Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiviso

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Gianni
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Gianni »

lemoèd moadìym vakhètzy
per (un) tempo tempi e metà

Il vocabolo ebraico מוֹעֵד (moèd) indica principalmente un “incontro”, il momento e il tempo dell’incontro, in particolare quelli delle sante Feste di Dio. Si legge in Os 9:5: “Che farete nei giorni delle solennità [מֹועֵד לְיֹום (leyòm moèd), “in giorno incontro”] e nei giorni di festa del Signore?” (si noti il parallelismo: solennità = giorni di festa). La traduzione di NR in Sl 104:19 - “[Dio] ha fatto la luna per stabilire le stagioni [מֹועֲדִים (modadìym)]” – non ha molto senso; TNM traduce “per i tempi fissati”; se volessimo fare una traduzione moderna e altamente spirituale, diremmo che Dio ha creato la luna per scandire gli appuntamenti con lui, perché le Feste bibliche si basano sul calendario lunare.
Mantenendo il concetto di ‘tempo fissato’, TNM traduce Dn 12:7 così: “Sarà per un tempo fissato, tempi fissati e una metà”. Questa traduzione è conforme a quella della LXX greca, che ha εἰς καιρὸν καὶ καιροὺς καὶ ἥμισυ καιροῦ (eis kairòn kài kairùs kài èmisy kairù), “per (un) tempo definito e tempi definiti e metà di (un) tempo”.
A parte la questione della traduzione di מוֹעֵד (moèd), c’è anche la questione del plurale. Ritenere che il plurale מֹועֲדִים (modadìym) sia un duale, come fanno lo studioso di filologia classica Ernst Vogt (cfr. il suo Lexicon Linguae Aramaicae Veteris Testamenti, Roma, 1971, pag. 124) e il rabbino Abraham Ben Meir Ibn Ezra (1089 - 1164), è solo un’opinione. Di fatto il testo ebraico ha il plurale, non il duale. Quanto alla traduzione greca della LXX, è vero che il duale non si usava più nel greco comune del tempo, ma i traduttori avrebbero sempre potuto aggiungere ‘due’, se così avessero inteso. Interpretare il plurale modadìym come duale, sembra tuttavia la cosa giusta. Infatti, il plurale “tempi” è dovuto alla lettura che ne fecero i masoreti, che vocalizzarono in עִדָּנִין (iddanìyn). Questa parola può però essere anche letta con la desinenza duale: iddanàyn, “due tempi”.
In Dn 7:25 troviamo la stessa espressione:

Dn 7:25 aramaico עַד־עִדָּן וְעִדָּנִין וּפְלַג
ad-iddàn veiddanìyn uflàg
Dn 12:7 ebraico לְמֹועֵד מֹועֲדִים וָחֵצִי
lemoèd moadìym vakhètzy

Per interpretare questi tre tempi e mezzo ci può essere d’aiuto il passo apocalittico in cui abbiamo l’equivalenza di “un tempo, dei tempi e la metà di un tempo” (Ap 12:14): qui si parla della apocalittica donna messa al riparo nel deserto per il periodo indicato, e poco prima, in Ap 12:6 è detto che “la donna fuggì nel deserto, dove ha un luogo preparato da Dio, per esservi nutrita per milleduecentosessanta giorni”. Il mese biblico è preso nella sua durata media di 30 giorni, per cui 1260 giorni divisi per 30 danno 42 mesi. Il che mostra non solo che si tratta proprio di tre tempi e mezzo ma anche di tre anni e mezzo.
Una interpretazione è che il periodo si riferisca all’oppressione di Antioco IV Epifane, durata poco più di tre anni e mezzo (dal 168 e 165 a. E. V.) e terminata con la vittoria di Giuda Maccabeo. Ciò coinciderebbe grossomodo con le 2.300 sere e mattine di Dn 8:14 (se considerate come 1.150 giorni) e con i giorni di Dn 12:11. Tuttavia, questa interpretazione pone dei problemi in quanto le coincidenze non sono precise.
A quanto equivalgano i tre tempi e mezzo lo spiega Dn 12:11.
Vittorio
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Vittorio »

