - Gn 6:2,4.
• Questo peccato degli angeli al tempo del Diluvio è paragonato a quello dei sodomiti che volevano unirsi carnalmente con i tre angeli ospiti di Lot: “Allo stesso modo Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si abbandonarono, come loro [quegli angeli al tempo del diluvio], alla fornicazione e ai vizi contro natura”. - Gda 7; cfr. Gn 19:5).
• “Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li inabissò, confinandoli in antri tenebrosi per esservi custoditi per il giudizio”. - 2Pt 2:4.
• Pietro, utilizzando la leggenda di Enoc, esprime la reale esaltazione di Yeshùa: “Asceso al cielo, sta alla destra di Dio, dove angeli, principati e potenze gli sono sottoposti”. - 1Pt 3:22.
a) Salendo al cielo, Yeshùa proclama la sua vittoria ai demòni, anche a quelli più potenti, come quelli che furono causa del Diluvio.
b) Il Cristo è, quindi, il vero araldo di Dio, e non Enoc. E a Yeshùa che spetta il giudizio finale su tutti gli empi ed i malvagi, siano essi uomini o demòni.
Il testo di 1Pietro 4:6:
“Per questo è stato annunziato il vangelo anche ai morti; affinché, dopo aver subìto nel corpo il giudizio comune a tutti gli uomini, possano vivere mediante lo Spirito, secondo la volontà di Dio”. - 1Pt 4:6.
Vi sono due correnti interpretative:
1. Morti e viventi in senso spirituale.
a) Clemente Alessandrino ritiene che qui i morti ed i vivi debbano intendersi in senso spirituale: “Ai morti fu predicato l’Evangelo, vale a dire a noi che un tempo eravamo infedeli”. Questa interpretazione fu accolta da Cirillo di Alessandria, da Teofilatto, da Agostino ed è accolta anche da alcuni esegeti moderni.
b) Anche al v. 5 viene usata l’espressione “vivi e morti” (“Ne renderanno conto a colui che è pronto a giudicare i vivi e i morti”). Vero, ma in senso fisico e non spirituale. Si tratta di vivi e di morti fisici. Perché al v. 6 avrebbe cambiato significato? Coerentemente si deve pensare che anche i “morti” del v. 6 sono morti fisicamente.
c) Se i morti sono i peccatori cui è stato annunziato il vangelo, chi sono i vivi che, pur non essendo peccatori, ricevono ugualmente questo annunzio? Sarebbe una predicazione inutile. Se, infatti, questi morti sono i non credenti che erano morti in senso spirituale, perché mai Pietro dice che “è stato annunziato il vangelo anche ai morti”? I vivi dovrebbero essere i vivi in senso spirituale, e questi che bisogno avrebbero mai della predicazione se sono già vivi spiritualmente?
2. Predicazione di Yeshùa ai morti giacenti nell’oltretomba.
a) Yeshùa, scendendo nell’Ades, avrebbe evangelizzato i morti (i giusti) dando una possibilità di salvezza.
b) Ci sono così difficoltà enormi:
• Sarebbe un concetto nuovo nella Bibbia che potrebbe essere accettato solo nel caso in cui sia del tutto impossibile un’altra interpretazione;
• Qui il testo usa le parole evangelizzare e non proclamare. Evangelizzazione è l’annuncio della buona notizia di salvezza che si può accettare o respingere;
• Nel testo pietrino non c’è alcun indizio che ci permetta di restringere questo annunzio solo ai giusti. Vi si dice “morti”. E i morti sono i defunti, buoni e cattivi.
• I giusti, nelle Scritture Ebraiche, si credeva che riposassero nel seno di Abramo. - Lc 16:22.
• La successione degli eventi è: predicazione, condanna o vita nello spirito. Non è: condanna, evangelizzazione, vita.
L’EVANGELIZZAZIONE, NELLA BIBBIA, È ANTECEDENTE LA MORTE.
a) L’espressione “vivi e morti” nelle Scritture Greche non indica i peccatori e i non peccatori, ma persone morte o vive fisicamente al tempo del ritorno o parusìa di Yeshùa.
• Al ritorno di Yeshùa non tutti saranno morti (1Ts 4:13-17), ma i vivi saranno trasformati.
• Tutti, però, staranno davanti al trono di Dio per essere giudicati.
b) Colui che giudicherà sarà Yeshùa il consacrato: in tutte le Scritture Greche è presentato come giudice ultimo.
c) L’evangelizzazione è fatta alle persone prima che muoiano e non dopo:
• Evangelizzare è dare una (la) buona notizia. Nelle Scritture Greche il verbo viene usato sempre per indicare la predicazione a quelli che sono sulla terra e che possono rispondere con la fede o rifiutare.
• Se al v. 5 i vivi e i morti sono in senso fisico, lo stesso intendimento va usato al v. 6.
• Vi è solo una lieve differenza: nel v. 5 i morti sono tutti i defunti, credenti o no; nel v. 6 i morti sono solo i credenti deceduti che, avendo accolto l’evangelo, vivono "mediante lo spirito".
d) Si parla di condanna: “Dopo aver subìto nel corpo il giudizio” (4:6). Il giudizio cui sono sottoposti è una punizione: κριθῶσι (krithòsi), “fossero giudicati” (TNM). Ma è un “giudizio comune a tutti gli uomini”, “nel corpo” (4:6). “Giudicati in quanto alla carne dal punto di vista degli uomini” (TNM). È una condanna che si vede: è la morte comune a tutti.
• Non è una condanna spirituale.
• È una condanna a morte (martirio?) oppure la constatazione che anche i credenti muoiono come gli altri, condannati alla morte agli occhi umani.
• Ma non è una condanna agli occhi di Dio che, invece, li mantiene in vita “mediante lo spirito”: “Per me il vivere è Cristo e il morire guadagno” (Flp 1:21). “Chi crede in me, anche se muore, vivrà”. - Gv 11:25.
e) Il significato del passo è, dunque: Il credente sembra punito perché muore come avviene anche per chi non crede; in realtà non è punito, dato che nello spirito è vivificato e partecipa, al ritorno di Yeshùa, alla resurrezione e al premio riservato ai figli di Dio. “Il messaggio del Vangelo è stato annunziato anche ai morti: perché, pur ricevendo nel loro corpo la condanna comune a tutti gli uomini, ora per mezzo dello Spirito di Dio, possano vivere la vita di Dio”. - 1Pt 4:6, TILC.
Conclusione
I due passi di 1Pt 3:18-20 e di 1Pt 4:6 non trattano lo stesso argomento e non esprimono il medesimo insegnamento.
Nel primo passo Yeshùa, nella sua ascesa al cielo dopo la resurrezione, è passato attraverso le regioni occupate dagli angeli ribelli proclamando loro la sua vittoria: espressione, secondo Pietro e i suoi contemporanei, della massima esaltazione.
Nel secondo passo, il Cristo è stato evangelizzato non solo ai credenti viventi al tempo della prima lettera di Pietro, ma anche a quelli che poi morirono. Questi non hanno subito alcuna punizione se non la condanna a morte che pesa su tutti i discendenti di Adamo, ma riceveranno il premio, insieme agli altri, a quelli che saranno ancora vivi al ritorno di Yeshùa.
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Michele
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Re: Due destini?

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