Benissimo, Gianni, hai dato la tua interpretazione traducendo dall'ebraico, citando studiosi, traduzioni diverse, come solitamente fate voi biblisti. Io invece nel rispondere alla tua richiesta non ho consultato proprio nessun testo, sono andato a rileggermi solo il cap. 12 del libro di Daniele e poi ho fatto le mie considerazioni facendo unicamente riferimento al Risorto presente nell'Eucaristia, che tu hai irriso. Tra l'altro le mie riflessioni sul testo avrebbero potuto proseguire, mi sono fermato solo perché quello che ho scritto bastava per far comprendere il mio metodo. Come vedi il mio metodo porta a considerazioni analoghe alle tue e non richiedono la conoscenza dell'ebraico ed anni di studi.
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Michele
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Michele »

Non entro in merito al metodo condiviso, penso che se ne sia parlato abbastanza. Leggendo questi ultimi interventi io pensavo a qualcos'altro. Mi stavo chiedendo che tradurre l'A.T. sarebbe alquanto semplice e senza ricorrere a particolari studi. Basterebbe l'aiuto di un ebreo, in possesso della traduzione (copia) originale, e tutto sarebbe risolto. Ma non credo che la mia sia stata un'idea unica, penso che prima di me, ci avranno già pensato in tanti. Allora qual è il problema? Per capire di cosa stiamo parlando, basterebbe acquistare una traduzione fatta da un ebreo che conosce l'italiano.
Vittorio
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Vittorio »

Certo, Michele, ma le cose non sono così semplici, le traduzioni sono sempre interpretazioni, due ebrei diversi possono dare traduzioni diverse, ed il testo ebraico tra l'altro si presta a diverse traduzioni perché non è vocalizzato. Per questo motivo è utile confrontare traduzioni fatte da diversi autori, e poi arrivare alle proprie conclusioni usando un metodo che tenga conto dell'insieme, come anche tu giustamente avevi fatto.
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Michele
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Michele »

Giusto Vittorio.
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Gianni
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Gianni »

Vittorio, nel risponderti non ero stato ad esaminare nel dettaglio la tua spiegazione del passo danielico. Non era quella che qui interessava quanto il metodo interpretativo. Ed è sempre di questo che intendo ancora parlare brevemente.

Tu dici che senza mettere in relazione quel verso con tutto il libro di Daniele non arrivi da nessuna parte, ma se lo collochi all'interno di tutto il libro, ne cogli l'essenza.
Esaminiamo questo punto. Tu dici bene. Ma dici solo una parte. Ora cerco di completare questo procedimento, poi chi ci legge dirà che se è d’accordo.

Prima di tutto, analizzando un passo biblico, si guarda al contesto immediato. Vanno quindi letti i versetti appena precedenti e poi quelli che seguono.
Occorre poi guardare al contesto di tutto il libro, come hai fatto tu, che potremmo chiamare contesto allargato.
Infine occorre tenere presente tutta la Scrittura, perché se un’interpretazione è corretta non può essere smentita da un altro passo biblico.

Per alcuni aspetti specifici non è neppure necessario andare ai contesti immediato e allargato. Prendi, ad esempio, Gv 2:12: “Dopo questo, scese a Capernaum egli con sua madre, con i suoi fratelli e i suoi discepoli, e rimasero là alcuni giorni”. Per sapere chi è che scese, si deve guardare al contesto: il v. precedente ci fa sapere che si tratta di Yeshùa. Ma dal v. 12 possiamo trarre una verità senza guardare al contesto. Qui si parla dei fratelli di Yeshùa e dei suoi discepoli. Basta quella semplice congiunzione “e” (“con i suoi fratelli e i suoi discepoli”) per vedere come la pretesa cattolica che i fratelli carnali di Yeshùa fossero suoi discepoli è errata, perché qui vengono distinti dai discepoli. Più avanti, in Gv 7:5, leggeremo che “neppure i suoi fratelli credevano in lui”, e ciò ci darà conferma.
Questo significa ragionare sulla Scrittura.

Per alcuni passi, quanto detto finora non basta ancora. Prendi, ad esempio, Gv 2:1. Chi legge questo passo nella CEI o nella NR o nella ND, non troverà nulla di strano: “Tre giorni dopo, ci fu una festa nuziale in Cana di Galilea, e c'era la madre di Gesù”. Chi legge in queste versioni, legge e passa oltre. Se però si legge in TNM le cose cambiano: “Il terzo giorno ebbe luogo a Cana di Galilea una festa nuziale, e la madre di Gesù era là”. Il lettore attento si domanda: “terzo giorno” a partire da quando? Perché Giovanni specifica “terzo giorno”? Che importanza ha se era il terzo o un altro? La risposta a queste domande non la troverai nel contesto e neppure in tutto il Vangelo giovanneo. Qui occorre di più. Qui occorre la cultura biblica. Chi la possiede scopre qui il substrato ebraico. Infatti, “terzo giorno” in ebraico vuol dire martedì, e martedì era un giorno classico per le nozze ebraiche. Il traduttore greco di Gv tradusse alla lettera, e chi non sa queste cose non coglie la sfumatura.
Tra l’altro, il confronto delle traduzioni ci fa domandare quale sia la versione giusta. Se non vai a consultare il testo originale greco non lo saprai mai.

Tornando al passo danielico, quanto detto finora non è neppure ancora sufficiente, perché con Dn ci troviamo di fronte a un libro apocalittico. Senza conoscere l’apocalittica ebraica si prendono solo cantonate.

Come vedi, l’ermeneutica è alquanto complessa. In verità, è la Bibbia a essere complessa.

Tu hai scritto: “Quindi ecco che posso mettere in relazione questo brano con Gesù Risorto, vivo e presente nell'Eucaristia”.
Forse per te sarà normale, ma chi ti legge a questo punto salta sulla sedia.
Quindi? Quindi cosa? Quindi trae delle conclusioni, ma ci devono essere le premesse, altrimenti suona come il cavolo a merenda. La tua affermazione – senza volerti mancare di rispetto – è come quella di chi direbbe ‘quindi ecco che posso mettere in relazione questo brano con Topolino o con Giulio Cesare o con Napoleone’. Non c’è nesso, insomma. Questa si chiama illogicità.
Il requisito minimo indispensabile per affrontare il testo biblico (ma anche qualsiasi altro testo) è la logica raziocinante. Se si vola di fantasia si va altrove. Tu puoi anche chiamare fede questo procedimento, ma se lo fai ti inganni da solo due volte.
marco
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

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Caro Gianni un tempo due tempi e la metà di un tempo non si riferiscono alla durata della siccità profetizzata da Elia?
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Gianni
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Gianni »

Marco, come arrivi a questa conclusione?
marco
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da marco »

Caro Gianni, Elia profetizzò la siccità sulla terra per punire l'idolatria. Questa durò tre anni e sei mesi. In tutta la terra ci fu carestia ma per Elia, la vedova di Zarepta e suo figlio, non mancò la protezione Divina, palesata dal miracolo dell'olio e della farina.
Questo grandissimo esempio punizione/protezione viene ripreso in maniera simbolica da Daniele e soprattutto da Giovanni in Ap. per indicare un periodo in cui Dio punisce gli idolatri e protegge, ripara, gli eletti.
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Gianni
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

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Caro Marco, Dn 12 è apocalittico: fu scritto al tempo dei seleucidi, quando i fatti di Elia erano ormai storia passata, per cui non c'è collegamento.
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